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Autore: Fe_    27/05/2023    0 recensioni
Fanfiction semi-interattiva: leggere il capitolo 21 per ulteriori informazioni
Raccolta || Multi-rating || Slice of Life
Raccolta disomogenea ambientata in una Hogwarts contemporanea, con adolescenti che hanno sulle spalle solo il peso della loro età e non della salvezza del mondo.
Questo non vuol dire che le loro vite siano più facili, però: le nuove, travolgenti emozioni che provano una volta affacciati oltre l’infanzia sono abbastanza potenti da sconvolgerli.
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[I capitoli 1-20 fanno parte del Calendario dell'Avvento, con prompt relativi al natale]
21.Luna- [Angelika Hunt; Lorina Altea Marie Erzsébet Caeli]
[...]
28. Litigio- [Murphy Spencer Lightwood; Lilith Eve Marie Beaumont; Royal de Vries]
29. Posta del cuore- [Lorina Altea Marie Erzsébet Caeli; sorpresa]
30. Festa segreta- [Timòn Sandro Ramirez; Leslie Keith Hamilton; Enéas Alistair Morgenstein Silva; Mikhail Ivankov]
Genere: Azione, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Filius Vitious, Maghi fanfiction interattive, Minerva McGranitt, Mirtilla Malcontenta
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Titolo: Voci di corridoio
Titolo del capitolo: Festa segreta
Personaggi: Timòn Sandro Ramirez; Leslie Keith Hamilton; Enéas Alistair Morgenstein Silva; Mikhail Ivankov.
Rating: Giallo
Note: Slice of Life | Comico | 2061 parole
Eccoci con il capitolo dedicato a Timòn!
Sapete che, almeno in questa fanfiction, i serpeverde hanno il maggior numero di nati babbani?
Mi fa molto ridere perché puntualmente ritrovo nella scheda di presunti atti di bullismo che però, in questo contesto, non hanno senso. Giusto per rendervi partecipi, se questi non vengono mostrati nei capitoli- magari per i più piccoli, o per quelli di altre case, ma non certo per quelli dell’ultimo anno che hanno un intero esercito dalle radici simili.
Detto questo, parte due di novità ad Hogwarts: gli studenti organizzano dei party, spesso nelle varie case ma, come in questo caso, in luoghi più segreti e meno accessibili, dove il casino si nota meno.
TW per l’uso assolutamente sconsiderato di alcool fatto da degli adolescenti.
Ed ora: scegliete pure il prossimo tributo.
Marybeth Newbury per Corvonero
Crystal Wolff per Grifondoro
Lilith Eve Marie Beaumont per Serpeverde
Emma White per Tassorosso


Un momento prima la notte è buia e quieta, fredda come senza vita, ma una volta arrivati oltre i primi alberi un pezzetto di pergamena si illumina di mille colori cangianti: si libra ad appena qualche centimetro dal palmo in cui prima era posato e si avvia indicando ai due ragazzi la strada.
         Timòn si erige in tutta la sua altezza, ormai sicuro di essere troppo lontano per essere visto da chicchessia: il castello è in alto, nascosto in buona parte dal fogliame, mentre loro sono quasi al livello del lago nero, la sua gelida umidità che appesantisce le giacche. Il biglietto volge in quella direzione, li fa scendere ancora lungo un sentierino di ghiaia scoscesa che rende impossibile evitare i rumori, girare accanto ad un vecchio olmo e oltre dei cespugli. Accanto a lui, il respiro di Leslie si condensa e riassesta in nuvolette in maniera troppo rapida persino tenendo conto della corsa fatta qualche minuto prima per passare il prato.
         «Sei si-sicuro sia…?»
«Sì, sono sicuro quanto lo eri tu quando Isa ti ha invitato.» Taglia corto il serpeverde, e senza guardarlo sa che le guance dell’amico sono diventate più rosse dei suoi capelli. Timòn si passa il pollice su un sopracciglio, quasi a cercare di sistemare inesistenti imperfezioni nella sua figura slanciata ed elegante, poi accenna col capo al punto in cui la loro guida ormai inanimata si è lasciata cadere. «Sei ancora in tempo per andartene e fingere di non sapere nulla. Questa festa infrange almeno tre o quattro delle tue amate regole.» Continua con un sorrisetto divertito ma affatto ironico o cattivo.
         Leslie si limita a scuotere la testa, un’espressione a metà tra l’infastidito e l’impacciato mentre si china a raccogliere il pezzo di pergamena. Si ferma solo quando, finalmente, si rende conto che a terra ci sono diversi mucchietti, inviti che si sono lasciati cadere una volta esaurito il loro obbiettivo, quindi il moro gli posa una mano sulla spalla prima che possa fare altro.
         «Verranno fatti sparire assieme a tutte le altre prove, quindi lascialo lì.» Lo informa semplicemente, poi si avvia e dopo un attimo varca la soglia. Alle sue spalle Leslie è ancora visibile, un ginocchio a terra e l’espressione confusa di un cucciolo, segno che gli incantesimi funzionano alla perfezione.
         Non sa esattamente chi sia ad organizzare quelle feste al limite dell’idiozia, con decine di studenti fuori non solo dai letti ma persino dal castello: a volte gli inviti li portano nei sotterranei, a volte sulla riva del lago, altre come quel giorno finiscono alle pendici della foresta proibita, i primi alberi dai tronchi ancora esili illuminati in modo spettacolare dai fuochi come non importasse a nessuno dell’infiammabilità del legno. Il calore lo colpisce in modo piacevole e deve sbattere un paio di volte le palpebre per abituare gli occhi chiari alla luce improvvisa; per quando ci riesce, Leslie è accanto a lui, il vago disagio ben visibile sul volto lentigginoso. Timòn si allenta la giacca, lasciandola scivolare poi lungo le spalle esili fino a toglierla del tutto per evitare fastidiose macchie di sudore o arrossamenti sulla pelle candida; gli rovinerebbero il make-up leggero ma curato, e prodotti come il fondotinta sono preziosi come oro in quell’ambiente.
         La musica è alta, martella dentro le vene e arriva dritta al cuore in bassi che non superano la barriera magica: cancella prepotente ogni altro rumore. Non sa esattamente chi sia l’artista, il dj deve essere un tipo peculiare, ma i suoi gusti discutibili non fermano la folla; il volume impone a Timòn di chinarsi un poco verso l’amico per potergli parlare nonostante non siano molti i centimetri che li separano.
         «Ora devi solo trovare la tua bella.» Alza la mano prima che possa protestare, quindi indica con la mano un ammasso di ragazzi che si scuotono in modo bizzarro. «Lì c’è la pista da ballo, e mi pare di vedere una moretta che la domina. Forse vuoi fare un giro al bar, prima?» L’indice scivola verso destra, dove c’è un gruppo nutrito di studenti con dei bicchieri in mano. Si trovano più lontani di loro rispetto alla musica, e gli avventori chiacchierano in chiaro segno che lì il frastuono è in qualche modo attutito. Leslie scuote la testa con veemenza.
         «Gira anche alcol? Non so se…»
«C’è un motivo se queste feste restano un segreto, Les.» Lo interrompe l’amico con tono rassicurante. « Non sono pericolose, nessuno si fa male e aiutano a alleviare la tensione. Al massimo qualcuno domani fingerà un raffreddore… o lo avrà davvero, guarda.» Aggiunge, accennando con il capo ad una ragazza bionda e slanciata che indossa solo un top in pizzo nero, una minigonna scozzese e calze alte abbinate; la conosce, è del suo anno e della sua casa, ma sono tutt’altro che amici. Pare uscita da un set fotografico, starebbe bene sotto le calde luci dei riflettori ma non certo nel mezzo di una foresta nell’inverno scozzese, nonostante i fuochi che scaldano e illuminano la radura.
         «È… è nor-normale?» Timòn ride dell’aria sconvolta di Leslie. Il rosso abbassa di scatto gli occhi, giocherellando con gli indici e una doppia dose di impaccio che lo rende adorabile ed innocente nonostante i suoi diciassette anni; quando l’altro gli passa il braccio attorno le spalle sobbalza i riccioli gli scivolano sulla fronte, troppo corti per arrivare anche solo alle sopracciglia che pur sono alzate per la sorpresa.
         «Tutte le ragazze vogliono farsi guardare, specie se ci sono ragazzi carini attorno. Poi c’è la competizione della mezza veela.» Mentre parla segue con lo sguardo la serpeverde, che sorride e saluta con una mano dalle unghie lunghe una ragazza deliziosa in bianco e azzurro: sa che le due si odiano ferocemente, ma dal modo in cui si salutano paiono amiche, e Timòn per l’ennesima volta si chiede come possano delle persone essere tanto false. «Sta andando verso la pista, ricordo male o l’ultima volta lei e Isabella si sono quasi picchiate?»
         «Vado a cercare Isa, questa festa è già abbastanza agitata!» Leslie si scosta di scatto, facendo scivolare il castano che si era sbilanciato posandosi col peso su di lui. Mentre il tassorosso fila via di corsa lui si sistema piccato la camicia, per improbabile sia che qualcuno noti le pieghe con la luce mobile delle fiamme; il tessuto, poi, è un peculiare stampato bianco candido che ricorda molto una tela astratta, con linee di colore che si spargono in modo casuale e portano una nota di originalità nel look altrimenti troppo classico che ha scelto per la serata.
         «Guarda te, per amore si dimenticano anche gli amici…» C’è un che di teatrale nel sussurro che gli arriva all’orecchio; conosce fin troppo bene quella voce e può presagire ciò che sta per succedere in modo cristallino, eppure non riesce a reprimere un brivido quando un soffio freddo gli sfiora il lobo e fa muovere gli orecchini a forma di ala che indossa. Il destro gli colpisce il collo, e Timòn non può non pensare che forse dei più semplici punti luce sarebbero stati più adatti quella sera.
         «Enéas! Sei arrivato presto, credevo avessi un impegno.»
«E perdermi la prima festa decente dell’anno? Nah, non posso confinare questa faccia ad una stanza del castello. Forse dopo.» Il ragazzo si sfiora il mento perfettamente rasato, poi si raddrizza e guarda il compagno di casa con tutti i quasi dieci centimetri di altezza che li separano. Enéas ha un ghigno attraente sul viso olivastro, sa di mediterraneo ed è quasi fuori posto tra gli inglesi e il loro pallore. «Intanto ho già visto Mikhail alla zona bar, ti unisci a noi o segui il tuo protetto?»
         Timòn si strinse nelle spalle, voltandosi a cercare con lo sguardo la figura longilinea del corvonero che gli è così familiare. Lo trova accanto ad un profilo tozzo dalle spalle larghe e, anche se da quella distanza non può vedere la sua espressione, sa che è estremamente seccato dal chiacchiericcio allegro ma leggero del suo interlocutore. «Andiamo a salvarlo, forza. Ma stasera non bevo, ho mangiato poco a cena e non vorrei ubriacarmi.»
         «Finirai comunque ubriaco, Tim. È scritto nelle stelle.» Enéas alza il braccio e traccia un ampio arco verso il cielo, anche se gli astri non sono visibili dalla loro posizione; quando fa così ricorda molto un poeta, o un drammaturgo del sedicesimo secolo. «Come il fatto che Mika insulterà il mio collega cercatore a breve.»
         Timòn sorride alle sue parole, poi si avvia a passo svelto per evitare incidenti diplomatici. Il compagno di casa lo segue dopo un attimo, il passo più rilassato di quello scattante e elegante del più basso che si fa agilmente strada tra le persone; evita senza sforzo i ragazzi che camminano e ciondolano nel suo percorso, alcuni già impregnati della puzza di alcol e con un vivace colorito sulle guance. A mano a mano che si allontanano dalla pista la musica si fa meno pressante, sostituita dal chiacchiericcio di fondo, ed il terreno diventa più compatto a causa dell’erba schiacciata. Il suo profumo è, insieme a quello pungente della birra, inebriante e quasi fastidioso al suo naso sensibile ma lui si sforza di ignorarlo e prosegue sicuro.
         Quando arrivano a portata d’orecchio, però, entrambi si rendono conto di aver commesso un errore: Mikhail e Mikajilo, come suggeriscono i nomi, vengono entrambi dalle fredde terre dell’est Europa e stanno parlando fitto fitto in un idioma che per chiunque altro è incomprensibile. Ogni tanto il più basso ride, un suono sincero che gli scuote tutto il corpo e attira l’attenzione degli studenti più vicini, ma Mikhail si passa nervosamente la mano sulle guance, l’indice che insiste su una cicatrice che gli rovina appena lo zigomo sinistro: deve essere in difficoltà. Timòn sa che il suo metodo di discussione somiglia quasi ad una battaglia, una partita di scacchi se è particolarmente di buon umore, almeno quanto sa che tra le diverse qualità di Mikajilo non c’è, purtroppo, l’intelligenza; se non fosse per la lingua e il passato nella stessa scuola i due non si parlerebbero mai, ne è certo. Enéas li interrompe, allungandosi oltre la coppia per prendere due bicchieri di carta, quindi ne porge uno al castano.
         «Mika! Mikajilo. Di cosa stavate parlando?» Chiede, una nota di caratteristica curiosità nella voce. Prende un sorso della sua bevanda, leccandosi poi le labbra con un certo sorriso soddisfatto; Timòn fa lo stesso e la lingua gli viene invasa dal sapore dolce della vaniglia e dei frutti di bosco, tutto il contrario rispetto all’amarognola birra che aveva immaginato guardando il colore e le bollicine nella bevanda.
         «Buonasera, Enéas. Ciao anche a te Tim!» Il secondo saluto è ben più caldo, come a sottolineare che anche una persona sciocca ed allegra come il serpeverde si è reso conto dell’innegabile antipatia che il primo nominato prova nei suoi confronti. Poco male, pensa Timòn svuotando in un sorso il bicchiere che è certo contenga poco o niente di alcol: si tratta semplicemente di due caratteri affatto compatibili, sarebbe inutile cercare di farli andare d’accordo. «Dicevo a Mika che…»
         «Non importa, Misha. Piuttosto, non dovresti tornare dalla tua ragazza?» Mikhail lo blocca con tono gentile ma fermo, posandogli una mano sulla spalla ed indicando nella folla. Michajilo alza il capo come avesse d’improvviso ricordato qualcosa, quindi rivolge al gruppo un sorriso di scuse e si avvia; Timòn lo segue con gli occhi chiari quasi infastiditi dalla luce, che da calde fiamme è stata incantata per somigliare di più a laser colorato ora che la festa è iniziata sul serio. Prova quasi un moto di invidia quando lo vede sfiorare con le labbra la guancia di una graziosa moretta che reagisce in modo timido ma evidentemente felice.
         «Scortese.»
«Parlavamo di Koldovstoretz, non è interessante.» Mikhail vuota di colpo un altro bicchiere, poi schiocca la lingua. Fa una pausa piuttosto lunga contemplando il fondo vuoto come non trovasse le parole- forse è così, dato che ancora fatica un po’ con l’inglese. «Sono troppo dolci, non si sente neanche l’alcol. Eppure sono pesanti. »
         Sentendo quella frase Timòn ferma la mano a mezz’aria, solo pochi centimetri che separano il suo drink dalle labbra piene che si aprono ad un’espressione sorpresa. «Questa roba è alcolica? Tanto?» Chiede, ed Enéas sorride, battendo piano la sua nuova bevanda con quella dell’amico.
         «Ti avrei fermato prima della pole dance, lo spettacolo dello scorso anno mi è bastato.»
  
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