Salve
a tutti! Spero che le persone
che stavano seguendo questi capitoli non mi stiano odiando e che si
ricordino
ancora qualcosina di quello che ho scritto. So di aver lasciato passare
mesi e
mesi senza dare segni di vita ma a mia discolpa posso dire di aver
passato i
sei mesi più intensi della mia vita e non ho proprio avuto
il tempo e la testa
di scrivere. Ma squillino le trombe finalmente mi sono laureata e ora
per un
po’ sarò libera…libera di scrivere e
portare avanti la storia(sperando di non
essere totalmente libera ancora per molto però ;p). Vi
prometto che non lascerò
passare più così tanto tempo senza farmi sentire.
Ora bando alle ciance eccovi
un nuovo capitolo, vi dico solo due cosette:
è più
breve degli altri, lo so, ma volevo
darvi un “aperitivo” prima delle feste J,
seconda cosa, questo e il prossimo capitolo saranno un po’
cupi perché ci sarà
il processo ma vi prometto che l’estate di Harry
sarà piena di avvenimenti
alcuni dei quali veramente divertenti, altri commoventi…non
vi dico altro se
non buona lettura e a prestissimo!!!
Hermione
quella mattina andò a svegliarli alla solita
ora. Aprì piano la porta e si intrufolò dentro la
stanza aspettandosi uno dei
soliti incantesimi di Ron per tenerla lontana, ma quella mattina non
trovò
nulla a tenerla impegnata e ne fu quasi delusa. Per qualche secondo
rimase a
fissare il viso di Ron che dormiva in una posizione assolutamente
improponibile
e poi con dolcezza svegliò sia lui che il suo migliore amico.
-Harry hai un aspetto orribile!- Era tremendamente pallido e due
pesanti
occhiaie violacee gli contornavano gli occhi. Harry si passò
una mano tra i
capelli e si mise a sedere poggiando i gomiti sulle ginocchia . Aveva
un forte
mal di testa. Strinse per un attimo gli occhi e restituì ad
Hermione un
grugnito sommesso. Non
sapeva a che
punto della notte fosse riuscito ad addormentarsi ma non doveva essere
passato
molto tempo.
-Non ho dormito bene- rispose con voce roca. Hermione andò a
sedersi ai piedi
del letto di Ron.
-Non capisco perché tu sia così agitato, del
resto il processo non inizia oggi,
devi solo andare a parlare con un membro del Wizengamot, nulla di
più- si fece
una treccia laterale per riuscire a governare il cespuglio informe che
le si
era formato durante la notte, nel mentre Ron si girò verso
il muro e continuò a
sonnecchiare.
-Lo so Hermione, ma è l’intera idea del processo a
scombussolarmi. Non so
perché, forse è il pensiero di rivedere quelle
facce o il rivivere quei momenti.
E ho una sensazione strana…- Si strofinò la
cicatrice, più per abitudine che
per altro. Si ritrovò a provare quasi la mancanza di quel
pizzicore che gli
veniva ogni tanto, era come un campanello d’allarme che lo
metteva in guardia
dal pericolo. Ora doveva fidarsi solo dei suoi sensi e questo lo
rendeva
irrequieto. Si
girò e poggiò i piedi a
terra mentre inforcava gli occhiali. Strizzò
un’altra volta gli occhi e guardò
fuori. Era ancora buio pesto.
Dalla porta si affacciò una Ginny piuttosto assonnata, i
capelli arruffati. Con
gli occhi semi-chiusi si diresse verso il letto di Harry e gli
stampò un bacio
sulla guancia, si sedette e poggiò la testa sulla sua spalla.
-Come mai già in piedi?- Harry le diede un bacio sul capo e
le cinse le spalle
con un braccio.
-Hermione parla nel sonno. Non ho chiuso occhio.- Proferì
gelida. Hermione
arrossì violentemente.
-Veramente?-
-Si!- Rispose Ginny secca –sei anche peggio di Ron!-
-E…cosa, ecco- tossì con finta indifferenza
–di cosa parlavo?- chiese rigida.
Con tutto il cuore sperò di non aver detto nulla di
imbarazzante. Provò con
frustrazione a ricordarsi cosa avesse sognato ma nulla, non le veniva
in mente
neanche il più piccolo particolare. Il problema è
che i suoi sogni erano spesso
riguardanti Ron e si sarebbe sentita morire se avesse detto qualcosa di
compromettente.
-Per di più recitavi formule e ingredienti a voce alta.
Dovresti smetterla di
ripassare prima di andare a letto!- rispose acida. L’amica
tirò un sospiro di
sollievo. Salva!
-Perché non provi a tornare a letto. Vengo a salutarti prima
di andare- Le
disse Harry premuroso, ma Ginny scosse la testa.
-Che ne dite di andare a fare colazione?- a quelle parole Ron, che
ancora
sonnecchiava con il lenzuolo sopra la testa, schizzò in
piedi suscitando
l’ilarità generale.
-Che c’è?- disse ingenuamente, provocando un altro
scoppio si risa e senza
rispondere uscirono dalla stanza e si diressero in cucina.
-Preparo del tè- Hermione
accese il
fornello con un movimento della bacchetta e Ginny le si
affiancò spaccando
delle uova e mettendo della pancetta a cuocere. Sia Harry che Ron
ringraziarono
che fosse Ginny a cucinare perché entrambi sapevano che
Hermione era
decisamente negata nel preparare qualsiasi cosa di commestibile e
purtroppo
l’avevano imparato a loro spese.
Tranne Harry che spizzicò solo una frittella e qualche pezzo
di pancetta,
giusto per non offendere i sentimenti di Ginny che si era impegnata
tanto, gli
altri mangiarono in abbondanza uova strapazzate e pancetta, pancakes
con
sciroppo d’acero, pane tostato con burro salato,
tè, biscotti e succo di zucca.
Erano settimane che non facevano una colazione decente. Non certo
perché la
signora Weasley non cucinasse abbastanza, piuttosto perché
Hermione li
costringeva a correre sui libri dopo il primo morso di pane e un sorso
di
succo. Era una cosa che a Ron mandava su tutte le furie e contribuiva
al suo
malumore giornaliero. Ma quel giorno sembrava che tutti avessero a
cuore lo
stato d’animo di Harry e si erano decisi con un tacito
accordo di non mettergli
pressione. Dopo la confessione di quella mattina ora potevano capire
come
doveva sentirsi. Erano stati degli sciocchi e degli insensibili per non
aver
pensato che scrivere e discutere le deposizioni aveva fatto tornare a
galla
tutti quei momenti che aveva cercato di reprimere in un angolo buio
della sua
testa. Col processo tutti gli attimi di tormento e sofferenza sarebbero
stati
sviscerati e lui si sarebbe sentito nudo davanti a tutto il mondo
magico che,
ancora una volta, avrebbe avuto gli occhi puntati sul famoso Harry
Potter.
-Cosa credi voglia sapere il membro del Wizengamot?- Ron si
versò un’altra
abbondante porzione di uova.
-Credo voglia accertarsi che ci sia tutto, il Ministero ha gli occhi
puntati
addosso e non vogliono certo commettere degli errori-
allungò il piatto ancora
praticamente pieno all’amico che ne trangugiò il
contenuto senza fare troppi
complimenti e si alzò per versare nel lavandino
ciò che rimaneva nella sua
tazza.
Passarono le
ore successive cercando di studiare qualcosa
di leggero ma erano visibilmente tutti distratti. Alle dieci Percy
insistette
perché iniziassero ad andare. Odiava arrivare in ritardo.
Una volta George
aveva fatto evanescere la porta della stanza di Percy e al suo posto
aveva
fatto comparire un muro di mattoni di creta fresca ed escrementi di
drago, spesso
il doppio della parete. Percy che aveva lasciato la bacchetta in cucina
aveva
dovuto scavare un passaggio con le unghie ed era arrivato a lavoro con
un’ora
di ritardo e completamente ricoperto di una strana patina color fango.
Aveva
fatto una sfuriata a George talmente grande che la signora Weasley
aveva temuto
che la testa gli esplodesse.
Dal canto suo Harry non aveva nessuna fretta ma la petulanza di Percy
ebbe la
meglio.
Arrivarono
alle dieci e un quarto ma Harry dovette
ammettere che l’idea di arrivare con largo anticipo non era
stata così
malvagia. Quando misero piede nell’Atrio furono letteralmente
assaliti dai
giornalisti bramosi di avere un intervista dal famoso Harry Potter. Il
fatto
che dopo la fine della guerra Harry si fosse ritirato dal resto del
mondo,
aveva lasciato non poco scontenti tutti i maghi che non speravano altro
in un
racconto dettagliato dei fatti. Nessuno aveva ancora capito come Harry
fosse
riuscito ad uccidere Voldemort .
-Signor Potter, per il “Settimanale del Gufo”: dove
è stato in tutti i mesi
antecedenti la battaglia alla scuola di Hogwarts?-
Percy si mise davanti ad Harry rispondendo con un acido “no
comment”. Si
muovevano lentamente facendosi largo tra la folla.
–È inammissibile un
comportamento del genere. Questo è il Ministero della Magia,
c’è gente che
lavora, qui-
-Per gli “Spiriti Oggi”: è vero che in
realtà
Colui-che-non-deve-essere-nominato era il Professor Silente?-
Harry per poco non inciampò nei propri piedi. Come potevano
venire in mente
certe sciocchezze?
-Perché Severus Piton non è stato sepolto con
tutti gli altri cani dei
Mangiamorte?- La domanda sovrastò le altre e calò
il silenzio, tutti si
girarono verso la donna che aveva parlato. Non c’erano dubbi
su chi fosse
stata, Harry avrebbe riconosciuto quella voce irritante ovunque e
ovunque
l’avrebbe detestata. Si girò lentamente e
sentì la bile andargli di traverso:
Rita Skeeter. Come poteva quella donna essere ancora in circolazione a
raccontare le sue menzogne?
-Non osare mai più pronunciare il nome di Severus Piton in
quel modo!- Avrebbe
voluto raccontare tutta la verità in modo che Piton avesse,
di fronte al mondo,
la gloria che meritava, ma non avrebbe mai permesso che quell’insetto travisasse le sue parole. Ci
sarebbe stato il momento adatto e avrebbe fatto di tutto pur di
rendergli
giustizia.
-Harry andiamo!- Percy lo tirò per la camicia e lo condusse
fino all’ascensore.
Harry si sentiva ribollire dalla rabbia.
-Non riesco
a credere che quell’impostora continui a
scrivere sulla Gazzetta del Profeta!-
-L’hai detto tu stesso, è solo spazzatura. Non
devi preoccuparti di Rita
Skeeter in questo momento- l’ascensore si bloccò
annunciando l’arrivo al
secondo livello. Passarono davanti al quartier generale degli Auror e
Harry non
poté fare a meno di deglutire a vuoto. Era stata una
cattiveria fargli
assaporare i segreti del mestiere più ambito del mondo
magico, per poi
rispedirlo alla sua vita tanto velocemente da non poter pronunciare
neanche “protego”.
Sfilarono velocemente davanti
all’ufficio del signor Weasley e si fermarono di fronte ai
servizi
amministrativi del Wizen
gamot. La porta era imponente, color porpora
con al
centro intagliata una grande “W” dorata. Erano in
perfetto orario, Percy
estrasse un piccolo orologio da taschino e controllò
l’ora: mancavano cinque
minuti alle undici.
-Ricordi tutto quello che abbiamo preparato?-
-Per l’ennesima volta si, ricordo tutto! È
difficile dimenticare chi ha cercato
di ucciderti e in che modo!- Harry stava iniziando a innervosirsi. La
situazione di per se non era delle più rilassanti, in più la
petulanza di Percy
stava iniziando a dargli sui nervi.
Allo scoccare delle undici bussarono. Attesero qualche secondo
finché una donna
sulla cinquantina aprì la porta. Era di media altezza, ben vestita con un viso
dai tratti spigolosi
e degli occhiali tondi appesi al collo con una catenella
d’argento. Si sporse
verso Harry e gli fissò il viso.
-Harry Potter- Era difficile capire se avesse fatto una
domanda o un’affermazione. Harry
cercò di
salvare la situazione stirando la bocca in un sorriso imbarazzato che
all’occorrenza sarebbe potuto sembrare una conferma o un
saluto cortese. –Da
questa parte- lo condusse in un corridoio lungo e stretto che terminava
in una
stanza circolare con sette porte. La donna bussò sulla
seconda a sinistra e
senza attendere risposta aprì ed entrò, sulla
targhetta dorata riluceva un
nome: Adalbert J. Truman. Harry sentiva la tensione aumentare sempre di
più,
come se avesse dovuto sostenere un esame, le mani gli sudavano e si
sentiva
irrequieto. Dopo qualche minuto videro la maniglia abbassarsi e davanti
a loro
si presentò un uomo alto e distinto, a prima vista gli si
sarebbero potuti dare
quarant’anni ma osservandolo meglio si capiva che
probabilmente ne aveva
qualcuno in più.
-Signor
Potter, che piacere!- si sporse per offrire la
mano ad Herry che gliela strinse un po’ impacciato
–e lei deve essere Percy
Weasley, il figlio di Arthur. Ho conosciuto suo padre solo di recente
ma se il
buon sangue non mente il Ministero non può che essere
fortunato ad avere anche
lei- Percy tirò il petto in fuori come un pavone pronto a
fare la ruota. –Ma
non perdiamo tempo, prego accomodatevi nel mio ufficio. Greta
può portarci
dell’idromele?- La
donna strinse le
labbra come se avesse appena assaggiato un limone particolarmente acido
ed uscì
senza dire una parola. Non era decisamente una donna cordiale o
affabile ma sembrava
efficiente e puntuale, due qualità
che lavorativamente parlando, Harry giudicava indispensabili.
L’ufficio era
grande e ben illuminato. Sulle pareti si potevano ammirare quadri di
stili ed
epoche diverse, alcuni sembravano appartenere al rinascimento italiano,
altri
allo stile fiammingo, altri
ancora erano
più contemporanei, tutti però raffiguravano
persone dall’aria austera. Si
accomodarono su delle poltrone in pelle di drago, dovevano essere
costate una
fortuna –Allora signor Potter, che ne dice se iniziamo?-
Sviscerarono
ogni ricordo di Harry a partire dal suo
primo anno ad Hogwarts, di come Voldemort
avesse cercato di impossessarsi della Pietra Filosofale, e
via via anno
per anno. Fu dura parlare della morte di Sirius e dell’ultimo
anno passato
cercando di vincere una battaglia che ormai sembrava persa.
Analizzarono con
perizia uno ad uno tutti i fascicoli dei mangiamorte e il signor Truman
gli
fece una domanda dopo l’altra. Ogni volta Harry doveva fare
uno sforzo enorme
per riuscire ad andare avanti, ma sapeva che era indispensabile. Dopo
parecchie
ore trovò uno stratagemma per farsi coraggio,
iniziò a fissare la pila dei
fogli che mancano alla fine. Ogni volta che una piccola cartelletta
veniva
tolta dalla pila il groppo che aveva in gola sembrava sciogliersi un
pochino. Infine
prese l’ultimo fascicolo tra le mani e aspettò
qualche secondo prima di
aprirlo. –Ecco signor Potter…- l’uomo
sembrava imbarazzato –questo è
l’ultimo…
si tratta del fascicolo sui Malfoy- Harry sbiancò.
Nonostante tutto quello che
era successo Harry sapeva di non poter condannare Draco, e tantomeno
Narcissa,
a cui in modo o nell’altro doveva la vita.
-Qual
è il problema?-
cambiò posizione sulla poltrona, si sentiva a
disagio e ora più che mai
avrebbe desiderato essere altrove.
-Vede, il
Wizengamot non è totalmente d’accordo sulla sua
versione, crede che lei- si schiarì la voce, sembrava stesse cercando le parole
più adatte - non
sia stato… ecco… obiettivo. Loro pensano che non ci sia nulla di positivo
in ciò che hanno
fatto i Malfoy e che dovrebbe rivedere
la sua deposizione-
Harry
sbatté le palpebre per qualche secondo cercando di
cogliere al meglio le parole che aveva appena udito. -Cioè
lei vuole che io
menta?-
-Non la metterei in questi termini signor Potter-
-E come la metterebbe?-
-Lei non capisce! La gente non ammetterà che i Malfoy la
facciano franca!-
-Non mi importa di cosa pensa la gente! Mi importa solo di
ciò che è giusto e
ciò che è sbagliato. E lei signor Truman e il
Wizengamot siete nel torto!-
-Stiamo parlando di una delle famiglie che è stata
più vicina a Voldemort-
-Ha letto le mie deposizioni?-
-Si signor Potter, molto attentamente-
-E?-
-E mi dispiace ma il Wizengamot ritiene che non ci siano prove che
sussistano
la sua testimonianza-
Harry non poteva credere a ciò che stava accadendo. Si era
quasi rilassato,
credeva che una volta tanto le cose stessero andando per il verso
giusto e che
la giustizia stesse finalmente trionfando, ma ancora una volta il
Ministero
riusciva a deluderlo. Kingsley sapeva quali erano le decisione prese
dal
Wizengamot ? -Sta dubitando della mia parola? Perché se
è così non credo che le
mie deposizioni abbiano un senso. Mi chiedo quindi cosa abbiamo fatto
fino ad
ora!-
-Signor
Potter, la prego di non vederla così. Deve capire
che abbiamo il fiato sul collo e non sono ammessi errori. È
opinione pubblica
che…-
-Opinione
pubblica? Signor Truman qua stiamo parlando
della vita di alcune persone per cui non credo che mi interessi molto
l’opinione
pubblica!-
-Ma-
-Niente ma.
Credo che il nostro incontro sia finito. Arrivederci!- Harry si
alzò dalla
poltrona
-Signor
Potter! Non si dimentichi dove siamo e con chi
sta parlando!- L’uomo che aveva ora davanti gli sembrava
diverso, come se per
tutto il tempo avesse portato una maschera e solo ora riuscisse a
vedere con
nitidezza il suo volto e percepì la sua ultima frase quasi
come una minaccia. Harry
stava per rispondere quando Percy lo anticipò e disse
qualcosa che nessuno si
sarebbe mai aspettato.
-Credo che
Harry sappia benissimo dove siamo e con chi sta
parlando, forse è lei che lo ha dimenticato,
perché se questa discussione sta
avvenendo non è per colpa ma grazie
al “Signor Potter” perché senza di lui
non credo che nessuno di noi sarebbe
qua. Forza Harry, abbiamo finito. Andiamo via- Harry era sbalordito,
non
avrebbe mai potuto immaginare, neanche nei
suoi sogni più assurdi che Percy potesse
mancare così tanto di rispetto
ad un’autorità come un funzionario del Wizengamot.
Cercò di restare il più
serio possibile, ma avrebbe voluto volentieri dargli un cinque.
-Mi sono
sbagliato signor Weasley, a quanto pare in
questo caso il buon sangue ha mentito-
-Non credo
signor Truman, mi lasci dire con certezza che
in questo caso il buon sangue è stato sincerissimo!-
Quando
uscirono dall’ufficio si ritrovarono la segretaria
davanti e non ne furono certi ma ad entrambi sembrò che la
donna stesse
sorridendo.
Era quasi
ora di cena quando tornarono a casa ed Harry
era più turbato e demoralizzato che mai. Il processo sarebbe
stato anche peggio
di quel che si era immaginato.