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Autore: eleanor89    05/08/2010    6 recensioni
Raccolta che tratta della famiglia Weasley: le reazioni alla morte di Sirius, a Ginny rinchiusa nella camera, a Ron che parte al settimo anno... Tanti momenti dal punto di vista dei non-protagonisti; se siete persone curiose/morbose e volete leggere della sofferenza delle persone che non possono aiutare chi amano o della dura lotta di coloro che non sono popolari quanto Harry Potter nel mondo magico ma altrettanto coraggiosi, questa è la storia per voi.
Salvando Ginny: "Neville alzò gli occhi dalla propria colazione soltanto quando sentì Seamus imprecare e ne seguì lo sguardo all'istante: Ginny stava arrivando ed era in condizioni pietose. Più di una testa seguì il suo passaggio mentre si sedeva con aria traballante su una sedia, i capelli rossi che sfuggivano dal laccio per capelli, la divisa scomposta e un grosso graffio su una guancia, sotto un occhio che si stava gonfiando.
«Gi-»
«Mangia.» disse soltanto lei in un sibilo, con gli occhi che correva per la tavola Gryffindor verso il tavolo degli insegnanti. Neville infilò subito un boccone in bocca per evitare di cominciare a urlare e si guardò attorno: Crabbe, Goyle e Alecto stavano entrando in quel momento dal portone con aria disgustosamente soddisfatta. Dall'altro lato, dov'erano seduti gli insegnanti, Neville che era abbastanza vicino poté notare che tutti avevano smesso di mangiare escluso Amycus; Snape sembrava stranamente pallido e la McGonagall fece per alzarsi, ma grazie a Merlino, Slughorn e la Sprout la fermarono per un braccio. Ci doveva essere stato uno scambio di sguardi tra lei e Ginny perché la professoressa era livida ma si era immobilizzata e Ginny ancora guardava verso il loro tavolo.
«Pozioni è tra un'ora.» disse Lavanda Brown in tono falsamente tranquillo, giocherellando col cibo senza mangiarlo. «Sta arrivando un gufo, Ginny.» aggiunse, abbassando la voce.
"
Genere: Drammatico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Poteva essere Ron

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Fleur era splendida anche col grembiule da cucina e i capelli raccolti a coda, impegnata nel preparare la cena. Bill, che in teoria avrebbe dovuto dare una mano, era stato rapito dalla sua espressione concentrata e la guardava con ammirazione, specialmente da quando lei aveva aperto la finestra per cambiare aria e il vento le faceva dondolare la chioma argentata.
Il rumore di una materializzazione perciò lo colse impreparato, ma allo sguardo allarmato della neo-consorte afferrò istantaneamente la bacchetta, facendole cenno con la testa di allontanarsi dalla finestra: c'era l'Incanto Fidelius su Villa Conchiglia, perciò doveva essere qualcuno di famiglia, ma era sempre meglio non fidarsi specialmente dal momento che non era stato avvisato di nessuna visita.
Si affacciò appena per guardare all'esterno e vide una figura ferma davanti alla casa, con dei brillanti capelli rossi e i vestiti sbrindellati.
Quasi gli cadde di mano realizzando chi fosse, e corse fuori appena in tempo per vedere Ron crollare su se stesso come se gli avessero tagliato le gambe, inginocchiandosi. Si sentì morire al pensiero che fosse ferito, magari gravemente, ma precipitandosi accanto a lui vide che non c'era traccia di sangue se non qualche graffio che non sembrava profondo. I vestiti e i capelli erano ancora zuppi e appiccicati alla sua pelle ed era visibilmente devastato.
«Bill!» gridò Fleur, raggiungendolo, «Ron?»
«Cos'è successo?» domandò lui, col cuore in gola. «Chi...» ma non poteva continuare, chiedergli se Harry, la loro salvezza, era morto; o magari Hermione, quella piccola amante dei libri che aveva visto crescere accanto al suo fratellino. Era impensabile. «Stai bene?»
«No.» disse Ron con voce rotta. Bill si rese conto che piangeva e tremava violentemente.
«Vieni qui.» disse dolcemente, aiutandolo a tirarsi su e spingendolo verso casa, «Fleur, per favore, prenderesti dei vestiti asciutti e delle coperte? Forse è meglio accendere il fuoco...»
Ron non parlò per tutta la sera, limitandosi a un secco “Stanno bene” e poi fissando gli occhi sul fuoco che crepitava nel caminetto. Non volle toccare cibo, nonostante navigasse nei vestiti di Bill che un tempo gli erano larghi e nonostante il pallore spettrale su cui le lentiggini spiccavano come ferite.
Il pomeriggio del giorno dopo Ron si sedette accanto a lui e gli raccontò tutto: che aveva viaggiato con i due e che aveva cominciato a comportarsi male, influenzato anche da qualcosa che non poteva spiegargli, e che alla fine tutto il risentimento era sfociato in un litigio definitivo con Harry.
«E me ne sono andato. Ho provato a tornare indietro ma sono protetti da incantesimi di ogni genere... Li ho persi.» terminò, con gli occhi lucidi che fissavano una manica della camicia di Bill.
«Ma... dopo tutto quello che hai fatto, tutto quello che hai detto... Come hai potuto abbandonare tutto per un litigio?» domandò Bill, leggermente deluso dal fratello. Si era aspettato qualcosa di più eroico dopo il modo in cui si era preparato per tutta l'estate a quel viaggio, come se fosse l'impresa più pericolosa mai affrontata a memoria d'uomo. Era riuscito a preoccupare persino Fred e George, per dirla tutta.
«Non lo so.» sussurrò Ron, incontrandone finalmente gli occhi per un momento.
Bill si irrigidì, perché suo fratello era davvero distrutto, lì, davanti a lui, col cuore in mano e pronto a un rimprovero che sentiva di meritare. Non poteva farlo, non poteva dargli altro peso anche lui.
«Ho fallito.» riprese Ron, «Come sempre.»
«Tu non hai mai fallito.» lo corresse Bill, mettendogli una mano sulla spalla. «Ora voglio che resti qui per Natale, devi rimetterti in sesto. Dopo, se vorrai, tornerai a cercarli, ma non in queste condizioni.»
«Non mi vorranno più.» sussurrò Ron.
«Non dire scemenze, sono sicuro che non vedono l'ora di rivederti!» ribatté lui, sperando di suonare più sicuro di quanto non si sentisse.
«Cosa dirai alla mamma?» domandò allora Ron, «Ti prego, non dirgli che sono tornato indietro! Sai cosa succederebbe!»
«Inventerò una qualche scusa, non preoccuparti.» lo rassicurò subito, «Però tu ora devi toccar cibo. Fleur ci resterà male altrimenti.»
E Ron rimase fino a Natale, costantemente depresso. L'unica cosa che riuscì a strappargli un sorriso fu quando gli raccontò che Lupin era tornato da Tonks, poi di nuovo il buio.
Poi, una mattina, Bill si svegliò con una strana sensazione. Quando scese in cucina vide un biglietto sul tavolo e seppe che Ron se n'era andato di nuovo.

Una notte di primavera, mesi dopo, di nuovo sentirono il potente rumore di materializzazione. Stavolta era più d'uno però, e Bill si armò di nuovo di bacchetta, accendendo la luce esterna. Sapeva che l'Incanto reggeva, Kinsgley era stato lì proprio quella sera.
«AIUTO!» sentì urlare, e Fleur, stringendosi nella vestaglia, comparve al suo fianco con la bacchetta in mano. Un istante dopo vide avvicinarsi quattro figure, tre alte e una piccola abbastanza da poter essere identificata come elfo domestico.
«Chi...»
«Dobby deve andare a salvare Harry Potter, signore! L'amico rosso mi ha mandato qui con loro! Dobby deve andare!» esclamò l'elfo con aria terrorizzata, prima di sparire di nuovo.
Il ragazzo e la ragazza, perché erano solo due ragazzi, si stringevano l'un l'altro per restare in piedi, e dietro di loro qualcuno barcollava in avvicinamento.
«Dean Thomas e Luna Lovegood, signore. Lei è uno dei fratelli di Ron? Loro sono bloccati a villa Malfoy, ci hanno salvato, ci tenevano chiusi in cantina...» cominciò il ragazzo, ansimando, mentre la ragazza lo guardava con occhi spalancati. Bill trasalì, ricordando che era l'amica di Ginny, la figlia di Xenophilius Lovegood, rapita sul treno di ritorno da Hogwarts.
«Olivander!» esclamò Bill, riconoscendolo. Poi tornò a guardare Ron, «Hai detto che sono bloccati a Villa Malfoy?» domandò, pensando subito di inviare un patronus all'ordine.
Ma in quel momento si udì nuovamente il rumore della materializzazione, stavolta più lontano, nella collina davanti alla casa.
«Devono essere loro!» disse Luna, rallegrandosi.
Un attimo dopo giunse un urlo: «AIUTO! AIUTO!»
«Harry!» gemette Dean.
Bill scattò di corsa, seguito dagli altri.
«Bill!»
La voce di Ron lo raggiunse come una ventata d'aria fresca, ma il sollievo durò un solo istante. La bacchetta faceva solo una flebile luce, ma riuscì comunque a scorgere il sangue. Illuminò il fratello e vide che reggeva Hermione tra le braccia, lei era priva di conoscenza o forse morta, e lui sembrava sul punto di svenire.
«Cosa... Come...»
«La porto a casa tua.» disse Ron, barcollando paurosamente. Bill lo afferrò per un braccio.
«La porto io.»
«No.» disse subito Ron. Sembrava sotto-shock e Bill ebbe la sensazione che gli sarebbe arrivato un calcio o un morso se avesse tentato di sfilargliela dalle braccia.
«Ti do una mano.» disse allora Olivander, che non vedeva evidentemente l'ora di entrare in casa e non sembrava in condizioni migliori. «Dov'è Harry?» chiese Dean, poggiando una mano sulla schiena di Ron come per aiutarlo ad andare dritto.
«Dietro. Indietro. Si stava smaterializzando con Dobby.» spiegò con voce incerta, guardando fisso Hermione e poggiandola con delicatezza infinita nel divano appena entrati. Le sfiorò anche i capelli con una mano e Bill, distogliendo lo sguardo dal fratello, si rese conto delle condizioni pietose della povera ragazza: sembrava che l'avessero torturata.
«Storà bene.» disse Fleur in tono gentile, dopo essersi assicurata con descrizione che ci fosse ancora battito, poggiandole due dita sul polso senza farsi notare da Ron.
Non era così che doveva essere. Suo fratello aveva diciotto anni e in quel momento aveva lo stesso aspettato di un qualsiasi malato del reparto malattie mentali del san Mungo, mentre la sua migliore amica giaceva mezzo morta davanti a lui e il suo migliore amico...
Si rese conto che Harry non c'era e corse di nuovo fuori, seguito dalla moglie, da Luna e da Dean, lasciando Olivander dopo un'occhiata ammonitrice perché non abbandonasse Ron da solo.
Correndo su per la collina tutti alzarono le bacchette per illuminare il più possibile la strada, e trovarono Harry che era accasciato davanti all'elfo, e quest'ultimo aveva un coltello conficcato in petto.
Poteva essere Ron. 
Bill si sentì di nuovo gelare ma si impose la calma, cercando di decidere cosa fare e proponendo anche a Harry di seppellirlo davanti alla villa.
Poteva essere Ron.
Poco dopo vide Harry scavare con energia la tomba per Dobby, così si chiamava l'elfo. Fleur stava curando Hermione che era ancora svenuta e aveva proibito agli altri di muoversi prima di aver dato loro un'occhiata più da vicino.
«Mi serve una pala.» disse Ron con voce roca, fissando l'esterno con aria spenta. Sembrava invecchiato, nonostante lui fosse il minore. Il piccolo Ron che se la prendeva in modo ridicolo per qualsiasi cosa, diventando rosso come un peperone e imbronciandosi, e che ora guardava l'amico scavare una tomba con espressione distaccata ma con la mano poggiata accanto alla finestra che tremava quanto la prima volta che era venuto a Villa Conchiglia.
Bill corse a prenderla per non doverlo più guardare.
Cosa avrebbe dovuto dire a sua madre, quando l'avrebbe rivista?
Poteva essere Ron, con un pugnale nel petto. Gryffindor fino alla fine, per difendere il migliore amico. Nessuna sciocchezza sul bene superiore, Ron era troppo semplice, troppo onesto perché gli importasse, solo per Harry.
Bill si chiese se fosse strano quanto temeva l'essere geloso dell'affetto che il fratello provava per Harry, non aveva del resto mai preteso da nessuno degli altri che ritenessero lui il modello da imitare. Eppure avrebbe voluto essere lui quello a cui Ron teneva di più, anche solo per convincerlo a restare al sicuro.
Ron, Dean ed Harry scavarono la tomba assieme, e poi li raggiunsero, stringendosi nei mantelli e nei cappotti e aiutando Hermione che si era svegliata. Fu Luna a chiudere gli occhi di Dobby.
«Ecco.» disse, «Ora è come se dormisse.»
E poteva essere Ron.
O Ginny.
O Charlie.
O Fred.
O George.
O Percy.
Stupido Percy.

«Ce ne andremo domani.» annunciò Ron qualche settimana dopo, e sembrava essere tornato il solito Ron. Solo con una luce diversa negli occhi, la luce che nasceva da avventure che Bill non riusciva neppure ad immaginare e che forse non avrebbe mai conosciuto. Dean Thomas aveva poi davvero confermato che Hermione era stata torturata e che Lastrange parlava di una spada o qualcosa del genere, ma non sapeva molto, e il folletto Unciunci sembrava avere qualcosa in mente, qualcosa che preoccupava Bill.
Bill annuì soltanto, perché aveva già dato a Harry e loro tutti gli avvertimenti che poteva, anche se sapeva che avrebbe seguito la sua strada.
«Stai attento.» disse solamente, e Ron sorrise come se avesse detto qualcosa di stupido.
Iniziava a capire come doveva essersi sentito Sirius: impotente e nervoso. Lui lo nascondeva meglio, ma aveva Fleur dalla sua parte.
«Ehi, Bill.» lo chiamò di nuovo, «Non alzatevi domattina per salutarci per nessun motivo.»
«Come sarebbe?» si accigliò lui.
«Vuoi che Fleur sia al sicuro? Allora non alzarti.» tagliò corto Ron, e Harry, comparso alle sue spalle per chiamarlo, si fermò un momento e annuì.
«Bill, non so come ring-»
«Non dirlo neanche.» lo interruppe Bill, cercando di sorridere.
Fleur era felice quanto lui all'idea di non poter scendere neppure a salutarli un'ultima volta e restò in silenzio finché non si fu addormentata.
La mattina dopo però erano entrambi sveglissimi e guardavano il soffitto buio ascoltando i rumori soffocati che venivano dal piano di sotto.
Quando la porta di casa si chiuse Bill sentì svanire il briciolo di speranza che era rimasto in lui all'idea di aver Ron al sicuro.
Poteva essere Ron.
Per un istante solo, che lo fece sentire colpevole per molto tempo, odiò Harry Potter e il giorno in cui era entrato nelle loro vite.
Si voltò verso la moglie e le cinse la vita con un braccio, sicuro che non dormisse. Lei si girò su un fianco e lo abbracciò subito.
Poteva essere Ron.
E forse lo sarebbe stato.






Come sorella di nove anni maggiore non ho potuto fare a meno di pensare che se mio fratello prendesse come esempio da imitare un amico e non calcolasse me forse ne sarei gelosa...
E non dovrebbe essere così cupa, ma si è scritta da sola. Vabbé.
   
 
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