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Autore: Tem_93    06/05/2011    6 recensioni
“Chi disprezza compra, Noah” gli ripeteva sempre sua madre quando era piccolo. Cavolo, perché sua mamma alla fine doveva sempre aver ragione. La prima volta che gliel’aveva detto era stato quando non voleva mangiare i waffle perché diceva che gli facevano schifo. Ora non viveva senza waffle. La seconda volta gliel’aveva detto perché da piccolo aveva affermato, alquanto convinto, che a lui non piacevano le “femmine”, perché giocavano con le bambole e piangevano sempre. Ora, bè ora la cosa era decisamente cambiata. La terza volta gliel’aveva detto quando lei gli aveva proposto di sposare un’ebrea, una come quella Rachel Berry che andava a scuola con lui,e Noah aveva risposto che piuttosto di sposare una tipa del genere preferiva rimare scapolo. Ora avrebbe rinunciato ai waffle e a molto altro per poter mettere il nome Puckerman a Rachel.
[Future long-fic; Noah centric]
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Noah Puckerman/Puck, Rachel Berry, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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2.Marry me



-Kate è malata-disse dispiaciuta Brittany entrando in casa.
Puck seduto a tavola la guardò e le sorrise.
-Sì, mi ha chiamato poco fa. La andrò a trovare domani dopo il lavoro.- la informò, mentre lei arrivava furtiva dietro ad una Santana intenta a cucinare. L’abbracciò e le schioccò un bacio sulla guancia. La mora ridacchiò, dopodiché la bionda si sedette vicino a Noah. Cenarono allegramente parlando di quello che avevano fatto durante il giorno. Puck avrebbe fatto il turno di notte per cui la maggior parte della giornata l’aveva passata a letto.
Gli piaceva quando cenavano assieme. Non succedeva spesso, né che fossero tutti e tre in casa per quell’ora, né che Santana avesse abbastanza voglia per cucinare loro qualcosa.
Quelle due non erano cambiate una virgola da quando avevano lasciato il McKinley, se non per il fatto che ora erano una coppia fissa e certamente non aperta. Non erano proprio più quelle che andavano con chiunque, quelle che cercavano solo una notte di divertimento con un ragazzo a caso. Si amavano e si bastavano e Puck lo sapeva, eccome se lo sapeva. Infatti Santana e Brittany non avevano perso la naturalezza e spensieratezza di una volta, e di certo non si trattenevano perché in casa c’era lui. Tutt’altro.
Noah in fondo era felice per loro, voleva bene ad entrambe e sapeva che ora che si erano trovate non si sarebbero mai separate. Passò velocemente uno sguardo sulle loro fedi. Già, erano sposate da qualche anno. Non c’era voluto tanto per capire che era la cosa più ovvia da fare. Era successo tre anni dopo il diploma e avevano deciso di sposarsi a Lima, quella cittadina dove erano cresciute e che era stata in passato tanto ostile.
Era stata la prima volta dopo anni in cui l’aveva rivista. Infatti, sposandosi a Lima, avevano invitato tutti i vecchi amici, in particolare quelli del Glee; erano riuscite perfino a rintracciare Holly.
 
-Morirò- sussurrò Santana sistemandosi ancora una volta il boccolo dietro all’orecchio.
-Tranquilla, Brit ci sarà. L’ho vista.- la confortò lui –e Quinn l’ha aiutata a vestirsi. Non ti preoccupare.- le sorrise raggiante. Lei distolse lo sguardo dalla sua figura riflessa nello specchio.
-Perchè Brittany mi dovrebbe preoccupare? La sposerei anche se venisse in tuta da motocross. Tu mi preoccupi- chiarì la mora, sospirando.
-Io?- chiese Noah non capendo.
-Già, non so ancora perché ho accettato che facessi tu il discorso a cena. Sei sicuro di volerlo fare?- chiese lei. Puck la guardò storto.
-Ci ho perso ore a pensarlo e mi hai rotto due mesi per convincermi. Ora vuoi veramente ritirare l’offerta?- borbottò quello incrociando le braccia.
-Mi metterai sicuramente in imbarazzo- sbuffò scocciata lei, avvicinandosi per aggiustare la cravatta dell’amico.
-E’ l’unico motivo per cui ho accettato- sorrise sornione lui, ricevendo poi uno schiaffo sulla spalla.
-Su, andiamo, c’è una bionda che mi aspetta- esclamò la mora aprendo la porta.
Puck sorrise e uscirono.
In effetti come suo solito Santana arrivò in ritardo.
Brit era là che l’aspettava con un gran sorriso sulle labbra, stretta nel suo vestito color crema, mentre sbatteva velocemente le ciglia chiare. Fu una cerimonia veloce ed allegra, allietata dai cori del Glee. Appena terminò si spostarono nel giardino della villa dei Pierce, dove cenarono. Quando portarono la torta Puck decise che era il momento del suo grande discorso. Aveva pensato più volte a cosa dire, ma non l’aveva mai messo per iscritto. Forse avrebbe dovuto farlo, considerò in quel momento. Quando tutti gli occhi furono puntati su di lui cominciò con un sorriso.
-E Santittany fu! Santittany è come piace a Santana definire loro due. Quando eravamo al liceo spesso usavamo nomi simili per le coppie, era una cosa alquanto buffa. Vivendo con loro due ho scoperto che esistono cose molto, molto più buffe di quella. All’inizio ero titubante, non ero sciuro di voler conviverci. Primo perché avrei fatto un po’ la parte del terzo incomodo, secondo perché erano Santana e Brittany. Voi non immaginate cosa voglia dire condividere la casa con loro. Una è una dittatrice che da ordini tutte le ore, perfino durante il sonno. L’altra è una nullafacente che invece di mettere ordine crea disordine, ma che ha il diritto di farlo perché sta con la dittatrice. Quindi, immaginate chi deve eseguire gli ordini?- gli invitati scoppiarono a ridere. – Devo dire però che in fin dei conti è divertente. Sicuramente non è una convivenza né normale, né sana, ma in qualche modo è fica. Sarà che siamo tutti e tre dei gran fichi – sorrise ebete.- Basta abituarsi ad avere due matte in giro per casa ed è fatta. Dopo ti sembra normale tornare a casa e metterti sul divano a guardare orribili film commentati secondo per secondo da Santana, o ritrovarsi impegnati in qualche gioco di società fino a tarda notte; perfino perdere una gara di rutti con Brit ormai è normale. Prima o poi la batterò- annuì convinto mentre la bionda scosse la testa, estremamente discorde. –A vivere con loro ho così imparato quanto quelle due si amino. Se c’è una cosa di cui sono certo, è che, per quanto faranno le cretine, non si lasceranno mai. A volte capita che litighino, e da scemotte quali sono vengono tutte e due a lamentarsi da me. E tutte le volte, in poco tempo hanno già fatto pace, e se dovesse essere successo qualcosa, la colpa viene data a me.- alzò le spalle scoraggiato.
-Mia madre mi diceva sempre che quando è amore, non si può scappare. Penso che questo a loro sia chiaro, ma credo anche che non proveranno più a fuggire.- Sorrise guardando le amiche. Santana stava sicuramente bonfichiando qualche insulto nei suoi confronti. Puck alzò il bicchiere deciso.
-Al Santittany- esclamò e tutti alzarono i bicchieri, brindando poi alle spose.
Noah rimase lì ancora qualche oretta a festeggiare, chiacchierando allegramente con i vecchi compagni e tenendosi cautamente lontano da certi individui. Purtroppo non tutto andò come aveva deciso, un po’ perché anche lei era lì e non riusciva ad ignorarla, un po’ perché era leggermente brillo.
-Vai via?- chiese Noah vedendo Rachel infilarsi la giacca e dirigersi verso il cancelletto.
-Già. Anche tu?- domandò lei di rimando, vedendo che anche il ragazzo stava uscendo. Lui annuì solo.
-Vai a piedi?- disse Noah vedendola incamminarsi.
-Sì. I miei papà sono rimasti solo al matrimonio. Se ne sono andati in fretta e furia perché dovevano partire per andare a trovare alcuni parenti.- lei sollevò le spalle.
-Ciao Berry- la salutò, infilandosi nella macchina nera. Lei agitò la mano, percorrendo il vialetto. Puck mise in moto poi vide Rachel quasi cadere per terra. Le si era rotto un tacco e stava imprecando ferocemente. Sbuffò e si accostò al marciapiede.
-Sali, ti accompagno a casa- la invitò lui. Rachel gli sorrise ed entrò nell’automobile.
-Grazie- sussurrò –Hai fatto un bel discorso- sorrise lei.
-Grazie- disse a sua volta lui.
-Così vivi con Brittany e Santana- puntualizzò la ragazza. No, stare in silenzio non era il suo forte.
-Già- annuì lui.
-E la tua ragazza non è gelosa?- domandò portando lo sguardo su di lui.
-Non ho una ragazza… fissa- rispose lui, sorridendo maliziosamente.
-Certo, sei sempre Puckzilla- sussurrò lei sorridendo debolmente. Arrivarono a casa della ragazza e scesero. Puck l’accompagnò alla porta, probabilmente perché non era del tutto sobrio.
-Buonanotte- le augurò sistemandosi la giacca mentre lei apriva la porta.
-G-grazie- farfugliò Rachel allungandosi verso di lui e posando le sue labbra sulla sua guancia. Si guardarono per un momento poi lei entrò e si fermò sulla porta.
-Di nulla- mormorò, sospirò e fece per andarsene. Non riuscì nemmeno a girarsi che Rachel lo afferrò per la cravatta nera e lo tirò verso di se, baciandolo. Probabilmente anche Rachel doveva aver bevuto qualche bicchiere di troppo. Puck la guardò un attimo negli occhi, poi la sollevò e riprese a baciarla con foga. Le alzò il vestito rosa pastello così che potesse avvinghiare le gambe intorno al suo bacino. Si dovette staccare per riprendere fiato e scese sul collo profumato della ragazza, cominciando a torturarglielo. Lei era intenta a sciogliere il nodo della cravatta, per poi sfilargli la giacca e cominciare a sbottonargli la camicia bianca. Non furono né educati, né tantomeno gentili. Noah non perdeva occasione per mordere quella pelle liscia e Rachel continuava a graffiare quella di lui. Sembrava quasi volessero lasciare il segno, marchiarsi, fare sì che quel momento rimanesse per un po’.
Il giorno dopo Noah si svegliò, stropicciò gli occhi e si accorse di avere tra le braccia il corpicino di Rachel, la quale dormiva ancora tranquilla. Si maledì più e più volte. Come cavolo era potuto succedere? Si era ripromesso di starle lontano per sempre ed odiarla, non di andarci a letto.
Ok, poteva classificarsi come una botta e via. O meglio tre o quattro botte e via.
Ma sì, Rachel era una delle tante, tentò di persuadersi. Si alzò cercando di non svegliarla e si mise a rintracciare i vestiti; la camicia e la giacca dovevano essere rimaste di sotto. S’infilò i pantaloni e le scarpe poi sentì la ragazza muoversi dietro di lui.
-Noah- bisbigliò confusa.
-E’ stato un errore Rachel. Eravamo ubriachi- disse lui continuando a darle le spalle.
-Lo so. Non ricordo molto- mentì lei, sistemandosi i capelli e tirando la coperta fino al mento.
-Bene, cerchiamo di dimenticare questo fatto- suggerì il ragazzo alzandosi in piedi e voltandosi verso di lei. Sarebbe tanto voluto restare per tornare a dedicarsi a quelle labbra morbide e quegli occhi da cerbiatta, ma non poteva.
-Ci vediamo- la salutò uscendo dalla camera
-Certo, a presto Noah- disse lei guardandolo andare via.
Puck scese e recuperò gli ultimi indumenti per poi lasciare la casa e ripartire per New York.
 
 
Ok, forse non erano proprio dieci anni che non la vedeva. A volte capitava di incontrarsi e quando succedeva finivano sempre col fare quello che non avrebbero dovuto.
Sembrava più forte di loro.
Si evitavano tutto il tempo, però, in qualche modo, alla fine si ritrovavano soli in una stanza.
Per essere sinceri erano quattro anni che non la vedeva, ma ora era quasi sicuro che se si fossero incontrati di nuovo, stavolta sarebbe andata diversamente.
Ora lei stava con Jesse e lui con Kate; inoltre gli era quasi passata questa fissa per lei.
Bè, forse quello era ciò di cui voleva e doveva convincersi.
Come se non bastasse, Santana aveva capito tutto ed aveva intenzione di tenerlo costantemente sott’occhio.
Noah sapeva che da lì a poco l’avrebbe rivista. L’estate si stava avvicinando e con essa anche un matrimonio che avrebbe riunito nuovamente le New Directions dopo tutto quel tempo.
Finalmente Dave gliel’aveva chiesto!
C’erano voluti cinque anni e vari rimproveri di Santana prima della proposta.
Ah, in un certo senso non avevano perso i contatti nemmeno con quei due, ma vivendo loro ora a Parigi, li sentivano solo per telefono o Skype.
Dave quando aveva saputo che Kurt aveva ottenuto quel lavoro in Francia si era subito opposto. Continuava a ripetere che odiava la Francia e che i francesi erano tutti delle checche. Kurt si era arrabbiato e gli aveva detto che poteva anche starsene in America. Con quelle parole Kurofsky aveva borbottato un po’, aveva messo su il broncio e poi si era arreso.
Puck pensò che anche quei due erano una coppia di matti.
Così erano partiti per Parigi e Kurt aveva potuto lavorare per uno delle maggiori riviste di moda francesi, mentre Dave aveva cominciato a lavorare come architetto, appena dopo essersi laureato.
Sarebbero tornati a Lima per l’inizio dell’estate. Avevano deciso di sposarsi a casa, anche perché portare tutti gli amici e parenti in Francia era molto più difficile che fare il contrario.
E come non avrebbe potuto invitare Rachel? Bè, se fosse stato per Dave si sarebbero sposati da soli perché tutti gli altri gli davano noia, ma Kurt aveva preso il totale controllo del matrimonio, e oramai nessuno poteva più fermarlo. Così Noah si era messo il cuore in pace e aveva accettato il fatto che tra qualche mese l’avrebbe rivista.
 
-Se stai pensando alla Berry ti castro- gli sibilò Santana nell’orecchio, rubandogli poi una patatina dal piatto.
-No, pensavo al vostro matrimonio in realtà- rispose velocemente il ragazzo.
-Puckerman, possibile che vivendo con me tu non abbia mai imparato a mentire??- borbottò la mora per poi tirare un calcio alle gambe dell’amico –e smettila di pensare alla nasona-.
-Perché non le chiedi di sposarti?- domandò Brittany sorridendogli.
-A chi?- Puck corrugò le sopracciglia.
Brittany scoppiò a ridere.
-Sei ancora malato- affermò.
Brittany era convinta che fosse una malattia, perché non riusciva a concepire come una persona sana potesse essere innamorata di Rachel Berry per così tanto tempo. Parlava lei che si era scelta proprio un angioletto come moglie!
-Puck, chi può essere? Sei fidanzato con Kate e nessun altra!- mormorò l’ispanica.
Puck sbuffò annoiato, quelle due volevano sempre aver ragione! Che cavolo, sapevano che una parte di lui era convinta di avere ancora una possibilità con Rachel.
-Vado a lavorare, mamme!- disse alzandosi e andando a prendere la giacca.
-Ci vediamo domani!- le salutò aprendo la porta.
-Buon lavoro figliolo- disse Brittany sorridendo e salutando con la mano, mentre l’altra ridacchiava.
 
In una ventina di minuti Noah arrivò all’ospedale ed iniziò il suo turno. Non fu una giornata particolarmente pesante. Non c’era nessun caso grave, così l’avevano messo nel pronto soccorso, ma anche quello non era affatto affollato. Nonostante fossero pesanti, i turni di notte erano solitamente tranquilli. Le ore passarono in fretta e senza complicazioni. Ormai aveva finito, tra poco gli avrebbero dato il cambio. In quel momento fu chiamato in pronto soccorso da un suo specializzando.
Arrivò velocemente e scostò la tendina azzurra. Il giovane ragazzo stava parlando con la paziente. Appena si accorse che era arrivato si scostò, lasciando libera la visuale di Noah che buttò un occhio sulla ragazza, la quale sgranò gli occhi.
-Ecco, è arrivato il dottor..- farfugliò il giovane ma Noah richiuse in fretta la tendina e tornò indietro.
-Noah!- squillò la ragazza.
Puck respirò lentamente. Si bloccò un momento, dopodiché riaprì la tenda, tornando dallo studente e dalla paziente.
-O dottor Puckerman se preferisci- gli sorrise lei.
-Ciao Rachel-.
 
***
 
Ecco qui il secondo capitolo ;)
Precisiamo qualcosina :
-Il titolo è per l’affollamento di matrimoni in questo capitolo
-Kurtofsky, eh già! Mi piacciono come coppia, se non si era capito io sono per le coppie difficili [Ari so che mi odierai, ma in qualche modo mi farò perdonare ;)]
-Mi piace pensare che quei tre in casa facciano cose dolci e buffe, come mettersi a fare un puzzle perché Brittany non riesce a prendere sonno. Sì, il mio cervello è malato, lo so tranquilli u.u
-Perché Santittany e non Brittana? Perché in Glee Santana l’ha chiamato così e poi anche perché Naya vorrebbe che lo chiamassero così. In realtà tutti lo chiamano Brittana XD
 
Spero vi sia piaciuto e che ci siano pochi errori. Se ci dovessero essere ditemi pure!
Besos, Miky
 
  
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