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Autore: Kaimy_11    17/02/2011    3 recensioni
[Era la ragazza più antipatica, viziata, odiosa e saputella che avessi mai conosciuto. Mi batteva nei duelli, era più furba di me. Era migliore di me. Tuttavia, quando capiva di non aver speranza, di aver perso, usava l'arma più crudele, eppure più potente, che conosceva: Le sue lacrime. Anche adesso, io sono qui a dirle che me ne devo andare, che sono un assassino e che non posso stare con lei, ma lei piange. Ed io come faccio a dirle che la amo? Come faccio a dirle che non vorrei lasciarla ma che devo, per il suo bene... Mi basta un suo sorriso per capire che non sono altro che un satellite attratto dalla forza di gravita che esercita su di me il pianete che lei è...] Storia già pubblicata ma cancellata durante un momento di follia. Ovviamente revisionata, spero che vi piaccia rivivere i setti anni ad Hogwarts visti da una ragazza che seguirà la vita di…Draco! Se amate questo personaggio e volete vedere come sono stati i suoi anni a scuola e come ha vissuto la battaglia contro Voldemort…leggete!. (la storia segue i Film e i libri)
Genere: Azione, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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33

29. Buco nero.

 

 

 

 

 

Si chiese perché dovesse fare così dannatamente male, perché ogni parte del suo corpo dovesse bruciare a tal punto. Era sempre stato bravo a mascherare i suoi sentimenti, sempre. Eppure adesso, nonostante non lo desse a vedere, sentiva dentro di sé un vuoto così grande da togliergli il respiro.

Quella sera d’estate a Malfoy Manor l’aria fresca muoveva le foglie e il profumo dei fiori del giardino era così intenso a piacevole da rilassare tutti i sensi. Il cicaleggio lontano creava l’atmosfera, mentre un silenzioso cielo stellato, che non forniva alcuna risposta, appariva più irraggiungibile che mai.

Fortuna che c’era sua madre, altrimenti Draco sarebbe sprofondato nell’oblio, precipitando fino a perdere ogni speranza di riemergere. Sotto i suoi piedi, ad ogni passo, c’era un barato pronto ad inghiottirlo, ed il peso che gravava sulle sue spalle era talmente elevato ed insostenibile, che Draco per primo si chiedeva come facesse a stare ancora in piedi. Se solo ci fosse stato suo padre, sarebbe stato tutto diverso. Avrebbe preferito essere preso a schiaffi da lui, purché fosse lì, purché lo obbligasse a farsi forza e gli ricordasse che un Malfoy non cede mai. Se cade si rialza, non piange.

Ma tutta quell’estate le lacrime che non aveva versato lui le aveva versate sua madre.

Povera donna Narcissa, così bella nonostante l’età, così raffinata. Lunghi capelli dorati, naso all’insù, occhi celesti e ciglia lunghe. Un corpo magro e formoso, da donna, che appariva fragile ma che in realtà era più forte di una roccia. Peccato che in quel momento l’avesse persa, era rimasta solo nello sguardo la forza di Narcissa, perfino mentre piangeva di nascosto dal figlio, il suo unico figlio, il suo orgoglio. Le avevano tolto il suo compagno, l’avevano lasciata sola e senza sostegno. Oltre tutto non poteva neppure consolarsi pensando al bene del marito, poiché quest’ultimo era stato portato nel posto peggiore al mondo.

E adesso le toglievano anche il figlio.

Già, Draco lo sapeva benissimo cosa avrebbe dovuto fare quell’anno, i rischi che comportava una missione suicida. Ma lui non pensava realmente alla sua morte, quella sarebbe stata quasi un sollievo in quel periodo. Pensava a sua madre e a ciò che Lui le avrebbe fatto qualora Draco avesse fallito. E se non falliva sarebbe morto dentro, ma tanto lui avrebbe fallito. Proprio come suo padre, che adesso era lontano, chissà cosa gli stavano facendo…

Oh basta! Pensò Draco. Non devo fare certi pensieri.

Narcissa sedeva sulle assi di legno della veranda di casa, i piedi sugli scalini, la testa del figlio sulle ginocchia.

Draco chiuse gli occhi, sua madre gli permetteva di distendersi e di appoggiare la testa sul suo grembo solo quando era piccolo, molto piccolo. Gli accarezzava i capelli biondi senza dire nulla, bastavano i loro respiri uniti, gli occhi chiusi del bambino e il sorriso della madre.

Narcissa correva sempre quando il piccolo Draco aveva bisogno di lei, gli rimboccava le coperte prima di addormentarsi, lo coccolava quando si svegliava nel cuore della notte dopo un incubo, gli curava le ferite quando si faceva male. Di certo non poteva non accorrere in quel momento, mentre sia lei che suo figlio avevano toccato il fondo.

La donna sorrise mentre accarezzava i capelli del figlio quasi sedicenne.

Oh se il caro Lucius avesse saputo che in realtà lei non aveva mai smesso di coccolare e di viziare Draco, neppure quando era ormai cresciuto, diventando un ragazzo.

Accontentava ogni suo capriccio e, quando il padre lo spediva in camera sua per qualcosa che aveva combinato, lei saliva di nascosto a portargli i suoi biscotti preferiti, preparati apposta per lui in quel momento. Lucius adorava suo figlio, ne era orgoglioso, ma non aveva fatto altro che crescerlo con severità e rigore, non accettando mai neppure uno sbaglio, mai neppure un attimo di debolezza o di infantilità. Bé, se avesse saputo di tutte le attenzioni con cui la moglie gli rammolliva l’erede, sarebbe andato di certo su tutte le furie. Non era certo stato padre da carezze, ma d’altro canto Draco non era mai stato figlio da chiederle. Voleva i suoi spazi, odiava essere trattato da bambino. Il ghiaccio che lo ricopriva come una corazza era difficile da sciogliere, eppure in quel momento era inutile fingere.

Inutile tenere in piedi la corazza.

Non c’era abbastanza forza.

-Domani andiamo in sartoria, dobbiamo comprare una nuova divisa. Sei cresciuto troppo.- sorrise la donna.  

Draco aprì gli occhi –Domani?-

-Sì, sta per cominciare la scuola…- La voce di Narcissa si affievolì.

Il ragazzo chiuse nuovamente gli occhi.

La scuola, il suo ultimo anno, la sua missione, la sua paura, la sua rabbia.

Basta.

Nonostante il pesante sospiro per farsi forza, decise che non aveva alcuna intenzione di cambiare posizione, perciò rimase ostinatamente disteso sulle assi di legno a bearsi delle carezze della madre, con la testa ancora al sicuro sulle sue gambe.

Solo per quella volta.

Fin quanto possibile.

-Va bene-

 

-Ma che bella ragazza, Matilde, è tale e quale a sua madre- esclamò la donna con gli spilli attaccati alla giacca rossa, di almeno due taglie in più.

-No- rispose la zia, nascondendo il fastidio. –Lei è decisamente più bella.-

Zia Matilde detestava la sorella, e nasconderlo era difficile. La donna magra vestita di rosso fece un cenno sovra pensiero.

La ragazza, intanto, era ferma davanti allo specchio, con le mani sui fianchi mentre si dondolava per osservare la sua immagine. Il suo corpo era decisamente quello di una donna ormai, le curve tonde e morbide, le gambe lunghe, gli zigomi alti. Era davvero bella. Alta, magra, gli occhi blu e i capelli corvini che proprio in quel momento si stava risistemando. Aveva uno sguardo risoluto e freddo, vanitoso. Quando vide le due persone che stavano per entrate, attraverso lo specchio, quello sguardo si fece ancora più distaccato, concentrandosi a rimirare la propria immagine.

Fu proprio questo che colse il ragazzo appena entrato in sartoria: l’arroganza e la vanità di quella ragazza apparentemente sconosciuta. Si tirava in alto i capelli corvini, che non erano più lisci come li ricordava, ma vaporosi. Prima erano un manto di velluto sulle sue spalle, adesso una nuvoletta soffice e bellissima. La ragazza continuava ad osservarsi con freddezza, come un critico davanti un’opera d’arte, mentre insisteva a  sistemarsi i lunghi capelli  intanto che la sarta le prendeva le misure.

-Diventando così alta gli servono gonna e mantello nuovi- Disse la zia.

-Provvedo subito- rispose la sarta con un sorriso, mentre faceva cenno alla sua assistente di occuparsi dei clienti appena entrati.

Il primo era un ragazzo biondo che Areal si rifiutò di guardare, la seconda una donna avvenente con il mento sollevato che le permetteva di osservare ogni cosa dall’alto. Quando la commessa le si avvicinò, questa fece un sorriso educato anche se gelido. –Se non le dispiace, aspettiamo madama McClan-

Zia Matilde storse il naso. Areal avrebbe giurato che in quanto ex Tassorosso non doveva vedere di buon occhio la signora Malfoy, tuttavia, vederle rifiutare l’aiuto della commessa in attesa della proprietaria, era per la zia sinonimo di altezzosità oltre che di maleducazione.

Poiché la signora McClan aveva già fatto apparire addosso alla ragazza la nuova gonna, si scusò con zia Matilde e andò dalla signora Malfoy.

Draco osservò distrattamente Areal che si voltava appena per osservare come cadeva la gonna dietro, e quello sguardo freddo non fu per nulla di suo gradimento. Si chiese perché con tanti giorni ed orari avessero dovuto finire insieme in quel buco di sartoria.

Proprio in quel momento ebbe un Deja .

Qualche anno prima era successa la stessa cosa, si erano incontrati in quello stesso negozio, solo che Areal era semplicemente una bambina con le guancie rosse e la frangia pesante a coprirle la fronte, mentre adesso era una ragazza vanitosa e gelida. E Draco… era decisamente diverso.

Proprio in quel momento, per puro, semplice, sbaglio, Areal si voltò ritrovandosi Draco voltato verso di lei a fissarla. Si ritrovarono faccia a faccia, occhi negli occhi, in quell’istante in cui le donne accanto a loro sembravano troppo impegnate. Nelle orecchie della ragazza c’era un brusio lontano, la voce di sua zia che commentava il suo aspetto, la voce della signora Malfoy che spiegava alla sarta cosa gli serviva.

Ma lei non sentiva nulla.

Rimase a dir poco sconvolta dal cambiamento di Draco Malfoy. Tanto per cominciare Areal non era abituata a vederlo in abiti babbani, e quel completo di giacca, pantaloni e pullover neri avvolgeva il suo corpo risaltando la sua figura, rendendolo maledettamente attraente. I capelli non erano più ciuffi spettinati sulla fronte, ma ciocche ordinate e pettinate all’indietro.

Dall’ultima volta che lo aveva visto, Draco dimostrava sulle spalle cento anni di più, e la sua espressione vissuta e seria sembrava portare il peso di ogni singolo anno. Il viso era più scavato, la pelle di un pallore malandato, gli occhi vuoti ma profondi. Areal non sopportò quel viso allungato e spigoloso su cui le lebbra sembravano appena corrucciate da qualcosa di fastidioso e i suoi occhi color tempesta rimanevano terribilmente spenti. Svuotati di ogni emozione.

La ragazza corse dietro il separé e si rivestì di tutta fretta, ringraziando il cielo che non appena uscì sua zia stava già pagando con le buste in mano. Uscì dal negozio senza guardare più nemmeno una volta Draco Malfoy, che tuttavia seguì con gli occhi la sua uscita, con amarezza.

 

 

 

 

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

E si conclude quello che, non chiedetemi perché, è il mio capitolo preferito o comunque uno dei più belli a mio parere.

Spero di avervi trasmesso la mia stessa emozione e che leggere vi sia piaciuto.

Se avete trovato il capitolo interessante mi farebbe piacere che commentaste.

 

Grazie a chi a letto.

 

Un saluto ed un ringraziamento particolare a:  BumBj e a Nocticula_Nott

   
 
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