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Autore: loonaty    31/07/2011    4 recensioni
Io sto con te, tu con lui e lei con l'altro.
Scambio.
Pare quasi di ballare una quadriglia fra i banchi di scuola in cui, quella che sarebbe potuta essere una semplice storia d'amore, si tramuta in un alternarsi quasi frenetico di cavalieri e dame.
A chi va la colpa di tutto ciò?
Probabilmente al consiglio di un professore esaltato che stava davvero cominciando ad annoiarsi.
E cosa c'è di più divertente che ingarbugliare la vita ed i sentimenti dei propri studenti?
Chi sa che non ne nasca qualcosa di buono.
Potrebbe davvero, essere una buona lezione.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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La canzone che troverete verso l'ultima parte della storia è Hearts on fire degli HammerFall.
Non è un male leggere quella parte con la canzone in sottofndo perchè sende abbastanza l'idea.
Questo capitolo così presto è il mio modo di farmi perdonare per essermi fatta aspettare tanto l'ultima volta.
Gomennasai! >.<
Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento, avrete notato che la parte comica sta sfumando in qualcosa di un po' più triste, non vi preoccupate, spero di riuscire a riprendere l'allegria.
Mi scuso per lo scarso livello di battute e siparietti perchè in questo momento stonano.
Di nuovo scusa e buona lettura!

 



RICORDI (Più o meno espliciti)



Hinata Hyuga dondolava le gambe seduta alla scrivania con la fronte pigiata sul quaderno. Pensava a Naruto e a come si era svegliata in infermeria con gli occhi del biondo puntati addosso. Il suo sorriso contagioso e l’odore di deodorante e shampoo alla pesca per bambini che riempiva lo spazio tra i loro volti.

-Ah, sei sveglia Hinata-chan! Ci stavamo spaventando!-
Se possibile arrossì ancora di più e si sentì sprofondare ancora di più nel torpore che aveva appena abbandonato. Qualcuno lo strattonò via dal suo campo visivo. Gli occhialini alla Ozzi Osburn fecero la loro comparsa con dietro il viso semi nascosto dal colletto alzato della camicia, di Shino.
-Tutto bene? Ho ritenuto opportuno prelevare quella testa di ca … -
-Shino!- La voce di Sakura coprì,acuta, l’ultima parola. Dei gemiti provenienti dal basso le fecero giustamente presupporre che il compagno intendesse “prelevare” come sinonimo di “calpestare” l’angelo biondo, unico significato della sua inutile vita.
-S-Shino-kun …- Aveva sussurrato sollevandosi a sedere. Certe volte si odiava quando balbettava.
-Hinata- La voce gelida alle sue spalle l’aveva fatta rabbrividire. Neji la guardava freddo a braccia conserte, al suo fianco quella ragazza simpatica con i codini. Le sorrise ammiccando verso il cugino.
-Sai Hina-chan, Neji-kun era davvero molto preoccupato!-
Aveva esclamato appena il castano si era allonato. Questi, come se l’avesse sentita, era tornato indietro grugnendo e aveva preso la cugina per un gomito trascinandola a casa con se.
 
Sbatté la testa sul quaderno. Di nuovo. Più forte di prima.
Ma che razza di scema era?
Sbuffò.
-N-Neji-kun fammi uscire!- Borbottò bussando contro la porta. Erano ore che l’aveva chiusa lì dentro. Chissà come l’avrebbe presa Hisashi se avesse scoperto che l’erede Hyuga era stata chiusa nella propria camera dal cugino della casata cadetta … Rimase sinceramente sorpresa da questi suoi pensieri maligni nei confronti di suo cugino. Era sempre stata convinta di non riuscire a provare odio per nessuno. Neji le stava facendo rivalutare questa sua auto-affermazione.
-D-Dai! N-Neji!- Preoccupato un corno. Si morse il labbro inferiore. Perché l’aveva chiusa nella sua stanza?
-Non è degno di una Hyuga andare in giro a baciare le persone in pubblico. – La sua voce seria arrivava dall’altra parte della porta. Ah, quindi era per quello. Ma erano affari suoi? Forse Neji aveva ragione … Era indegna di portare su di sé il peso di una casata così importante come l’Hyuga. Lui era molto più dotato di lei. Stupida cuginetta incapace. Certo che comunque non poteva permettersi di controllarla e chiuderla in camera a chiave!
-S-Sì … S-Scusa Neji-K-kun – Balbettò forzando ancora una volta la maniglia.
-Le tue scuse non servono a niente. Devi l’asciare l’Inuzuka. –
-C-Cosa?-
-Non voglio più che tu te ne vada in giro con uno di un ceto così basso. O lo lasci o riferirò tutto personalmente al capofamiglia.-
-M-Ma … -
-Niente ma. Anzi, adesso vado io stesso a dargli una lezione. –
Lo sentì scrocchiarsi le nocche.
-N-Neji-kun … I-Io … -
Silenzio. –N-Neji – kun?-

-NEJI!- Diede un calcio alla porta che si aprì.
Vide la sua chioma sparire sul pianerottolo. Rimase, ansimante, sorpresa dal modo in cui aveva urlato, per poi gettarsi all’inseguimento del cugino nell’enorme villa deserta.
 
-Hinata oneesan -  Una ragazzina di quattordici anni le tagliò la strada impedendole di placcare con successo il cugino, che, afferrato per il bordo della maglia dall’altra, inciampò in avanti sbattendo contro il gradino dell’entrata.
-Razza di incapace … - Sibilò voltandosi verso la cugina che ritrasse prontamente le mani dal suo vestiario e le nascose dietro la schiena. –N-Non voglio c-che tu te la p-prenda c-con Kiba-kun-
Lui sbuffò. –Si approfitta soltanto del fatto che sei del tutto priva di spina dorsale.- Storse la bocca. –E non mi piace come ti guarda. Quindi lascialo o dico tutto a Hisashi-sama.-
Hanabi li guardò stranita. Erano peggio dei bambini dell’asilo.  “ Tu lasci lui perché se no dico tutto al papà.” Era così difficile per sua sorella capire che Neji era semplicemente geloso di sua cugina?
Bhà.
-Hinata oneesan, mi aiuteresti con il compito di italiano?-
-Mootosan , a-arrivo s-subito.- Rispose con un sorriso Hinata rialzandosi da terra. Neji si massaggiò la nuca con espressione rabbiosa.
-Hai sentito cos’ho detto incapace?-
-S-Sì, Neji-kun. Ho c-capito.- Scusa Kiba-kun, ma non ho altra scelta. Non sono abbastanza forte per oppormi a lui … Però …
                               
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Le gambe si accavallarono con un gesto fluido. Le dita smaltate tamburellavano sulla superficie del tavolo. Accarezzò la lunga chioma bionda con un gesto lascivo. Gli occhi azzurri ombreggiati dalle ciglia dorate.
-Bentornato … Tesoro … -
Tipico, nemmeno sua madre riusciva a sembrare sincera.
-Sono … Molto felice che tu sia qui … - Che rabbia, la voglia di ribaltare quella maledetta tavola e fracassare ogni singolo piatto. Era ovvio che lei non fosse affatto felice di rivederlo. Lo sguardo di suo padre lo evitava, nemmeno fosse portatore di una malattia contagiosa.
Sorrise. Annuì e continuò a mangiare in silenzio.
Sentì la serratura in salotto scattare. La porta aprirsi e i passi familiari lungo il corridoio. Esitanti. Si fermarono davanti alla porta della cucina. Si voltò.
-Ino-chan?- La chiama. La ragazza appare sulla soglia scostando la porta scorrevole. Gli occhi celeste – cielo- di – maggio a scrutarlo seri e arrossati. Deve aver pianto.
-Bhè, non si usa più salutare?- Domanda impulsivo, un sorrisetto sadico all’angolo della bocca. Ora sì che si può divertire. La sua vittima preferita è tornata. La ragazza non fiata e si siede all’altro capo del tavolo, il più lontano possibile da lui. La madre la fulmina. –Saluta tuo fratello. E’ tornato dopo tanto tempo!-
Lui la guardò con aria di sfida. Ino infilò in bocca l’ennesimo boccone di riso. –Per me poteva anche restare dov’era- Grugnì. Lo schiaffo della madre le fece andare il cibo di traverso. Il sorriso sul volto del ragazzo si incrinò. – Ma’ … Falla mangiare, non lo voglio uno scheletro in camera.-
Ino si accese.
-Cosa ne sai tu bastardo?- Ringhiò la ragazza sporgendosi sul tavolo, le mani ai lati del bicchiere. Suo padre si alzò e andò nell’altra sala. Sua madre mangiava senza pronunciarsi. La testa bassa.
-Del cacciarsi due dita in gola Ino? Lo facevo anche io. – Sorseggiò l’acqua dal bicchiere fissandola con l’unico occhio scoperto. Sull’altro un ciuffo spesso ricadeva lungo fino al mento.
-Io non sono così!- Strillò.
-Suvvia Ino-chan. Solo perché mamma e papà ti fanno fare quello che vuoi, non vuol dire che il caro fratellone sia della stessa idea. - Poggiò il bicchiere e si sporse a sua volta verso di lei.
- Si cambia regime sorellina. – Si voltò salendo le scale. Lei lo inseguì di corsa.
- Deidara! Pezzo di merda! – Afferrò il vaso sul comodino nel corridoio e glielo scagliò contro. Questo si infranse contro la porta mentre i fiori si afflosciavano in una pozza d’acqua sul tatami. Da dentro sentiva la sua risata provocatoria. Le urla di sua madre che li raggiungeva correndo per le scale. La TV accesa di suo padre che preferiva ignorare. Si avvicinò alla porta tentando di non conficcarsi i cocci di vetro nelle piante nude. Poggiò la fronte contro di essa.
“Da quando hai il diritto di definirti mio fratello?”.
 
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Sdraiata sul letto con le mani intrecciate dietro alla testa fissava il soffitto scrostato.  Accanto a lei nella stessa posizione stava Shikamaru.
La musica rimbombava nelle cuffiette dell’I-pood.
Una a testa.
Gli occhi scuri di entrambi fissi sui loro pensieri.
-Quindi ti trasferirai nella nostra scuola?-
Annuì.
-E’ davvero una bella seccatura.-
-Già.-
-Ti daranno del filo da torcere.-
-Che ci provino quei fottuti stronzi!- Sbottò tra se.
-Fine e delicata come al solito. – Sorrise.
Avevano passato un bel pomeriggio con Choji, tra una risata e l’altra ed una partita a scacchi e a carte.
Le sue abbuffate ad intramezzare i vari passatempi. Avevano scoperto che Tayuya era una maga alla PSP non senza un po’ di invidia mal celata e di orgoglio maschile ferito.
Si erano dedicati ai compiti scoprendo che la ragazza non aveva molta pazienza e sbraitava non appena sbagliavano qualcosa.
Ora però era sera, avevano cenato ed era ora per lei di andare a casa.
La ragazza voltò il capo di lato.
-E se … - Mormorò.
Lui inarcò un sopracciglio. Era acuto Shikamaru, ma alle volte preferiva fare lo scemo per non andare in guerra.
-Se?-
Lei strinse le labbra mettendosi a pancia sotto, i capelli folti che ricadevano su una spalla. Strinse le mani tra loro.
-E se restassi qui stanotte?- Domandò.
Lo sapeva che glielo avrebbe chiesto. Pensò ad Ino e alla sua faccia quel pomeriggio. A quello che aveva detto al cellulare, al suo sguardo perso.
Si morse l’interno della guancia. –Tayuya, tu sei una ragazza … -
Sbuffò. –Però, che occhio!-
-E non è un bene che una ragazza ed un ragazzo … - Il suo ghigno gli fece capire l’assurdità de suo discorso.
-Ti ho chiesto solo se potevo dormire qui, non di scopare.-
Il ragazzo spostò lo sguardo nuovamente sul soffitto.
-Sei arrossito?- Poggiò il mento sulla sua spalla. –Nara? Shika-chan?-
Si voltò di scatto ribaltandola sul pavimento. –Woa Shika-chan, non ti facevo così violento. – Si leccò le labbra e allacciò le gambe attorno al suo bacino.
Si guardarono negli occhi.
Lei strinse un po’ le ginocchia e fece schioccare la lingua, il ragazzo non riuscì più a trattenersi e …
Scoppiò a ridere riverso sul pavimento e lei lo seguì a ruota.
Non riusciva ad immaginarsi di fare con il Nara più che fissare le nuvole. O il soffitto. O ascoltare la musica o giocare a scacchi. Perché era pigro in modo inverosimile. Sì, lo riteneva pigro anche per quello.
Shikamaru rideva perché Tayuya, dopo quello che le era capitato,
dopo aver passato diversi anni a darla via come un freesbe e venire accusata di essere una dannata puttana dalla gran parte della popolazione femminile di Konoha, da quelle che lei stessa non si scopava per essere chiari, era stata violentata a ripetizione dai ragazzi che riteneva la sua famiglia,
dopo questo lei ancora riusciva a comportarsi a quel modo lascivo e disperatamente seducente.
Ino non era così forte. Pensò ai suoi polsi sottili e ai capelli lunghi, al culo magro e gli occhi enormi, la parlantina sempre attiva per comunicare l’ultimo pettegolezzo. Pensò a quando arrossiva per la rabbia e nuovamente a quel pomeriggio quando aveva fissato il cellulare.
“E’ arrivato”.
La risata gli morì in gola.
-Cazzo!-
Shikamaru non era un ragazzo attivo. Aveva un QI di 200, ma era un posa culo pazzesco, come lo definiva la bionda.
Eppure Tayuya fu certa di non averlo quasi visto attraversare la stanza di corsa e afferrare la giacca dall’appendi abiti. L’ultima cosa che sentì fu la porta d’ingresso che sbatteva. Sorrise tra sé. E bravo il suo Shika-chan.
 
 
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Kioko si stiracchiò come una gatta spostando il peso di lato e scivolando contro il corpo dell’uomo addormentato al suo fianco. Strusciò la guancia contro la sua spalla con un mugolio per poi alzarsi e stringere le ginocchia al petto.
Una notte di stelle non troppo lontane in cui il freddo invadeva le strade imbiancate.
Guardò l’orologio.
Mancavano due minuti.
Scese dal letto silenziosamente e si diresse verso l’armadio che divideva con l’uomo che, in un modo ancora non del tutto definito, amava. Prese un piccolo porta gioie nero e lucido e fece correre la cerniera dorata lentamente. Dente per dente. La aprì. All’interno, su un cuscinetto candido imbottito stava accomodato un nastrino di velluto nero con una campanella d’argento semi arrugginita che tintinnò debolmente quando se lo legò alla caviglia. Rimise al suo posto il bauletto e richiuse l’armadio. Ad ogni suo passo un tintinnio leggiadro come un coro di angeli celesti. Salì in piedi sul letto con un salto, il materasso non si piegò molto sotto il suo peso e quasi non produsse rumore. 
Mezzanotte in punto. Si dette lo slancio ed atterrò su di lui ghignando come un gatto del Cheshire.
Kakashi lanciò un mezzo grido di sorpresa quando aprì gli occhi e si trovò davanti il volto spigoloso della ragazza con un’espressione ben poco rassicurante.
-Kioko, tu sei pazza.-
-Buon Natale Baby- Gli fece accomodandosi meglio sul suo corpo.
-Mph. E dimmi, hai una buona ragione per avermi svegliato a quest’ora?-
-Cattivo! Dovresti farmi gli auguri anche tu!-
-Auguri, Kioko, auguri e buona notte.- Si voltò su un fianco ignorandola.
Lei sbottò e gli diede un pugno nei reni.
L’uomo cominciò a tossire. –Volevi uccidermi?-
-Davvero non ricordi cosa è successo la mezza notte di Natale?-
-Ehm … Secondo la religione cristiana è nato Ges … -
-Kakashi no baka!- Gli diede un calcio e saltò giù dal letto dirigendosi furiosa verso la porta.
-Ehi, cornacchia!-
-Che c’è?- Disse brusca voltandosi di scatto. Un pacchetto planò verso di lei che lo afferrò con facilità.
-E questo?-
Lui le fece un gesto con il mento. La ragazza, dubbiosa, aprì il pacchetto.
-Ma che ca … Oh … - I suoi occhi si illuminarono al buio. Un tintinnio.
-So di non essere molto originale. Quello dell’ultima volta però sembra si sia rovinato.-
Lei annuì muta, con foga.
C’era un campanellino argentato con un nastrino di raso rosso attorno al quale era attorcigliato un filo d’argento che brillava alla flebile luce dei lampioni che filtrava dalle imposte chiuse.
-M-ma … - Sollevò il nastrino davanti al proprio viso. –Ma allora sei proprio un cretino!- Sbottò.  Lui ridacchiò. –Kioko, sei impossibile.-
 
-Che ci fai qui Hatake?-
-Dimmelo tu-
Le soffiò le parole all’orecchio scostandole una ciocca di capelli neri e lisci ingellati oltre il limite della decenza.
-Sei qui per avere una rivincita?- Fece ruotare la stecca del biliardo in una mano, riuscì a centrarlo nello stomaco. Gli uomini che li circondavano risero, lei sbuffò beffarda.
-Potrebbe essere-
Sistemò il triangolo al centro di quel tavolo verde al centro di quel locale interrato. Bettola di dubbia fama popolata dalle persone più pericolose della città. Oto non era certo il posto migliore per fermarsi a bere qualcosa. Era stata una sorpresa trovarla lì la prima volta ed qualcosa lo aveva convinto a tornare, proprio quella sera, assolutamente certo che lei ci sarebbe stata.
Gli porse la stecca in segno di sfida. Kakashi si guardò intorno. Asuma e lo aveva abbandonato al bar. Intratteneva una conversazione con la cameriera, e sorseggiava qualcosa di molto forte.
Gai invece si stava dando da fare con i videogiochi.
Un paio di puttane stavano seduta su degli sgabelli alti, i capelli raccolti ed il rossetto sbavato, le gonne corte che lasciavano intravedere la femminilità.
Le poche altre ragazze presenti erano muscolose e coperte di piercing e servivano ai tavoli sgomitando tra gli uomini che ridevano e facevano giochi davvero poco furbi. All’altra estremità del locale si era da poco scatenata una rissa. Un bestione lo spinse verso la ragazza che nulla aveva a che fare con quel luogo se non la sua indole guerrigliera.
Intanto come sottofondo una canzone metal gli rimbombava nel petto.

We saw the writings on the wall
When heathens ruled above us all
Tormented, we still heard the call
You come to bring us down
Wield the scepter, steal the crown
Time on the throne is running out


(Abbiamo visto le scritte sul muro
Quando gli infedeli regnavano su di noi
Tormentati, comunque abbiamo sentito la chiamata
Vieni a abbatterci
Impugna lo scettro, prendi la corona
Il tempo sul trono sta scadendo)

 
-Avanti, non fare la femminuccia!- Lo spronò uno di quei poco di buono con una risata di scherno.
Sembrava dovessero prepararsi ad un combattimento e non ad una semplice partita a biliardo.
Nonostante questo si stendette sul verde strato del tavolo.
Il cappuccio di cuoio colpì la sfera bianca che mandò le altre in perfetta buca. Ne avanzarono solo un paio che fece andare giù con un altro colpo preciso. Soddisfatto e con un sorriso sornione lanciò la stecca alla ragazza.
 

‘Cause seasons change but we are still the same
Even though the cold winds blow, the fire burns inside

Hearts On Fire, Hearts On Fire
Burning, burning with desire
Hearts On Fire, Hearts On Fire
Burning, burning with desire
Hearts On Fire, Hearts On Fire
Burning, burning with desire
Burning for the steel
 
Hearts On Fire

 

(Perché le stagioni cambiano ma siamo ancora gli stessi
Anche se soffia il vento freddo, il fuoco brucia dentro
 
Cuori a fuoco, Cuori a fuoco,
Che bruciano, bruciano di desiderio
Cuori a fuoco, Cuori a fuoco,
Che bruciano, bruciano di desiderio
Cuori a fuoco, Cuori a fuoco,
Che bruciano, bruciano di desiderio
che bruciano per l’acciaio
 
Cuori a fuoco)

 
Kioko passò il gesso sul girello e soffiò via quello in eccesso in modo provocante. Gli uomini che aveva attorno fischiarono. Uno tentò un approccio dandole una pacca sul culo.
Inutile dire che fu portato al pronto soccorso dall’amico lì presente per via della stessa mano sbriciolata tra lo schienale di una sedia ed il bordo del tavolo.
Risistemò le sfere nella piramide e sollevo gli occhi neri in quelli di Kakashi. Sferrò il colpo senza guardare.
Tutte buche.
Si sistemò la frangia.
-Ora, pagami. – Tese avanti la mano guantata di pelle.
Il futuro professore si grattò la nuca con un mezzo sorriso da dietro la maschera.
-Buon Natale cornacchia- Le augurò sfilando dalla tasca un nastrino di velluto nero con un campanellino d’argento. Lei rimase a fissare il ninnolo mentre l’uomo radunava i suoi due amici o, nel caso di Gai che si era trovato coinvolto nella rissa, ne raccoglieva i resti, e usciva dal locale.
 
For years shunned by society
Outcasts, condemned for our beliefs
Our legions grew in secrecy

And now, the time is here
I see the Templars everywhere
The Freedom Call is drawing near

We hold our rebel banners up with pride
The colour’s crimson and the Hammer is the sign
Hearts On Fire, Hearts On Fire
Burning, burning with desire
Hearts On Fire, Hearts On Fire
Burning, burning with desire
Hearts On Fire, Hearts On Fire
Burning, burning with desire
Burning for the steel
Hearts On Fire, Hearts On Fire…

Hearts On Fire, Hearts On Fire
Burning, burning with desire…

 

(Per anni espulsi dalla società
Esuli, condannati per le nostre credenze
Le nostre legioni sono cresciute in segreto
 
E ora il momento è giunto
Vedo i Templari ovunque
La Chiamata alla Libertà si sta avvicinando
 
Innalziamo con orgoglio i nostri stendardi ribelli
Il colore è rosso cremisi e il Martello è il simbolo
 
Cuori a fuoco, Cuori a fuoco,
Che bruciano, bruciano di desiderio
Cuori a fuoco, Cuori a fuoco,
Che bruciano, bruciano di desiderio
Cuori a fuoco, Cuori a fuoco,
Che bruciano, bruciano di desiderio
che bruciano per l’acciaio
Cuori a fuoco, Cuori a fuoco…
 
Cuori a fuoco, Cuori a fuoco,
Che bruciano, bruciano di desiderio…)
 

 
L’aveva incontrata due mesi prima di quel Natale.
Ad una pompa di benzina.
E non era stato l’incontro della sua vita.
Ma a quel tempo Kakashi Hatake non conosceva ancora il terribile passato di Kioko Gin Hayabusa.
 
Kioko stava seduta sul davanzale. Il regalo comprato a Kakashi, uno di quei libri che a lui piacevano tanto e che, con somma disapprovazione dei colleghi, leggeva anche lei, abbandonato sul pavimento. Perché c’era un regalo più bello e più grande che entrambi desiderava e quale giorno migliore della notte di Natale?
Voltò la testa a guardare il cielo mentre le baciava il collo nudo e poi lambiva con la lingua i suoi capezzoli.
Guardò le stelle e si ricordò di quando una guardia le aveva detto che c’erano stelle per tutti, tranne che per chi infrangeva la legge.
Non c’erano stelle per ladri ed assassini.
Non c’erano stelle per Kioko.
Chiuse gli occhi e, come suo solito, decise che in fondo a lei non importava granché.
Non le importava, finché c’era lui.
Scese tra le sue gambe facendola gemere.
Non le importava, ora.
Il suo cuore bruciava già di qualcosa di migliore dell’inferno
   
 
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