Quando
Red si
incontra con Dragon Age e con la mia mente bacata ahah.
Premessa:
questa storiella che sto per raccontarvi in chiave romanzata
l’ho praticamente
sognata stanotte *D* sono talmente profondamente innamorata di questo
videogioco che la mia mente mi porta a “giocarlo”
anche di notte ahah. Alloraaaa,
gli eventi narrano della protagonista Maya, che non è un
Custode, e non si
svolge ai tempi di Alistair e Co. O di Hawke, ma presumibilmente dopo,
durante
un altro Flagello. Maya però vive nel 21° secolo
come noi, solo che eheh beh si
trova però nel Thedas, non certo sulla Terra e ho rubato
l’idea dai romanzi
Red, Blue e Green di renderla una Viaggiatrice nel Tempo :3
D’accordo allora
buona lettura e non esitate a criticarmi nel caso sia proprio tutta da
buttare
via l’idea strampalata =P
Parte
1
Tentando di mantenere regolare il
respiro, strinsi le
ginocchia al petto, osservando il cielo plumbeo fuori dalla finestra.
La
giornata era fin troppo grigia e buia per potermi permettere di
conservare un
briciolo d’ottimismo per ciò che stavo per andare
ad affrontare.
Mordendomi il labbro inferiore
disegnai dei ghirigori nella
condensa del mio alito sul vetro e mormorai brevi preghiere in cerca di
un
aiuto che potesse infondermi coraggio.
Vivere nel XXI secolo non aiuta e
prepara a quello che mi
stava aspettando, un destino triste e allo stesso tempo amaro, pronto a
rivelare quella che poteva essere la mia fine. Per scrupolo non avevo
avuto
voglia di sfogliare i libri di storia per carpire da essi quale sarebbe
stato
l’esito di tutto questo, preferivo di gran lunga trovarmi ad
affrontare gli
eventi faccia a faccia senza sapere a cosa stessi di preciso andando
incontro.
La nonna, unica persona presente in
casa, era impegnata a
cucire nell’altra stanza perciò non le sarebbe di
sicuro preso un colpo a vedermi
svanire nel nulla, pensai confortata. Sarei voluta andare ad
abbracciarla e
darle un bacio sulla guancia, poi con una punta di terrore sperai di
non
tornare morta, perché sarebbe stato difficile spiegare una
cosa del genere al
mondo.
Inserii data e ora per la
trasmigrazione nel mio cellulare,
che avevo ormai imparato a usare come cronografo per organizzare i miei
viaggi
nel tempo, impostando come visita nel passato cinque ore di spazio.
Chiusi gli occhi, tenendomi stretto lo
stomaco, poi quando
li riaprii caddi col sedere sul terreno molliccio e tre ragazzi intorno
a me
scoppiarono a ridere. C’era anche un quarto con loro
– del
tutto immune alla mia entrata in scena –
di cui a dire il vero mi sfuggiva il nome, ma a mia discolpa potevo
affermare
di non averci mai scambiato più di mezza parola, in quanto
era un tipo
piuttosto taciturno e costantemente con la luna storta.
Lily, una ragazza alta dai capelli
lunghi e corvini, mi
tese la mano assieme a Jimmy, un longilineo elfo magro come un chiodo.
«Dovresti lavorare un bel
po’ sul tuo equilibrio, shemlen!»
scoppiò a ridere Jimmy, dandomi una forte pacca che mi fece
traballare e
ruzzolare di nuovo per terra, facendo scoppiare gli altri in un altro
moto
d’ilarità.
Imbronciata incrociai le braccia sotto
il seno, fingendomi
offesa, poi Jimmy mi prese per il polso, attirandomi a sé e
schioccandomi un
bacio a fior di labbra. Rimasi un attimo interdetta
dall’improvviso contatto
ravvicinato, ma gli sorrisi e lasciai correre l’episodio di
presa per i
fondelli.
Salutai tutti con una riverenza e
dando un’occhiata
all’orologio appurai che mancavano ancora un paio
d’ore all’inizio della guerra
che avrebbe coinvolto l’alleanza tra orlesiani e fereldiani
contro la
darkspawn.
«Bello quel coso, devi
portarne uno dal futuro anche a me, Maya!»
s’illuminò Tammy, il ragazzo di colore che avevo
ormai imparato a conoscere
come uno che si esalta facilmente.
«Te lo regalo»,
dissi, porgendoglielo con un sorriso e
passandogli la mano tra i riccioli neri.
«Davvero?»
sbottò inquieto il
ragazzo-di-cui-non-ricordo-il-nome, facendosi avanti tra gli altri e
osservando
me e Tammy con aria truce.
Biascicai un sì titubante,
stringendomi vicino al ragazzo
dalla pelle scura come per proteggermi, aspettandomi che dicesse
qualcosa, ma
questo invece che preoccuparsi dell’altro si strinse
felicemente il cinturino
attorno al polso.
Il ragazzo-di-cui-non-ricordo-il-nome
grugnì qualcosa
alterato e fece per strappare dal braccio di Tammy
l’orologio, questo
sentendosi aggredito sfilò velocemente una freccia dalla
faretra, puntandola
alla gola dell’aggressore. «Eric sta’
indietro! Non voglio farti del male…»
«Devi ridarlo a lei! Non
puoi tenerlo!»
Eric! Era quello il nome! Bravo Tammy.
Assieme a Lily ci fiondammo a dividere
i due litiganti
prima che si ferissero gravemente, io con le semplici
facoltà che potrebbe mai
possedere un’umano e cioè voce più alta
di un’ottava e uso delle mani e lei
invece tracciò con molto più successo un glifo di
paralisi sul terreno per
impietrirli entrambi.
«Statemi a sentire voi due!
Siamo nel bel mezzo di una
guerra! Che vi salta in mente di arruffarvi come due
bambini?!» sbraitò lei,
agitando lo sguardo da uno all’altro, che paralizzati al
terreno potevano
muovere solo gli occhi. Tammy pareva affranto,
“Eric” ancora più imbestialito.
Non riuscivo davvero a comprendere
quale fosse il problema, stavo solo regalando un orologio a quel povero
ragazzino. Se questo avrebbe potuto tirargli su il morale prima di
affrontare
di petto esseri mostruosi come la darkspawn ben venga.
In silenzio mi affiancai a Lily, che
teneva lo sguardo sul glifo in attesa che svanisse, poi le poggiai una
mano
sulla spalla, cercando di farle coraggio tacitamente, capivo benissimo
quanto
dovesse essere agitata.
Il discendente di Calenhad aveva
voluto sul campo di battaglia ogni uomo o donna in grado di impugnare
un’arma.
A sua detta, cooperare tutti quanti sarebbe stato l’unico
modo di porre fine al
Flagello. Come sarebbe andata a finire però quello era un
mistero. Soprattutto
considerando che avevamo dovuto allearci al nostro nemico –
umano – giurato:
Orlais.
Riflettei che comunque se la mia
epoca sussisteva significava che quel giorno forse sarebbe stato un
successo,
altrimenti non mi sarei spiegata l’imperterrito
‘esistere’ del mio presente.
«Jimmy… tutto bene?» gli
domandai,
andandogli vicino.
L’elfo stava scrutando il limitare
del bosco, dove un folto viavai di soldati si stava avviando alla
brughiera
dove probabilmente sarebbe avvenuto lo scontro.
Gli accarezzai le orecchie a punta e
mi aggrappai alle sue spalle. Pur essendo umana non sono una stangona e
lui per
essere un elfo era invece piuttosto alto, il ché lo portava
a superarmi di un
paio di decimetri.
Scrollò i capelli rossicci
intrecciati al capo, facendo spallucce. Teneva l’arco
impuntato nel terreno e
sul viso era stampata l’incertezza.
«Sì. Mi chiedevo che fine faranno
queste persone… L’intero Ferelden si è
unito per combattere il Flagello,
persino Orlais è qui, ma come andrà a finire? E
se fossimo tutti qua congiunti
solo per essere una preda facile di quelle bestie? Rifletti: due
nazioni intere
alla loro mercé, pronti per essere trucidati in una botta
sola.»
«Non dire così…»
mormorai,
carezzandogli la schiena.
«Tu vieni dal futuro. Cosa accadrà
quest’oggi, da’len?»
m’interrogò, voltandosi a guardarmi con quei suoi
enormi
occhi blu.
Mi sentii una stupida a non aver
controllato i libri di storia. Se per caso fosse andato tutto storto,
avrei
potuto in qualche modo salvare almeno loro, i miei amici fidati. Invece
avevo
preferito far fronte al pericolo, incapace di prevederne
l’andamento
esattamente come loro.
Udii i due attaccabrighe dietro
riprendere il controllo dei propri corpi e continuare a litigare, con
la voce
di Lily che li minacciava di bloccarli per l’ennesima volta.
Gettai una breve occhiata a tutto
ciò che mi circondava, poi confessai di non essere a
conoscenza di quel che
sarebbe stato l’esito di quella giornata.
Jimmy inspirò profondamente, poi
alzando l’arco mi poggiò una mano sulla spalla e
mi scostò dal viso una ciocca
di capelli rossi. Continuò a guardarmi come se volesse dirmi
qualcosa, con la
mandibola serrata, finché non abbassò lo sguardo
e soggiunse:
«Dareth shiral, addio, nel caso non dovessimo vedere
l’alba di domani…»
«O il tramonto», concluse Eric
scontroso, passandoci accanto e tastando il tronco di una quercia poco
più in
là.
Lily e Tammy mi affiancarono,
chiedendomi cosa stesse facendo il nostro compagno dal temperamento
piuttosto
acceso.
«Credo stia cercando un albero dove
appostarsi», spiegai, osservando i rami più in
alto.
In effetti era un’idea che
poteva risultare geniale, da lì
sarebbe stato difficile per le darkspawn colpirci con le armi da
mischia di cui
erano dotati. «Ci saranno sicuramente degli
arceri», bofonchiò Jimmy, come se
mi avesse letto nel pensiero. Essendo figlio di un dalish,
chissà quali facoltà
mentali possedeva che non diceva. «Ma l’idea
può funzionare», aggiunse infine,
raggiungendo Eric, che aveva iniziato ad arrampicarsi per testare
quanto
potessero sopportare i rami della quercia.
«Se saliamo in alto,
dovremmo avere più possibilità di non
essere scovati, no?» disse Tammy, impugnando il suo arco
fatto d’osso di drago.
Gli sorrisi speranzosa, in attesa di
una risposta da
qualcuno di più autorevole, io avevo imparato da pochi anni
a scagliare frecce
e non avevo mai combattuto in una vera battaglia, ne sapevo quanto lui.
«Sì. Ma come
farai se nemmeno tu sarai in
grado di vedere i nemici, hmm?» borbottò Eric
seccato senza guardarlo.
Tammy si zittì un attimo
poi suggerì che forse così avremmo
potuto attaccare solo quelli che si avvicinavano al tronco
dell’albero e almeno
ci saremmo salvati.
Da fifona qual ero non potevo che
essere d’accordo con lui,
ma preferii zittirmi, nel vedere Eric e Jimmy guardare Tammy con
sguardo torvo.
Lily e io sbuffammo, entrambe del
tutto contrarie al
buttare all’aria la nostra vita, poi, prendendo sottobraccio
il povero Tammy,
ci trascinammo insieme verso il nostro personalissimo campo di
battaglia.