Cap. 9: Darkest days
Lost
within a dream
So clear yet so unreal
While memories surround me
I don't know what has been
To take you in your sleep
And make your eyes surrender
Answers won't come from inside
Neither from what I'm seeing
In the mirrors left behind
I tried not to sink
But shore was too far
And water blackened by your lies…
(“Darkest days” – Nocturna)
Saltzmann era addolorato nel vedere il suo
povero Mellish che soffriva tanto nel rivivere quei momenti così terribili per
lui, ma sapeva per esperienza personale che non serve a niente cercare di
rimuovere i ricordi brutti, quelli restano comunque nel fondo del cuore e
logorano e straziano.
“Quello è reale, Stan, è vero anche se tu non
pensare. Così fa male a te. Tu ricordare, accettare ricordi, così puoi
combattere loro e stare meglio” cercò di spiegargli.
Mellish reagì ancora una volta bruscamente,
sulla difensiva.
“Ah, ora sei diventato anche il mio
psichiatra? Non parli neanche bene la mia lingua e pensi di poter capire la
psicologia? Tu nemmeno mi conosci veramente e ora vuoi fare lo strizzacervelli?”
Saltzmann scosse lentamente il capo.
“Io non capire questa parola, ma voglio
aiutare te perché io amo te, Stan, voglio vedere te felice” replicò, con una
calma e una dolcezza disarmanti. “So cosa dico perché per me stessa cosa.
Quando io saputo di mia famiglia tutta morta, io non accettare, non volere. Io
pensare che loro vivere bene a Köln e io non potere più tornare da loro perché
fare guerra… ma non riuscire. Io non dormire di notte, io incubi, come te. Poi
accettato dolore, perdita, morte, pensato che io magari morire in guerra e
ritrovare loro in posto migliore. Questo aiutato me, poi io… trovato te e Upham
e salvato voi e capito che io ancora potevo avere vita.”
“Che bella storia” borbottò il giovane
americano. “Sai che mi dispiace molto per la tua famiglia, ma la tua vicenda
non c’entra un bel niente con me, io non ho niente da ricordare, io lo so cos’è
successo ed è già abbastanza brutto così!”
“No, non abbastanza” mormorò tristemente il
tedesco, poi prese il ragazzo per le spalle, lo fece sedere accanto a sé sul
letto e lo abbracciò. “Io visto tutto e so come andate le cose, se tu non
accettare io racconto, tu devi
combattere paura.”
“No, no, smettila, stai zitto, tu non sai
niente…” protestò il giovane, stretto nell’abbraccio di Saltzmann. E non appena
si rese conto di quello che aveva detto, di come aveva supplicato l’uomo di
tacere proprio come aveva supplicato l’altro di risparmiarlo… allora tutto
ritornò a riempire la sua mente, il vero ricordo si fece strada e gli esplose
in testa come una bomba devastante.
Saltzmann era salito su per le scale dopo che aveva visto
Upham in preda ad un attacco di panico e aver udito grida e rumori di lotta che
provenivano dalla stanza al piano superiore. Aveva immaginato che ci fosse
qualcuno dei compagni del caporale e che lui non avesse trovato il coraggio di
andare a salvarli. Quando giunse sul pianerottolo e entrò nella stanza, però,
vide che a terra giacevano già morti un soldato americano e uno delle SS,
mentre un altro SS bloccava con il peso del suo corpo un americano e… e lo
stava lentamente pugnalando al petto con una baionetta, mentre il povero
ragazzo lo supplicava di fermarsi, gemeva e ansimava sempre più disperatamente
mentre la lama, inesorabile, gli penetrava nella carne. Saltzmann si era
immediatamente chiesto cosa dovesse fare: se avesse sparato alle spalle al
soldato nazista, quello avrebbe potuto cadere addosso all’americano o fare
comunque un movimento convulso e la baionetta avrebbe trafitto il cuore del
giovane. Dagli spasmi e dagli ansiti stravolti del ragazzo comprese di non
avere molto tempo ancora per pensare.
“Ehi!” gridò, rivolto al soldato. Il nazista, che non si
aspettava di essere sorpreso alle spalle, lasciò perdere il tentativo di
trapassare il cuore del soldato americano, immaginando forse che sarebbe morto
lo stesso, mentre la voce dietro di lui rappresentava un pericolo più
immediato. Sfilò la baionetta dal petto del giovane e si voltò, brandendola
contro Saltzmann.
Non ebbe neanche il tempo di stupirsi del fatto di essere
sotto tiro da parte di un commilitone (fuoco amico, si sarebbe potuto dire!)
che Saltzmann approfittò del momento favorevole per sparargli e fulminarlo sul
posto. Il cadavere del soldato SS crollò a terra, accanto al corpo dell’americano,
e Saltzmann si affrettò ad andare dal ragazzo per soccorrerlo. Solo quando gli
fu vicino e lo sorresse piano, aiutandolo ad appoggiarsi alla sua spalla,
riconobbe uno dei compagni di Upham e si rallegrò ancora di più di averlo
salvato… anche se ricordava che quel ragazzo era stato uno di quelli che voleva
fucilarlo, ma in quel momento la cosa non aveva importanza, contava solo che
non fosse ferito gravemente. Gli aprì il giubbotto e gli sollevò la maglietta
per vedere quanto profonda fosse la ferita e, nel frattempo, cercava di
parlargli per rassicurarlo.
“Stai bene? Tu ferito?” gli domandava, ma il ragazzo,
Mellish appunto (ma Saltzmann non sapeva ancora il suo nome), non rispondeva,
continuava solo ad ansimare e gemere come se avesse ancora la baionetta
infilata nel petto e sempre più vicina al cuore… Il tedesco vide che la ferita,
per fortuna, non era troppo profonda, altrimenti avrebbe già iniziato a
scalfire il cuore, e non usciva troppo sangue. Prese un fazzoletto e ce lo
premette sopra.
“Tuo dottore curerà ferita, tutto bene, non più pericolo,
niente paura” gli disse, sperando di riuscire a scuoterlo in qualche modo. “Tu
premere così ferita e sangue fermare.”
Mellish seguì l’indicazione di Saltzmann, ma i suoi occhi
sembravano ancora perduti nell’orrore che aveva vissuto fino a qualche istante
prima e a come sarebbe finita se l’uomo non fosse intervenuto. Probabilmente
non aveva nemmeno riconosciuto il tedesco che avevano catturato e poi liberato.
Ad un tratto scoppiò in un pianto dirotto e disperato, tra ansiti e singhiozzi,
aggrappandosi alla giacca dell’uomo e nascondendo il volto nel suo petto.
“Non mi lasciare… non mi lasciare solo…” riusciva appena
a dire tra un singhiozzo e l’altro. *
Saltzmann si sentì come se qualcuno spaccasse a lui il
cuore con una lama affilata. Com’era possibile terrorizzare così un ragazzo,
anche se si trattava di un soldato nemico? Perché, se proprio doveva, il
soldato delle SS non gli aveva tagliato la gola con un colpo netto della
baionetta? Quante atrocità avrebbe dovuto ancora vedere in quella maledetta
guerra alla quale non voleva nemmeno partecipare e che gli aveva già fatto
perdere tutto? **
“Tutto bene, ora, tutto bene, io proteggo, io salvo te”
gli aveva mormorato, cercando di tranquillizzarlo. Poi, senza neanche
rendersene conto, si era trovato a stringerlo più forte a sé e a baciarlo, un
bacio che voleva dire tutto e niente, che sapeva di sale e di lacrime e di
paura ma che gli riempì il cuore di una dolcezza infinita mai provata prima.
Mellish sembrò accettare quel bacio, forse in quel momento non si rendeva bene
conto oppure aveva bisogno di qualsiasi contatto umano, anche di quello più
insolito, per esorcizzare il terrore provato. Saltzmann aveva fatto una
violenza incredibile su se stesso per riuscire a staccarsi dal ragazzo quando
aveva sentito dei passi sulle scale, poi gli aveva accarezzato il volto,
asciugandogli le lacrime, e aveva visto Upham sulla soglia.
Era stato allora che gli aveva spiegato di aver salvato
il suo compagno sparando al soldato delle SS, e poi che sarebbe tornato dalla
sua squadra dicendo che la casa era vuota, che l’aveva già perlustrata tutta;
loro sarebbero dovuti restare lì finché non avessero visto i tedeschi
allontanarsi e poi raggiungere i loro compagni. Era stato allora che aveva
chiesto a Mellish come si chiamasse e si era a sua volta presentato, e aveva
spiegato che non voleva più saperne di quella guerra e di vedere ragazzi morti.
Quindi aveva salutato i due americani ed era uscito dalla stanza per
raggiungere i suoi… ma aveva portato con sé tante cose: il sapore di Mellish
sulle labbra, il calore del suo corpo tremante e singhiozzante tra le sue
braccia, e quel nome che lui pronunciava come Stan, che non avrebbe mai
dimenticato.
Era stato lì, in quel momento, che aveva capito di
essersi innamorato del giovane americano che aveva salvato, ma pensava anche
che non lo avrebbe incontrato mai più e invece…
“Questo è accaduto, Stan, tu ricordare”
insisté l’uomo. “Ricordare momenti brutti e poi combattere loro, distruggere.
Ricordi brutti fare tanto male a te.”
Mellish, però, non voleva ricordare neanche
per sogno, non poteva accettare di ripensare a quella lama gelida e tremenda
che lo aveva penetrato lentamente, che solo per pochissimo non aveva iniziato a
pungergli il cuore, che gli aveva spezzato il respiro e che chissà quanto male
avrebbe potuto ancora fargli, qualcosa di inimmaginabile… no, no, no, non ci
avrebbe mai ripensato. Piuttosto preferì soffermarsi su qualcosa che aveva
rimosso come tutto il resto, ma che non era così atroce ricordare.
“Tu… tu mi hai baciato?” domandò, allibito.
“Non so perché ho fatto ma sì, ho baciato te,
non so… beh, forse io sapere, forse io iniziare da lì a amare te” replicò Josef
tranquillamente. “Ma questo non importante ora, io baciare te molte altre volte
dopo. Tu devi ricordare che…”
“No, io non devo ricordare un bel niente! Non
c’è niente da ricordare, non è successo niente, ti sbagli, la ferita non è mai
stata così profonda!” protestò il ragazzo, ostinandosi a chiudere quella porta.
“La devi smettere, lasciami in pace, non ci voglio più pensare a quella
giornata, solo al fatto che tu mi hai salvato, nient’altro conta per me.”
Ma non era così e Saltzmann lo sapeva, lo
vedeva nei suoi occhi sbarrati e pieni di angoscia e dolore, nel tremore delle
sue mani, nella sua disperazione. Quel ricordo era lì, subdolo e nascosto nella
sua mente, e ogni giorno gli avvelenava il sangue, non sarebbe mai sparito finché
Mellish non avesse trovato la forza di guardarlo in faccia, affrontarlo e
vincerlo. Però non poteva continuare a torturarlo così, non sarebbe servito ed
era straziante per entrambi.
“Va bene, basta per ora” gli disse
dolcemente, baciandolo in fronte e scompigliandogli i capelli. “Tu ricordare
quando tu pronto a farlo. Ora riposa, dormi, io sono con te, io sto sempre con
te e proteggo e difendo te da male, io ti amo, Stan.”
Josef aveva tutte le intenzioni di tenersi
Mellish a letto con sé e possibilmente di fare ancora l’amore con lui; il
ragazzo, invece, voleva prima spiegare bene come la pensava, visto che l’altro
non sembrava voler capire la situazione…
“Sì, va bene, ma volevo chiarire meglio…
insomma, non so se hai capito quello che ti ho detto prima e che anche Upham ti
ha spiegato” gli disse, prima che il tedesco iniziasse a stringerlo e a
baciarlo, perché Mellish aveva già capito che, in quei casi, poi andava via di
testa, chissà come mai, e non riusciva più a connettere, figuriamoci a fare un
discorso così complicato! “Io ci tengo a te e ti sono grato perché mi hai
salvato e perché ti prendi cura di me, a questo punto ti considero davvero un
mio amico come gli altri miei compagni e ti voglio bene. Farò quello che posso
per aiutarti ad inserirti in America, a trovare un lavoro e tutto quello che ti
serve, però… però io non sono innamorato di
te, non come tu vorresti. Mi piaci e ti voglio bene, ma sono ancora troppo
giovane, non so se vorrò stare con te per sempre, non voglio illuderti o ferirti.
Lo capisci questo?”
Saltzmann sorrise, accarezzò ancora il volto
e i capelli di Mellish e lo strinse a sé, distendendosi con lui nel letto. Non
sembrava che il discorso del giovane americano lo avesse turbato più di tanto…
“Io capito quello che vuoi dire. Va bene se
tu non ami me come io amo te. A me basta così ora. A me piace stare con te e
venire con te in America, vivere con te, avere te come mio Stan” replicò con tenerezza. “Io ti amo e non chiedo niente a te,
io sono con te sempre e forse poi anche tu riesci a amare me, Stan.”
Il ragionamento semplice di Saltzmann non
faceva una piega e Mellish non poteva più sentirsi in colpa, al tedesco andava
bene così, gli bastava stare con lui e amarlo, sperando che un giorno anche lui
lo avrebbe ricambiato. Non c’era molto altro da spiegare e infatti Josef
cominciò a baciare Mellish, a sfilargli la maglietta e i pantaloni, a
stringerlo a sé accarezzandolo e rendendo il bacio sempre più languido e
profondo… e a quel punto il ragazzo non fu davvero in grado di pensare, tanto
meno di continuare con le sue spiegazioni! L’unica cosa che riuscì a fare fu
aggrapparsi a Saltzmann, accogliendolo in tutto e donandosi docilmente a lui,
mentre l’uomo lo baciava e desiderava un contatto più intimo possibile con lui,
unendosi così profondamente al suo corpo da rinchiudere entrambi in una bolla
fuori dal tempo e dallo spazio, dove non esistessero più guerre, odio e
contrasti tra i popoli. Il tedesco sapeva che, prima o poi, Mellish avrebbe
dovuto rivivere fino in fondo l’orrore di quel giorno e che per lui sarebbe
stato lacerante, ma non voleva pensarci adesso, voleva solo vivere intensamente
e fino in fondo quella notte con il suo ragazzo speciale e unico. Fondendo il
suo corpo con quello di Mellish, Josef perse ogni altra cognizione e null’altro
rimase nella sua mente per tormentarlo, c’erano solo lui e il suo giovane
amante, stretti e incatenati insieme quasi a difendersi dal mondo esterno. Perdendosi
l’uno nell’altro, i due si sentirono dissolvere e poi ritornare, uniti, come polvere
di stelle che diventava una sola essenza, un unico fremito di vita e passione.
E,
sempre uniti e praticamente incollati insieme, Saltzmann e Mellish passarono
dal languore dell’amore a un sonno profondo. L’uomo non si era fatto smontare
dalle argomentazioni del giovane americano perché, proprio grazie alla sua
maggiore età ed esperienza, aveva capito che Mellish si stava già innamorando
di lui, nonostante tutto ciò che aveva detto, solo che non se ne rendeva conto,
non poteva capirlo perché era un ragazzo e non lo aveva mai provato prima. Ma
il modo in cui gli si donava e lo accoglieva in sé, la dolcezza con la quale si
addormentava tra le sue braccia come in un porto sicuro, tutto questo era già amore…
e prima o poi anche Mellish lo avrebbe capito!
Saltzmann non aveva fretta.
Fine capitolo nono
* Il fatto che un soldato, un Ranger addestrato alla
guerra, scoppi a piangere potrebbe sembrare inverosimile, ma anche nel film
Mellish, alla fine dello sbarco, una volta calata la tensione si mette a
piangere e singhiozza davanti ai suoi compagni. Bisogna ricordare che non si
tratta di un veterano di guerra, ma di un ragazzo di ventun anni che ha appena
rischiato di morire in un modo atroce.
** Come vedete, questa versione del salvataggio di
Mellish differisce in molti punti da quella che ho raccontato nel primo
capitolo. Non è che sono diventata improvvisamente arteriosclerotica (o forse
sì, ma non è questo il motivo XD): il racconto del primo capitolo è visto dal
POV di Mellish, che ha addomesticato il ricordo di quanto gli è accaduto in
modo da poterlo, in qualche modo, sopportare (anche se, come abbiamo visto, i
ricordi rimossi lo tormentano ancora inconsciamente); questa versione è quella
vera, vista dal POV di Saltzmann.