Potevo sentirlo.
Tutto.
Potevo sentire la sua paura. Potevo sentire il terrore di essere di nuovo preda di quel denso groviglio oscuro che la stava cercando e, nonostante i suoi sforzi, l’aveva trovata.
Potevo sentire la rabbia, l’odio, il desiderio di vendetta, la disperazione, il senso di colpa a divorare il cuore e il respiro. Potevo sentire la cieca sete di sangue in nome di una qualche giustizia così lontana da dio, così vicina alla dannazione eterna. Potevo sentire la tristezza, il vuoto della solitudine.
Potevo sentire la resa. La rassegnazione di chi si è stancato di lottare e si arrende, davanti al suo destino. Vada come vada.
E poi vidi i suoi occhi. Vidi dentro ai suoi occhi una disperata richiesta di aiuto. Vidi dentro ai suoi occhi tutte le parole che non riusciva a dire. Che non si sarebbe concessa di pronunciare mai. Vidi un infinito, intenso, ancestrale, mai appagato bisogno di amore. Vidi il bisogno stremato e disilluso di essere, una volta per tutte, portata in salvo.
E così lo feci.
Mi gettai in quel groviglio denso e oscuro e lo feci mio. Scelsi di diventarne vittima al posto suo. Scelsi di salvarla. Ascoltai il mio

Può l'accettazione dell'essere innamorati di qualcuno essere un'alternativa migliore all'avere un cuore di pietra?
Possono le cinque fasi per l'accettazione del lutto essere utilizzare per descrivere l'inizio di una storia d'amore?
DAL PRIMO CAPITOLO:
"Perché non le chiedi semplicemente di uscire?" chiese un giorno Henry con la stessa naturalezza con la quale si può parlare del tempo.
"Scusami?"
"Non far finta di non capire. Hai cercato di conquistarla portandole dei dolcetti alla mandorla e miele per buona parte dell’anno scorso. Ogni singolo giorno, mamma." le ricordò il ragazzo mentre con gli occhi fissava il dolce nascosto nella sua borsa, come se la sua stessa esistenza fosse l’unica risposta per qualsiasi domanda che potesse farle. "Ogni. Singolo. Giorno."
"Non sto cercando di conquistare la tua madre biologica con paste o qualsiasi altro cibo per fare colazione... Sono semplicemente gentile visto che Miss Swan dimentica regolarmente di mangiare al mattino e controllare il rendimento dello sceriffo fa parte dei miei compiti. Poi pensavo che fosse quello che volevi tu. Non ci avevi chiesto di essere più civili l’una con l’altra?"

AU SwanQueen
Il sole stava tramontando, all'orizzonte, immergendosi lentamente nel mare. La sua luce, che si rifletteva sulle numerose bottiglie alle sue spalle, aumentava la calura di quel giorno estivo ormai al termine, resa sopportabile dal piacevole vento fresco che, di tanto in tanto, le accarezzava il volto.
Il chiosco, appartenente al resort di lusso situato a poca distanza, nella parte più interna dell'isola, stava per chiudere per lasciare il tempo agli addetti, lei in questo caso, di cenare, prima della riapertura serale, che si protendeva fino a notte inoltrata.
Aveva appena iniziato a disporre i bicchieri su un panno quando udì un voce, proveniente dal lato opposto del bancone, alla sua sinistra.
"Scusi?"

È un’idea così brutta e ridicola che Regina è certa che una sola persona possa esserne ritenuta responsabile. (Biancaneve, chi sennò.)
Ma si impegnerà ugualmente in questa fondamentale missione, perché a quanto pare i burattinai che si celano dietro ad ogni loro azione vogliono lei ed Emma impegnate e distratte da improbabili minacce e in nessun modo libere di dedicarsi ad attività omosessuali.
(O quella storia in cui Emma e Regina devono trovare un nuovo potenziale super cattivo per la sesta stagione della serie tv che è la loro vita a Storybrooke.)
(One shot, SwanQueen.)