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Autore: starlight1205    08/06/2023    2 recensioni
Edimburgo, 1996
Diana Harvey è una normale ragazza che vive con la zia e lavora nel negozio di antiquariato di famiglia. Una serie di circostanze e di sfortunati eventi la porteranno a confrontarsi con il mondo magico, con il proprio passato e con un misterioso oggetto.
Fred Weasley ha lasciato Hogwarts e, oltre a dedicarsi al proprio negozio Tiri Vispi Weasley insieme al gemello George, si impegna ad aiutare l'Ordine della Fenice nelle proprie missioni.
Sarà proprio una missione nella capitale scozzese a far si che la sua strada incroci quella di una ragazza babbana decisamente divertente da infastidire.
[La storia è parallela agli eventi del sesto e settimo libro della saga di HP]
- Dal Capitolo 4 -
"Diana aveva gli occhi verdi spalancati e teneva tra le dita la tazza di tè ancora piena.Non riusciva a credere a una parola di quello che aveva detto quel pazzo con un'aria da ubriacone, ma zia Karen la guardava seria e incoraggiante. Il ragazzo dai capelli rossi nascondeva il suo ghigno dietro la tazza di ceramica, ma sembrava spassarsela un mondo. Diana gli avrebbe volentieri rovesciato l'intera teiera sulla testa per fargli sparire dal viso quell'aria da sbruffone."
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Fred Weasley, George Weasley, Mundungus Fletcher, Nuovo personaggio | Coppie: Bill/Fleur
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Benjamin Murray si materializzò ai piedi di un’alta e frastagliata cima montuosa con i piedi che affondavano nella neve fresca bagnandogli fastidiosamente le caviglie. 
Era ormai primavera inoltrata: non si aspettava di trovare la neve.
Soffocò un’imprecazione tra i denti già stretti per il gelo avvolgendosi nel nero mantello.
Con la bacchetta nella mano destra, pronto ad ogni evenienza, si guardò attorno: il piccolo spiazzo tra le vette fredde e inospitali sembrava deserto.
Iniziava a sospettare di aver sbagliato luogo, soprattutto dopo tutte le peripezie che aveva dovuto affrontare per cercare Daniel; suo cugino, infatti, pareva essere sparito nel nulla.

Benjamin aveva setacciato ogni luogo che potesse essere in qualche modo collegato a Daniel: era tornato al Bedlam Royal Hospital e ad Edimburgo, aveva bazzicato pericolosamente per settimane a Notturn Alley per cercare di riallacciare i contatti con la gente che Daniel frequentava, ma ogni diceria o voce su di lui lo riportava penosamente in un vicolo cieco tanto da fargli perdere la pazienza.
Così aveva abbandonato la ricerca del cugino per rintracciare Lord Voldemort. Non poteva rimandare ulteriormente quel momento senza destare altri sospetti; anzi, probabilmente il Signore Oscuro avrebbe voluto da lui parecchie spiegazioni in merito a tutto il tempo che ci aveva messo a farsi vivo.

Il suo sguardo si posò su una rientranza tra le rocce e, contemporaneamente, il Marchio Nero sul suo avambraccio prese a formicolare. Evidentemente era nel posto giusto.
Si avviò verso la piccola grotta e chinò il capo per passare dall’ingresso incorniciato da pietre smosse e radici di alberi congelate.
- Benjamin…
Una voce che conosceva bene lo accolse rimbalzando sulle pareti e dandogli la sensazione che lui fosse ovunque, annidato in ogni roccia.
- Mio Signore - rispose Ben di riflesso guardandosi intorno e cercando di capire da che punto della caverna provenisse la voce.
Una strana onda d’inquietudine gli lambì lo stomaco.
Prima che i suoi occhi si adattassero del tutto all’oscurità, sentì qualcosa strisciare ai suoi piedi e, subito dopo, udì un sibilo serpentesco.
Nagini sembrava attenderlo appositamente per fargli strada, perchè dopo averlo squadrato per un attimo, si diresse verso la profondità della grotta buia.
Benjamin seguì Nagini tra i massi congelati e dovette farsi luce con la bacchetta per vedere dove metteva i piedi. Continuò a camminare senza perdere di vista il corpo squamoso del grosso serpente fino a quando la grotta non si allargò un poco e Nagini si fermò ai piedi di una figura che li attendeva.
Lord Voldemort era in piedi con le mani unite e le punte delle dita che si toccavano, in attesa e con un’espressione indecifrabile.

Era in collera con lui?
Era deluso?
Era sollevato?

Benjamin sospirò perché era in grado di interpretare simboli geroglifici, antiche rune e lingue morte, ma non era mai stato in grado di decifrare i pensieri criptici del Signore Oscuro, quindi si limitò ad abbassare impercettibilmente il capo in una forma di saluto reverenziale, mentre una sensazione di angoscioso timore gli attanagliava la gola, come ogni volta in cui si trovava al cospetto di Lord Voldemort.
- Benjamin - Lord Voldemort inclinò leggermente il capo e, senza tradire alcuna emozione, disse: 
- Finalmente. Immagino tu abbia notizie per me…
Benjamin annuì, rabbrividendo. 
- Ebbene? - domandò Voldemort stendendo una mano in avanti come per esortarlo a parlare.
- Ho catturato la ragazza, mio Signore - rispose Ben riabbassando lo sguardo sul terreno gelato e roccioso con il fiato che si addensava in una nuvoletta di vapore - come mi avevi chiesto. E sono più che convinto che sia lei la babbana di cui parla la leggenda.
- Bene - si limitò a rispondere Voldemort misurando la caverna a passi lenti e controllati che contribuirono ad accentuare la tensione di Ben - ci hai messo parecchio tempo, ma ce l’hai fatta. Onestamente, iniziavo a dubitare di te visto che la missione era terribilmente semplice...
- Io... - stava per giustificarsi Ben sollevando il capo per scrutare gli occhi rossi di Lord Voldemort.
- Abitavi con lei! - lo accusò con tono sferzante Voldemort - doveva essere facile come bere un bicchiere d’acqua!
- Volevo solo essere sicuro di non compiere un errore - spiegò Benjamin a denti stretti, ben attento ad ogni parola che pronunciava.
Lord Voldemort assottigliò le labbra in una specie di ghigno che lasciò intravedere i piccoli e inquietanti denti aguzzi.
- Lo so, lo so, Benjamin - sibilò Voldemort in tono mellifluo e controllato - eppure, mi chiedo se tu non abbia appositamente preso tempo! Sai, tutta quest’attesa mi ha dato modo di pensare se io mi possa davvero fidare di te…
Benjamin sgranò gli occhi per la sorpresa di fronte a quella pericolosa insinuazione che non poteva presagire nulla di buono.
- Ma, mio Signore..io…certo che ti puoi fidare di me! - Benjamin stava arrancando cercando di sembrare convincente e non spaventato come in realtà era.
- Certo certo, lo so - lo mise a tacere Voldemort con un sorriso enigmatico.
- Farò qualunque cosa…
- Bene - Voldemort lo scrutò con una gioia maligna nello sguardo - era proprio ciò che volevo sentire! Direi che possiamo procedere con la prossima mossa, allora…
Benjamin sbattè le palpebre in attesa di ordini, mentre desiderava con tutto sè stesso dei guanti soffici in cui affondare le dita delle mani rigide e gelate o di trovarsi sotto una calda coperta davanti ad un fuoco scoppiettante.
- Uccidila - ordinò Voldemort con un ghigno malvagio ed eccitato a deformargli i lineamenti disumani.
Ben rimase immobile e perplesso a quell’ordine che per la sua mente non aveva alcun senso.
- Ucciderla? Ma, mio Signore - provò a dire in cerca di spiegazioni - io pensavo che la volessi al tuo fianco...la leggenda...
- Sì, sì - lo liquidò velocemente lui - ma ora ho trovato finalmente la Bacchetta di Sambuco. La bacchetta più potente di tutti i tempi con cui non avrò nessun problema a polverizzare Harry Potter. Non mi serve più nessun aiuto, men che meno da una… - fece una pausa e poi terminò con superiorità - …babbana.
Lord Voldemort parlava con disprezzo e distacco, come se stesse parlando di un insetto particolarmente disgustoso che bisognava eliminare senza farsi troppe remore. Benjamin conosceva bene il mago che aveva davanti a sè e non avrebbe dovuto stupirsi di fronte a quella richiesta. Gli aveva già chiesto di uccidere molte persone e lui lo aveva fatto senza obiettare. Senza farsi problemi. Ma questa volta un flebile dubbio si insinuò nella sua mente: stava facendo la cosa giusta?
Voldemort lo stava studiando con aria indagatoria, in attesa di una risposta.
Benjamin percepì i tentativi di Lord Voldemort nell’insinuarsi nella sua mente, così deglutì e con estrema fatica cercò di chiudere la propria mente da quell’assedio, mentre nelle orecchie risuonava un’eco minacciosa.
Uccidila e non avrò più alcun dubbio
Benjamin non sapeva dire se quelle parole fossero frutto dei suoi timori o se fossero davvero un ultimo avvertimento.
- Sarà fatto - mormorò chinando lo sguardo al suolo, dove Nagini, acciambellata, lo scrutava con i suoi guardinghi e penetranti occhi gialli.
Senza aspettare di essere congedato, voltò i tacchi e si diresse verso l’uscita della caverna per cercare di mettere più metri possibili tra lui e Voldemort prima che quest’ultimo potesse capire quanto lo avesse turbato e destabilizzato la richiesta avanzata poco prima.
Proseguì a piedi verso una direzione casuale, evitando di smaterializzarsi subito.
Il cielo era di un biancore livido e la neve aveva preso a cadere a fiocchi grossi e pesanti. Camminò fino ad avere i piedi zuppi e gelidi, stringendosi addosso il mantello per difendersi dalle raffiche di vento gelido.

Uccidere Diana. 
Era evidente che Voldemort volesse metterlo alla prova per saggiare definitivamente la sua fedeltà.
Uccidere Diana.
Come avrebbe potuto farlo?
Provò ad immaginarsi la scena: lui che puntava la bacchetta verso di lei che, con gli occhi verdi sgranati e pieni di paura, lo fissava spaventata. 
Oltre alla paura, però c’era altro. Delusione. 
Sarebbe stato in grado di tradire una delle poche che persone che forse gli aveva voluto bene?
Deglutì.
Scosse il capo per mettere da parte, momentaneamente, quei pensieri e si smaterializzò.

                                                                                  
°°°°°


Malfoy Manor


Dopo che la guardia con la cicatrice aveva interrotto la conversazione tra Diana e suo padre, era giunto anche Codaliscia. 
Sui volti degli uomini c’erano delle strane espressioni di confusione, agitazione e angoscia che Diana non sapeva bene a cosa imputare. 
La ragazza fu condotta velocemente lungo il solito tetro e umido corridoio da ben due guardie, mentre suo padre fu scortato in fretta e furia fuori dal laboratorio delle torture da Codaliscia, che lo condusse lungo le scale che probabilmente portavano al piano superiore.
Il trambusto continuava a risuonare dai piani superiori: mobili che venivano spostati, rumori confusi e voci tonanti, ma indistinte.
Diana continuava a sforzarsi di interpretare quei rumori, di cercare di cogliere una qualche frase di senso compiuto che potesse in qualche modo darle un’idea di ciò che stava accadendo.
Aveva avuto l’impressione che le guardie fossero particolarmente tese e nervose.
Quando Diana fu sospinta giù dalle scale e verso la cella, si rese conto con orrore che oltre a Luna e ad Olivander c’era qualcun altro.
Si morse un labbro, sempre più nervosa nel rendersi conto che avevano spostato tutti i prigionieri in una nuova cella più grande: non c’erano più sbarre magiche a dividerla dal corridoio, ma una pesante porta di legno con una stretta feritoia.

Un ragazzo alto, dalla pelle e i capelli scuri, stava stringendo Luna in un abbraccio, mentre una specie di piccolo gnomo con un ghigno inquietante osservava la scena e parlottava con Olivander.
Tutti i presenti si voltarono verso di lei.
Gli occhi di Luna si spalancarono, se possibile ancora di più del solito, per il sollievo che fosse tornata. Obbligate a passare il tempo insieme, le due ragazze non avevano potuto evitare di legarsi l’una all’altra.
Una volta appurato il fatto che non conoscesse i due nuovi arrivati, Diana, con sollievo, si mosse lentamente zoppicando per lasciarsi scivolare lungo la parete per mettersi seduta. La caviglia destra pulsava terribilmente e il sangue continuava a sgocciolare dalla ferita provocata dalle pesanti catene che ogni giorno la bloccavano a quella maledetta sedia.
- La ferita sulla caviglia si è riaperta - constatò Luna in tono dolce, ma pratico, avvicinandosi.
- Già - bofonchiò Diana stringendo i denti - sai che novità! Sarà almeno la terza volta che si riapre…
Sospirò e osservò i nuovi volti che la scrutavano incuriositi, ma silenziosi.
- Chi siete? - domandò piano Diana tenendosi la caviglia dolorante e lanciando un’occhiata verso il soffitto, da dove le voci non facevano che aumentare d’intensità e volume - che sta succedendo?
- Lui è Dean Thomas - spiegò Luna con il suo solito tono calmo e sognante - eravamo a scuola insieme. Invece lui - indicò lo gnomo come se fosse normale trovarsi davanti creature simili - si chiama Unci-Unci ed è un folletto.
- Ci hanno catturati insieme a Harry, Ron e Hermione - spiegò in tono concitato il ragazzo di nome Dean Thomas, che aveva una spessa crosta di sangue secco sopra a un sopracciglio e si premeva una mano sul costato mascherando una smorfia di dolore.
Diana, dimenticando il dolore alla caviglia, per la sorpresa scattò in piedi come una molla e sbottò:    
 - Harry, Ron e Hermione sono qui? Stanno bene?
Il ragazzo di nome Dean annuì preoccupato e perplesso da quella reazione.
Diana aguzzò l’udito in direzione delle scale, da cui proveniva un baccano crescente, e barcollò. 
Una fitta di dolore le mozzò il fiato: aveva appoggiato il peso sulla caviglia dolorante e la gamba aveva ceduto.
Due mani la ripresero al volo per aiutarla a non afflosciarsi sul pavimento sporco.
- Ehi, tutto a posto? - le chiese Dean Thomas sostenendola e aiutandola a sedersi.
Diana grugnì un sorriso, mentre distendeva la gamba bruciante di fronte a sè: - Grazie.
Rivolse uno sguardo obliquo a Dean e si ritrovò a pensare istintivamente a Fred: - Scommetto che sei un Grifondoro, vero?
Dean inclinò la testa da un lato, stranito, e rispose: - Si...come fai a...?
Diana sorrise nervosamente e si limitò a rispondere: - Ne ho conosciuti un po’...
- Come conosci Harry, Ron e Hermione? - si accigliò Dean incrociando le braccia al petto e scrutando Diana dall’alto in basso con aria indagatoria - non mi sembra di averti mai vista ad Hogwarts...
- E’ una storia lunga - ammise Diana cercando di ripulire il sangue che sgorgava dalla sua gamba ricacciando indietro un conato di vomito nel vedere la carne martoriata e gonfia intorno allo squarcio. Rabbrividì anche solo nello sfiorare la ferita aperta.
- E’ la ragazza di Fred Weasley - rispose per lei Luna in tono frettoloso - è babbana.

Dean stava ancora guardando Diana come se gli avessero appena detto che dall’indomani il mondo sarebbe girato al contrario, quando con un tonfo la porta della cella si aprì e due figure furono scagliate senza troppe cerimonie sul pavimento lercio. Nello stesso momento, dal piano superiore si levò un terribile urlo, echeggiato subito da un ruggito che, invece, proveniva da uno dei due nuovi arrivati.
- HERMIONE! - gridò una voce rimbombando tra le pietre.
- Zitto - disse un’altra voce - Ron, dobbiamo trovare il modo...
- HERMIONE!HERMIONE!
- Ci serve un piano, piantala di urlare...dobbiamo liberarci di queste corde...
- Harry? Ron? - Diana sussurrò rimettendosi faticosamente in piedi sorretta da Dean.
- Siete voi? - le fece eco Luna avvicinandosi all’ingresso della cella.
Sotto la luce fioca delle torce, un’incredula Diana mise a fuoco i due prigionieri: Ron Weasley, più alto di quanto ricordasse e con i capelli rossi scuriti dalla sporcizia e uno zigomo sanguinante; quello che doveva essere Harry aveva i lineamenti deformati da un gonfiore diffuso su tutto il viso come se fosse stato punto da una dozzina di api, ma quando gli occhi verdi scintillarono, Diana non ebbe alcun dubbio sulla sua identità.
- Luna? - esalò Harry incredulo.
- D-Diana? - balbettò Ron sorpreso.
Diana barcollò verso i due e lanciò le braccia al collo di Harry per stringerlo in un abbraccio; fece per salutare Ron ma si bloccò, improvvisamente in imbarazzo, mentre lui si guardava intorno alla ricerca di qualcosa.
- Fred è qui? - domandò subito Ron con aria speranzosa scrutando il fondo della cella come sperando che il fratello maggiore sbucasse fuori da un momento all’altro.
Diana scosse la testa e non riuscì a frenare un paio di lacrime mentre si gettava tra le braccia di Ron. Lui le cinse goffamente le spalle e domandò: - Ma sta bene, giusto?
Diana soffocò un singhiozzo sulla spalla di Ron, così il ragazzo la allontanò lentamente per guardarla in viso e ripetè: - Sta bene, vero?
Diana si asciugò frettolosamente le lacrime con il dorso della mano e sospirò: - Non lo so…sono qui dentro da un’eternità…
L’espressione di Ron si incupì e aguzzò l’udito verso le voci che risuonavano dal piano superiore, mentre il suo corpo si irrigidiva nel sentire lo straziante grido di una voce femminile.
- Hermione - sibilò Ron allontanando Diana. Il viso del ragazzo era una maschera di sofferenza, come se fosse lui ad essere torturato - Io...devo fare qualcosa o Bellatrix la ucciderà...
Luna liberò Harry e Ron dalle funi che li legavano con l’aiuto del vecchio chiodo arrugginito che Diana era riuscita a staccare dalla parete, mentre la voce di Hermione continuava a implorare aiuto.
Diana rabbrividì mentre le urla la attraversavano e rimbombavano dentro di lei come una cassa di risonanza. Ron andava avanti e indietro impotente per la cella con i pugni chiusi in un modo così simile a Fred che Diana sentì il cuore rimpicciolirsi fino a farle male. 
Harry, preso dal panico, aveva tirato fuori dalla tasca una specie di piccolo borsellino da cui stava estraendo svariati oggetti, facendo cadere a terra quello che sembrava un frammento di specchio.
- CRUCIO! - dal piano di sopra la voce folle di Bellatrix si udì forte e chiara mentre veniva subito inseguita dalle urla di dolore di Hermione.
- Aiutaci - Harry, in ginocchio, sembrava implorare il frammento di specchio che ora teneva tra le mani - siamo nella cantina di Villa Malfoy, aiutaci!

Diana non riusciva più a ragionare con quelle urla folli: la testa le pulsava, la caviglia emanava fitte di dolore e la pelle si accapponava ad ogni urlo di Hermione; le sembrò addirittura di intravedere un paio di occhi azzurri nel frammento di specchio di Harry. Probabilmente stava diventando pazza!
Si sentiva debole e scossa da così tanti brividi da battere i denti. Per non perdere l’equilibrio, si aggrappò a Dean Thomas, ancora accanto a lei, mentre lo sguardo sfarfallava facendole sbattere velocemente le palpebre per mettere a fuoco il braccio di Dean che la teneva in piedi.
- Forse è meglio se ti siedi… - consigliò Dean continuando a tenerle saldamente una mano - credo che tu abbia la febbre…scotti…
In tutta risposta, Diana si limitò ad emettere un grugnito e a lasciare la mano di Dean come se il ragazzo avesse appena detto un’enorme stupidaggine.
- Sta arrivando qualcuno - disse Olivander, che fino a quel momento non aveva proferito parola.
Si sedettero tutti docilmente, in attesa, mentre Lucius Malfoy entrava nella cella con aria guardinga e  con la bacchetta tesa e prelevava il folletto per portarlo al piano di sopra.
La porta si era appena richiusa, quando si udì uno schiocco che fece sobbalzare tutti quanti.
Era apparso un esserino piccolo e magro vestito di stracci.
- Dobby! - esclamò Ron guadagnandosi una gomitata da Harry che gli fece segno di abbassare la voce.
Era un elfo domestico. Diana notò l’enorme somiglianza con Kreacher, l’elfo che aveva conosciuto a Grimmauld Place, anche se Dobby sembrava infinitamente più gentile e amichevole. Soprattutto perchè sembrava venerare Harry Potter e perchè si offrì di portarli in salvo materializzandoli altrove.
- Era così semplice? - sibilò Diana con ironia mentre tentava di non cedere alle ondate di bruciore provenienti dalla caviglia - bastava smaterializzarsi?
- Gli elfi praticano un diverso tipo di magia - spiegò dolcemente Luna - possono aggirare le barriere imposte dai maghi…
Harry fece un gesto spiccio con la mano per far avvicinare tutti a lui e per sottolineare il fatto che non fosse il momento di perdersi in chiacchiere.
Non avevano molto tempo prima che qualcuno tornasse di nuovo a controllare la cella o a prelevare qualche altro prigioniero.
Diana zoppicò verso il centro della cella aiutata da Dean.
- Bene, Dobby, voglio che tu prenda Luna, Dean, il signor Olivander e Diana e li porti...li porti da... - Harry si interruppe non sapendo bene che cosa dire.
- Da Bill e Fleur - concluse Ron impaziente perchè le voci al piano di sopra si erano placate - a Villa Conchiglia, vicino a Tinworth!
- E poi torna! - continuò Harry in tono concitato - puoi farlo?
L’elfo annuì e stava già allungando le mani per stringere quelle di Dean e Luna, ma entrambi presero a protestare perchè volevano rimanere ad aiutarli a liberare Hermione. 
Harry riuscì a convincerli spiegando che poi sarebbe stato molto più complicato per Dobby smaterializzare un così grande numero di persone in una volta sola.
- No, io non vengo - Diana si ritrasse mentre Dobby si avvicinava a lei - devo prima fare una cosa.
Harry la fulminò con lo sguardo: - Diana, per favore. Non ti reggi in piedi!
- Dobby - chiese Diana non calcolando minimamente le parole di Harry - riesci solo a farmi uscire dalla cella e portarmi là? - indicò con una mano la porta chiusa oltre la quale sapeva snodarsi il corridoio che portava al laboratorio delle torture.
L’elfo annuì mentre la fissava con i suoi enormi occhi.
- Perfetto! Prendo una cosa e... - Diana cercò di raccogliere le forze.
- Ci troviamo al piano di sopra - concluse Ron ansioso di mettere in salvo Hermione, mettendo a tacere anche le flebili proteste di Harry.

Diana afferrò la manina di Dobby e un attimo dopo si ritrovò libera. Osservò Dobby tornare in cella e lo sentì scomparire con Dean, Luna e Olivander. Mentre qualcuno si precipitava a controllare la cella, Diana imboccò a passo vacillante il corridoio, voltandosi indietro solo per fare un sorriso sofferente a Harry che sbirciava fuori dalla feritoia con aria preoccupata.
Percorse il corridoio lentamente sia per non fare rumore sia perchè mettere un piede davanti all’altro era diventato estremamente difficile. 
Le gambe sembravano più pesanti del piombo e la caviglia destra emanava fitte lancinanti di dolore che riuscì a sopportare solo stringendo i denti e pensando che a breve, finalmente, sarebbe uscita da quella prigione.
Dovette fare qualche sosta durante il tragitto per appoggiarsi al muro e riprendere fiato.
Quel corridoio non le era mai sembrato così lungo, ma non se ne sarebbe andata di lì senza il Blackhole.
Raggiunse la porta del laboratorio e sbirciò all’interno della stanza: era deserta. Tutti dovevano trovarsi al piano di sopra a presenziare alla tortura di Hermione come se fosse una cerimonia a cui non si potesse mancare.
Diana strinse i pugni per trovare la forza di non pensare a cosa stessero facendo alla povera ragazza.
Trascinò i piedi fino al tavolo da lavoro e dovette appoggiarsi di peso alla superficie di legno per non perdere l’equilibrio.
Sperò solo che suo padre non avesse portato il Blackhole con sè, altrimenti tutta quella fatica sarebbe stata inutile.
Respirò a fondo cercando di spostare il peso sulla caviglia sana e si mise freneticamente a spostare i fogli e le pergamene per cercare il Blackhole. Urtò una pila di libri con troppa foga e l’orologio ricadde tintinnando a terra e rotolò tra le scatole abbandonate sul pavimento.
Diana soffocò un’imprecazione e si chinò per cercare di recuperarlo: sentiva rivoli di sudore freddo colarle lungo la schiena, la testa vorticare e lo sguardo annebbiato.
Appoggiò le ginocchia sul pavimento e si mise seduta per riprendere fiato.
Tremava come una foglia e si sentiva febbricitante e senza forze.
Si rannicchiò con la schiena appoggiata ad una gamba del tavolo: la nuca appoggiata al legno e gli occhi chiusi. 
Doveva solo riposare un attimo e poi si sarebbe alzata.
Le serviva solo poco tempo per riprendere le forze…

- Diana - una voce la chiamò mentre due mani le scuotevano le spalle - Diana, svegliati!
Svegliarsi?
Ma lei non poteva essersi addormentata!
Come aveva fatto ad addormentarsi?
Quanto tempo era passato?
Le grida dal piano superiore sembravano essersi placate definitivamente.
- Diana - ripetè la voce maschile, mentre una mano le scostava i capelli dalla fronte appiccicati alla fronte madida di sudore.
Aveva già sentito quella voce. 
Apparteneva a qualcuno che conosceva.
- Fred? - mormorò flebilmente con la voce impastata di speranza.
Aprì a fatica gli occhi e vide solo una grossa macchia nera.
Sbattè un paio di volte le palpebre e finalmente mise a fuoco la figura di fronte a lei.
Benjamin Murray era chinato di fronte a lei con il viso pallido e solcato dalla preoccupazione. I capelli neri erano spettinati e le sue mani che le scostavano i capelli erano così gelide da farle accapponare la pelle.
- Dobbiamo andare via - sibilò Ben mentre cercava di rimetterla in piedi.
- Non riesco... - Diana indicò le proprie gambe che ormai non collaboravano più - non riesco a muovermi.
Ben occhieggiò la porta preoccupato e poi il suo sguardo guizzò sulla caviglia sanguinante e sulla pelle tesa e rossa intorno alla ferita.
Sbuffò nervosamente e poi si rimise in piedi per chinarsi di nuovo: infilò una mano sotto alle ginocchia di Diana, con l’altra le cinse le spalle e la sollevò senza troppi sforzi.
- Non voglio tornare in cella, brutto-schifoso-mostro - si agitò Diana realizzando solo in quel momento chi avesse davanti, iniziando a tempestare di pugni il petto di Ben e a scalciare l’aria come un puledro imbizzarrito.
Una fitta di dolore particolarmente violenta le strappò un gemito e la convinse ad utilizzare solo le mani per cercare di difendersi da Ben.
- Non ti sto riportando in cella, Diana - sibilò Ben cercando di schivare i colpi, ma beccandosi una gomitata sul mento - ti porto via di qui! Stai ferma!
- Dove sei stato? Perchè mi hai messo qui? Mi hai lasciato qui a morire! - le parole fluivano sconnesse insieme a tutta la rabbia che stava provando, ma Ben non sembrava intenzionato a darle una risposta.
- Da che parte stai? - domandò con tono bruciante Diana, perchè era quello che, in fondo, voleva sapere.
Ci fu un attimo di silenzio carico di tensione e di aspettativa.
- Dalla tua - rispose semplicemente Ben e poi domandò: - Dove sono andati gli altri?
Diana rimase un attimo a soppesare le intenzioni di Ben, mentre uno scalpiccio preannunciava l’arrivo di qualcuno.
Si sentiva così stanca.
- Diana, stanno arrivando, per favore... - la implorò Ben stringendo la presa sulle sue gambe per sottolineare l’urgenza della sua richiesta.
Così, lei annientata e spossata si limitò a dire: - Villa Conchiglia - e sparirono in uno schiocco, mentre Diana, esausta, appoggiava la testa alla spalla di Ben e richiudeva gli occhi abbandonandosi alla più totale incoscienza.

-----------
Ehilà!
Non so bene cosa pensare di questo capitolo...stranamente, non mi aveva fatto penare tanto nella scrittura e non avevo grandi dubbi, quindi da vera paranoica quale sono, mi sono fatta venire i dubbi sul perchè non avessi dubbi -_-' XD Ha senso? Ovviamente no, ma questo è ormai il mio livello di disagio XD
A parte questo, non ho molto da dire...vi aspettavate questa decisione da parte di Ben? Credo che fosse ormai abbastanza scontata...
Vabbè, se vi va fatemi sapere che ne pensate :)
A presto :)
  
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