29. Buco
nero.
Si
chiese perché dovesse fare così dannatamente male, perché ogni parte del suo
corpo dovesse bruciare a tal punto. Era sempre stato bravo a mascherare i suoi
sentimenti, sempre. Eppure adesso, nonostante non lo desse a vedere, sentiva
dentro di sé un vuoto così grande da togliergli il respiro.
Quella
sera d’estate a Malfoy Manor l’aria fresca muoveva le
foglie e il profumo dei fiori del giardino era così intenso a piacevole da
rilassare tutti i sensi. Il cicaleggio lontano creava l’atmosfera, mentre un
silenzioso cielo stellato, che non forniva alcuna risposta, appariva più
irraggiungibile che mai.
Fortuna
che c’era sua madre, altrimenti Draco sarebbe sprofondato nell’oblio,
precipitando fino a perdere ogni speranza di riemergere. Sotto i suoi piedi, ad
ogni passo, c’era un barato pronto ad inghiottirlo, ed il peso che gravava
sulle sue spalle era talmente elevato ed insostenibile, che Draco per primo si
chiedeva come facesse a stare ancora in piedi. Se solo ci fosse stato suo padre,
sarebbe stato tutto diverso. Avrebbe preferito essere preso a schiaffi da lui,
purché fosse lì, purché lo obbligasse a farsi forza e gli ricordasse che un
Malfoy non cede mai. Se cade si rialza, non piange.
Ma
tutta quell’estate le lacrime che non aveva versato lui le aveva versate sua
madre.
Povera
donna Narcissa, così bella nonostante l’età, così raffinata. Lunghi capelli
dorati, naso all’insù, occhi celesti e ciglia lunghe. Un corpo magro e formoso,
da donna, che appariva fragile ma che in realtà era più forte di una roccia. Peccato
che in quel momento l’avesse persa, era rimasta solo nello sguardo la forza di
Narcissa, perfino mentre piangeva di nascosto dal figlio, il suo unico figlio,
il suo orgoglio. Le avevano tolto il suo compagno, l’avevano lasciata sola e
senza sostegno. Oltre tutto non poteva neppure consolarsi pensando al bene del
marito, poiché quest’ultimo era stato portato nel posto peggiore al mondo.
E
adesso le toglievano anche il figlio.
Già,
Draco lo sapeva benissimo cosa avrebbe dovuto fare quell’anno, i rischi che
comportava una missione suicida. Ma lui non pensava realmente alla sua morte,
quella sarebbe stata quasi un sollievo in quel periodo. Pensava a sua madre e a
ciò che Lui le avrebbe fatto qualora
Draco avesse fallito. E se non falliva sarebbe morto dentro, ma tanto lui
avrebbe fallito. Proprio come suo padre, che adesso era lontano, chissà cosa
gli stavano facendo…
Oh basta! Pensò Draco. Non devo fare certi pensieri.
Narcissa
sedeva sulle assi di legno della veranda di casa, i piedi sugli scalini, la
testa del figlio sulle ginocchia.
Draco
chiuse gli occhi, sua madre gli permetteva di distendersi e di appoggiare la
testa sul suo grembo solo quando era piccolo, molto piccolo. Gli accarezzava i
capelli biondi senza dire nulla, bastavano i loro respiri uniti, gli occhi
chiusi del bambino e il sorriso della madre.
Narcissa
correva sempre quando il piccolo Draco aveva bisogno di lei, gli rimboccava le
coperte prima di addormentarsi, lo coccolava quando si svegliava nel cuore
della notte dopo un incubo, gli curava le ferite quando si faceva male. Di
certo non poteva non accorrere in quel momento, mentre sia lei che suo figlio
avevano toccato il fondo.
La
donna sorrise mentre accarezzava i capelli del figlio quasi sedicenne.
Oh
se il caro Lucius avesse saputo che in realtà lei non aveva mai smesso di
coccolare e di viziare Draco, neppure quando era ormai cresciuto, diventando un
ragazzo.
Accontentava
ogni suo capriccio e, quando il padre lo spediva in camera sua per qualcosa che
aveva combinato, lei saliva di nascosto a portargli i suoi biscotti preferiti,
preparati apposta per lui in quel momento. Lucius adorava suo figlio, ne era
orgoglioso, ma non aveva fatto altro che crescerlo con severità e rigore, non
accettando mai neppure uno sbaglio, mai neppure un attimo di debolezza o di
infantilità. Bé, se avesse saputo di tutte le attenzioni con cui la moglie gli
rammolliva l’erede, sarebbe andato di certo su tutte le furie. Non era certo
stato padre da carezze, ma d’altro canto Draco non era mai stato figlio da
chiederle. Voleva i suoi spazi, odiava essere trattato da bambino. Il ghiaccio
che lo ricopriva come una corazza era difficile da sciogliere, eppure in quel
momento era inutile fingere.
Inutile
tenere in piedi la corazza.
Non
c’era abbastanza forza.
-Domani
andiamo in sartoria, dobbiamo comprare una nuova divisa. Sei cresciuto troppo.-
sorrise la donna.
Draco
aprì gli occhi –Domani?-
-Sì,
sta per cominciare la scuola…- La voce di Narcissa si affievolì.
Il
ragazzo chiuse nuovamente gli occhi.
La
scuola, il suo ultimo anno, la sua missione, la sua paura, la sua rabbia.
Basta.
Nonostante
il pesante sospiro per farsi forza, decise che non aveva alcuna intenzione di
cambiare posizione, perciò rimase ostinatamente disteso sulle assi di legno a
bearsi delle carezze della madre, con la testa ancora al sicuro sulle sue
gambe.
Solo
per quella volta.
Fin
quanto possibile.
-Va
bene-
-Ma
che bella ragazza, Matilde, è tale e quale a sua madre- esclamò la donna con
gli spilli attaccati alla giacca rossa, di almeno due taglie in più.
-No-
rispose la zia, nascondendo il fastidio. –Lei è decisamente più bella.-
Zia
Matilde detestava la sorella, e nasconderlo era difficile. La donna magra
vestita di rosso fece un cenno sovra pensiero.
La
ragazza, intanto, era ferma davanti allo specchio, con le mani sui fianchi
mentre si dondolava per osservare la sua immagine. Il suo corpo era decisamente
quello di una donna ormai, le curve tonde e morbide, le gambe lunghe, gli
zigomi alti. Era davvero bella. Alta, magra, gli occhi blu e i capelli corvini
che proprio in quel momento si stava risistemando. Aveva uno sguardo risoluto e
freddo, vanitoso. Quando vide le due persone che stavano per entrate,
attraverso lo specchio, quello sguardo si fece ancora più distaccato,
concentrandosi a rimirare la propria immagine.
Fu
proprio questo che colse il ragazzo appena entrato in sartoria: l’arroganza e
la vanità di quella ragazza apparentemente sconosciuta. Si tirava in alto i
capelli corvini, che non erano più lisci come li ricordava, ma vaporosi. Prima
erano un manto di velluto sulle sue spalle, adesso una nuvoletta soffice e
bellissima. La ragazza continuava ad osservarsi con freddezza, come un critico
davanti un’opera d’arte, mentre insisteva a
sistemarsi i lunghi capelli
intanto che la sarta le prendeva le misure.
-Diventando
così alta gli servono gonna e mantello nuovi- Disse la zia.
-Provvedo
subito- rispose la sarta con un sorriso, mentre faceva cenno alla sua
assistente di occuparsi dei clienti appena entrati.
Il
primo era un ragazzo biondo che Areal si rifiutò di guardare, la seconda una
donna avvenente con il mento sollevato che le permetteva di osservare ogni cosa
dall’alto. Quando la commessa le si avvicinò, questa fece un sorriso educato
anche se gelido. –Se non le dispiace, aspettiamo madama McClan-
Zia
Matilde storse il naso. Areal avrebbe giurato che in quanto ex Tassorosso non
doveva vedere di buon occhio la signora Malfoy, tuttavia, vederle rifiutare
l’aiuto della commessa in attesa della proprietaria, era per la zia sinonimo di
altezzosità oltre che di maleducazione.
Poiché
la signora McClan aveva già fatto apparire addosso
alla ragazza la nuova gonna, si scusò con zia Matilde e andò dalla signora
Malfoy.
Draco
osservò distrattamente Areal che si voltava appena per osservare come cadeva la
gonna dietro, e quello sguardo freddo non fu per nulla di suo gradimento. Si
chiese perché con tanti giorni ed orari avessero dovuto finire insieme in quel
buco di sartoria.
Proprio
in quel momento ebbe un Deja vù.
Qualche
anno prima era successa la stessa cosa, si erano incontrati in quello stesso
negozio, solo che Areal era semplicemente una bambina con le guancie rosse e la
frangia pesante a coprirle la fronte, mentre adesso era una ragazza vanitosa e
gelida. E Draco… era decisamente diverso.
Proprio
in quel momento, per puro, semplice, sbaglio, Areal si voltò ritrovandosi Draco
voltato verso di lei a fissarla. Si ritrovarono faccia a faccia, occhi negli
occhi, in quell’istante in cui le donne accanto a loro sembravano troppo
impegnate. Nelle orecchie della ragazza c’era un brusio lontano, la voce di sua
zia che commentava il suo aspetto, la voce della signora Malfoy che spiegava
alla sarta cosa gli serviva.
Ma lei non sentiva nulla.
Rimase
a dir poco sconvolta dal cambiamento di Draco Malfoy. Tanto per cominciare
Areal non era abituata a vederlo in abiti babbani, e quel
completo di giacca, pantaloni e pullover neri avvolgeva il suo corpo risaltando
la sua figura, rendendolo maledettamente attraente. I capelli non erano più
ciuffi spettinati sulla fronte, ma ciocche ordinate e pettinate all’indietro.
Dall’ultima
volta che lo aveva visto, Draco dimostrava sulle spalle cento anni di più, e la
sua espressione vissuta e seria sembrava portare il peso di ogni singolo anno.
Il viso era più scavato, la pelle di un pallore malandato, gli occhi vuoti ma
profondi. Areal non sopportò quel viso allungato e spigoloso su cui le lebbra
sembravano appena corrucciate da qualcosa di fastidioso e i suoi occhi color
tempesta rimanevano terribilmente spenti. Svuotati di ogni emozione.
La
ragazza corse dietro il separé e si rivestì di tutta fretta, ringraziando il
cielo che non appena uscì sua zia stava già pagando con le buste in mano. Uscì
dal negozio senza guardare più nemmeno una volta Draco Malfoy, che tuttavia
seguì con gli occhi la sua uscita, con amarezza.
Continua…
E si conclude quello che, non chiedetemi perché, è
il mio capitolo preferito o comunque uno dei più belli a mio parere.
Spero di avervi trasmesso la mia stessa emozione e
che leggere vi sia piaciuto.
Se avete trovato il capitolo interessante mi
farebbe piacere che commentaste.
Grazie a chi a letto.
Un saluto ed un ringraziamento particolare a: BumBj e a Nocticula_Nott