E come al solito, puntualmente (e neanche tanto), eccomi qua. Ho riletto più di una volta questo capitolo, ed è stato forse perchè non riuscivo ad accostarci la giusta colonna sonora, continuavo a cercare di leggerlo accostandolo a marce, a caotici tripudi di suoni, a ritmi incalzanti. Ma mi sbagliavo: ciò di cui questo capitolo aveva bisogno era un carillon, insieme a un organo e a un ritmo lento, cullante, cadenzato.
Questo è stato un capitolo... pieno. Scoppiettante di sensazioni, di sentimenti ed eventi, e per me che -lo sai ormai bene- sento tutto sulla mia pelle, è stato davvero come una fiammata, una fiammata potente in pieno petto. Quel bacio, il pensiero di non sapere cosa accadrà a Marco l'indomani, la disperazione e la divisione interiore di Armin, l'affettata cordialità del comandante, di cui è impossibile stabilire se ci si possa fidare o meno, ma soprattutto... ma soprattutto Ymir. La mia splendida, meravigliosa Volpe.
Ma procediamo un passo alla volta, sono ancora elettrizzata e infervorata.
Il risveglio di Jean è stato, benchè traumatico, la parte più tranquilla dell'intera vicenda: è parso che perfino Jean fosse più sereno del solito, quasi come se si sentisse protetto, addirittura, in un posto da cui era già fuggito in precedenza. Come se pensasse che, avendolo fatto una volta, poteva farlo due volte anche senza alcun aiuto. E poi "lo sfigato di Dorsoduro" è più che abituato a finire nei guai, perciò cosa è più azzeccato che essere in una prigione? Eppure lui è sereno. Non pensa a se stesso, alla vita che, in qualche modo, non è scivolata via dal suo corpo; pensa alla Maschera, a Marco, e cerca in cuor suo di cercare, sulla base del poco che sa, di far luce su quanto ha visto e provato. Riesce a farsi strada fino all'armeria guidato da questo pensiero, dal desiderio di verità, dalla curiosità più che dalla voglia di sopravvivere.
L'incontro con Marco. Quello mi ha strappato una risata, una risata nervosa, perchè avevo davvero paura, sentivo l'adrenalina intasarmi le vene, mentre Jean acquisiva la posizione d'attacco. Poi un "clang" ha rimbombato nella mia testa, e sono scoppiata a ridere. Marco è... dolcissimo, adorabile, davvero l'amico perfetto per chiunque abbia pensieri negativi. Lui, che ha visto e vissuto e causato l'inferno negli ultimi anni, ha il volto sereno e il tono rassicurante di un angelo custode. Vuole proteggere Jean dal proprio passato, ma senza nasconderlo. Vuole raccontarlo, ma come se si trattasse di qualcosa di perfettamente banale. Marco sdrammatizzerebbe ogni genere di tragedia, sebbnee sia un personaggio forte, tenace, malinconico e coraggioso, degno d'un thriller, degno d'un romanzo storico. Ecco perchè, in "Vita e Morte a Venezia", è perfetto, e ha trovato la sua giusta collocazione.
E poi quel bacio. QUEL BACIO. Gli occhi mi scorrevano tanto veloci sulle pagine che... in un primo istante, neppure me ne sono accorta. E' volato, letteralmente, leggero, candido, bello e fresco. Ecco, anche quel bacio doveva essere lì, era perfettamente al suo posto.
E infine la collocazione dell'arma di Grisha Jaeger. Conosci la mia ipotesi, ne resterò fermamente convinta fino a che non avrò una prova contraria. Ne sono certa perchè avevo cucito sulla faccia un sorriso illuminato, come quello che ho immaginato sul volto di Jean, Jean che mi ha strappato le parole di bocca: "Maledetto bastardo vanaglorioso" resterà sempre e comunque uno dei migliori epiteti mai affibbiati in una storia, te lo garantisco.
Poi arriva la mia parte preferita.
La mia bella Volpe. La mia Volpe che fa da babysitter a Connie e Sasha, a riprova del suo animo gentile e paziente. Credo davvero che tu non possa comprendere quanto amo il modo in cui parli di Ymir. Dall'essere una disgraziata senza un porto in cui approdare, senza una vita se non una vita da fantasma, da ombra della notte, è passata al far parte di una grande, sgangherata e bellissima famiglia, legata ad altre persone ma finalmente libera, al fianco della donna che ama e che... che la riama, che stringe le sue mani e siede al suo fianco. E' bella, bella in ogni modo in cui una persona può essere bella.
E' meraviglioso il modo in cui è passata dall'incontrare la Maschera sui tetti, lontana dal mondo, nel più religioso dei silenzi, al lasciar varcare la soglia a Marco per vederlo assaltato da dei chiassosi ragazzini piagnucolanti. Ed è meraviglioso il modo in cui, dal lavorare per denaro per coloro che avevano in pugno sia lei che il suo solo confidente, è arrivata a incitare alla vendetta e alla guerra coloro che, queste persone, vogliono vederle morte. E penso che la piccola, bella, tenace, coraggiosa Christa, la Christa che sguaina il coltello e si va avanti verso la porta, la Christa che ha la forza di sorriderle mentre lei non riesce a non essere preoccupata, abbia avuto un ruolo determinante in questo. Sono felice che siano insieme, l'una sotto la protezione dell'altra. Non so come esprimere il mio umore in proposito, sono felice quasi come se mi riguardasse personalmente.
Ah, e il loro "primo incontro" è quanto di più dolce potessi scegliere per loro, l'immagine di Ymir tredicenne, imbrattata di sangue e con il prezioso fagotto tra le braccia, che difenderebbe a costo della vita benchè non ne sappia nulla, è d'una tenerezza disarmante.
Poi Sasha e Connie. Connie che consola Sasha sebbene sia altrettanto ridotto a un mucchietto di moccio e lamenti poco virili, e il cui primo pensiero, una volta rivisto Marco e gettategli le braccia al collo, è chiedergli se toccherà a lui dargli in sposa Sasha. E Sasha che minaccia di usare il cuscino è GENIALE, ti giuro che se ci ripenso mi piego ancora in due! Eppure, nonostante il cuscino, è così... coraggiosa e forte, la mia patatina.
Inoltre, non ho mai tenuto in considerazione questa coppia, prima di iniziare la tua storia. E ora, invece, m'ispirano una dolcezza inaudita.
Il momento in cui Jean e Marco varcano la soglia è splendido, mi ha dato una sensazione di... casa. Ecco, quella che c'era in quel momento era l'atmosfera che vorrei avere nella mia casa. Ymir e Christa e Sasha e Connie e Jean e Marco.. e poi Mikasa e Armin ed Eren, ancora... In una parola, una famiglia. Una famiglia non nell'accezione banale e scontata del termine, no, una famiglia vera, in cui il sangue non c'entra. Ancora una volta, equilibrio. Sono perfetti, tutti insieme, davvero perfetti e impossibili da dividere, come una vera famiglia.
La scena dell'incontro di Grisha Jaeger con il trio è stata pazzesca, a stento sono riuscita a realizzare che quell'uomo è il padre di Eren. Mi chiedo quali pensieri abbiano, loro tre, con quell'uomo così vicino alla loro quotidianità.
Ma non c'è stato neanche il tempo perchè formulassero qualche pensiero a proposito dell'accaduto, perchè...
La guardia cittadina.
Erwin Smith, il suo distintivo e il suo spadino. Mi domando cos'abbiano in mente i suoi, di chi si fideranno, come decideranno di agire... Ma, lo sai, mentre mi fido ciecamente di Rivaille, il Francese, e di Zoe (OH, ZOE), non ho la benchè minima fiducia nel comandante, so che è CIECAMENTE determinato, direi ottuso, e che sarebbe impossibile formulare un piano sensato in sua compagnia.
Prendere in ostaggio Eren e gli altri -mi piacerebbe sapere chi altri è riuscito a catturare- è stato una mossa azzardata, non poteva sapere come Jean avrebbe reagito, ma Erwin Smith è folle, e questo è risaputo.
Il fatto che Jean, in fondo, abbia comunque a cuore Eren è meraviglioso. Credo abbia ben compreso che non ha nulla a che vedere con gli intrighi di suo padre e che, a dispetto dei loro bisticci, può fidarsi di lui. Amo la loro amicizia, il loro rapporto. Ci sarebbe da scrivere papiri soltanto su di loro.
Per concludere, Zoe Hanji.
ZOE HANJI. Ecco, io mi fiderei di lei anche se fosse vestita da guardia carceraria di Auschwitz e volesse farmi entrare in una vergine di ferro a gas, perciò, per quanto la storia verta sempre più su intrighi che paiono indistricabili, la sua presenza mi rassicura. E poi lei ride, e finchè lei ride significa che va tutto bene.
Sarai la mia morte, ma morirò felice.
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