Non tutti sono bravi con le parole: quell’insieme di lettere multiforme che creano concetti che sembrano complicati pure per i più grandi. Le parole possono essere complicate, possono essere fraintese, hanno mille sfaccettature e colori che solo con anni di esperienza forse riusciremo a domare, o magari no, non tutti siamo uguali e non tutti abbiamo le stesse abilità, gli stessi modi per esprimerci..
Spesso però le parole sono superflue, gli sproloqui ed i paroloni che usiamo impropriamente possono essere messi da parte, non servono a tutti. A volte basta solo una azione, un atto compiuto con il cuore, un gesto che ha un solo significato, un segno con la mano… o forse più di uno.

[Seguito di On the wrong side of Heaven]
Ripensò al se stesso di due settimane prima, quello che aveva realizzato con otto anni di ritardo quanto Deku gli fosse mancato. Quello che per aver detto un patetico Mi dispiace, e non essere stato rifiutato, si era galvanizzato all’idea di aver stabilito un punto di partenza. Di avere tra le mani un piccolo filo rosso a collegarlo a Izuku.
Quel filo esisteva ancora. Se lo era avvolto intorno al polso fino a stringere abbastanza da creare un solco nella pelle, ma la realtà era ben diversa. Non sarebbe più bastato rendere quel filo una corda per salvare Deku. Aveva bisogno di altro. Doveva vincere.
Una vittoria totale.

“No.”
“Kacchan, per favore! Solo questa notte!”
“Solo questa notte varrà poi anche per altre fottute notti!”
“Kacchan, linguaggio!”
“Non provarci! Parlo come mi pare! E la risposta è no!”
Izuku si impuntò. Per la precisione, si piazzò a gambe divaricate davanti a lui e incrociò le braccia, la fronte corrugata di pieghe testarde.
“Il letto non è tutto tuo.”
“Sul serio, Deku? Credi che sia questo il problema!?”