Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: LarcheeX    10/09/2011    7 recensioni
Rin è agorafobica, cioè ha paura degli spazi aperti, e non è mai uscita di casa nei suoi diciannove anni.
e allora che ci fa invischiata in un pazzo e sconclusionato viaggio on the road per tutta l'Europa?
e, ancora, cosa potranno mai Kagome, Inuyasha, Kikyo, Naraku, Shippo, Shiori, Miroku, Sango, Koga, Ayame, Kagura, Bankotsu, Jakotsu, Suikotsu e soprattutto Sesshomaru darle di importante nella vita?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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con grande richiesta del pubblico(?), ecco a voi, il settimo, attesissimo (?) capitolo!!!

*lancio di pomodori*

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7. I signori clienti sono pregati di evitare di dar fuoco ai quadri esposti, grazie.

 

Rimasero a guardarsi per almeno due minuti, in silenzio. Evidentemente nessuno sapeva cosa fare. Da fuori dovevano sembrare degli idioti, sedici idioti che se ne stavano in cerchio a fissarsi l’un l’altro.

Forse a questo stava pensando Sesshomaru, perché si allontanò immediatamente, dirigendosi da tutt’altra parte rispetto al museo.

I quindici rimanenti guardarono prima la figura del demone che si incamminava chissà dove con calma serafica, poi a fissarsi di nuovo, almeno finché Ayame e Shiori non trascinarono via Rin, dicendo: “Andiamo a vedere dentro il museo!”

Attraversarono la strada di corsa e si fiondarono dentro l’ingresso, ad una velocità tale che per un pelo non finirono spiaccicate sopra la piramide più piccola.

Rin, per lo spavento, si accasciò a terra, tremante: “Che… cavolo… vi… salta… in… testa?” ansimò, a quattro zampe. “Vedi cosa succede ad andarsene con un demone e un mezzodemone?” chiese Ayame, strofinandosi le unghie sulla maglietta azzurra per poi rimirarne l’effetto.

“Non è molto corretto” puntualizzò Shiori: “l’abbiamo trascinata noi qui.”

Ayame sventolò la mano come se volesse cacciare le veritiere e innocenti parole di Shiori come moscerini, tirò su Rin di peso e, come se fosse un pupazzetto di stoffa, la mise in posa davanti ad una delle fontane prossime alla piramide, in modo da prendere una foto che ritraesse sia lei che il palazzo intorno e, dopo aver trascinato anche Shiori nella stessa posizione, fece qualche passo indietro ed estrasse dallo zainetto la sua fedele Ermenegilda. Cioè la macchina fotografica.

“Preparatevi ad un servizio fotografico!” le minacciò: “Ho capacità di ben oltre un milione di foto!”

 

“Allora, chi devi pedinare?” chiesero Kagura e Bankotsu contemporaneamente, una a Naraku, evidentemente interessato a Rin e Kikyo, l’altro a Jakotsu, con intenti da non precisare.

Naraku scrollò le spalle: “Non mi pare di aver dichiarato alcunché.” Ma, a quell’affermazione, Kagura non poté far altro che sbuffare: “Ti conosco fin troppo bene, ogni volta che delinei la tua preda fai di tutto per analizzarla.” Spiegò, con l’aria di chi ormai ci è abituato, e Naraku, per quella volta, dovette arrendersi all’evidenza. Ma, infondo, era o non era uno psicologo d’assalto?

“Buttiamo a morra?” propose, e Kagura annuì: “Se vinco io seguiamo Rin.”

Uno, due, tre!

“Si prospetta una lunga giornata.” Si lamentò Kagura: “Ci tocca seguire la donna cadavere.” E, quatti quatti si incamminarono verso il museo.

Jakotsu, dal canto suo, aveva candidamente spiegato che lui a Parigi non c’era mai stato e intendeva vedere il museo. Inutile dire che Suikotsu gli controllò la febbre.

“Andiamo, truppa, a scoprire le meraviglie del Louvre!” gridò con voce grossa Jakotsu, come un condottiero, usando il fermaglio del proprio codino a mo’ spada, puntandolo verso l’entrata.

I due fratelli annuirono, accondiscendenti, e si avviarono insieme al loro capitano con l’aria felice di un cadavere imbalsamato con la vinavil.

Dopo tre secondi, cioè quelli che bastavano al terzogenito Ben per irrompere nel museo con la forza di un uragano, Suikotsu e Bankotsu rimasero attoniti nel constatare che Jakotsu era davvero fomentato nel vedere le opere d’arte esposte: le rimirava come un bambino ammira il negozio dei dolciumi. Con la lingua di fuori, come i cani. O forse perché c’era Inuyasha nelle vicinanze.

Infatti, il povero mezzodemone, dopo aver scorto quella sottospecie di uomo sfrecciare da una parte all’altra del corridoio delle sculture greco-romane, nei pressi dell’entrata, in cerca di qualcosa di non meglio definibile, decise di fare dietrofront verso il reparto delle antichità orientali, se non fosse per il fatto che, appena girati i tacchi, si scontrò con Kikyo.

Si guardarono, interrogativi, per poi avviarsi per la stessa strada, senza spiccicare parola.

Intanto, nel salone della scultura italiana, un gruppetto di due demoni e tre umani non faceva altro che scattare foto.

“Certo che Canova è proprio un genio.” Disse Kagome, accucciandosi accanto all’opera “Amore e Psiche” : “Come avrà fatto a scolpire superfici così lisce?”

Sango fece spallucce: per lei le mentalità degli artisti erano come le misteriose nebulose stellari nel cosmo. Incomprensibili ma bellissime. Ma, se lei e Kagome erano ragazze quantomeno interessate, cosa ci facevano Miroku, che, lo sapeva, trovava l’arte inutile, Koga e Shippo a seguire la visita accanto a loro?

“Ok.” Disse Shippo: “Facciamo un gioco.” I suoi compagni di viaggio lo guardarono, interrogativi, soprattutto Koga che, essendo un demone lupo, aveva inquadrato la kitsune come un pappamolle.

“Là” e Shippo indicò il muro: “è appeso un catalogo con tutte le opere di questa stanza, e chi trova per primo la terza statua in lista di ogni stanza vince dieci sterline.”

Ah, una scommessa. Inutile dire che tutti si misero a cercare.

“Lo schiavo morente, Michelangelo!” esclamò Koga, indicando prima il catalogo, poi la scultura accanto a lui: “Questa era facile.”

Miroku, dal canto suo, era abbastanza scioccato: già lui era lì solo perché la sua Sango aveva tanto insistito, poi, vedere degli adulti comportarsi come scolaretti in gita lo aveva allibito.

Era tanto allucinato che non si accorse che il gruppo con cui era entrato era già sparito al primo piano, e si rese conto troppo tardi di aver scordato di comprare la piantina del museo.

 

Kikyo era molto silenziosa e Inuyasha temeva che avrebbe potuto infastidirla con qualche domanda banale, del tipo “sei mai stata a Parigi” o “allora, ti piace il Louvre”, perciò si limitò a camminare verso il piano superiore, facendo finta di camminare da solo, non che fosse poi così difficile, dato che la sua accompagnatrice equivaleva alla macabra presenza di uno sventurato spettro.

Soprappensiero, si mise a fischiettare, senza accorgersene.

 

Burnt out ends of smoky days
The stale cold smell of morning
The streetlamp dies, another night is over
Another day is dawning…
*

 

E stava per lanciarsi in un imbarazzante fischio più acuto quando Kikyo, stranamente, interruppe la sua melodia: “È una bella canzone.” Disse.

E lui, stupidamente, non poté far altro che domandare: “Quale?” cosa che lei trovò divertente, perché sorrise: “Quella che stavi fischiettando.” E lui non poté che rimanere imbambolato a valutare che, se Kikyo era bella, lo era ancora di più quando sorrideva.

Dopo qualche imbarazzante secondo si riscosse e cercò una brillante frase da dire, in modo da evitare figuracce: “Eh, sì, l’ho appena fatta studiare ai miei studenti.”

Kikyo annuì, pensierosa, mentre camminava noncurante verso il salone dove era esposta la celeberrima Monna Lisa. “E ti piace insegnare?”

Che cosa strana, che la silenziosa e taciturna Kikyo intraprendesse una conversazione proprio con lui. Insomma, sì, lui era più che interessato, ma credeva che non fosse il tipo per una donna così seria.

Fece spallucce: “Beh, sì, più che altro mi piace la musica e mi piace condividerla con gli altri.” Oh, guarda, qualcuno che gli tirava fuori di bocca i propri pensieri. Insomma, non era proprio normale che lui, Inuyasha, parlasse apertamente di sé, era più uno a cui sembrava opportuno mascherare i propri interessi per sembrare più… duro? Inattaccabile? Non avrebbe saputo definirlo con chiarezza. Forse era il fatto di essere trattato come inferiore a causa del suo essere mezzodemone ad averlo costretto a costruire delle, diciamo, barriere.

Oh, cielo, stava cominciando a pensare come Sesshomaru!

 

A proposito di Sesshomaru, vi state chiedendo dove sia finito, vero?

In quel momento, cioè nel momento in cui Kikyo e Inuyasha stavano segretamente flirtando, il nostro misterioso demone stava tranquillamente passeggiando lungo la Senna, con i pensieri persi in chissà quale meandro temporale.

Cosa stesse cercando, non lo sapeva nemmeno lui. Aveva evitato il Louvre per sorbirsi il meno possibile tutti quei turisti, tutte quelle persone sudaticce e affaticate che disturbavano il suo udito, il suo olfatto e la sua pazienza. Stupidi umani che non facevano altro che brulicare qua e là.

Fatto sta che si imbatté, suo malgrado, in un vecchietto. Anzi, diciamo che quel vecchietto sbatté su di lui, visto che aveva perso gli occhiali.

Speriamo che non abbia combattuto con me in guerra, speriamo che non abbia combattuto con me in guerra! Si ritrovò a pensare.

Ovviamente non fu così, perché quella mummia incartapecorita prese degli occhiali di riserva, li inforcò e gridò, come se avesse vinto alla caccia al tesoro: “Capitain!”(trad. Capitano!)

Ma perché ogni dannatissimo matusalemme che incontrava era stato suo sottoposto nella Seconda Guerra Mondiale!?

Ok, era abbastanza datato anche lui, ma per il mondo demoniaco era poco più che un adolescente, un giovine giovincello, un ragazzino, e la cosa cominciava a innervosirlo parecchio. Cosa diavolo non capivano gli umani nel concetto: i demoni vivono con i demoni e hanno una diversa concezione del tempo per ciò gli umani li devono lasciare in pace e basta?

“Temo ti stia sbagliando con qualcun altro.” Ringhiò, liquidandolo e abbandonandolo al suo destino.

 

“Mi sembro una stalker.” Borbottò Kagura, incrociando le braccia e appoggiandosi alla parete nei pressi del famoso dipinto “La vergine delle rocce”. Non era un brutto quadro, infondo, ma preferiva l’impressionismo.

Naraku, dopo aver gettato una lunga occhiata ai dipinti nel corridoio, spostò l’attenzione sulla sua preda, in fastidiosa compagnia di Inuyasha. Quel ragazzino già gli dava fastidio per come aveva spifferato ai quattro venti informazioni private del fratello, e sperava con tutto il cuore che Sesshomaru si vendicasse.

Oh, anche Sesshomaru era una sua preda. Era l’unico essere sulla faccia della terra del quale non riuscisse a percepire né l’essenza né i pensieri. Come se ci fosse una barriera troppo imponente per le sue capacità di lettura dei movimenti. In realtà, pareva che il demone misurasse i propri movimenti proprio per non farsi intendere da nessuno, nemmeno da uno psicologo come lui, e la cosa lo infastidiva parecchio. Per la prima volta riscuoteva un fallimento e non era proprio disposto ad accettarlo.

Kagura fece per chiamare Naraku, ma, vedendolo immerso nei propri pensieri, pensò di svignarsela a gambe levate senza dirgli nulla. Lui aveva molto insistito per farla venire con lui, ma e che cavolo, avrà avuto pure lei il diritto di gironzolare a suo piacimento per il museo!

Naraku era un buon fratello, per carità, aveva un carattere un po’ spigoloso ma riuscivano tranquillamente a convivere senza litigare, però risultava morbosamente persistente nel doverla sorvegliare. Era sotto il suo controllo e la cosa la infastidiva alquanto. E veniva anche accuratamente sfruttata per le sue operazioni di psicanalisi.

Forse fu per un po’ di libertà che decise di girare i tacchi, ma, giunta alla fine del corridoio, incontrò quel duo pazzoide di fratelli che cercavano di tenere a bada il più pazzo dei tre.

“Lo vedo quasi!” disse Jakotsu, indicando o la fine del corridoio o Inuyasha che, d’altra parte, stava amabilmente chiacchierando con Kikyo. E Bankotsu, conoscendo il fratello, propendeva di più per la seconda opzione.

Dietro di loro apparvero le tre ragazze scomparse per prime: in fila, Ayame, spavalda e sicura di sé, scattava foto a qualunque cosa stesse ferma per più di tre secondi, Shiori, che, da brava scolaretta, osservava i dipinti, leggeva la descrizione e prendeva appunti, e dietro Rin, che non faceva altro che scattare per i più piccoli movimenti e, avvistata una zanzara, si rintanò, tremante, dietro la yasha dai capelli rossi.

“Toh, ci siamo quasi riuniti.” Notò Suikotsu, lasciando la presa sulla maglietta di Jakotsu, con la quale fino a un secondo prima cercava di arginare i suoi effetti da fomento.

“Argh!” gridò Rin, dopo aver gettato un’occhiata ad un quadro e notando la polvere sulla cornice, e si accucciò per terra, parlottando fitto fitto su qualcosa come “polvere”, “aiuto” e “sporco”, tanto che il turista italiano che le passò vicino le scattò una foto, ridacchiando.

“Eh… già…” disse Shiori, sorridendo.

Passò qualche minuto di silenzio, in cui Rin rimase accucciata su sé stessa a parlare da sola, Naraku gettò un’occhiata ad un anonimo dipinto dietro di lui, Kagura arrivò quasi alla fine del corridoio, Bankotsu notò che la donna aveva un bel culo, Ayame scattò trentundici foto, Shiori fischiettò, Suikotsu rimirava un quadro e Jakotsu si espresse, con la sua caratteristica voce acutamente isterica: “Yuhuuuu, Inuyaaaaaasha, siamo quiii!”

Cosa che attirò sì l’attenzione del mezzodemone, ma anche quella di Kikyo e quella del resto della gente che affollava il corridoio dove stavano loro e i tre seguenti, e a momenti anche quella delle persone raffigurate nei quadri.

Inuyasha gettò uno sguardo imbarazzato a Kikyo, a mo’ di scusa, e si diresse con estrema e lenta riluttanza verso il suo gruppo. Accidenti, proprio quando stava tranquillamente solo con quella tanto attraente e misteriosa fanciulla venivano a scartavetrargli le palle!? Uffa.

Kikyo sembrò accorgersi del suo umore cambiato così repentinamente, perché chinò lievemente il capo per celare un sorriso lusingato, nascosto in gran parte dai due lunghi ciuffi che uscivano dalla sua coda di cavallo.

Naraku e Kagura, invece, un po’ più in là, confabulavano concitatamente riguardo al caso numero uno, cioè la missione sposa cadavere. Più che altro, Naraku esponeva ciò che aveva dedotto e Kagura ascoltava con una pazienza degna di un martire. “Allora,” riassunse il mezzodemone: “molto probabilmente è stata bidonata sull’altare perché sennò non si spiega questo mutismo assurdo, e poi dev’essere di per sé molto fredda e distaccata, e la depressione post-non-matrimonio deve aver amplificato queste sue qualità. Inoltre” e a questo punto si accucciò sul vissuto e polveroso pavimento a disegnare schemi con il dito: “è stata mollata da un uomo, perché è curiosa di testare se i demoni hanno sensibilità diverse rispetto al genere umano.” Poi, mentre Kagura approfittava del suo profondo e concentrato borbottio per svignarsela, alzò il viso verso il soffitto, pensieroso: “Però… Koga a prima vista lo trova eccessivamente irascibile e/o volgare, Shippo lo ha considerato come un marmocchio, si è resa conto che Sesshomaru non riscuote in lei il minimo interesse a causa della somiglianza con il proprio carattere e quindi sta cercando di prendere contatto con l’universo Inuyasha.” Concluse, borbottando anche un avrebbe potuto scegliere me, non accorgendosi di essere ascoltato da Rin, che gli rispose con un candido e ingenuo: “Tu sei troppo inquietante!” Stizzito, rimbeccò acidamente l’interruzione: “Non eri troppo impegnata ad agonizzare in quanto alla polvere, la folla e quant’altro?”

E, come un fastidioso quanto vero promemoria, nella mente di Rin sfrecciò a velocità molto elevata un ansito di paura, tanto da farla rabbrividire. Chinò il capo, silenziosa, e avrebbe risposto qualcosa come un debole hai ragione, se non fosse stata interrotta da un acutissimo e dubbiamente virile grido di Jakotsu: “Aaahhh!!!”

 

Puzza di bruciato. Ecco cosa sentiva. A lungo andare, aveva percorso quasi una strada circolare intorno al museo, tanto che si era ritrovato davanti all’entrata sul retro. E la cosa strana era che l’odore di bruciato proveniva dal museo.

Oh, avrebbe scommesso qualsiasi cosa che quei quindici idioti erano coinvolti.

Sesshomaru arraffò un secchio da un negozio e lo riempì ad una fontanella, dopodiché si precipitò dentro il Louvre.

 

“Al fuoco! Al fuoco!” gridò Jakotsu, guardando un dipinto divorato dalle fiamme, accanto a lui. Cominciò a girare in cerchio mettendosi le mani nei capelli, continuando a strillare come una donnicciola – non che lui si allontanasse molto da quel concetto – mentre tutti i presenti ponevano l’attenzione sul pitturato esposto nei pressi della “Vergine delle Rocce”. Bruciava con un’allegria tale che ricordava molto il fuocherello del falò della sera prima.

Stava intervenendo anche il personale, mentre giungevano Kagome, Sango, Shippo e Koga, allarmati dalle grida che percorrevano il corridoio.

Il fatto era che il sistema d’allarme, evidentemente in cortocircuito, avrebbe dovuto suonare quando Bankotsu, sporgendosi troppo sul dipinto, si era avvicinato per vederlo meglio, solo che, invece del classico suono, era divampato l’incendio.

Incredibile di come fosse complicato trovare un po’ d’acqua nel museo! Tutti i turisti erano scappati chissà dove, e il personale stava raggranellando liquidi dai bagni e dai rubinetti, quando, ad un certo punto, apparve una guida grassottella che scarrozzava un grande secchio, trotterellò fino al dipinto e lo inondò con l’acqua che lo riempiva.

Poi apparve Sesshomaru, tranquillo e distaccato come al solito.

Jakotsu e Rin, invece, non essendosi accorti di quello che era successo, stavano ancora uno correndo in cerchio, strillando come un disperato, e l’altra, terrorizzata, chiusa a riccio in un angolino apparentemente pulito di corridoio.

Con quello che rimaneva del secchio, ad Ayame parve molto giusto calcarlo in testa al terzogenito Ben, in modo da… tranquillizzarlo.

L’ultimo ad arrivare fu Miroku, che, a quanto pareva, stava rischiando una crisi di nervi a causa del suo scarso senso dell’orientamento. Camminava a fatica, trascinando i piedi, parlando da solo riguardo a non meglio precisati argomenti e ogni tanto fermandosi a guardarsi in giro, spaesato.

Almeno finché non vide Sango.

“Sangucciaah!” gridò, ritrovando le energie e percorrendo di corsa la distanza che lo separava dalla fidanzata.

“Ehm…” provò a dire Suikotsu: “Non vorrei interrompervi… ma credo che sia arrivata la stampa.”

Tutti si guardarono, allibiti e, tutti e sedici, come un sol paio di piedi, si precipitarono fuori onde evitare problemini di tipo… ehm… giudiziario.

 

Bankotsu, ovviamente, fu piuttosto malmenato, in quanto identificato come causa dell’incendio.

“Ah, ho fame!” esclamò Kagome, allargando le braccia per stiracchiarsi: “Andiamo a mangiare in qualche bistrôt?”

Tutti sembrarono essere d’accordo.

L’unico perplesso rimaneva Koga: “Ehi, ma alla fine io ho vinto la scommessa!” esclamò, felice: “Mi dovete dare dieci sterline!”

Nessuno lo ascoltò, e il gruppo cominciò a camminare, lasciandolo indietro.

“Ehi!”

Nessuno lo filò.

“EHY! NON LASCIATEMI INDIETRO!”

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avete visto? non sono scomparsa! :D

e, anzi, dopo essermi fatta un mese di mare e due settimane a Londra sono più agguerrita che mai! >:D

comunque, spero che questo capitolo vi piaccia ;)

ah, avete scorto da qualche parte il turista italiano. ecco, quella sarà una specie di piccola rubrica, e spiega cosa pensano gli stranieri di noi italiani. e, da Londra, giungo con tanti di quegli insulti da riempire un vocabolario.

per esempio, secondo gli INGLESI, noi italiani mangiamo da schifo. cioè cibi grassi e poco nutrienti e schifosi.

capito? GLI INGLESI dicono che siamo NOI a mangiare male!

roba dell'altro mondo!

per cambiare argomento, ho messo la canzone, stavolta, ma non dovete dirmi chi la canta, ma da quale film, serie, spettacolo è tratto ;)

alla prossima

Larchy

  
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