EFP Fanfiction, storie seguite da Roswind

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Roswind

Membro dal: 18/06/14
Nuovo recensore (3 recensioni)

Diciassette anni, la schiena già piegata a sopportare il peso di tante parole, tanti fogli, tante pagine di diario. Potrei affermare che vivo di parole, ma potrei contraddirmi dicendo che vivo di silenzi. Allora semplicemente dico che vivo di pensieri.

Mi dicono che sono felice, che quando parlo e mi muovo sprizzo gioia e luce. Io semplicemente sto bene con me stessa, ho imparato a convivere con questa anima birichina e forse ancora un po’ bambina. Mi entusiasmo per poco, ma allo stesso tempo i più piccoli errori mi fanno cadere nello sconforto e nella delusione.

Ho un debole per le persone tristi, per questo spesso mi sento oppressa da tristezza e fragilità. Sto nel mio angolino e mi rinchiudo su me stessa lontano da tutti, letteralmente, perché invece quando sono in mezzo alla gente, alla folla, tutte le sensazioni negative vengono spazzate via da una folata di vento.

Il vento. Si può essere innamorati del vento? Io lo sono.
E anche del cielo.
Insomma, sarebbe stupendamente meraviglioso volare col vento tra i capelli nel cielo infinito.
Ah, ecco, vivo di sogni.

“Voli frenati, voli sbagliati, voli voluti, voli perduti,
ma sempre e comunque viaggi suadenti,
insieme o da soli,
con la rosa dei venti.”
(cit. Tiziana Cocolo)

Come fossi niente, come fossi acqua dentro acqua.

- Ultimo capitolo

Mi chiamo Sarah Jane Donough e nell’Agosto del 1980 sono morta in un incidente a soli vent’anni. Trovate che sia triste? Non datevene pena. Non sono andata verso la luce, sono stata trattenuta qui sulla terra nelle vesti invisibili della Morte. Beh, una delle tante Morti in realtà. Ho il compito di prelevare le anime da questo mondo e guidarle verso la luce. Ora è giunto il momento di passare la falce, simbolicamente parlando, al mio successore. Daniel Duroy. Finalmente potrò essere libera.
Mi chiamo Sarah Jane e sono la Morte.

Good old days

- Ultimo capitolo

E lei aveva provato ad indossare meno camicie, a truccarsi un po’ di più e a prendersi meno sul serio, a tornare a casa tardi e bere birra al posto dell’acqua ma non era stato sufficiente. Avrebbe dovuto essere un’altra persona, se fosse stata un’altra persona Harry l’avrebbe guardata con occhi diversi, lei si sarebbe sentita più libera e meno imbarazzata sotto il suo sguardo intenso. Però lei era Juliet Hamilton, l’educata e studiosa Juliet Hamilton, lui invece era un ragazzo che illudeva suo padre, che indossava camicie con le maniche strappate e bandane in testa.

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