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Autore: AnImoR_7    27/09/2010    21 recensioni
E se Edward avesse conosciuto Bella il giorno stesso della sua nascita?
"Infine mi decisi a guardare dentro il lettino, presi un lungo respiro e abbassai il capo verso quella che secondo mia sorella sarebbe diventata la mia futura compagna, mentre per me era solo un'umana in fasce che mi apprestavo a scorgere esclusivamente per farle piacere...La scorsi e fu l'inizio della fine.
E poi quando una volta grande Bella incontrerà Edward...
"A quel punto, ebbi voglia di fare quello che per nessuna ragione al mondo avrei dovuto. Mai
Perchè ho un ragazzo
Perchè lo conosco da otto ore
Perchè romperà il già fragile equilibrio della mia vita
Perchè niente sarà più come prima
Perchè mi sta facendo ammattire
Perchè non gli ho chiesto cosa ci fa qui
Perchè sto sognando e tutto ciò non può essere reale
Perchè non ha senso, perchè...
Non trovai più motivazioni da aggiungere al mio elenco e di slancio lo baciai.
La pioggia il vento, lo scorrere del tempo, il sogno la realtà, la pazzia la coerenza, non volli sentire nè pensare ad altro se non al gelido e appassionato tocco delle sue labbra sulle mie, il resto del mondo sparì nell'esatto momento in cui mi avvinghiai a lui" Cap.7
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
Capitoli:
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Cap.1 13 Settembre, la svolta Premessa, ho una fifa blu. Fatta questa premessa vi dico che ho deciso di imbarcarmi in questa nuova avventura, e l'ho deciso così di punto in bianco, una mattina mentre mi truccavo in bagno, ma sarai matta? Si l'ho pensato anch'io, ma ho pensato pure che al momento mi andava di assecondare questa pazzia...così ecco qua.
Dunque si tratta di questo: e se Edward avesse conosciuto Bella il giorno stesso della sua nascita, perchè Alice giura che sarà lei un giorno la donna della sua vita. E Bella una volta grande sarà d'accordo con questa teoria? Non scrivo altro, se vi va leggete e vi prego perdonatemi se ho massacrato un testo "sacro".
Grazie
R.



 
CAPITOLO 1

13 Settembre, la svolta.

Pov Edward




                                                   

"Edward...Edward apri gli occhi ti prego, ti prego fallo per me"

La voce di mia sorella era scossa dai singhiozzi, pianto senza lacrime per noi vampiri, ma sempre pianto era.
Sempre manifestazione di dolore e sofferenza, anche se nessuna goccia d'acqua salata bagnava il nostro viso. Ed Alice mi pregava, mentre la sofferenza l'attanagliava, voleva che aprissi gli occhi, voleva che le dessi un segno che la rassicurasse, che le facesse capire che ero  ancora presente a me stesso, e non in preda alla pazzia, perchè questa era la sua più grande paura. Voleva un barlume di speranza a cui appigliarsi, che le facesse credere che tutti i suoi tentativi di riportarmi alla "vita" non fossero stati vani, sempre se vita poteva essere considerato l'insulso incedere del mio tempo.

"Alice, per favore smettila"fu tutto quello che riuscii a dire per tranquillizzarla, null'altro perchè io per primo desideravo starmene lì, senza nessuno, avevo scelto coscientemente di crogiolarmi da solo nella mia pena.

"Oh Edward, apri gli occhi guardami" insistette e così all'ennesima pietosa richiesta decisi di aprire gli occhi. Quella voce implorante era pur sempre di mia sorella, e alla fine l'accontentai.

Povera Alice, il suo bekl viso era distrutto dal dolore; i singhiozzi continuavano a scuoterle il viso cereo ma pur sempre bellissimo. Lei più di tutti dei membri della mia famiglia, era quella di cui sentivo la mancanza, perchè sapeva capirmi, riusciva ad essere partecipe della mia sofferrenza e percepire il mio disagio come nessun altro.

Da mesi ormai avevo deciso di trascorrere in solitudine i miei giorni, vagando per i boschi, nutrendomi di tanto in tanto e prendendo periodicamente in affitto qualche stanza d'albergo per ripulirmi e riposare in un letto asciutto. I miei genitori adottivi, Carlisle ed Esme Cullen, avevano cercato in tutti i modi di lenire il mio dolore così come i miei fratelli, ma io proprio non riuscivo ad accettare quell'insopportabile tarlo nella mia testa chiamato solitudine. L'ospite indesiderato che prepotentemente aveva preso dimora nel mio corpo e nel mio animo, semmai ne avessi avuto uno. Ero l'unico della famiglia che non aveva una compagna, qualcuno con cui condividere l'eternità a cui ero destinato, qualcuno che comprendesse quanto fosse difficile accettare la mia natura, per questo soffrivo, e per questo mi sentivo tanto solo.
Sebbene io avessi provato a cercarla una compagna, mai nessuna fanciulla aveva risvegliato in me un qualsiasi tipo di sentimento, neppure una simpatia, un guizzo, un lampo emotivo, mai. E dopo tutti quegli anni, mi ero stufato di aspettare e sperare che questo ipotetico qualcuno arrivasse più a rischiarare il buio del mio mondo, fatto solo di notti infinite.
L'unica che non si arrendeva era Alice, mi ripeteva come una cantilena che "lei" sarebbe arrivata, sarebbe nata apposta per me, figuriamoci ... "l'ho vista nelle mie visioni". Perchè lei, mia sorella, era capace di scorgere il futuro anche molto prossimo, se pur incerto, ossia in qualsiasi momento il protagonista delle visione poteva, suo malgrado cambiare l'evolversi degli eventi, la rotta del destino.

"Il destino ha già deciso tutto Ed, è solo questione di tempo"  Già il destino, io non ero sicuro che realmente il fato segnasse la vita della persone, ma mia sorella ne era assolutamente convinta. "La sua natura, almeno all'inizio sarà umana, ma poi al momento giusto si unirà a noi"

Io l'ascoltavo scettico e comunque per quanto noi vampiri fossimo per indole egoisti, non me la sentivo di privare un'umana della sua vita solo per guarire me, un mostro, dalla sua insana smania di avere una compagna. Perchè l'unico modo per un'umana di unirsi ad un mostro era perdere la propria condizione di nascita, la propria essenza. In parole povere doveva morire.
Così un giorno di fine estate, allo stremo della sopportazione, mi rintanai da solo nei fitti boschi dell'Alaska.

"Edward devo parlarti" Alice mi afferrò un braccio "è importante sul serio, ascoltami" ma io voltai il viso altrove continuando a stare disteso ed immobile come solo noi non morti sappiamo fare. 

"Lasciami in pace Alice, davvero io non..."

"Tu non capisci" m'interruppe "lei è nata è nata finalmente"

"Cosa? Non può essere"
 

"A Forks nello stato di Washington, stamattina alle cinque e diciassette minuti, pesa tre kili e settecentro grammi. Mamma e figlia sono in ottima salute. Vieni ti porto da lei"


"Ma dici sul serio?"
ero incredulo. Per decenni avevo atteso che Alice pronunciasse quelle parole, ed adesso che lo aveva fatto, non riuscivo a crederlo.

"Sì" ribadì commossa "dico sul serio, adesso non sei più solo Edward. La tua solitudine è finita" involontariamente accennai un sorriso, era incredibile, dopo mesi o forse anni sorridevo.

"Ma come fai ad essere sicura che sia lei Alice? E' troppo piccola;, tu hai visto il suo volto da adulta?" 

"Sì e no ..."

"E se ti sbagliassi?"

"NO è lei ne sono assolutamente certa" 


"Alice ..." mugugnai "io non so se sia giusto, insomma lei è umana"il debole senso di colpa tornava a fare capolino nella mia testa, da quando poi ero in grado di provarlo? La notizia appena ricevuta poteva davvero dare una svolta alla mia misera esistenza ed io mi sentivo in colpa?

"Sai che è giusto Edward!" ribattè Alice "e comunque sappi che non sarai tu a costringerla"

"Mi amerà alla follia appena getterà uno sguardo sogmeto su di me?"
Ironizzai.

"No, semplicemente perchè è scritto nel suo destino. Tu sei il suo destino"


I miei occhi vagarono nel vuoto qualche secondo. "Cosa devo fare?" Mi tormentai, se l'avessi vista forse poi non sarebbe stato facile rinunciare, e questa certezza mi fece titubare ancora di più. "E' un'umana piccola piccola, che effetto può mai farmi? Nessuno può innamorarsi di qualcuno appena nato, e poi i loro tratti sono pressochè uguali, per tutti."
Queste considerazioni misero a tacere gli ultimi dubbi e annullarono ogno remora, avrei accontentato mia sorella, si era data così tanta pena per me! Almeno questo glielo dovevo. "Solo uno sguardo" promisi a me stesso "e poi sarei ritornato alla mia pseudo vita"

"D'accordo, verrò a darle un'occhiata, ma non aspettarti nulla da me, poi dovrai lasciarmi in pace, d'accordo?"

"Siii" trillò pazza di gioia per la stanza mia sorella. Dopo giorni o forse settimane mi alzai dal giaciglio della mia sofferenza e la seguii.

*****

Un'ora dopo a Forks.

"Forks piccola cittadina di duemila anime, immersa quasi tutto l'anno sotto una coltre di nuvole e pioggia". 

Questo era quello che recitava il cartello di presentazione all'ingresso della contea, e ad essere sinceri non è che fosse molto allettante come descrizione per il visitatore. "Stranezze umane" conclusi.

"Destino benevolo" invece disse Alice guardando il cielo plumbeo che ci accolse, semmai in un futuro prossimo avessimo deciso di trasferirci in quell'angolo degli Stati Uniti, questo clima sarebbe stato l'ideale per noi, in considerazione del fatto che i raggi solari rivelavano la nostra vera natura. Ci illuminavamo come un'insegna al neon purtroppo, nulla poteva tenerci al sicuro dal sole.

"Saliamo per di qua" giunti a destinazione mia sorella indicò il muro esterno dell'edificio "quarto piano, ho visto, dormono. Non c'è nessun in camera oltre mamma e figlia" Annuii e le feci segno di salire per prima. Alice con la sua solita grazia balzò sul primo cornicione e poi s'inerpicò scrisciando in verticale sulla pancia, proprio come un serpente. Io la seguì. La finestra della stanza in questione era socchiusa e entrare senza fare il minimo rumore fu un gioco da ragazzi. Mia sorella entrò danzando sulle punte, io la raggiunsi subito dopo felpando i miei passi come un felino.

Una volta dentro la prima cosa che mi colpii, fu uno strano odore anzi un delizioso odore, e capii provenire proprio dalla bambina. Ebbi quasi l'impressione che una nuvola di questa essenza stazionasse proprio sopra alla sua culla. Lo paragonai per eccellenza alla crema di vaniglia che da piccolo mia madre, la mia vera madre, nell'altra mia vita, mi preparava alla Domenica. Analizzandolo più a fondo c'era anche un vago sentore di fiori di campo, margherite forse o ... non seppi identificarli, l'unica cosa certa fu che ne rimasi estasiato.

"Oh Edward quanto è bella" Alice si era fiondata accanto alla culla e giungendo le mani all'altezza del petto sembrava quasi recitare una muta preghiera di ringraziamento a quel piccolo esserino. I suoi occhi ridevano di felicità.


                                           

A memoria, l'unica altra volta in cui ricordavo mia sorella così felice era il giorno del suo matrimonio con Jasper, quindi circa trent'anni prima. Vederla di nuovo così gioiosa mi fece sentire bene.

Presi il coraggio a due mani e mi avvicinai anch'io, prima però gettai un'occhiata alla madre della piccola, una bella donna dai capelli rossi, di corporatura minuta, aveva dei lineamenti gentili ed aggraziati. Dormiva serena, anche se il suo viso mostrava i segni della stanchezza causati dal lungo travaglio e dal parto difficile.

Infine mi decisi a guardare dentro il lettino, presi un lungo respiro e abbassai il capo verso quella che secondo mia sorella sarebbe diventata la mia futura compagna, mentre per me era solo un'umana in fasce che mi apprestavo a scorgere esclusivamente per farle piacere.

La scorsi e fu l'inizio della fine.

Un piccolo fagottino era rannicchiato, quasi attorcigliato su se stesso, dormiva beato con le manine chiuse a pugnetti e le ginocchia strette al pancino. I piedini erano nudi, delle buffe scarpette di lana erano adagiate poco lontano da lei, indosso aveva un pagliaccetto rosa con un orsacchiotto giallo disegnato sul petto.

"Adorabile" mormorai "davvero adorabile"

"Sii è proprio adorabile" esultò Alice in trance.

Benchè fosse appena nata la sua testolina aveva tantissimi capelli scuri "abbiamo una bella bruna quì" dissi ad Alice mentre con l'indice indicavo la folta ed arruffata capigliatura della bimba.

"Già e diventerà bellissima Ed, non puoi immaginare quanto..." a quelle parole deglutii a forza, uno strano pensiero mi passò per la mente, ovvero "lo penso anch'io".
Al lato della culla, c'era un cartoncino rosa con delle buffe paperelle disegnate, identificava il nascituro. Mi avvcinai curioso di leggere il suo nome:
Swan, Isabella Marie.
Non potei far altro che pensare che fosse un nome bellissmo.



                                                           
                                                       


Naturalmente ho preso in prestito i personaggi della sig.ra Meyer solo per diletto e niente altro.
   
 
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