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Autore: shanna_b    25/07/2011    4 recensioni
Una semplice storia d'amore.
Ho iniziato a scrivere questa storia l'anno scorso a settembre (2009) e per tanto tempo è rimasta ferma, schiacciata da altre. Ogni tanto decido, quasi senza motivo, di terminarla e pubblicarla. E ogni volta mi fermo. Prima poi metterò la parola "Fine".
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Atto terzo

 

 

La Cadillac CTS-V nera di Shannon imboccò a tutta velocità (e ben oltre i limiti imposti) la Highway 101 che, da Los Angeles, portava a San Francisco. Quella domenica di Luglio, alle sei del mattino, reduce da un party hollywoodiano in compagnia di suo fratello protrattosi fino a un’ora prima, l’uomo era diretto a Monterey, al circuito di Laguna Seca, per assistere alle gare della Moto GP.

Era stato Steve che aveva organizzato il tutto: aveva comperato i biglietti per entrare nella zona del circuito proprio sul famoso ‘Corkscrew’ (il ‘cavatappi’), la chicane su collina, la curva più spettacolare di Laguna Seca, ed era riuscito anche a trovare dei pass per il paddock.

Tutta la compagnia di motociclisti era stata invitata e Shannon aveva gradito oltremodo quell’invito e accettato con piacere, nonostante gli impegni.

L’uomo impostò il navigatore: la highway era quasi deserta, a quell’ora, visto che era appena l’alba, e l’uomo schiacciò il piede sull’acceleratore con convinzione. Ci sarebbero volute quasi cinque lunghe ore di auto per percorrere gli oltre cinquecento chilometri che separavano Los Angeles da Monterey e forse sarebbe arrivato solo in tempo per la gara della MotoGP, considerato che doveva anche trovare parcheggio e non sapeva dove e come.

Forse per mezzogiorno sarebbe riuscito ad arrivare ad incontrare i suoi amici che, probabilmente già partiti tutti presto, in piena notte o forse già il giorno prima, non aveva sentito né telefonicamente né in altri modi, impegnato com’era stato con le registrazioni.

Accese l’autoradio e mise il CD del suo adorato Deadmau5, spense il telefonino e decise di rilassarsi: aveva bisogno di staccare un po’ da tutto, aveva bisogno di fare il vuoto mentale cullato dalle canzoni ipnotizzanti del DJ canadese, aveva bisogno di stare da solo.

Erano settimane che lui con gli altri 30 Seconds to Mars erano chiusi in sala d’incisione per registrare il nuovo CD ed erano ancora piuttosto in alto mare. Volevano fare qualcosa che fosse completamente diverso dagli album precedenti, tanto che avevano inserito nelle canzoni alcuni pezzi cantati dalle Echelon e lui aveva addirittura cambiato la composizione della sua batteria. Per non parlare delle campane e dei cori tibetani, di inserimenti di arrangiamenti elettronici e… di ogni idea strampalata che venisse in mente a Jared, il quale, attivo ventiquattro ore al giorno, lo chiamava in ogni momento della giornata per qualsiasi minima lampadina si accendesse dentro la sua testa.

Uno strazio.

Esattamente come la sua situazione sentimentale: il tira e molla con la sua ragazza del momento, K., si protraeva ormai da mesi, con lei che, ragazza madre, avrebbe voluto di più e lui che non aveva nessuna intenzione, con una tourneè mondiale in arrivo alle porte, di sistemarsi e farsi una famiglia definitiva, con una bambina di cinque anni di mezzo... Ma poi, era davvero K. la donna della sua vita? Nonostante la ragazza fosse matura per la sua età e per nulla sprovveduta, quasi vent’anni di differenza potevano pesare in ogni momento, specialmente agli occhi dei genitori di K. che avevano praticamente la sua età.

Shannon sospirò, guardando il sole rosso che sorgeva ad est: era tutto estremamente ‘vivo’, in realtà. Tutto come avrebbe sempre voluto che fosse, ma certe volte era proprio stanco, come quel mattino.

Si augurò che almeno quella domenica passata a guardare Stoner correre per il circuito, in sella alla sua Ducati e che partiva dalla pole position, lo avrebbe rilassato e gli avrebbe fatto scordare tutto il periodo piuttosto faticoso, e soprattutto l’anno in arrivo, in cui, a seguito dell’album, avrebbe dovuto girare per il mondo varie volte per la tournee, le interviste e tutto il resto.

Sospirò per l’ennesima volta: la strada era lunga, non solo quella per Laguna Seca, ma anche quella della sua vita.

 

 

Tanti chilometri e qualche caffè nero poco zuccherato dopo, Shannon arrivò nei pressi del circuito e, in connessione telefonica con Steve, riuscì non solo a trovare agevolmente parcheggio, ma anche a trovare il suo gruppo di amici, assiepati nel prato sopra il cavatappi.

“Ehilà! Finalmente sei arrivato! Ora ci siamo tutti!”, lo accolse Steve, dandogli la mano.

Shannon si guardò attorno: tra tutta la gente seduta per terra e che aspettava l’inizio della corsa, in realtà non vedeva nessuno che conoscesse, a parte Steve e un paio di altri motociclisti.

E soprattutto non vedeva chi si aspettava di trovare, quella persona che avrebbe voluto reincontrare con piacere e che da un po’ di tempo non incrociava, nemmeno in pizzeria. Era quasi tentato di chiedere a Steve, che gli stava raccontando del suo incontro con Nicky Hayden, dove fosse una certa loro amica che… improvvisamente Shannon spalancò gli occhi, sorpreso: Christine avanzava in mezzo alla gente verso di lui, sorridendo, accompagnata dalla moglie di Steve. Indossava un paio di blue jeans aderenti, una maglietta corta ed attillata con l’effige di Valentino Rossi e un berretto giallo e azzurro col frontino con il numero 46 ricamato sopra. Una perfetta fan del corridore italiano.

“Ciao, Shannon! Ben arrivato!”, gli sorrise lei subito, con il suo solito modo cordiale, che gli riscaldava il cuore, i capelli castani che si muovevano al caldo vento che veniva dal deserto.

Shannon le si avvicinò, incuriosito, lasciando il discorso con Steve a metà: “Ehi! Ma… ma… ma tifi per The Doctor?”

Christine scoppiò a ridere: “Si vede, eh? Con una Yamaha a casa, è d’obbligo! E tu? Tu che hai la Ducati, tifi per Stoner e la sua Desmosedici, giusto?”

“Sì, sì… ma nel mio caso non si vede.” Shannon si indicò la maglietta nera senza scritte.

Christine non rispose, ma, sorridendo, si tolse lo zainetto dalle spalle e cominciò a ravanarci dentro. Poi estrasse un berretto col frontino, rosso, con il numero 27 ricamato e la bandiera australiana. E con scritto Ducati da un lato. “Ora sì!”, disse a Shannon, avvicinandosi e mettendoglielo in testa.

Shannon scoppiò a ridere, divertito, sistemandosi il berrettino, mentre, stranamente, tutti si erano allontanati e li avevano lasciati soli. “Ma… l’avevi comperato per me?”, chiese, sorpreso, non aspettandosi un regalo del genere.

La ragazza fece spallucce: “No… l’ho visto su una bancarella qui fuori, mi è piaciuto e l’ho preso… senza un perché… mi è venuto così e… te lo regalo, dai…”, rispose Christine, sedendosi sulla sua stuoia,  e Shannon non capì se mentisse o meno. Poi estrasse la macchina fotografica digitale: “Vieni, Shannon. Guarda.”, gli fece segno di avvicinarsi.

Shannon, curioso, si sedette vicino a lei e Christine gli porse la digitale: sullo schermo comparve una foto di lei con Valentino Rossi. “E’ stato il momento più emozionante della mia vita. E… Rossi mi ha anche firmato il berretto. Guarda qui.” La ragazza spostò la testa per mostrargli l’autografo su un lato e una zaffata del suo profumo colpì Shannon in pieno viso.

Deodorante, sudore, donna.

Shannon aprì le narici per sentirlo meglio, fissandole il collo bianco e l’attaccatura dei capelli, con piacere, incantato da lei e dal suo atteggiamento: “E’… è stato gentile, Rossi...”

Christine si girò a guardarlo in viso. “Sì, davvero. E’ proprio un personaggio. E’ unico. Molto particolare.”

Shannon le restituì la digitale. “Anche tu.”

La ragazza piegò le sopracciglia: “Anch’io, cosa?”

L’uomo sorrise furbescamente e dolcemente nello stesso tempo. Aveva percepito una sua verità su Christine, giusta o sbagliata che fosse, aveva sentito qualcosa su di lei, anche se non sapeva nulla di come fosse in realtà, in fondo non la conosceva.

La California era infestata di ragazze la cui unica preoccupazione era se il tacco delle scarpe o la lunghezza della gonna fossero all’ultima moda o no, e la cui unica aspirazione era finire sulla copertina di Vogue o sposare un produttore miliardario. Ragazze che passavano la vita dall’estetista per le extension e  le ciglia finte o dal chirurgo plastico per labbra e tette gonfie, belle, bellissime, ma finte e tutte uguali.

Ma non Christine.

Lei era del tutto diversa.

Era come se certe cose della sua vita fossero state accantonate o non la toccassero più di tanto, come se adesso lei facesse solo quello che le piaceva, non avesse aspirazioni da conquistare, ma situazioni consolidate da gustare fino in fondo, fregandosene di cosa si poteva pensare di lei. Niente di quello che per le altre era legge, per lei contava qualcosa. Lei era oltre. Sopra a tutto. Era tranquilla, senza smania di passare avanti agli altri o di essere un qualcosa che non era: quasi sembrava aver raggiunto quella consapevolezza e distacco buddisti che anche Shannon cercava. Anche adesso che raccontava di Rossi, era contenta, ma non esagitata, era normale anche in quello: “Anche tu sei un personaggio…”, le disse, dandole un buffetto sulla guancia. “Un personaggio raro.”

Christine arrossì, imbarazzata: “Io? Ma no, no, Shannon… non prendere in giro, dai… sono… sono solo una pizzaiola, dai… A proposito…”, la ragazza sembrava quasi volere cambiare disperatamente discorso, schernendosi: “Vuoi un po’ di pizza?”, gli chiese, estraendo dallo zaino un  pacchettino e cominciando a scartarlo. “Gliene ho portata anche una a Rossi…”

Shannon scoppiò a ridere: “Ma sì, perché no?” Alla fine anche lui fu contento di cambiar discorso: non aveva chiaro nemmeno lui dove volesse andare a parare con il discorso che aveva fatto. E fu anche contento dell’arrivo di Steve e degli altri che, rumorosamente, si sedettero tutti lì vicino a mangiare la pizza di Christine e il loro pranzo al sacco.

Mentre l’ora della gara si avvicinava, il sole di Luglio picchiava sul circuito di Monterey e le chiacchiere proseguivano,  con pronostici sulla vittoria dei vari motociclisti che si sprecavano, Shannon, con una notte brava e bianca alle spalle e lo stomaco soddisfatto di pizza e birra, si addormentò, placidamente sdraiato vicino a Christine con il berretto rosso calato sugli occhi, mentre il rombo di una gara dimostrativa di auto lo cullava.

Lei lo guardò un attimo sorridendo, chiedendosi cosa Shannon avesse voluto dire con l’uscita di poco prima, e poi si spostò in modo da fargli ombra con il suo corpo: anche Shannon era decisamente un personaggio.

Tutto da scoprire.

 

 

Shannon fu risvegliato da Steve che gli urlava in un orecchio a voce altissima: “E’ ORAAAAAA!!! SVEGLIAAAA!! SI SCATENERA’ L’INFERNO!!!”

“MUDDAFUGAZZ, STEVE! CHE CAZZO FAI?!??” Shannon balzò seduto chiedendosi dove fosse, ancora con i fumi del sonno profondo che gli annebbiavano la mente, il berretto a sghimbescio. “VUOI FARMI MORIRE D’INFARTO???”, poi si alzò di scatto e fece per tirargli un pugno scherzoso su una spalla.

Ma Christine gli stava porgendo un bicchiere di carta, sorridendo. “Caffè? Meno dieci minuti alla partenza! Sei pronto per la gara?”

Shannon accettò il caffè ed annuì, convinto, ma nessuno al mondo poteva essere pronto per una gara tiratissima come quella, con Stoner e Rossi che, partiti veloci come fulmini, si contendevano la prima posizione con sorpassi a non finire, con tutto il campionario di prodezze dei due grandi atleti completamente sfoggiato.

Con Rossi che, proprio al cavatappi, metteva due ruote sulla terra ma riusciva a stare in sella per miracolo e Christine che lanciava un urlo.

 Con Stoner che domava le derapate della sua Ducati, rosso cavallo selvatico, e con Shannon con i brividi lungo la schiena, estasiato.

A nove giri dalla fine, dopo una gara mozzafiato, Stoner sbagliò una staccata e, per evitare di tamponare Rossi, andò fuori pista, piegò sulla ghiaia del bordo pista e finì a terra: Shannon e Christine trattennero il fiato, mentre il corridore australiano si rialzava e ricominciava l’inseguimento di Rossi, ma inutilmente.

Rossi aveva vinto, aveva baciato la curva del cavatappi proprio davanti agli occhi esterrefatti di Christine, e Shannon si complimentò subito con la ragazza, ancora incantata dall’impresa e da quel bacio sull’asfalto: “Gli hai portato fortuna!”, le disse, abbracciandola  e alzandola da terra. “E’ stata la tua pizza!”

La ragazza si schernì, come al solito, prendendo il viso di Shannon tra le mani e poi stringendolo a sé, con slancio, senza pensarci: “No, no… Rossi è bravissimo e… anche Stoner è un campione… e la gara era tra chi sbagliava meno, dai… Oddio… che gara! Sono stremata! Oddio! Non ci posso credere!”, disse, prima di fermarsi e rendersi conto di quel che aveva fatto e di trovarsi tra le braccia di Shannon e avere lui nelle sue. Ognuno ritirò le proprie braccia, quasi di corsa, imbarazzati tanto da cominciare simultaneamente una discussione sulla gara con gli amici.

Discussione che proseguì al tavolino di un bar di Monterey a bere qualcosa, prima di partire ognuno con il proprio mezzo destinazione casa.

Shannon era impegnato in una discussione con Ray, un tifoso di Hayden, su quali erano le possibilità di Stoner e della Desmosedici, ma con un orecchio ascoltava la discussione tra Steve e Christine, seduti davanti a lui e in evidente combutta.

“Vieni? E’ giovedì prossimo, alle venti…” chiedeva Christine.

“Questo giovedì?”

“Sì.”

“Accidenti! Io… non posso, Christine. Sono fuori città per lavoro.”

“OK.”

“Mi dispiace. Non possiamo fare un altro giorno?”

“Ehm… purtroppo ho comperato già i biglietti.”

“Mi dispiace davvero, cara…” Steve le toccò un braccio, dispiaciuto per davvero.

Ma Christine gli sorrideva, nonostante si vedesse la delusione nei suoi occhi scuri: “Non preoccuparti, Steve. Riuscirò a convincere Betty, tranquillo.”

Shannon non aveva capito di cosa si stesse parlando, ma l’espressione di Christine non gli piaceva.

“Vengo io.”

Tutti si girarono ad occhi spalancati verso chi aveva parlato. Era stato Shannon. La cui voce gli era uscita quasi senza volere e senza sapere dove dovesse andare.

Steve lo guardò ad occhi spalancati: “Sei sicuro,  Shan?”

“Ehm… sì…”, rispose.

Steve scosse la testa: “A te non piace l’opera lirica.”

Shannon spalancò gli occhi: “Opera?”

“Sì.” Rispose Christine, “Andrei a vedere ‘il Barbiere di Siviglia’ di Rossini, giovedì prossimo, all’Opera House. Ehm… vieni tu?”

A Shannon quasi mancò l’aria. “Opera?”, ripetè, traumatizzato.

“Sì, opera.”, ribadì Christine, sorridendo contenta.

Tutti attorno al tavolino guardavano lui, sorpresi ed in attesa della sua risposta, qualunque fosse. Tutti sapevano della passione di Christine per la lirica (oltre che per le moto) e tutti si erano più o meno defilati già da tempo, nonostante la ragazza non fosse poi così insistente. Resisteva solo Steve. Ma quel giorno aveva dato buca pure lui.

“OK”, disse Shannon, alla fine, con un filo di voce. Dopotutto era un’esperienza musicale anche quella no? Musica decisamente diversa dalle altre che ascoltava ma sempre musica. Musica che comunque segnava la vita a molte persone, così come la sua musica segnava la vita delle echelon. “OK. Certo che vengo. Sono… curioso, non ci sono mai stato.”

Christine gli passò un tovagliolino di carta in cui aveva scritto frettolosamente il suo indirizzo, dicendogli: “Allora giovedì alle diciannove a casa mia, va bene?” e poi si alzò e, sotto gli occhi sbigottiti di Shannon ancora con il foglietto in mano, si mise il giubbotto di pelle, il casco e se ne andò, salutando tutti.

Shannon non credeva ai suoi occhi: Christine tornava a casa in moto!

Shannon fu tentato di buttarsi in macchina e braccarla, a folle velocità inseguirla e controllarla, incredulo di quella pazza che affrontava ore ed ore di strada in moto per rientrare, ma sapeva che non l’avrebbe mai raggiunta.

In molti sensi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questo capitolo è dedicato alla mia amica Valentina: sai che ormai io non credo più che il personaggio che descrivo qui (nemmeno lo nomino) sia in qualche modo reale o abbia le caratteristiche che gli attribuisco. Anzi, ormai e per tante ragioni sono portata a ritenere che sia esattamente l’opposto, che la sua sensibilità sia nulla e le sue qualità umane inesistenti… però… però devo dire che scrivere di lui in questo modo, era proprio bello! Baci!

 









   
 
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