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Autore: Hi Ban    23/12/2011    2 recensioni
Tutti – ed è bene sottolineare tutti, anche i pesci nel fiume Naka lì dietro – sapevano che Sasuke odiava il Natale e ogni augurio che gli veniva rivolto era quasi un atto suicida da parte di chi osava fare un simile affronto all’Uchiha.
Shisui, infatti, si spostò appena in tempo per schivare un kunai che si andò a piantare vicino al primo sulla parete. Non era chiamato Shisui il Fulmineo così, tanto per. Non ebbe il coraggio di voltarsi, il ragazzo avrebbe potuto attentare alla sua vita mentre era di spalle, molto poco lealmente.
Inarcò un sopracciglio: «Ah, Fugaku-san non apprezzerà proprio! Cos’è, Babbo Natale a te ha dato licenza di uccidere invece di un bel regalo da marmocchio quale sei?» chiese sorridendo.

Shisui. Natale. Shisui più Natale. Semplicemente i tre giorni più lunghi della vita di Sasuke Uchiha.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sasuke Uchiha, Shisui Uchiha
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
Capitoli:
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Un giorno mi ringrazierai! – Di nuovo in casa mia, nipote?



23 dicembre





Sasuke stava tranquillamente addentando una fetta accuratamente tagliata di pomodoro; quando sua madre gli aveva detto di avere un atteggiamento più natalizio, visto che era stata lei a chiederglielo, sotto i suoi occhi aveva tirato fuori una confezione di pomodori.
«Sono rossi. Buon Natale» aveva asserito lapidario e si era diretto fuori dalla cucina, mentre sua madre se la rideva allegramente. Lei era l’unica che non tentava realmente di inculcare all’Uchiha il Natale sotto ogni santa forma esistente, ci provava ma non lo forzava.
Anzi, la rendeva particolarmente ilare la reazione di Sasuke ad ogni sua vana prova in merito.
Era al secondo pomodoro, ora, Sasuke e se ne stava tranquillamente seduto sul divano, senza la minima intenzione di fare nulla. E la cosa gli stava particolarmente bene così.
Aveva fatto uno sforzo immane per ignorare tutte le stupidaggini dette da Shisui il giorno prima, perché altrimenti, a rigor di logica, sarebbe dovuto andare da Sakura, magari nella mente del cugino il tutto era coronato da sue tristi lacrime. E arrivava anche dai due strisciando.
Aveva intenzione di finire quella dannata vaschetta, poi sarebbe rimasto per un po’ sul divano a rilassarsi, con il solo suono ovattato della madre in cucina che preparava altri biscotti – forse il suo intento era quello di sfamare tutta Konoha a suon di biscotti fatti in casa – e la certezza che quel pomeriggio non avrebbe fatto assolutamente nulla.
Non c’erano missioni, incarichi speciali, mansioni domestiche last minute di Natale.
Niente.
Naruto e Sakura non gli parlavano; forse stavano addirittura studiando un piano per fargli saltare la casa, facendo rimanere intatti i muri e tutti gli altri inquilini dell’abitazione, ma uccidendo solo lui. In quel caso forse non li avrebbe rivisti per lungo tempo.
Nada.
Per dimostrare a se stesso le sue intenzioni di totale assenza di intenzioni – filava nella mente di Sasuke, filava come non mai – forse non si sarebbe mai alzato dal divano.
Ma lo sanno cani e gatti che quando Sasuke Uchiha si prefigge un qualsiasi obiettivo lo fa sapendo di portarsi sfiga da solo.
Eppure lo fa lo stesso, per credere di essere sempre un passo avanti alla sfiga.
«Ma buona vigilia della vigilia Itoko-chaaaaaan!»
Evidentemente deve avere lo sharingan pure lei, la sfortuna, così da far credere a Sasuke tramite un illusione di essere superiore a lei. Poi lo frega, perché in quel momento Sasuke è davvero rimasto fregato e ha mandato a farsi benedire almeno tre dei suoi preziosi obiettivi prefissati.
Si è mosso dal divano, cosa che aveva detto non avrebbe fatto; eppure una cosa urlante e ancora non meglio identificata era balzata fuori da dietro il divano e per istinto di sopravvivenza l’Uchiha era scattato in piedi e si era allontanato.
Aveva detto di voler finire quella dannata cassetta di pomodori? Beh, non l’avrebbe mai potuta finire tutta in toto perché scattando di colpo aveva colpito il tavolino. E i pomodori erano caduti. E lui ne aveva schiacciato uno con il piede.
Il rumore viscido era stato agghiacciante, come le unghie sulla lavagna e Sasuke aveva chiuso gli occhi per un breve istante, una cosa come ‘pace all’anima tua, pomodoro-san’.
Ah, sì, poi più o meno da una quindicina d’anni – quando era divenuto pressappoco capace di intendere e di volere – si era prefissato l’obiettivo di non uccidere Shisui per tutta una serie di noiose complicazioni penali.
Ora però, gli teneva la mano attorno al collo – aveva identificato la massa informe urlante – e di certo non stava solo facendo finta di stringere.
No, stringeva davvero: qualcuno doveva vendicare pomodoro-san. E intanto tentava anche di ignorare quella cosa informe che teneva sulla testa, rossa e con un ponpon bianco. Rivoltante; non fece nemmeno uno sforzo per mascherare il disgusto.
Non volle nemmeno chiedersi come quell’individuo fosse entrato di nuovo in casa sua, era superfluo. La cosa che gli importava era non farlo uscire di lì vivo, perché Sasuke odiava davvero chi osava distruggere brutalmente i suoi piani. E quell’idiota di Shisui lo aveva fatto per il secondo giorno di fila e nulla gli vietava di ucciderlo solo perché il giorno prima aveva tentato di essere clemente con quel deficiente.
Possibile che il cugino non avesse quella cosa tipicamente umana chiamata istinto di sopravvivenza? Non si sentiva terribilmente a disagio quando si trovava anche solo nei pressi di casa sua e totalmente sconvolto e terrorizzato quando era a meno di cinquanta metri? Forse lui non era umano. Quell’ipotesi spiegava perché non fosse ancora morto nonostante la ferrea presa sul suo collo.
«Sas–ke» provò a tossire ma gli riuscì particolarmente difficile «perché non» Shisui mise una mano sulla faccia di Sasuke e iniziò a spingerlo indietro, cosa che non lo smosse minimamente «ne parliamo» tossì di nuovo e con forza colpì il cugino sul naso. Sasuke allentò la presa per un attimo e Shisui ne approfittò per prendergli il polso, tentando di allontanare la mano. «Civilmente, tappo, parliamo civilmente, non c’è bisogno di uccidere, sai?» chiese respirando affannosamente.
E lui che aveva pensato che sarebbe stata una cosa carina, l’entrata ad effetto da dietro il divano. «Coglione» sibilò a bassa voce Sasuke in risposta, ben attento a non farsi sentire dalla madre, ma con tutta l’intenzione di insultare pesantemente il cugino.
Quest’ultimo sorrise di rimando più o meno come si fa ai bambini quando dicono una parola nuova e probabilmente pensò anche che era il suo tenero modo per dirgli buon pomeriggio.
Adorabile.
Sasuke mollò la presa attorno al suo collo e fece un passo indietro; non gli andava particolarmente di stare vicino a quell’individuo, un qualsiasi contatto era impensabile. In più il tutto favoriva la parte di lui che premeva affinché lo uccidesse silenziosamente e lo nascondesse sotto al divano, portando via il cadavere prima che arrivassero parenti e non per Natale e sentissero la puzza di putrefazione dell’idiota.
Dava problemi anche da morto, incredibile.
«Anche io sono felice di vederti!» si aggiustò con nonchalance il cappello rosso e sorrise.
«Che diavolo ci fai di nuovo qui» non era una domanda, assolutamente no. Non sapeva nemmeno Sasuke cos’era, in verità, semplicemente era arrabbiato e vagamente fuori di sé.
«Te l’ho detto che sarei tornato!» esclamò sorridente.
La peggiore delle minacce esistenti. Una vera e propria arma di distruzione di massa.
Sasuke non aveva voluto crederci, ieri. Semplicemente si era detto che aveva sentito l’impellente necessità di dare aria alla bocca e perciò aveva detto la prima cosa che gli era venuta in mente. Una stupidaggine, come i tre quarti delle cose che pensava.
«Mi rammarica parecchio vedere che non mi hai minimamente dato ascolto» lo rimproverò incrociando le braccia al petto.
Probabilmente il giorno prima aveva creduto davvero che Sasuke avrebbe fatto quanto c’era da fare. Uno dei motivi per cui vedere di nuovo Shisui lo infastidiva era perché quel che aveva detto ieri non lo aggradava per nulla. C’era qualcosa nelle frasi che aveva detto – senza senso, si ripeteva Sasuke – che lo infastidiva, ecco.
Perché stava sicuramente insinuando il falso, quell’imbecille, e Sasuke odiava che gli venissero dette stupidaggini di qualsiasi genere. Soprattutto se riguardavano la discutibilità della sua condotta morale e dei suoi rapporti sociali.
Lo infastidiva senza ombra di dubbio, nulla di più.
«Ah, che senso ha parlare con te? Tu nemmeno mi credi quando ti parlo! Io non stavo scherzando ieri» aggiunse come se gli avesse direttamente letto nella mente.
Fantastico, con Shisui ogni tipo di privacy era inutile, un giorno se lo sarebbe ritrovato anche nella vasca da bagno.
Ok, questo era orribile anche solo da pensare.
«Perché non mi dai mai ascolto?» si lamentò con tragicità.
«Non ne vedo il motivo» ringhiò in risposta.
«Dovresti invece! Lascia perdere il tuo solito malumore da piena crisi ‘odio il Natale, devo mangiarmi le renne e rinchiudere Babbo Natale nello sharingan’, è stato un caso che tu e quei due abbiate litigato proprio adesso» commentò esasperato.
«Cosa c’entra?» borbottò stizzito.
Shisui sapeva fin troppo bene che il problema non era veramente cosa Sasuke non capisse, quanto più cosa quel piccolo idiota non volesse capire.
«C’entra che se non aveste litigato in questa maniera» ignorò l’occhiata ‘di cosa stai parlando, brutto deficiente, è stata una normale discussione’ e continuò: «proprio adesso io non mi presenterei da te a farti capire quanto idiota ed egocentrico tu sia» concluse candidamente.
«E perché dovresti farlo proprio tu, di grazia?» impedì alla sua attenzione di essere rapita dal ballonzolare di quello stupido affare bianco che si muoveva in concomitanza ad ogni minimo spostamento di Shisui.
«Perché Itachi è troppo buono e vuole darti quell’autonomia che non ti meriti perché non sai nemmeno fare la spesa civilmente senza katanare i commessi perché ovviamente hanno nascosto di proposito quei benedetti pomodori» illustrò brevemente quelli che secondo lui erano le condizioni decisionali di Sasuke. Gli aveva detto praticamente che era un deficiente, ma senza dire la parola deficiente.
«Ma sappiamo tutti che Itachi è troppo buono e permissivo, preferisce far soccombere tutti sotto il peso della tua stupidità piuttosto che istruirti a comportarti da persona furba. E a fare la spesa. Perciò ci penso io! Non sono forse come un fratello amorevole per te?» chiese con finta innocenza, sorridendo così allegramente che Sasuke sarebbe potuto morire per venti patologie differenti nell’arco di venti secondi solo per il grandissimo desiderio di spaccargli la faccia.
Stava per rispondere con veemenza e sarcasmo velenoso, ma qualcun altro rispose per lui.
«Non puoi essere suo fratello perché non ti vorrei mai come figlio» lo freddò con calma Fugaku Uchiha, giunto silenziosamente e che ora sostava sulla porta che dava sul corridoio, immobile, le mani nelle maniche del kimono invernale.
Shisui trasalì e probabilmente meditò di buttarsi dalla finestra.
«A-ah, Fugaku-san, salve!» si sforzò di sorridere, ma un tic al labbro e uno allo zigomo sinistro rendevano il suo vano tentativo un’orribile smorfia.
E se avesse pensato che lo stava prendendo in giro?
Fugaku ignorò i convenevoli: «Di nuovo in casa mia, nipote?» si informò e sembrava anche abbastanza seccato.
«E-eh, ero passato per… ahm… salutare Sasuke… il mio non-fratello cugino che… mh, sì, quello» terminò annuendo da solo.
Sasuke intanto osservava la scena, felice che la sfortuna per una volta avesse deciso di avventarsi su qualcun altro e non su di lui. Sapeva fin troppo bene che la maggior parte delle volte Shisui veniva quando era quasi certo di non trovare Fugaku; suo padre lo terrorizzava per qualche strano motivo. Forse con lui la sua stupidità gli faceva rischiare il collo.
Ad un tratto gli occhi di Fugaku di fermarono sul copricapo tipicamente natalizio di Shisui; anche lui apprezzava discretamente poco tutte quelle decorazioni e quelle stupidaggini, cosa che contrastava parecchio con il comportamento della moglie.
«Cos’è quel coso, nipote?»
«Un cappello, zio.»
«Non in casa mia» sibilò con ribrezzo, gli occhi assottigliati a due fessure.
Shisui rimase interdetto per un attimo: «Ah, chiaro… non lo sapevo… voi forse lo chiamate in maniera diversa, ma è sempre–»
Fugaku si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo e si limitò ad osservarlo parecchio infastidito. Ecco perché non voleva nemmeno pensare all’eventualità che potesse essere suo figlio.
«Non quello, razza di–» fece forza sulla sua calma inumana per evitare di insultare, anche perché non era nel suo stile «Non lo indosserai in casa mia» specificò scocciato, prima di voltarsi con grande stizza.
Con un gesto fulmineo, se lo tolse dalla testa e sorrise nervosamente.
Sasuke intanto ghignava discretamente; erano scene che adorava, quelle.
Quando se ne fu andato, Shisui rilassò le spalle e sentì l’impellente necessità di sedersi, perché si lasciò cadere per terra.
«Aaaaah, quell’uomo mi odia, un giorno mi farà espellere dal clan perché ho una mimica facciale!» sbottò, le gambe incrociate e la guancia appoggiata ad una mano.
«No, solo perché sei un idiota» lo corresse Sasuke, ricevendosi un gestaccio poco gentile da parte del cugino.
«Non ti stanchi mai di essere così bastardo?» si informò con un sorriso tirato.
«Non ti stanchi mai di rompermi le scatole?» ribatté il minore degli Uchiha, socchiudendo gli occhi.
In un attimo, poi, senza accorgersene si ritrovò lungo disteso sul pavimento, le mani all’altezza delle spalle per attutire la caduta. Shisui lo aveva preso per un braccio e lo aveva trascinato giù, facendogli in contemporanea lo sgambetto, in modo che le gambe cedessero e lui si trovasse con la pancia a terra.
Era stato fin troppo veloce e quello era il motivo per cui Fugaku non lo cacciava; era pur sempre un ninja più abile di quel che ci si aspetterebbe e portava onore al clan con le sue abilità.
«Brutto bastardo» biascicò, facendo leva sulle braccia per rialzarsi.
«Sta’ fermo lì, marmocchio, io e te stavamo discutendo di cose importanti prima che venisse Fugaku-san» gli ricordò con uno dei suoi sorrisi inquietanti.
Sasuke fece per alzarsi, perché non aveva la minima intenzione di sorbirsi le idiozie del cugino, ma era chiaro che quello non era assolutamente il suo destino.
«Itoko-chan, comportati da persona seria» e lo ritirò giù con uno strattone.
Contro ogni previsione, Sasuke non tentò nuovamente di andarsene, ma finì col sedersi anche lui a gambe incrociate per terra.
Cosa alquanto stupida visto che c’era un divano a pochi centimetro da loro, ma quelli erano i tipici misteri della vita su cui è impossibile fare chiarezza.
«Allora, dove eravamo rimasti? Ah, sì, su di me che mi occupo di te perché Itachi ti vuole troppo bene per farti vedere quanto sei apatico e deprimente. E schizzato.»
«Perché semplicemente non mi lasci in pace?» sbottò scocciato e decisamente intenzionato a levarsi dai piedi Shisui. In più doveva concedere una degna sepoltura a pomodoro-san, che giaceva misero un po’ più in là.
Lo liquidò con un gesto della mano; non erano quelle le cose che interessavano a lui.
«Senti, la vigilia è domani, domani c’è la festa e dopodomani è Natale. E loro non ti parlano davvero, te ne sei accorto, sì? Di questo passo il Natale lo trascorrerai da solo, ti va bene la cosa?»
«Non vedo dove sia il problema» commentò con indifferenza.
«Ma allora il ricordo del Natale di ieri non ti è servito proprio a niente! Che diamine, che devo fare con te?» strepitò scocciato e stralunato.
Certo, quando aveva dato il via a quella disastrosa campagna aveva anche messo in conto la difficoltà della missione e la possibilità che forse sarebbe stata una cosa lunga e dolorosa, ma lo stesso rendersene conto di persona era particolarmente avvilente. Il fatto che non si dimostrasse minimamente partecipe, poi, rendeva il tutto anche un tantino vano.
«Niente?» ribatté con ovvietà, unica cosa che in realtà l’Uchiha voleva.
Chiaramente Shisui non era della stessa opinione.
«Senti, tappo, non fare il difficile, oggi non devo nemmeno aiutare mia madre con i biscotti, perciò ho tuuuuutto il giorno a disposizione» si ritenne particolarmente soddisfatto quando vide la stoica indifferenza di Sasuke vacillare sotto il peso della sua palese minaccia di eterne sofferenze con lui.
«Parliamo seriamente: loro sono arrabbiati con te, incazzati come delle bisce con te, fossi in te di questo passo farei attenzione a non trovarmele nel letto, le bisce» disse enfatizzando fino all’esasperazione quella che Sasuke continuava imperterrito a definire una sciocca discussione simile alle tante che avevano da anni.
Solo perché non voleva ammettere la verità; Shisui sapeva di avere ragione e tanto gli bastava. In verità perseverava anche quando aveva palesemente torto, ma quelli erano dettagli.
«Te lo immagini come sarà il tuo Natale, dopodomani?»
«Normale» borbottò scocciato, infastidito da quella specie di giochino fatto di domandine idiote che dovevano, in teoria, portarlo a capire qualcosa, ma lui era certo che non ci fosse nulla da capire, se non che Shisui aveva gravi problemi esistenziali e li scaricava sul cugino.
«No, te l’ho dato ieri l’esempio di un normale Natale, che per i comuni mortali è in compagnia, divertente e non una tortura psicofisica» gli fece presente, mentre sventolava con noncuranza il cappellino rosso che teneva tra le mani. Non se lo era rimesso neanche dopo che Fugaku se n’era andato.
«Te lo dico io come sarà il tuo Natale!» la cosa parve entusiasmarlo più del necessario, perché ebbe addirittura il coraggio di rimettersi il cappello in testa. Si alzò in piedi e gli fece cenno di fare la stessa cosa.
«Su, abbiamo giusto un paio di cosette da fare e anche se non devo aiutare mia madre non ho voglia di farti da balia, ragazzino» disse con un sorriso malandrino.
«Dove dobbiamo andare?»
«Adoro essere ascoltato» commentò contrariato. «Alzati e datti una mossa!»
Fu tentato davvero di rimanere seduto per terra per il solo gusto di dargli fastidio, ma dopo qualche minuto si alzò da terra; avrebbe avuto qualche effetto contestare la sua stupidità e le sue proposte? No, assecondare i pazzi però sapeva rivelarsi utile e prima terminavano quella recita, prima lui poteva dare una degna sepoltura a Pomodoro-san, standosene poi al caldo in casa sua senza quella piaga del cugino tra i piedi.
Esibì un’espressione particolarmente sorpresa, Shisui; che aveva adesso? «Non pensavo avresti acconsentito tanto facilmente!»
Era quasi esterrefatto.
Che deficiente.
«Assecondare i pazzi è più utile che ostacolarli e prima finiamo con quest’idiozia e prima te ne vai» confessò brutalmente, con un tentativo d’indifferenza che veniva vanificato da tutta la rabbia nelle sue parole.
Perché suo padre non aveva in progetto un’altra escursione in soggiorno proprio in quel momento?
«Ah, che tenerezza che fai, con queste tue arringhe senza senso!»
«Dacci un taglio, idiota» lo freddò.
«Mpf, sei l’amore personificato in una botte di stronzaggine chiusa con un tappo di egocentrismo massiccio ed ermetico» lo descrisse con un tono fintamente amorevole.
«Stronz–»
«Sasuke Uchiha!» tuonò la voce di sua madre, che nonostante l’intenzione di rimproverarlo manteneva quel qualcosa di gentile. Era sulla porta e teneva tra le mani un vassoio di dolci.
Sasuke piegò di lato la testa e osservò sua madre; borbottò qualcosa e la donna lo intese come uno ‘scusa’ e sorrise maggiormente. Si concentrò sul nipote: «Shisui-kun! Bel cappello!» commentò ilare, evidentemente apprezzando lo stile natalizio e Sasuke si sentì solo in vena di pregare mentalmente che non se ne procurasse uno anche lei. Non sarebbe sopravvissuto e non voleva nemmeno vedere la faccia che avrebbe assunto suo padre in circostanze simili.
«Grazie Mikoto-san! Tu sì che sai apprezzare l’arte» commentò convinto e adulando in maniera pietosa, a detta di Sasuke, la zia.
«Ah, volete dei biscotti ragazzi?» chiese illuminata di gioia materna.
Un biscotto in più o uno in meno non avrebbe minacciato eccessivamente i bilanci della scorta di casa.
«Oh, certo! Tu non hai idea di quanto io attenda solo il Natale per mangiarne tanti e tanti e tanti e tantissimissimi e–»
Sasuke ne afferrò uno dal vassoio stracolmo che reggeva tra le braccia e interruppe brutalmente il cugino e la sua captatio benevolentiae mancata: «No, mamma, siamo di fretta. Muoviti» ringhiò in direzione del cugino, spingendolo poi letteralmente fuori dalla porta.
«A dopo ragazzi!»
E in un attimo i due Uchiha erano già fuori dalla porta, nel giardino dell’immensa villa.
«Ma io volevo i biscotti!» si lamentò Shisui, dandogli una spalata ben assestata.
«Non fare l’idiota» lo liquidò con indifferenza. Quanti anni aveva, due?
Intanto lui si era comunque finito il suo biscotto con le gocce di cioccolato; piuttosto buono, visto e considerato che a lui le cose dolci non andavano particolarmente a genio.
«Bastardo» lo apostrofò con stizza, conscio che forse forse quella stronzaggine se la meritava anche.
Però erano sotto Natale! E si parlava pur sempre di biscotti.
Era un bastardo.
Quando giunsero alla fine del viale che precedeva il quartiere Uchiha, Sasuke ebbe anche la lungimiranza di domandare dove fossero diretti.
«Sai dove abita Sakura?»
«Che razza di domanda è?»
«È lì che dobbiamo andare» lo informò con naturalezza, come se gli avesse detto che al supermercato avessero finito i takoyaki.
«E perché, di grazia?»
Quei giochetti a Sasuke non piacevano e ovviamente Shisui adorava farli; che poi avessero senso era tutto un altro discorso. La cosa comunque iniziava a divenire particolarmente stressante e l’Uchiha aveva solo voglia di tornarsene a casa. I discorsetti di Shisui lo avevano stancato e anche la sua presenza sortiva su di lui lo stesso effetto, oltre ad animarlo di intenti omicidi. Il cugino sembrava totalmente all’oscuro della cosa.
«Fai troppe domande, tappo!»
Continuarono a battibeccare e a spintonarsi esattamente come bambini di cinque anni fino a che non giunsero nel quartiere dove dimorava la tal Sakura Haruno.
Erano proprio lì davanti, né troppo vicini né troppo lontani dalla porta. Era una casa modesta, non enorme, ma neanche piccolissima. La conosceva a memoria, in tutti gli scenari possibili e immaginabili. Nemmeno la neve che ricopriva il giardino riusciva a dargli un’immagine nuova di quell’abitazione in cui aveva trascorso pomeriggi interi con quei due.
Gli stessi due amici che ora erano all’interno della casa, come dimostravano le risate di Naruto e le conseguenti urla di Sakura; seguiva un lamento di Naruto e poi un altro urlo di Sakura. Più o meno lo stesso schema che si susseguiva sempre in ogni discussione tipo tra loro tre, ma, appunto, in quel momento mancava il terzo elemento.
L’insulto a Naruto – d’obbligo –, il pugno dopo quello di Sakura e un suo commento sagace sempre rivolto a Naruto; qualche volta poi l’Haruno se la prendeva anche con lui, sgridandolo allo stesso modo. Niente pugni a lui, però. Sì, la ragazza faceva favoritismi e per ovvi motivi.
Ora erano solo Sakura e Naruto, ma non sembravano particolarmente abbattuti. Quello sarebbe stato il primo pensiero di Sasuke se non lo avesse censurato mentalmente ancora prima che prendesse un senso vero e proprio. Semplicemente, stavano passando un pomeriggio insieme, non era scritto da nessuna parte che dovesse esserci per forza anche lui.
Si trattenne a stento dallo sbuffare apertamente e con rabbia. Era tutta colpa delle baggianate che gli metteva in testa quell’idiota di Shisui, che ora lo osservava di sottecchi, con un sorrisetto compiaciuto sulle labbra.
«Se la stanno ridendo alla grande, i due» commentò distrattamente Shisui, dondolandosi pigramente sui piedi.
Voleva forse mettersi anche a fischiettare?
«E con questo?»
«Ah, no, niente» borbottò guardando in aria.
Ovviamente qualcosa da dire ce l’aveva eccome, infatti tre secondi netti dopo aggiunse: «Beh, è chiaro che loro sono più che felici, insieme, tutti intenti a ridere e bla bla bla…» iniziò a camminare verso la casa.
Non seppe nemmeno lui perché, ma Sasuke si ritrovò ad imitarlo e giunse sotto la finestra che dava sul soggiorno, esattamente dove si era fermato il cugino.
«Invece tu dove sei? Sotto casa di Sakura, a spiarli miseramente» terminò, mentre si azzardava anche a togliere un po’ di neve dal davanzale.
Non gli importava nemmeno un po’ se li vedevano? Lui per sicurezza si mise un po’ più a lato, in modo che fosse leggermente più difficile scorgerlo. Erano messi di scorcio, perciò ignoravano la loro presenza, ma potevano notarli con la coda dell’occhio.
«Guarda che sei stato tu a portarmi qui.»
«Ma tu ci sei venuto, marmocchio!»
Sakura e Naruto, intanto, nel soggiorno se ne stavano in piedi di fianco a quello che era chiaramente un pacco regalo di grandi dimensioni. Era per certo il regalo che avevano comprato per il maestro Kakashi.
E lo stavano incartando loro due; ok, probabilmente lui non avrebbe messo nemmeno un pezzo di scotch se ci fosse stato, ma un moto di irritazione lo colse. Ovviamente era solo perché stavano incartando qualcosa che aveva pagato anche lui, non perché lo stessero facendo senza di lui.
«Aaaaallora, Sas’ke-chan» iniziò, non lasciandosi intimidire dall’occhiataccia di Sasuke; perché non abbassava la voce? «vedi quel che vedo io?»
«Quel pacco è orribile.»
«Sssssì, grazie, quello sicuramente lo vedo anche io, mi riferivo alla situazione in generale» facendo una smorfia lui stesso al pessimo modo in cui lo stavano incartando.
C’era Naruto che continuava a strappare pezzi di nastro adesivo, tutto intenzionato ad attaccarli ovunque.
C’era Sakura che non glielo permetteva nemmeno per sbaglio.
C’era Naruto che si lamentava.
C’era Sakura che gli diceva di stare fermo.
C’erano Sakura e Naruto, chi con le mani piene di scotch, chi con le briciole di biscotti agli angoli della bocca.
Mancava lui.
Lui era con Shisui sotto la finestra a spiarli.
«Non lo trovi un po’ deprimente?» chiese, dando direttamente per scontato che notasse la sua mancanza in quella stanza.
«No» ribatté, sporgendosi suo malgrado dall’angolino dove si era piazzato.
Erano sempre lì, attorno a quel pacco dalla carta sgualcita e più scotch di quel che necessitasse realmente.
«Non sembrano poi così affranti, eh» gli fece notare con un guizzo di allegria che stonava con quel che stava dicendo. Per lui doveva essere tutto estremamente divertente.
Dannazione a lui e alla sua stupidità.
«Stanno bene così, ridono, scherzano, mangiano» snocciolò e Shisui si trattenne dall’aggiungere anche una drammatica domanda esistenziale, ovvero perché anche loro potessero mangiare biscotti e a lui era stato negato quel diritto.
Da precisare che nel ragazzo la drammaticità era direttamente proporzionale al tasso di demenza.
«Perché siamo venuti qui?» chiese sbrigativamente ed effettivamente non ne capiva il motivo.
Ammesso e non concesso che congelarsi al freddo, nella neve e sotto una finestra ne avesse uno.
Inaspettatamente, Shisui batté con forza una mano sul vetro della finestra; la prima cosa che pensò fu ‘oh merda’, perché ora li avrebbero beccati sotto la finestra. La seconda fu che avrebbe potuto spaccare il vetro. La terza, infine, fu che i due dementi lì dentro avevano bisogno di una visita all’udito.
Non si erano girati minimamente, non avevano dato cenno di aver sentito il rumore prodotto dalla manata del cugino sul vetro.
«Tappo, che cacchio di domanda è ‘perché siamo venuti qui’? Non è forse chiaro?»
Il silenzio di Sasuke fu una risposta eloquente.
«Ti sto mostrando quello che non sarà il tuo Natale di dopodomani, ovvero insieme ai tuoi carissimi amichetti, al caldo, a ridere per quanto tu ne sia capace! Ti illumino, tappo. Immaginateli così sorridenti, dopodomani, mentre mangiano biscotti e bevono tè caldo, magari davanti al camino, a scartare i regali, sorridenti, senza scotch e felici.»
Guardò Sasuke e un suo sbuffò gli fece comprendere che più o meno se l’era immaginata la scena. «Bene. Ora, in questo quadretto tu ci sei, secondo te?»
«Dovrei esserci?» chiese scettico.
«Se non avessi fatto il deficiente un paio di giorni fa, sì! Ma tu hai fatti il deficiente e questa volta hai passato il segno.»
«Dubito davvero che solo per una stupida discussione–» voleva essere davvero un commentò esasperato, il suo, ma Shisui si impose su di lui con fare ben più sdegnato: «Ah, per l’amore del cielo, non torniamo di nuovo su questo discorso! Non è quella precisa discussione, a fare la differenza, ma il tuo comportamento idiota, con annessa bastardaggine e la tendenza a dare per scontata la presenza altrui!»
Diede un altro colpo al vetro – come a voler dare maggiore enfasi alle sue parole – e quella volta Sakura e Naruto si mossero.
Forse finalmente li avevano visti…
No.
Si portarono dall’altro lato del regalo per mettere quel dannato scotch anche da quella parte; non alzarono lo sguardo su di loro nemmeno accidentalmente.
«Perché non ci vedono?»
«Non cambiare discorso» lo rimbeccò Shisui.
«Perché non ci vedono» ripeté lui.
«Piuttosto, perché non ti notano vorrai dire. Beh, forse perché la tua presenza non è più così importante, non ti attendono e non ti cercano. Ah, ragazzino, se mi avessi ascoltato ieri queste cose già le sapresti!» concluse con un gran sorriso.
«Non dire idiozie, è impossibile che non mi vedano» borbottò seccato. A che razza di gioco stavano giocando, quei due?
Lo trovavano forse divertente?
Diede un colpo al vetro anche lui.
Niente. Sakura attaccò un pezzo di scotch in testa a Naruto, evitando che lo mettesse sui già ventitré strati presenti.
Diede un altro colpo, un po’ più forte. Dovevano essere sordi per forza, oltre che stupidi, perché non si girarono nemmeno per riflesso.
Era come se non lo vedessero davvero.
Ed era impossibile che non vedessero Sasuke Uchiha, al di là di un motivo prettamente egocentrico, anche per uno di natura fisica.
«Visto? È chiaro che tu non sei più– ma sei diventato completamente scemo?»
Sasuke aveva caricato un nemmeno troppo piccolo mille falchi sulla mano destra; volevano continuare a far finta di non vederlo? Perfetto.
Era già pronto a sfondare il vetro – mezza parete, in verità – quando si sentì letteralmente trascinare via.
Shisui lo aveva preso in spalla alla bene e meglio e con uno scatto fulmineo li aveva fatti allontanare considerevolmente.
Lo mise giù. Sasuke era seriamente scocciato: «Perché diavolo–»
Per una volta Shisui lo era di più.
«Ma dico, che hai al posto del cervello, una piantagione abusiva di pomodori avariati? Stavi per sfondare il muro con mezzo chilo di fulmini, te ne rendi conto?» era allucinato dalla stupidità del cugino. E poi aveva anche da commentare sulla sua condizione mentale.
«Piccolo deviato che non sei altro! Se avessi fatto qualche stupidaggine Fugaku-san me li avrebbe ficcati da un'altra parte i fulmini perché ovviamente sarebbe stata colpa mia se tu avessi dimostrato l’assenza di un cervello che io professo da anni!»
Stava respirando di nuovo con i pori della pelle, probabilmente.
«Hai finito?»
Shisui parve pensarci. Poi prese un respiro profondo e iniziò a camminare in tondo attorno a quella perla di intelligenza che era Sasuke. «Mmh, sì, credo di sì» e si fermò dietro di lui giusto per dargli uno scappellotto particolarmente forte.
«Deficiente» ringhiò Sasuke e Shisui gli sorrise di rimando.
Si incamminarono e tornarono inaspettatamente a casa, cosa che lasciò parecchio stizzito il più piccolo dei due Uchiha.
«Ma tu sai solo lamentarti, marmocchio?»
Ricevette un grugnito in risposta.
Quando entrarono in casa, Sasuke vide Shisui guardarsi intorno circospetto; evidentemente rifuggiva più che mai Fugaku in periodo natalizio. Si tolse anche il cappellino rosso con un gesto fulmineo: meglio prevenire un ricovero in ospedale che curare ossa rotte a Natale.
«Bene bene! Prossima tappa della missione ‘salviamo il ninja Sasuke’: la cucina di Mikoto-san!» Non ebbe nemmeno cuore, Sasuke, di chiedergli che diavolo c’era da fare in cucina. Quando giunsero in prossimità della soglia, Shisui lo fermò e lo tenne indietro.
«Dobbiamo spiare anche mia madre adesso?» borbottò contrariato, trovando quanto più stupida quell’azione.
«Spiare è errato, perché noi non vogliamo scoprire di nascosto quel che fa tua madre, ci serve solo come modello di riferimento!»
Stava anche sibilando come la più scarsa delle spie ninja?
Che squallore.
«Non vedi come è felice? In pieno stile natalizio e il venticinque in cucina avrà anche un sorriso più radioso. Te lo immagini il profumo di biscotti che ci sarà qui, l’aria satura dell’allegria di tutti i parenti che Mikoto-san riuscirà a stipare ad arte per casa, tante risate e via dicendo?» domandò allusivo.
«E allora?»
«Ma tu sai solo dire ‘e allora’? Le conclusioni non le sai trarre da te? Sei davvero così stupido? Che delusione di cugino» commentò amareggiato.
«Quello che tu stai descrivendo per me non ha alcun significato, mi spieghi che conclusioni dovrei trarre?» sibilò, costringendosi ad abbassare il volume della voce per far smettere il gesticolare convulso di quell’idiota.
«È un Natale allegro, ecco cosa! Anche se dici di odiarlo è sempre meglio di quello deprimente di quello che passerai tu!»
«Di cosa stai parlando?» chiese e proclamò mentalmente quella come la domanda tipo di quei giorni.
Lui avrebbe passato un Natale normalissimo, nonostante fosse una festa che lo infastidiva di certo non sarebbe stato deprimente, come affermava lui.
«Ora ti mostro il Natale che passerai tu» e così dicendo si avviò verso il corridoio, facendogli segno di seguirlo.
Mikoto Uchiha, intanto, si chiedeva confusa che cosa ci facessero i due appostati lì fino a pochi minuti prima.
Shisui lo portò in camera sua.
«Che cosa dovremmo scoprire di così illuminante in camera mia? Un letto?» chiese con sarcasmo.
«Sei adorabile quando fai così» commentò leziosamente, per poi chiudere la porta e andare al centro della stanza.
«Siediti» e indicò il letto.
«Cosa?»
«Siediti! Non ti sto nemmeno chiedendo cose difficili, evita di fare il complicato!» e senza attendere che ci pensasse lui, ce lo buttò praticamente sopra.
«Idiota» a quel punto Sasuke si sarebbe già dovuto arrabbiare pesantemente con quel beota, ma non ne aveva più la forza. Perfino buttarlo dalla finestra era una fine troppo gentile per un essere così dannoso per chiunque e qualunque cosa, sassi inanimati compresi.
Lo vide spostarsi velocemente fino alla sua finestra, dove tirò le tende fino a rendere la stanza completamente buia. Si premurò di uccidere letteralmente ogni spiraglio di luce, tirando a destra e a manca la stoffa chiara.
«Apri le tende, idiota» commentò seccato, mentre faceva per alzarsi dal letto.
«No, fermo! Fermo dove sei, ora ti devo illustrare come saranno le cose dopodomani, dopodiché tu trarrai delle sante conclusioni con quel cervellino tarato che ti ritrovi!»
Non riusciva a vedere assolutamente nulla con le tende tirate e la porta meticolosamente chiusa, ma aveva intuito che era dietro di lui.
Perfino Sasuke Uchiha trovava angosciante starsene in una camera al buio con Shisui Uchiha e quello qualcosina forse la voleva anche dire.
«Piantala con questa pagliacciata, apri le tende e vattene» gli intimò, ma l’altro era già partito in carica.
«Dopodomani, Sakura e Naruto se ne staranno insieme a chi diamine gli pare, ma saranno comunque felici, contenti e con la pancia piena di cibo. Si divertiranno, scarteranno regali a gogò e cercheranno un modo discreto per dare a Kakashi-san quel regalo senza che noti quanto schifo faccia l’impacchettatura» lo sentì espirare e tre secondi dopo sentì il materasso abbassarsi di colpo sotto il peso di quell’idiota che si era lanciato letteralmente sul suo letto.
Se glielo sfondava glielo ripagava.
Anzi, rispondeva delle sue azioni dinnanzi a Fugaku, cosa che sarebbe stata ben peggiore per lui. «Di sotto, qui, in questa casa, ci sarà più o meno mezzo quartiere Uchiha, perché a tua madre piace fare le cose in grande e deve far fuori un po’ di tutti quei meravigliosi biscotti che ha preparato. Se ne staranno tutti di sotto a ridere, a scherzare, a mangiare, a scartare ancora regali e a passare una giornata in compagnia, chiaro tappo? Insieme.»
Sasuke non disse nulla, anche perché sapeva che avrebbe ripreso a parlare di lì a qualche minuto. «Sai qual è il punto, Sas’ke-chan?»
«Illuminami» commentò sarcastico.
«Il punto non è cosa faranno gli altri, ma cosa farai tu! Tu sei l’elemento che manca in entrambi i casi che ti ho magnificamente esposto e sai perché? Perché tu te ne starai qui, al buio come adesso, da solo, un quadretto deprimente e con i funghi che ti cresceranno sulla punta del naso! E solo perché a te il Natale non piace, non hai bisogno di compagnia, bla bla bla» batté una mano sul materasso e Sasuke sapeva che, per qualche motivo tutto suo, il ragazzo stava ghignando.
«E che c’entrerebbe tutto questo con il fatto che ho litigato con quei due?» ringhiò con esasperazione, sia perché davvero aveva perso il filo del discorso, sia perché nominare Sakura e Naruto al momento era fonte di grande nervosismo.
«C’entra che tu dai per scontata la presenza degli altri, Sas’ke-chan e pensi che sia qualcosa a tua disposizione, ma se per il secondo caso, ovvero il Natale al piano di sotto, si parla di tuoi familiari che ti conoscono fin troppo bene, il primo caso è ben diverso» lo sentì strisciare sul letto; si voltò appena per guardare in che razza di essere si poteva essere trasformato con il buio quell’essere. Ora che gli occhi si erano abituati al buio, riusciva a scorgere la sua figura, che era stesa scompostamente a pancia in giù e si reggeva sui gomiti.
Avrebbe fatto bruciare il piumone. E i cuscini. E il letto. Magari avrebbe fatto bruciare anche Shisui, così non avrebbe contaminato altro con la sua stupidità.
«Io non do per scontato nulla» mormorò a sua discolpa.
«Ma non dire idiozie! Sakura e Naruto forse, a differenza di Itachi, tua madre e tuo padre, necessitano di qualche segno, qualcosa che gli faccia comprendere che per te la loro presenza conta o hai visto tu stesso oggi le conseguenze delle tue azioni» gli fece presente.
Non c’era bisogno di guardarlo in faccia per sapere che sorrideva beatamente.
«Il tuo Natale presente differisce abbastanza da quello passato, vero? E questo solo perché il tuo atteggiamento è quanto di più distruttivo esista» terminò con zelo e praticità.
Iniziava ad essere davvero inquietante quella versione di Shisui che si fingeva intelligente e faceva la parte dello psicanalista.
«Domani non verranno da te sorridenti, Sasuke-chan, loro ti hanno sempre dimostrato qualcosa!» «Scendi dal mio letto» gli ordinò semplicemente.
Sasuke non aveva la minima intenzione di dare ascolto alle sue baggianate. Non poteva sapere quale sarebbe stato il suo Natale presente, così come non poteva dare giudizi sul suo comportamento; Naruto e Sakura non lo stavano ignorando, avevano solo qualche grave problema a livello mentale. Entro una settimana sarebbe tornato tutto a posto e le sciocche profezie di Shisui sarebbero state solo un incentivo per picchiare meglio quel deficiente, nulla di più.
«Allora, Itoko-chan, hai tratto le tue intelligentissime conclusioni a riguardo?»
«Fuori di qui.»
«Ehi, prima eri almeno un po’ più collaborativo!» si lamentò.
Cos’era, con l’avanzare delle ore e con l’imbrunire diveniva più stupido e più lunatico?
«Le conclusioni, marmocchio, o non me ne vado di qui!» con agilità saltò giù dal letto e si portò proprio davanti a Sasuke, le spalle rivolte verso la porta e le mani sui fianchi, in una perfetta posa da ‘dovrai passare sul mio cadavere’.
Sembrava davvero dire quello?
Le lasciò cadere immediatamente, fin troppo consapevole che Sasuke non desiderava altro.
«Con-si-de-ra-zio-ni, tappo, su tutta questa bella faccenda!»
Ad un trattò un fasciò di luce illuminò la stanza; fulmineo o no, la mente di Shisui non fu abbastanza veloce da fargli comprendere immediatamente che la luce proveniva dalla porta aperta alle sue spalle. E quando la voce che apparteneva a chi aveva aperto la porta parlò, era troppo tardi per buttarsi dalla finestra e atterrare di testa nella neve.
Quante possibilità c’erano che fosse Mikoto-san? O Itachi?
«Le mie considerazioni, nipote, sono che al piano di sotto c’è qualcosa di ripugnante sul pavimento» Mikoto non era così mascolina e Itachi era in missione fino a quella sera; meno una possibilità, usando un eufemismo. «E sicuramente è colpa tua.»
Non ebbe il coraggio di voltarsi, Shisui; aveva lo sguardo fisso dinnanzi a sé e osservava Sasuke, che ghignava apertamente.
Ora Pomodoro-san avrebbe avuto la sua sepoltura.
«Vai a pulire, nipote.»
Si voltò velocemente verso Sasuke: quel ragazzo necessitava di indizi o non sarebbe arrivato nemmeno al piano di sotto solo con i suoi piedi. «Il tuo futuro dipende da teeeee» sibilò con fare enigmatico e vagamente spettrale, una mano di fianco alla bocca per dare più enfasi.
«Adesso
Si voltò lentamente ancora mezzo piegato e la mano vicino alla bocca. «Ce-certo» si ricompose immediatamente alla vista delle sopracciglia pericolosamente aggrottate di Fugaku.
Ovviamente era colpa di nipote. Ovviamente.



Ho davvero aggiornato come stabilito, la cosa mi sconvolge davvero davvero tanto!XD
Itoko significa cugino e non credo ci sia altro da precisare nel capitolo, se non che pomodoro-san merita un minuto di silenzio!u_u’
Non ho altro da aggiungere, se non che il terzo ed ultimo capitolo dovrebbe arrivare domani, ma non ci sperate troppo, probabilmente mi perderò qualche pezzo per strada e lo posterò più tardi!XD
Fugaku Uchiha for president, grazie!u__u’


Natsumi213: siamo decisamente in due ad amare Shisui, assolutamente!u__u’ sono felice che la storia ti piaccia e che la psicopatia di Sasuke non sia sconvolgente!XD Povero ragazzo, ha bisogno di una vacanza… magari con Shisui, va’, o si annoia!XDXD Eccoti il secondo capitolo! Spero ti piaccia!^^
Eikochan: Mikoto secondo me ci ha fatto l’abitudine, o non preparerebbe i biscotti tranquilla tranquilla in casa quando in casa ci sono sia Shisui che Sasuke!XDXD Ma no! Il Natale è bello… ci sono i regali!(: *materialista fino al midollo!XDXD* Grazie per la recensione e spero che il capitolo ti piaccia!^^
  
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