Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Brume    26/05/2023    4 recensioni
1788, autunno. Oscar e André sono in viaggio per conto del generale e, dopo una notte agitata - soprattutto per lui - arrivano a Le Havre, dove si imbarcheranno per Londra. Ma, durante una sosta forzata in attesa dell' imbarco, arriva nella locanda dove alloggiano un uomo del padre e consegna ad Oscar una lettera. I due saranno costretti a tornare indietro e verrà loro affidato un incarico segreto, anzi, segretissimo.
Storiella di pochi capitoli, lontanamente ispirata alle storie gotiche ma, più che altro, alla figura (secentesca) di Madame Catherine Montvoisin (o Monvoisin)...meglio conosciuta come La Voisin: chiaroveggente, ostetrica,maga...ma , soprattutto, esperta nel creare veleni, per i quali si faceva profumatamente pagare.
Genere: Fantasy, Noir, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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‘Allora, hai provveduto, come ti ho chiesto?’ aveva chiesto la donna, avvolta nel suo mantello scuro, il cui cappuccio celava a chiunque il viso.
‘Si, Madame. Sono partito subito alla volta della carrozza, ho seguito i loro movimenti e poi, dopo il ritorno a Palazzo Jarjayes, ho atteso.  Quando, come pensavo, la donna soldato è uscita, le sono stato alle calcagna fino al convento. Dopo che Camille è scesa ho atteso che le sue consorelle l’ accompagnassero nella cella e, non appena vi è giunta, mi sono intrufolato e le ho tagliato la gola.’

Una risata , quasi un verso animale, ferino, aveva riempito il silenzio di quella stanza mettendogli i brividi; subito dopo, però, domandò:
‘ Avete altro da comandare?” chiese, facendosi coraggio.
Leo, la Voisin, aveva annuito e poi risposto.
‘ Ora che ti sei liberato di Camille così come hai fatto delle sue compari al bordello, dobbiamo pensare a
D’ Attolico: si è lasciato sorprendere e oramai la donna soldato ed il suo compare  sono stati informati riguardo il suo gioco. Non posso rischiare oltre…’
‘ …e cosa dovrei fare, ora? Quali sono i vostri ordini?’ domandò l’ uomo.
‘ Raggiungilo, tu sai dove abita. Fallo uscire di casa con una scusa qualsiasi… e mandalo al creatore’ rispose, fredda.
Lucien fece un cenno con il capo.
‘Servo vostro, Madame’ disse poco prima di lasciare la stanza sul retro del chiostro.

‘…poi penserò anche a te. Ma prima, avrai un ultimo compito da svolgere: aiutarmi a togliere di mezzo quella donna e chiunque, ancora, oserà mettermi il bastone tra le ruote’ borbottò sottovoce, subito dopo che lui fu uscito dalla porta.







“Oscar, tuo padre ci aspetta nel salone di rappresentanza.”

Si era svegliata da poco, forse una ventina di minuti e subito si era vestita, pronta per rientrare nei ranghi. Fu sorpresa di trovare André fermo sulla soglia, quando con slancio aprì la porta per recarsi al piano di sotto , dove sarebbe stata servita la colazione.


“Che ci fai qui, abbigliato di tutto punto, dopo ciò che ti ho chiesto ieri?” domandò, stupita; il tono che usò non fu dei più dolci, forse imbarazzata nel rivederlo dopo ciò che era accaduto la sera precedente. Lui  alzò gli occhi al cielo, ma con fare leggero, sorridendo; infine, lasciò che la propria mano sfiorasse quella di lei, trattenendola alcuni secondi. Nel corridoio per fortuna non passò nessuno.
“Ne parleremo dopo. Adesso… ti prego di seguirmi: ho il sentore che ciò che ha da dirci non sia affatto piacevole.” Rispose. Oscar, ancora inebetita da quel risveglio – dopo aver dormito solo che poche ore poiché si era trattenuta parecchio tempo con la Contessa, sua madre –  sfuggì lo sguardo dell’ uomo e, voltandogli le spalle richiuse la porta dalla quale era appena uscita. In quel mentre avvertì lo sguardo di André e sentì le gote farsi calde: sperò che suo padre, nel vederla, non si accorgesse di nulla.
“Bene, andiamo, allora” disse, precedendo André con il suo solito passo marziale. Lui la seguì come un’ ombra. Come sempre.

“Buongiorno, padre. Avete mandato a chiamare?” disse la donna, non appena furono al cospetto del Generale, seduto a capo tavola nel salone privato di famiglia. Aveva il viso tirato e gli occhi stanchi, iniettati di sangue.  
L’ uomo, con un cenno del capo, invitò la figlia a sedere.
“Si” rispose, infine, con tono greve.
André rimase in piedi al fianco di Oscar, poggiando una mano allo schienale della sedia come era uso fare durante simili riunioni.
Il generale aveva davanti a sé una tazza di the ancora colma. Oscar, invece, si trovò davanti un piatto con alcuni biscotti, del the e del latte e, prima che il padre parlasse, si versò del latte caldo e ne bevve un sorso.
“Devo darti una notizia nefasta, figlia mia. Sono appena rientrato e… purtroppo non vi porto notizie felici. Camille è stata assassinata.”
Oscar, sorpresa dalla notizia, per poco non lasciò cadere la tazza che teneva in mamo. “Cosa dite! Non è possibile, l’ho lasciata in buone mani, controllando ogni singola cosa, passaggio, entrata, uscita! io… Padre, raccontate, come è potuto accadere?”

Il Conte Padre alzò leggermente una mano, come a voler quietare l’ animo della figlia.

“Ieri, quando sono uscito di casa, sono andato diretto dal Marchese de Poiraq; egli è un mio collaboratore, ha uomini fidati, è sempre informato su tutto. Anch’ esso conosceva il vero Barone di Branciforte e, nel momento in cui l’ ho messo al corrente di tutto, mi ha riferito alcune cose che già sapeva.  Con vera sorpresa, sono venuto a conoscenza del fatto che D’ Attolico possieda una casa proprio a Jouarre…”

Oscar fissò André ed, infine, tornò a guardare il viso del Generale.

“Siete stato anche a Jouarre?” domandò.
Il generale annuì.
“Si, naturalmente. Purtroppo, Camille era già stata portata nella cappella di conseguenza non ho potuto accertarmi personalmente riguardo l’ accaduto: le monache non mi hanno permesso di vederla poiché alcune consorelle la stavano lavando prima di procedere con la vestizione e l’esposizione nella cappella.  In compenso, ho visitato la cella in cui l’ hai lasciata…ma non ho trovato alcun indizio. Credo che l’assassino sia qualcuno che possa accedere al luogo molto facilmente….”
André si fece pensieroso ed iniziò a camminare , le braccia conserte. Di tanto in tanto si voltava, si fermava, poi riprendeva il suo inquieto incedere.

“Credete sia stato il D’ Attolico?” chiese Oscar.

Il padre scosse il capo.

“Potrebbe; avendo una casa nei dintorni, è plausibile che conosca il convento e le monache che vi soggiornano….” Rispose.  Oscar chinò il capo, cercando di capirci qualcosa.

“Siete stanco, Padre, andate a riposarvi. Io e André partiremo subito.” Disse qualche minuto dopo; in seguito, si rivolse ad André.

“….per favore,  vai a preparare i cavalli. Partiremo subito, se te le senti.”

L’ uomo più giovane fece finta di non aver sentito l’ ultima parte della frase e si avviò con passi lunghi e ben distesi verso le scuderie,  passando prima per la cucina, dove salutò sua nonna.  Oscar , nel frattempo, si sistemò con calma; mentre indossava i guanti di pelle morbida ed il cappotto che la solerte guardarobiera le aveva portato pensò a come muoversi, a cosa fare…e sperò che tutto andasse per il meglio. Il Generale Jarjayes si appoggiò con tutto il corpo allo schienale della sedia.
“…Parlerò io con i tuoi superiori, Oscar; è molto tempo che manchi, ma loro concordano con il fatto che questa faccenda debba avere la priorità. Inoltre questo pomeriggio, dopo aver riposato, andrò a Versailles ad informare il Re: temo che tergiversare potrebbe rivelarsi deleterio”
Oscar diede un cenno con il capo.
“Padre, entro sera spero di tornare e darvi buone notizie. Se così non fosse, vi prego di mandare rinforzi. Ho uno strano presentimento” rispose, quindi.
Il generale si alzò lentamente, poi si avviò verso i propri alloggi al primo piano. Stancamente, iniziò a salire alcuni gradini ma, prima di proseguire, si voltò in direzione della figlia e le rivolse uno sguardo stanco, intenso, preoccupato.
“Mi raccomando, presta attenzione. Spero proprio di non dover inviare nessuno a cercarti” le disse, infine. Lei annuì e raggiunse André.



 
 

Fuori, nel mattino che ancora vedeva i loro respiri trasformarsi in nuvolette pallide, un timido sole tentava di fare capolino oltre le fronde dei pochi alberi sempreverde rimasti; i fattori di casa Jarjayes erano già al lavoro, vi era un gran via vai di persone e si udivano molti rumori. André l’ attendeva a poca distanza dalla entrata principale.
“ Ho atteso i tuoi baci per molto tempo, ieri sera”  disse. Lo sguardo, il volto, il sorriso erano diversi da quelli che prima aveva incrociato ed Oscar, che ancora stentava a riconoscere quel sentimento che le aveva smosso corpo e anima, sorrise timidamente.
“Il colloquio con mia madre è durato fino a notte fonda…” rispose guardandolo negli occhi.
Lui le porse le redini del cavallo.
“Quanto vorrei essere libero di abbracciarti e baciarti” si lasciò sfuggire l’ uomo, volgendo lo sguardo a terra, mentre le consegnava nelle mani della donna.
 Oscar rimase in silenzio: conoscevano entrambi, e bene, le regole del tempo…
“Su, forza, André! Saliamo a cavallo e partiamo. ” disse, non potendo fare e dire altro. Lui attese che lei si sistemasse prima di salire in sella a sua volta.


Il viaggio dei due fu, in gran parte, silenzioso; troppo imbarazzati per parlare, dopo aver percorso il viale al passo, una volta fuori dalla proprietà  lanciarono i cavalli al galoppo. Si fermarono solo alle porte del piccolo centro abitato, che non distava molto da Palazzo. A quel punto André fissò Oscar : il paese pareva disabitato.
“…Ieri sera non ci ho fatto caso ma…non è strano? C’è troppo silenzio…”  disse la donna.
“ In effetti, è molto strano. Fosse sera, penserei che tutti siano rinchiusi dentro le proprie case ma ora… nessuno lavora, qui? Non ci sono nemmeno bambini per la strada….” Rispose lui. Con una mano sulla fronte cercò di fare scudo al sole. Non era più abituato ai cieli limpidi e tersi.
La donna fece alcuni passi, condusse il cavallo da un lato all’ altro della strada, osservando cespugli, cercando di intravedere qualcuno nei campi, a fare legna o altro…ma non notò nulla, a parte un movimento tra alcuni rami.

“Ehi! Laggiù! Un uomo sta scappando!” disse Andrè, indicando il punto esatto ad Oscar. La donna aguzzò la vista e spostò lo sguardo di qualche grado. Effettivamente una sagoma era uscita da una minuscola boscaglia.
“Più che un uomo…un bambino!” disse lei. La sagoma era piccola. E veloce.
 
Senza pensarci più di tanto, scese da cavallo e iniziò a correre.

“Aspettami qui! “ disse rivolta ad André: poi, si dedicò al fuggitivo.
“…Fermati, non vogliamo farti alcun male!” urlò; il bambino, avrà avuto forse otto anni, si voltò un solo istante per fissarla e poi ricominciò la sua corsa.
“ Per favore, fermati! Vogliamo solo chiederti una cosa!” provò , ancora , a dirgli. Per quanto fosse abituata a fare esercizio fisico, la corsa la stava stancando; inoltre, il piccoletto godeva del fatto di conoscere il territorio ed essere, naturalmente, più agile.
Il ragazzino si stava allontanando sempre di più finchè non sparì dietro i muri di una catapecchia: lei lo raggiunse – o almeno così pensava – ma , tra quei vecchi sassi, non trovò nessuno.

“Accidenti, avrebbe potuto aiuarci!” sibilò rabbiosa tra i denti, stringendo le mani in pugno. Quindi, prese ad osservare l’ orizzonte a tratti coperto di neve: del ragazzino nemmeno un segno.
Pensò, allora, di tornare indietro André e riprendere la ricerca: non potevano perdere tempo, la priorità era trovare d’ Attolico, La Voisin se fossero stati fortunati. Quando tornò , dinnanzi alle mura del villaggio, però, di André non vi era  alcuna traccia; né lui né il cavallo erano presenti. Solo il fido Cesar era rimasto, allontanandosi di qualche metro da dove lo aveva lasciato.

“André, diamine, ti pare il momento di sparire?” disse guardandosi in giro.
Dell’ uomo, tuttavia, non giunse alcuna voce o cenno quindi Oscar, prese le biglie del proprio cavallo, iniziò a camminare.
“André! Diamine, dove ti sei cacciato?” gridò a gran voce.
Il villaggio non era piccolo, ma nemmeno grandissimo; lungo un viale abbastanza grande per farci passare due carri,  abitazioni e negozi si susseguivano l’ un l’ altro. Oscar osservò bene ogni singola cosa, alla ricerca del suo amico.

Strano che si sia allontanato così, senza dirmi nulla…pensò; non è da lui, non lo farebbe mai...

“André!” chiamò, a gran voce. Né dai vicoli, né dalla strada, alcuna voce giunse. Ma da una delle abitazioni spuntò, alla finestra,  il viso di una donna che, non appena vide Oscar, si affrettò a richiudere le persiane.
“Madame, Madame! Vi prego, aprite!” si affrettò a dire Oscar; ma la donna era scomparsa e tutto era tornato nel silenzio.

Che diavolo sta succedendo, qui?

All’ improvviso - ancora esterrefatta dagli strani accadimenti che si stavano susseguendo-  alzò gli occhi al cielo e subito dopo,  sentì il cigolio di una porta che si apriva;  guardò allora in quella direzione e notò un viso smunto e pallido in cui due occhi chiari spiccavano.

“Venite…presto, presto!” disse la giovane.
 “Madame…che cosa sta succedendo, qui?” fu la risposta di Oscar mentre si avvicinava a lei, lentamente; ma la donna, sui vent’ anni, non rispose e le fece cenno di avanzare e avvicinarsi alla porta. Solo quando  questa fu richiusa dietro le loro spalle  Oscar fu in grado di ottenere risposta.

“Vi prego di scusarmi, ma non è bene di questi tempi farsi vedere troppo in giro. Lei non vuole. Dice che dobbiamo essere parchi, lavorare, pregare, fare penitenza…e non parlare con nessuno che non sia della nostra famiglia.”

“…Chi…chi non vuole queste cose?”
Oscar era ancora più confusa e fisso l’ altra con una espressione sorpresa.
La giovane, che disse di chiamarsi Amande, la invitò a sedere accanto al tavolo.
“ E’ Lei…la Signora che vive nel Convento.” Rispose.
“Nel convento? La madre superiora? La Signora? E per quale motivo…Come mai?” domandò.
Amande si allontanò da Oscar, prese una brocca di acqua e ne versò un poco in un bicchiere: Oscar la ringraziò con un cenno del capo.
Lei è arrivata qui qualche tempo fa, accompagnata da un prete e da un altro uomo. Prima solo qualche giorno, poi tutte le domeniche.Qualche tempo dopo Dom Armand ha detto che questa donna avrebbe preso il posto della precedente badessa, molto malata. Si è presentata come una donna pia e morigerata, ha chiesto di pregare per lei e per il compito che avrebbe da li in poi ricoperto. “

“Capisco. Non vi ha mai svelato il proprio nome?”

Amande negò.

“Qualche tempo dopo il suo arrivo ha iniziato a chiederci di pregare tre volt al giorno come se non lo facessimo già; poi, di evitare di vivere nel peccato e per questo motivo  fatto chiudere tutte le attività: per vivere in modo cristiano non vi serve nulla, se non il cibo sulla vostra tavola e la preghiera…ha detto. Però, nel frattempo, ha iniziato a chiedere tutto ciò che avevamo.”

Oscar continuò a sentire uno spiacevole presentimento: troppe coincidenze… troppi lati oscuri.
Le sembrò quasi azzardata, l’idea che aveva nella testa ma…se fosse lei? Se fosse La Voisin? D’ Attolico ha una casa, qui…pensò.

“Mademoiselle, negli ultimi tempi avete notato un uomo accanto alla donna che mi avete descritto? Avete mai visto un forestiero? Dice di essere un Barone…”

Amande annuì-

“Lo vediamo raramente, ma quando accade ci rinchiudiamo in casa. E’ davvero molto cattivo.
 Una volta ha ferito gravemente un bambino solo perché gli aveva chiesto qualche moneta” rispose lei. “E’ un uomo di bell’ aspetto e, si: egli si è sempre presentato come Barone di Branciforte. Alcuni uomini hanno provato ad affrontarlo ma…sono spariti nei giorni seguenti. Siamo rimasti in pochi, qui, e c’è un motivo: molte persone se ne sono andate. Quelle rimaste, invece…sono sparite.”

Oscar si alzò in piedi. E’ sicuramente lei. La Voisin.

“Grazie, Mademoiselle, credo di avere compreso qualcosa. Non preoccupatevi, io sono qui per aiutarvi…” disse. Infine, raggiunse la porta: André era ancora la fuori.
“Un’ ultima cosa: sto cercando un giovane, è giunto qui in paese con me. E’ alto, di bell’ aspetto, capelli scuri ed occhi verdi. Ha una corporatura magra….” Domandò.
Amande abbassò il viso.
“Lo ha preso lui. L’ altro, il biondino. Sono passati di qui non molto tempo fa…” rispose.
Il sangue di Oscar si gelò.

Chi..chi aveva preso André? Che era quest’ altra persona?

Si appoggiò alla porta, sentendosi venir meno.
 La giovane la raggiunse con il solito bicchiere d’ acqua, che Oscar rifiutò.

“… Dove possono essere andati?” chiese.
Amande si aggiustò lo scialle stringendolo sul petto.

“Se volete venire a capo della situazione…dovete per forza raggiungere il convento. Li troverete delle risposte” disse.
Oscar aveva mille domande per la testa, il cuore le batteva forte, le mani tremavano.
Doveva assolutamente riprendere fiato e darsi un contegno, perché una mente colma di ombre non le sarebbe stata utile, affatto.  Prese quindi un profondo respiro, chiuse gli occhi.
“Grazie” disse quindi alla ragazza; poi uscì davvero, stavolta. Recuperò il cavallo e si recò al convento.

Ci sono stata ieri sera e non ho notato nulla di strano, cosa mai potrebbe essere cambiato in così poche ore?

Nella sua mente, passò in rassegna  quei pochi volti, le voci, le posture, movimenti delle poche persone incrociate: ricordò di avere visto quattro suore, non una di più e, per la strada, una coppia di vecchi curvi e decrepiti.
Ma il convento…li non aveva notato nulla di strano e  non sembrava affatto un posto malevolo, anzi. Erano entrate, lei e Camille, ben accolte dalle sorelle.

Eccolo…. Il convento si palesò ai suoi occhi.
Posto accanto ad una collinetta, visto con la luce del sole sembrava diverso: per assurdo, appariva ancor più come luogo di pace e perfino più grande. Oscar notò che nel cortile passeggiavano una decina di suore – dove erano, tutte, la sera precedente? A qualche funzione, forse? – e, poco lontano, si udiva il rumore di una cucina nel pieno del lavoro. La donna si guardò in giro.
 Non aveva un piano preciso, non più; era colma di pensieri, di timore, di rabbia. In quel momento, giurò a se stessa che entro sera, nel bene o nel male, avrebbe risolto tutto.

Sperando in bene e preparandosi al peggio, Oscar afferrò la cordicella posta alla sua sinistra.
Con lo sguardo fisso oltre le grate del cancello, la tirò forte e subito le sorelle si voltarono
 all’ unisono. Un paio di esse parvero riconoscerla e si staccarono dal gruppo, andando di buon grado incontro al forestiero.
“Benvenuto, fratello, come possiamo esserti utili?” chiese colei che Oscar ricordò chiamarsi Eveline.
“Vorrei conferire con la vostra badessa, se fosse possibile. Dovrei chiedergli alcune cose riguardo alla giovine che condussi qui qualche ora fa.” rispose, secca.
Eveline prese una grossa chiave da una tasca interna al saio e aprì il cancello.
“Venite; vi condurrò da lei. In questo momento è impegnata con l’ economa nel controllo dei registri. Purtroppo, non si vive di sole preghiere…”.
 Oscar sorrise e annuì.
Stringendo forte l’ elsa della spada,   lanciano occhiate a destra e manca,  seguì silenziosa la monaca. Davanti a lei, oltre una piccola porta, si poteva intravedere il chiostro.

Strano, non mi ha detto nulla di Camille… in più ha accettato di portarmi subito dalla sua superiore.
Oscar, ti stai cacciando in un bel guaio, ma hai altra scelta?
 riflettè; infine il pensiero fu rivolto ad André.  Si augurò non gli fosse accaduto nulla ma, in cuor suo…non posso perderti proprio ora, non posso! Ti prego, Signore, fa che il mio André si salvi!

“Ecco, è qui. Datemi un attimo affinché possa annunciarvi” disse Eveline una volta attraversato il chiostro,  indicando una porta  dall’ aspetto pesante, accompagnando il tutto da un grande sorriso. Il forestiero  sorrise a sua volta osservando l’ ala del Convento che non aveva ancora visitato. Era un ambiente davvero grazioso…

La suora bussò e aprì la porta, senza aspettare altri segnali. Dall’ interno Oscar sentì il sovrapporsi di più voci, e, pochi minuti più tardi, una di queste la invitò ad entrare.

“Accomodatevi, la Madre vi attende” disse la suora, prima di salutarla ed uscire.
“Grazie…” rispose Oscar; ed entrò, per nulla timorosa.
Con immensa sorpresa ed altrettanta delusione, subito si accorse che davanti a lei non vi era chi aveva immaginato.
“Buongiorno, Monsieur. Come posso aiutarvi?” domandò una donnetta piccola e dal volto rugoso.
“Buongiorno, mi duole disturbarvi, ma ho chiesto di poter conferire con voi per dirimere una gravosa questione che ci riguarda.”
La badessa, senza scomporsi, invitò Oscar a sedersi, poi fece lo stesso.
“Ditemi pure.”
Oscar si schiarì la voce.
“Ieri, nel tardo pomeriggio, oserei dire quasi sera, ho condotto una donna qui da voi sperando nella vostra protezione; il suo nome è, anzi…era, Camille: così l’ ho presentata alle monache che mi hanno accolto. Questa mattina con sommo dispiavere sono venuta a sapere che la sopracitata donna è stata uccisa. Ecco, vorrei saperne di più, se non vi è problema da parte vostra.”
La Badessa, il cui viso non riusciva a rivelare una età precisa nonostante i segni del tempo, sbiancò.

“Come dite? Una donna…uccisa? Qui?” domandò con voce tremante, guardandosi in giro.
Dalla finestra dietro di lei un raggio di sole entrò e illuminò il pavimento.
Le mani di Oscar si chiusero in un pugno. Ma a che gioco stanno giocando, tutti? Pensò.
“Mi state dicendo che non ne sapete niente? “ domandò allora con voce fin troppo calma.
La suora si guardò ancora in giro, come se non sapesse più cosa rispondere e poi, con un gesto rapido, si fece il segno della croce.

“Dio mi punisca, se non vi sto dicendo la verità” rispose.

Oscar era stanca di quella pantomima. Nonostante si fosse ripromessa di non turbare quel luogo di pace e letizia, si  alzò in piedi e appoggiò entrambe le mani tremanti di rabbia sul tavolo, fissando la monaca.

“Temo che voi, invece, la verità la conosciate bene e me la state tenendo nascosta” affermò.

Ci fu un momento di silenzio, talmente pesante da pesare sulle spalle e sugli animi delle persone li presenti. Oscar scosse il capo, poi alzò gli occhi al cielo.

Monsieur, la mia giovane sorella vi sta dicendo la verità: non abbiamo nulla da nascondere, qui. Per dimostrarvelo, possiamo aprirvi ogni singola porta di questo luogo di pace e preghiera”.
Oscar si voltò in direzione della voce e notò la figura di una suora, arrivata da chissà dove. Decisa a non lasciarsi scappare quella occasione, annuì.
“A me sta bene.” Rispose senza fare ulteriori domande alla nuova venuta. Costei, senza nemmeno presentarsi, indicò ad Oscar di seguirla ed uscì dalla porta.
 Fu un sollievo risentire l’ aria fresca sul viso, rivedere il chiostro,  le mura, le colonne a perfetta distanza l’ una dall’ altra.

“Ecco, possiamo partire da qui. Entrate e fate come se fosse casa vostra; io non vi seguirò, ma resterò a vostra disposizione, a pochi passi da qui. Rimarrò in contemplazione davanti al crocifisso” disse la monaca, che si qualificò come Marie Claire, fornendo ad Oscar un pesante mazzo di chiavi. Lei non si lasciò sfuggire l’ occasione: ripercorse spazi che già la sera aveva veduto ed altri ambienti, completamente nuovi, come il refettorio, le celle dell’ ala ovest, la sala ricreativa e la chiesa. Per ultima lasciò la cella appartenuta a Camille.

Non trovò nulla.

Tutto risultava essere perfettamente normale, così come doveva essere; poche cose, qualche vaso di fiori, alcuni testi sacri poggiati su mensole e tavoli disseminati qui e la.

 Sconsolata, senza mai smettere un solo istante di pensare ad André;  percorse l’ ennesimo corridoio, ai cui lati erano appesi ritratti di Santi alternati a quelli – almeno così pensò – delle precedenti badesse. Arrivata in fondo, stremata, vide una panca ed andò a sedersi, poggiando la schiena e la testa contro il muro.

Che sto facendo? Perché è tutto così difficile? E se mi fossi sbagliata a fidarmi delle parole di quella giovane?

Con un rapido movimento, si piegò in avanti, il capo chino a fissare il pavimento.

André…dove sei? Perché mi hai lasciata sola?

Non riuscì a darsi una risposta: dal nulla, un improvviso  dolore, fitto, alla testa, la fece barcollare. Provò ad alzarsi, muoversi tuttavia perse l’ equilibrio cadendo malamente a terra. Ciò che riuscì a vedere furono solo che un paio di stivali sporchi e malconci, poi crollò, esanime, fissando il pavimento ed il muro finché tutto non divenne nero come la notte.


***



Odore di muffa, di chiuso. Forse, acqua stagnante.
Sulle labbra, un sapore metallico. Sangue?
Provò, lentamente, a muoversi. Intontita e con un gran dolore alla nuca, riuscì a malapena a capire dove fosse.

“Vi siete svegliata, finalmente. Mi avreste dato un grande dispiacere, se voi foste morta.”

Un occhio pesto, i capelli appiccicati alla fronte, Oscar ci mise un bel po' a realizzare di essere di nuovo al cospetto della Voisin; solo, accanto a lei non trovò il falso Barone di Branciforte ma un uomo totalmente diverso.
Con la poca lucidità ancora rimasta, fissò gli stivali di quest’ ultimo.

“André! Cosa gli avete fatto?” urlò con la poca voce rimasta in corpo, realizzando davvero il tutto.
La Voisin era in piedi davanti ad un tavolo coperto da alambicchi, ampolle, bottiglie colme di liquidi, alcuni colorati, altri no. Il viso della donna era diverso dal solito, forse a causa della pettinatura o, forse, a causa della semplice veste scura che indossava.

“Dove è Andrè?” domandò ancora Oscar.
La Voisin e l’ uomo si fissarono e poco dopo, come risposta, le giunse una risata.

“Sta parlando troppo, Madame?”  disse l’ uomo che aveva tramortito Oscar. Si era avvicinato e chinato su di lei, che poteva così sentire l’ orribile tanfo di sudore e vino ed il sorriso sghembo aveva rivelato unicamente due denti marci.

“No, lasciala stare, per ora” rispose la maga  con fare vago  “ in quanto al vostro amico, Mademoiselle Oscar,  posso solo dirvi che è ancora in vita e si trova nella stanza accanto ma, ahimè, al momento non può parlare….”.  Intanto le mani sin muovevano svelte , mescolando chissà cosa in un piccolo calderone.

“Ditemi cosa volete e non vi sarà torto un capello”.

La voce di Oscar era un sussurro.
La gola le bruciava.


Una risata sguaiata, volgare – l’ ennesima - si diffuse in quella che doveva essere una cantina illuminata da una serie di candele appoggiate sul tavolo e sul pavimento di pietra.
L’ uomo che si era avvicinato ad Oscar si spostò dietro di lei e strinse ancora di più le corde che la tenevano legata alla sedia.

“Mia cara – siete voi la ragazza che voleva disfarsi del fardello, corretto? La figlia del Generale…. – io…ecco, vedete…non voglio proprio niente. Nulla. ” rispose.

Oscar pregò Dio di darle ancora un po' di forza. Non poteva finire così: se solo avesse avuto la forza, l’ avrebbe tramortita con le proprie mani.

La fissò con occhi pieni di rabbia.
“Avete ucciso vostra figlia…avete ucciso un sacco di persone… per non ottenere nulla? “

L’ altra donna annuì, posò la fialetta sul ripiano del tavolo e immerse le mani in un catino colmo
d’ acqua posto alla sua sinistra.
“Proprio così. A me non interessa nulla: sono ricca, ho molti possedimenti ed una vita agiata. Non voglio altro…se non continuare come ho fatto fino ad ora: uccidere , che sia un animale ,un uomo, un bambino.Per me è indifferente ma, soprattutto, mi fa sentire onnipotente. “ Gli occhi della Voisin si accesero.
“Ecco, ora che vi ho detto tutto…siete contenta? Cosa cambia nella vostra percezione del mondo?”
Oscar sbuffò, poi strattonò le corde che la tenevano legata, intenzionata a liberarsi e mettere fine a quella faccenda una volta per tutte.

La Voisin si asciugò le mani e , dopo essersi allontanata dal tavolo, si diresse verso una cassapanca che aprì.
Con disgusto, Oscar la vide afferrare qualcosa.

sono capelli? E’ forse un testa, quella?

“Ah, ecco. Era qui. Proprio ciò di cui ho bisogno per la prossima pozione.“

Oscar ne ebbe la certezza, quella a poca distanza da lei era una testa mozzata.

Gli occhi vitrei di un viso ormai deturpato di quella che doveva essere una giovinetta la fissarono. Distolse lo sguardo.

 La megera si mosse lentamente in quello spazio angusto e si avvicinò alla propria  ospite.

“Come vedete, non è il vostro amico. State tranquilla. Se non sbaglio…si tratta di una ragazzina che, per caso, mi vide mentre facevo scempio del corpo del padre:  sapete, non potevo lasciarmi scappare l’ occasione: non mi è mai più capitato un essere umano così. Carne fresca, dolce.
L’ ideale.”
 
Oscar sentì salire un conato di vomito attraverso l’ esofago. Lo stomaco le si contorceva.

 La Voisin la fissò per un attimo con occhi scuri, infossati, profondi.

“Siete pazza…” mormorò Oscar. Era giunta ormai allo stremo delle forze.

“Pazza? Cosa è la pazzia, Mademoiselle? Chi può davvero stabilire il confine tra bene e male? E’ tutto a discrezione dell’ uomo; quello che per lei è brutto, per me è bello. Quello che a voi provoca repulsione, su di altri può avere l’ effetto contrario. Quello che per lei è la verità, per me può essere menzogna: è davvero labile, il confine che separa questi concetti.”
L’ uomo  iniziò a tossire. La Voisin…sorrise e , con una piroetta, girò su se stessa, andando a posare la testa mozzata tra le sue mani, poi tornò dietro il tavolo e, in silenzio, riprese a fare miscugli.

Oscar tentò, per un’ ultima volta, di liberarsi dalle corde che la tenevano legata.

“Piano, piano, signorina: non è ancora il vostro turno” disse l’ uomo.
La donna più anziana alzò il capo.

“E’ vero…ho ancora da fare, qui. Lucien, portala di la, dove sta il suo amico. Mi occuperò di loro più tardi” disse.
Lucien  allora liberò gli arti di Oscar e senza tante storie la sollevò per un braccio, trascinandola di peso verso una piccola porticina semichiusa. Con estremo terrore, alla fioca luce, Oscar fece appena in tempo ad intravedere i corpi ormai putrefatti di un paio di persone e, in un angolo, notò un’ altra figura.

André? Sei tu?

L’ uomo la gettò in mezzo alla stanzina,come un panno vecchio e liso; quando le proprie membra toccarono il terreno freddo e umido, provò un immenso dolore.

“André…sei qui? Sei qui con me?” fu la prima cosa che disse.

Nessuno rispose; allora, provò a rialzarsi, riuscendo solo che ad appoggiarsi sui gomiti. Con lo sguardo, cercò di mettere a fuoco ciò che la circondava e vide che la figura nell’ angolo si stava muovendo.

“Oscar…sei tu?”

Dal nulla, finalmente, emerse una voce.

“Oscar, sono qui...”

André…Sei tu? Sei davvero tu?

La donna chiuse gli occhi per frenare le lacrime. Poi avvertì un movimento, come se qualcuno strisciasse. Di li a poco si sentì sfiorare una mano. Come quella stessa mattina…

“Non sforzarti, cerca di risparmiare le forze….” Disse con molta fatica André.

Era, egli, a nemmeno mezzo metro di distanza da lei.

“André…ma che succede? Cosa ti hanno fatto?” mormorò Oscar, tenendo stretta quella mano. Infine, ricacciate indietro le lacrime, con l’ occhio ancora buono lo vide. Riconobbe il suo viso e, per poco, non si sentì male.
“Mio Dio…cosa ti hanno fatto?”

Lo vide muoversi, gemere.

“…Non ti devi preoccupare per me…ora…ascoltami: questa volta, ahimé, non intravedo alcuna via d’ uscita. Qualsiasi cosa accada…cerca di salvarti…almeno tu.”
Lei si sentì quasi male, nell’ udire tali parole. Le mancò il respiro.
No, non poteva assolutamente lasciare che il destino si accanisse in quel modo contro di loro.
“Non succederà: ci salveremo. Non so ancora come…ma una persona come quella non può farla franca” disse, anche se razionalmente pesava tutt’ altro.

 Furono le sue ultime parole; subito dopo, la porta si aprì e venne trascinata via. André fissò la scena con un profondo terrore. La paura , che aveva cercato di tenere lontana, lo immobilizzò più di quanto le condizioni in cui versava non avessero già fatto.

“Oscar!” urlò con tutte le forze che aveva in corpo.

“Risparmi il fiato, ragazzo. La sua fine è già segnata” rispose Lucien chiudendo la porta. Poi, sentì un gran tonfo ed un urlo, disumano, che per poco non gli fece perdere il senno.
“Bene, iniziamo: entro domattina, ne resteranno solo che le ossa. Dopo di lei, riserveremo lo stesso trattamento al suo caro amico.” Disse La Voisin.

A quel punto, Andrè provò ad alzarsi, ma ricadde su sé stesso, proprio addosso alla porta.

“Lucien, per favore, fallo dormire per un po': il rumore mi infastidisce….”

André vide aprirsi la porta e calare, sul proprio viso, una pesante pietra.















 
   
 
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