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Autore: mugsy    26/01/2011    0 recensioni
"se ne dicono di stronzate da bambini. Stronzate in cui noi crediamo. Stronzate che abbiamo l’illusione che si avverino. Stronzate che chiamiamo sogni"
In un'anonima periferia di un'anonima città, si incrociano le strane vite di un omicida per hobby, una "sfigata" con un terribile segreto e una lesbica che vuol cambiare pagina. A far da contorno, le turbe mentali e le strane angoscie di Virginia, condite da sogni altrettanto bizzarri. Perchè quando perdi la tua strada, recuperarla richiede un prezzo elevato.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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22)

Federica era da poco tornata a casa. Stanca e provata, decise di stendersi sul divano di casa e fare un piccolo riposino. Le serviva proprio un po’ di riposo. La ragazza infatti, dopo quello strano incontro al supermarket, aveva sbrigato un mucchio di commissioni e non ne poteva più. Per fortuna quel giorno non doveva andare al lavoro.

Morfeo il divano plebeo cullava dolcemente Federica, che si abbandonò alle rilassanti onde del sonno temporaneo. Aveva proprio bisogno di farsi una bella dormita. Le sembrava di non farlo da chissà quanto tempo, e si sentiva debole e senza forze. Forze che erano le state assorbite tutte dalla sua amata Virginia, e che probabilmente avrebbe preferito dedicare a se stessa… ma  questo non voleva ancora ammetterlo.

Sabrina intanto passeggiava stancamente per la città in cerca di chissà quale risposta divina ai suoi perché, soprattutto al perché più importante: sua sorella. Non riusciva ancora a credere che qualcuno ce l’avesse con lei a tal punto da ucciderla. Eppure era una ragazza così solare, sorridente, piena di vita e di sogni… non poteva credere che qualcuno la odiasse. Le sembrava una cosa assurda e senza senso. Che non poteva restare impunita.

Doveva assolutamente saperne di più.



23)

“Un panino al peperoncino, grazie”.
La richiesta di Robert colpì molto Mario. Lui era infatti una delle pochissime persone che gli chiedevano quel pestifero panino, che fin dall’apertura del chiosco era sempre stato nel menù delle specialità della casa. Tuttavia, per molti anni, nessuno ebbe il coraggio di assaggiarlo, probabilmente perché Mario era solito esagerare col piccante anche nei panini che non lo richiedevano (l’unico difetto dei suoi prodotti). Nessuno tranne Zoe, qualche anno prima, mentre tornava da una delle sue tante, innumerevoli scopate occasionali. Scopate che a Mario non facevano tanto piacere: lui infatti avrebbe voluto che la sua nipote acquisita (così infatti considerava Zoe) si accasasse sul serio con qualche bravo ragazzo, invece di farsi sbattere ogni giorno come una zoccola solo perché non voleva legami. Tuttavia, non poteva permettersi di giudicare le sue scelte. In fondo, non era suo padre. Padre che Zoe tecnicamente aveva, ma praticamente era come se non esistesse, come se fosse morto. Già, perché Marcus, il padre, era un uomo violento e ubriacone, che non faceva altro che bere e prendere a calci qualunque cosa, moglie e figlia comprese, che non avendo il coraggio di ribellarsi subivano in silenzio. Mario odiava profondamente Marcus: le pochissime volte che l’aveva visto, l’aveva trattato in maniera arrogante e vigliacca. Il paninaro non era quindi stupito del fatto che Zoe era sempre in giro, ma nonostante questo non gli piaceva lo stile di vita della ragazza. Avrebbe tanto voluto che conducesse una vita serena e piena di belle esperienze amorose irripetibili, ma a lei a quanto pare stava bene così. E Mario soffriva in silenzio, come sempre.

La richiesta di Robert tuttavia colpì molto anche Zoe: non credeva che ci fosse qualcuno così coraggioso da provare l’ultrapiccante panino di Mario. Tuttavia, prima di lodare lo sconosciuto preferiva aspettare che finisse il panino. D’altronde, anche quell’arrogante di suo padre, per fare lo sborone, un giorno si era comprato uno di quei panini, con risultati catastrofici, così catastrofici che la ragazza rise per giorni e fu ovviamente pestata quasi a morte. Zoe ricordava molto bene quei momenti: Marcus l’aveva presa e gettata da una parte all’altra, poi l’aveva colpita con due tre pugni violentissimi prima di tapparle la bocca alla sua maniera. La cosa buffa fu però che il ricordo di quel pestaggio non la faceva star male, anzi la divertiva, forse perché era ormai così abituata alle botte che non  badava più ai dolori.

Robert, intanto, incurante delle strane occhiate che i due gli lanciavano, iniziò ad addentare il suo panino super piccante. Lui aveva sempre amato il piccante, fin da quando suo padre gli fece assaggiare un peperoncino calabrese, prelevato direttamente da Soverato, che, nonostante ne abbia mangiato tantissimi tipi, rimangono i migliori peperoncini che lui abbia mai assaggiato. Non sapeva dire cosa, ma quei peperoncini avevano qualcosa di speciale, eran quasi magici. E per lui era sempre un piacere assaggiarli.
  
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