Recensioni per
Pagine di uno spirito distrutto
di Watashiwa

Questa storia ha ottenuto 61 recensioni.
Positive : 60
Neutre o critiche: 1 (guarda)


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Recensore Master
12/06/16, ore 00:26
Cap. 16:

Può sembrare un miraggio ma ebbene, non lo è, finalmente riesco a passare grazie a un po' di tempo libero e alla connessione.
Proverò come al solito a commentare e interpretare secondo il mio intuito immediato ogni verso, perciò partiamo dal primo. Infondere luce a un'ombra è un'espressione che come sempre ha il suo fascino ma bisogna cercare di interpretarla per bene: può forse significare di cercare di rendere più pura e incline al bene la nostra ombra, ossia la nostra parte più oscura che a volte prevale? (Come un'ombra che a volte si allarga per via della luce del sole e diventa più grande di noi, non so se mi spiego...)
Le frasi che seguono mi sono leggermente meno chiare del resto. Forse osservare il mondo dalla penombra, ossia nascosti, è più facile e si ha una visione più completa delle cose.
Oh, ho scovato un errore di battitura! Scomporsa invece di scomparsa. Lo correggerai, vero? In fondo, questione di pochi secondi e si dona la perfezione (oggettivamente parlando, dal punto di vista di bravura, profondità di pensiero e grammatica) a qualcosa che lo merita.
A volte si può arrivare a pensare che sia stato meglio distaccarsi da qualcuno, spesso se quel qualcuno non si rivelato come credevamo o comunque non c'era realmente l'affinità che sembrava ci fosse. Però ovviamente all'altro se non pensava lo stesso fa male e non dev'essere affatto piacevole sentirsi dire una cosa di questo genere, può davvero buttare giù...
Il messaggio successivo, ossia un pensare a come sarebbe stato se ci fosse stata più attenzione, più dialogo eccetera, fa molto riflettere, perché a volte non si dà la giusta importanza a persone che invece ne meriterebbero tanta e le si perde stupidamente. Dal verso finale s'intuisce che questa persona alla fine per te è stata solo un'ombra, cioè una dei tanti, che all'inizio sembrava amica ma era pronta a puntare il dito e giudicare silenziosamente come tutti gli altri. Triste, ma come al solito rispecchia molto la nostra realtà odierna...
Come sempre non è stata proprio immediata da capire, ma quelle parole messe insieme stanno bene, hanno una certa profondità che mi trovo a ribadire quasi in ogni recensione.
Nient'altro da dire, passo alla prossima.
Bye!
-H.H.-

Recensore Master
04/06/16, ore 22:13
Cap. 21:

Ciao! Dopo il tuo gentile passaggio, ho deciso di dare un'occhiata a qualcosa di tuo!
Nonostante questa raccolta sia conclusa, ho deciso di soffermarmi su questa poesia molto introspettiva e riflessiva, caratterizzata da una lieve musicalità e da una scelta minuziosa della parole.
Versi malinconici e desolati desiderosi di rivoluzione, di una battaglia da combattere senza rimorsi o rimpianti.

Possiedi una capacità comunicativa ed espressiva veramente maestrale.
Complimenti!

Buona notte

-Bigin

Recensore Junior
02/06/16, ore 22:37
Cap. 3:

Eccomi di nuovo qua e prometto che questa sarà l'ultima recensione di stasera, passerò poi a romperti in futuro (per non dimenticarmi ho inserito la storia tra le ricordate, che fortuna eh?)
Allora, anche qui purtroppo ho avvertito una certa carenza di musicalità, ma penso di aver ormai capito che il tuo stile è più incentrato al significato, piuttosto che al suono che hanno le parole. Non è una cosa disprezzabile, ma ricorda che spesso anche i suoni possono essere utili a far passare un messaggio, possono dare un particolare ritmo, spostare l'attenzione su una parola in particolare... adesso basta fare la saputella però ahahah
Scusami per questa recensione così poco seria su una poesia invece tanto drammatica e reale e che sul piano del significato ho sentito davvero molto vicina a me.
Spesso per difenderci dalla solitudine e dalla debolezza basterebbe un po' di calore, ma quando esso manca? Rmaniamo disperatamente soli con noi stessi. E a volte c'è anche la paura di stringere nuovi legami, quando manca tutto questo. A che pro? Perché metterci di nuovo a rischio?
Sul piano del significato ho adorato questa poesia, probabilmente se fosse un'opera singola la inserirei tra le preferite.
Spero di non averti infastidito troppo con la mia pedanteria, nel qual caso mi scuso.
A presto,

-Cass.

Recensore Junior
02/06/16, ore 22:22

Come detto poco fa, eccomi alla seconda. Mi sembra giusto lasciarti il mio parere su più di uno scritto, ok, lo ammetto non ho niente da fare e la tua raccolta mi incuriosisce. Passiamo al testo che è meglio.
Stavolta la musicalità è un po' più presente e questo è un grosso punto a favore, si è smorzata appena un po' nel quinto verso, quell' “un sacco”, così diffuso nel parlato, ha smorzato un po' il tono del testo, ma questa sarà l'unica, piccolissima critica, perdonami.
Per il resto questo testo mi è piaciuto molto, soprattutto il significato, lo scontro tra la presunzione dell'uomo giovane che si crede importante, come se fosse in grado di sapere e comprendere tutto (credo che sia una fase dell'età, tutti noi giovani ci sentiamo “onnipotenti” a volte) e la realtà che lo riporta con i piedi per terra, facendogli capire che non sarebbe nemmeno in grado di vivere autonomamente.
Non esiste fuga dalla realtà che ci possa far scappare da questa sensazione di impotenza, come dici bene tu il nostro beffardo destino è proprio questo.
Questo componimento mi è piaciuto davvero moltissimo, sia a livello di suono (come dicevo prima) sia a livello di significato, ho adorato questo paragone spietato tra l'illusione di noi giovani e la spietata realtà.
Bravo veramente.
Adesso passo al prossimo e per stasera smetto di tediarti.
A tra poco.

-Cass.

Recensore Junior
02/06/16, ore 22:06

Ciao, sono qui attraverso lo scambio recensioni di Facebook. Quando ho visto questa raccolta di poesie mi sono detta che dovevo passare assolutamente, dato che adoro le poesie, quindi eccomi qui. Ora bando alle ciance e via con la recensione vera e propria.
La prima cosa che ho notato è che la musicalità non è uniforme in tutto il pezzo, in alcuni punti è più presente, in altri meno, forse perché per esprimere il concetto hai preferito affidarti ad alcune parole invece che ad altre.
L'inizio si apre con la spavalderia diciamo del protagonista, anzi più che spavalderia diciamo che è una forza interiore, un qualcosa che lo spinge ad affrontare la vita con una certa dose di ribellione e coraggio, a discapito delle ingiustizie che il mondo quotidianamente ci propina.
Poi arriva la difficoltà, le cose famigliari non lo sono più, si perde la stabilità.
La tremenda consapevolezza che il mondo è in realtà così, fa tremare il protagonista, ora ha capito tutto, ma la consapevolezza ha un sapore amaro e l'affetto è perso per sempre.
Molto, molto bella.
Ti devo dire la verità, più per il significato che non per la musicalità, di cui ho sentito la mancanza in questo pezzo (per me la poesia è fatta anche di suono, non solo quello, ma di sicuro è una parte importante). Nonostante ciò il mio giudizio rimane positivo.
Passo alla prossima poesia, ci risentiamo lì.

-Cass.

Recensore Master
22/05/16, ore 00:45
Cap. 15:

Visto che abbiamo l'abitudine di procedere due a due, eccomi anche di qua.
Qui hai usato delle parole meravigliose e in un certo senso affascinante, ma è difficile interpretarle così a primo impatto, per farlo è necessario soffermarcisi un po' ed è proprio ciò che intendo fare – e nonostante tutto il tempo che è passato dalla pubblicazione mi ritrovo ad essere la prima.
La frase iniziale mi ha lasciata a bocca aperta, perché non mi aspettavo di leggere mai niente del genere. Pensando agli angeli mi viene in mente la classica figura di bambino innocente munito di candide e folte ali, che in questo caso sono nere come la pece e penso simboleggi che sono stati intaccati dal male. Molto triste come immagine… Sarebbe lo scenario perfetto per il quadro di un pittore di altre epoche (non vorrei sparare una cavolata, Rinascimento magari...?) ma credo sia un pensiero scontato, dato il titolo che hai scelto. Poteva essere un normale quadro, invece un quadro storto sta ad indicare imperfezione, disordine e un leggero squilibrio delle cose.
Insomma, si parla di angeli confusi e morenti... Quegli angeli che hanno sempre donato serenità anche alle anime più ostili. Macabro, davvero macabro, se poi aggiungiamo anche il gelo a cui si è appena accennato ma aggiunge subito un tocco diverso alla scena che si anima nella mia mente, rendendola ancora più negativa e desolata.
Dagli ultimi versi la interpreto in questo modo: questi angeli sono le persone ormai irrecuperabili per una ragione o per l'altra (quelle frivole con cui abbiamo a che fare tutti i giorni magari, o quelle che hanno preso una brutta strada e non riescono più a tornare indietro), che dobbiamo vedere “morire” senza poter fare nulla per cambiare le cose – ed è piuttosto frustrante devo dire. Oppure può segnare il passaggio dall'infanzia all'adolescenza, dove si perdono la bontà e l'innocenza per poi avviarsi in un mondo che sembra emozionante, ma invece è fatto di problemi e sofferenze continue.
Deduco che il protagonista invece abbia ancora le ali bianche perché la sua purezza è intatta e giustamente voglia allontanarsi da quel delirio, mettendosi al sicuro; altresì chiudersi in se stesso, ricercando una pace che ormai in mezzo agli altri non può trovare più. O almeno questa è solo la mia interpretazione, come sai non me ne intendo molto e vado per istinto.
L'aggiunta di un angolo autrice fa presupporre che la raccolta dovesse finire con quel capitolo, o mi sbaglio? Beh, menomale che l'ispirazione ha colpito ancora!
Anche per questa volta non mi viene altro da dire. Perciò alla prossima!
-H.H.-

Recensore Master
22/05/16, ore 00:28
Cap. 14:

Salve, sto sacrificando un poco della connessione che mi resta per continuare il nostro scambio.
Questa poesia stavolta mi ha dato l'idea di essere il testo di una canzone (magari rap!), perlomeno inizialmente. Le rime sono carine e s'incastrano alla perfezione tra di loro; sarò io che mi impressiono facilmente, ma ogni volta trovo incredibile cosa può produrre la mente.
Mi è piaciuta molto, forse perché so anche da esperienze recenti quanto male possano fare delle semplici parole, quanta rabbia e soprattutto quanto squilibrio possano causare, dal momento che turbano la nostra tranquillità e mettono in agitazione, magari per il timore di non saper rispondere in maniera adeguata. Fanno andare fuori di testa, venir voglia di urlare, prendere a pugni qualcosa. Io personalmente non reggo le discussioni “forti” e tempestive senza arrabbiarmi o scoppiare a piangere, perciò come hai citato tu si tratta anche di una paura che si insinua nel nostro cuore. E trovo giustissimo definirlo uno squilibrio innocente, perché quando ci colpisce diventiamo impotenti e sperduti – o almeno, parlo per ciò che ricordo di aver provato su di me.
Dal secondo verso la poesia acquista un significato oggettivo più chiaro, ossia che le parole aspre sono state rivolte al “”protagonista”” da qualcuno che mirava a scoraggiarlo su un eventuale sogno. Mi rispecchio molto anche in questo, perché mi è capitato spesso di sentirmi dire cose poco piacevoli riguardo ai miei sogni che paiono irrealizzabili o alle mie idee che faccio troppo facili. È difficile sostenere lo sguardo di chi ci ha appena detto una cosa cattiva con noncuranza, quando dentro ci si sente sprofondare in un doloroso baratro di vuoto.
Il paragone con il cianuro è particolare e ha il suo perché, dato che è la sostanza velenosa per eccellenza – o almeno rientra tra quelle che conosco io, che sono piuttosto scarsa in materia. Rinforzare le ossa che compongono il torace è un'altra delle tue espressioni che riescono a rendere pienamente una sensazione-un'espressione e ogni volta, immancabilmente, mi colpiscono perché non le ho mai sentite da nessuna parte e bisogna avere molta inventiva per usarne sempre di diversi, senza lasciarsi sfiorare dalla tentazione di usarne di vecchi (non so se mi sono spiegata).
Spero che mi perdonerai per la cortezza, ma dato che sono poche righe già di per sé non penso di avere altro da dire, se non che rientrerà tra quelle della raccolta che mi sono piaciute di più perché ho potuto capirla senza la minima difficoltà in quanto tratta di qualcosa che conosco bene.
Alla prossima!
-H.H.-

Recensore Master
17/05/16, ore 21:37

Salve! Serata di recensioni, oggi. Questa è la mia numero 1100, che il caso ha voluto lasciassi a te!
Ma bando alle ciance, cominciamo. Ti comunico un pensiero: spesso lo do per scontato, ma è davvero sincero il tuo amore per le poesie e il modo in cui le scrivi – non ho mai capito come riesci a sfornarne così tante di qualità. E lo dico perché mi è caduto l'occhio sul numero dei capitoli e mi sono detta che al tuo posto non ci sarei mai riuscita, forse perché non vedo nella poesia questa grande liberazione emotiva e rileggendo i miei versi perdono credibilità e serietà. Infatti la sicurezza, per scrivere poesie, penso sia più importante di quanto si creda.
Chiusa questa premessa (ogni tanto, se noti, ne faccio qualcuna) posso cominciare a commentare la poesia in sé. Ammetto che ho faticato un po' a capirla, ma ovviamente bisogna leggere con cura verso per verso per poter cogliere tutto ciò che esso deve comunicare.
La prima frase, sull'insonnia – se così la si può chiamare in altre parole – del mondo, mi ha fatto chiaramente figurare l'immagine di una strada trafficata osservata dall'alto di un palazzo. Forse perché il traffico è uno di quei rumori che in alcuni posti (riferimenti a una certa casa e delle certe ambulanze puramente casuali) non cessa mai. Vivere un rumore è un'espressione interessante, come la maggior parte di quelle che trovi di solito, d'altronde. Non ho capito però cosa intendessi con artificiali: se fosse stato senza la e l'avrei interpretato rumori artificiali (clacson, scampanellii di negozi, oggetti elettronici, qualsiasi cosa) ma da solo può avere miliardi di significati.
I sogni animano lo spirito: non c'è concetto più vero, anche se forse l'hai espresso in una maniera non molto immediata (perdonami se lo ripeto spesso, ma penso che a volte la semplicità sia meglio e più in grado di far capire a più persone quello che un autore vuole dire). I due versi seguenti li trovo già migliori da questo punto di vista, perché mi sono stati subito chiari: una vita senza sogni sarebbe orribile e dannatamente deprimente.
Le vipere posso interpretarle come un riferimento alle persone maligne e trasudanti d'ignoranza di cui siamo quotidianamente circondati, o almeno, è ciò che mi sembra abbastanza ovvio. Perché è così che fanno le persone: giudicano, criticano, solo per la pura cattiveria di farlo e di ferire quelli più deboli. In un certo senso si può dire che corrispondano perfettamente alla vipera, che però strozza e attacca per mangiare e sopravvivere, non per danneggiare dei suoi simili più deboli. Al contrario nel verso successivo ho immaginato una piccola biscia (sarà che qui da noi nei fiumi dei boschi ce n'è un'infinità ed è un'associazione venutami spontanea, per via della sua innocenza confronto alle vipere) che lotta contro corrente senza arrendersi. Perché è l'ennesimo grido al non volersi arrendere di una persona forte con dentro un mare (perdonami la citazione molto da Tumblr) di emozioni contrastanti nell'animo.
Beh, ottimo lavoro anche questa volta! Non ho nient'altro da dire o segnalare.
Alla prossima!
-H.H.-

Recensore Master
13/05/16, ore 01:07
Cap. 12:

(Già che ci sono, passerò anche di qua, dai).
Ho notato che questa poesia è un po' più lunga del solito, forse la più lunga che hai scritto fino ad adesso, o sarà una mia impressione. Ma va beh, comincio.
L'inizio mi ha ricordato un po' un'atmosfera da teatro, come se fossimo in una sala colma di gente a luci spente, in attesa di vedere uno spettacolo che, a quanto questo presentatore ha annunciato, non è adatto alle persone sognatrici - forse perché rovinerebbe le loro convinzioni, immagino.
Penso che la descrizione di questo spettro, che magari esiste davvero senza che noi lo sappiamo, sia perfetta. Fa immaginare un essere sadico, che gode nel torturare le menti delle persone più deboli, che per quanto intelligenti non riescono a reagire e si lasciano sprofondare in una profonda tristezza. Come abbiamo già detto per altre poesie, la notte è il momento in cui vengono a galla i nostri dubbi, le nostre paure, riflettiamo, pensiamo a come avremmo potuto rispondere durante la giornata ad x dialogo. Perciò è anche il momento in cui una persona debole, per un motivo o per l'altro, tende a mettersi in dubbio. È carino il pensiero che sia per merito di uno spiritello maligno, una sorta di giustificazione, un alone fantasy.
Il paragone dei rapaci è splendido, perché mi ha fatto figurare chiaramente un falco che plana con le sue zampe su una preda indifesa.
Lo spirito è vestito d'argento, eh? Scelta curiosa, perché normalmente si penserebbe al nero, in quanto come si sa è il colore dell'odio, del male; l'argento invece è un colore più elegante, nobile oserei dire, ma non stona affatto, anzi. Forse il nero sarebbe stata una scelta troppo banale.
Al suo arrivo posso immaginare le persone emettere un piccolo gemito, mentre lui s'insinua nei loro sogni, colorandoli di negatività. Può essere anche la spiegazione al perché facciamo brutti sogni: è frequente pensare appunto che sia per mano di qualche entità (quando in realtà è tutto merito della nostra testa e, se avessimo il controllo delle nostre emozioni e le affrontassimo senza paura, potremmo controllarli con facilità).
Ammetto che non mi aspettavo che lo spirito fosse la nullità; inizialmente pensavo che fosse una delle parole cattive che insinuava nella nostra mente, ma così ha tutto decisamente più senso: il nulla è il peggior amico dell'uomo, lascia un uomo da solo e può arrivare a trarre conclusioni poco vere e negative.
L'ultimo pezzo mi suona quasi musicale, molto piacevole da leggere, complimenti. Come al solito sei riuscito a concludere con un certo stile e penso sia scontato dirti che ho amato le ultime due frasi, che sono limpide già da sole e non trovo abbiano bisogno di alcuna analisi.
Bene, ho concluso! Au revoir.
-H.H.-

Recensore Master
13/05/16, ore 00:52
Cap. 11:

(È tardi, "oggi" ho scuola e decisamente non dovrei essere qui, ma non importa.)
Allora, procediamo con ordine. Il titolo, ossia marea, mi ha subito fatto intuire che fosse un bel componimento, perché qualcosa in cui si cita il mare solitamente mi intriga, non so il perché. Beh, ci ho visto giusto! Le rime stavolta le ho trovate molto carine.
Riguardo all'inizio, camminare sulla strada scalzi è un po' inusuale per persone "civilizzate" come noi, mentre magari moltissimissimi anni fa era normale. Poggiare i piedi nudi sull'asfalto sembra una cosa semplice, ma non lo è così tanto: se una persona ci provasse, solo per sentire quale sensazione si prova (sto iniziando a chiedermelo anch'io effettivamente), verrebbe subito additata come pazza. Mi dà l'idea di una persona che vuole mettersi in viaggio, un lungo viaggio, allontanandosi da dove si trova.
Sciarada è una parola molto complessa di cui ho colto poco il significato in generale, ma nella poesia è abbastanza chiaro, in quanto mi sembra che rappresenti un insieme di parole e di conseguenza di idee eccetera. Correggimi se sbaglio (probabilmente).
È proprio veritiero il verso dove si dice che, per affrontare le difficoltà della vita, avremmo bisogno di scudo e spada. Penso sia un verso che nasconde in sé molto più significato, in quanto con la spada potremmo difenderci da chi vuole farci del male (offese, violenze...) mentre con lo scudo ripararci dalle difficoltà e in qualche modo avere una sicurezza di poterci difendere, una garanzia di essere forti. Cose che in realtà non servirebbero e una persona dovrebbe affrontare la vita come gli si presenta, rialzandosi dopo ogni caduta senza aiuti - un po' malinconica come constatazione, a mio parere.
Come quella dell'edera che avvolge, anche quella del mare che inghiottisce esprime una sensazione molto forte, chiara, un'immagine che evoca subito qualcosa di impetuoso. Menomale che il nostro "protagonista" però decide di non lasciarle inghiottire anche i suoi sogni e ambizioni, altrimenti sarebbe perduto, perché sono quelli a tenerci in piedi, la speranza che un giorno potremo realizzare ciò per cui sentiamo di essere portati.
Anche l'ultimo verso mi è piaciuto molto. Perché è vero: quando un'onda s'infrange, c'è un silenzio quasi magico. Il mare è prepotente, immenso e non ha pietà di nessuno, anche se spesso ci facciamo un'immagine decisamente più mite e bella di esso. L'immagine di una persona che riemerge dalla furia delle acque mi ha strappato un sorriso, ricordandomi che è importante non mollare mai mettendo da parte la tristezza e non permettendole di dominarci e farci sprecare del tempo prezioso che ci è stato concesso in questa vita.
Ho cercato di essere un po' più filosofica del solito, spero che ciò ti abbia fatto piacere. Bene, nient'altro da dire.
Alla prossima!
-H.H.-

Recensore Master
07/05/16, ore 14:06
Cap. 5:

Ciao!
Rieccomi su questa bella raccolta! Perché sono di nuovo qui? Confesso di aver adocchiato un paio di storie (Lupin! Oh Lupin!), ma preferisco rimandarne la lettura e continuare con questa tua raccolta di poesie. Trovo che le tue metafore trasmettano più di quanto non sembri, ed è bello, veramente bello, ritrovarsi a riflettere sui vari significati che puoi aver dato mentre scrivevi.
Per questo, come faccio sempre, ti chiedo di dirmi come l’hai interpretata tu stesso, perché è ovvio che io potrei sbagliare, vedere ciò che non c’è. Ma nelle poesie, in genere, si è abbastanza liberi di dedurre, di immaginare, di guardare con i propri occhi e ritrovarsi in certe frasi, per quanto possa essere un modo di vedere che si scosta da quello del poeta (sì, ti ho appena chiamato poeta!).

Sto andando a casaccio, lo sai, ma ho scelto questa dopo averne lette altre tre. Perché avevo voglia di leggere, perché mi sono piaciute, perché ho deciso di fermarmi dove mi sembrava di avere più cose da dire (sperando che poi non siano poche ahahah).

Confesso di non amare l’edera.
Non perché non sia bella, ma perché ultimamente ne ho dovuta togliere tanta… e so quanto possa essere dannosa per le piante a cui si avviluppa. Le sue radici si ingrossano, si incarnano nei tronchi degli alberi, portano, a mano a mano, la pianta a morire.
Mentre l’edera cresce rigogliosa, quasi come un parassita che necessita della morte per continuare a vivere. E no, non lo sto dicendo per chissà quale motivo, ma perché l’ho visto: è vero, a lei serve solo un sostegno, ma nel trovarlo toglie luce e aria alle piante, si incarna, tanto che, nel momento in cui la strappi via, rischi di rovinare la pianta stessa, e offre riparo a vari tipi di insetti. È come se non volesse staccarsi.

Ma perché sto dicendo tutto questo? Non certo per farti una lezione di botanica, non ne hai bisogno. Solo per il senso della tua poesia.
Tu avresti voluto essere edera per qualcuno.
Ho capito cosa intendi, avresti voluto confortare, aiutare, “esserci”. Ecco che torna il perché dell’edera: l’edera avvolge, non si stacca. In questo modo, se ho ben capito, tu avresti voluto essere sempre presente per qualcuno, non perderlo mai, nemmeno in caso di “strappo”. Tu ci saresti sempre stato, pronto ad aiutare, a sorreggere, a crescere insieme.
Lo trovo molto bello.

Nessuno ha scoperto il tuo valore.
In questa frase trovo una certa malinconia mista a rabbia, quasi una sorta di “adesso è troppo tardi, dovevate pensarci prima, dovevate accorgervi della mia esistenza!” Non sto esagerando, perché ci vedo una sorta di voglia di rivalsa, e la rivalsa a me piace.
Ed ecco che ancora c’è il ritorno all’edera: il valore che rimane “ancorato e inchiodato” (quindi un po’ come l’edera quando si “attacca”) alla banalità della vita.

Invece, quando parli della fine della giornata, “con il calar del sole”, sembri riferirti alla FINE, la vera fine, la morte. La conferma arriva più avanti.
Ed ecco ancora l’edera… in questo caso non sei più tu il rampicante, ma ne sei vittima. Vuole strangolarti, un po’ come se si sentissi soffocato da questa vita, da questo periodo nero.

L’amore… l’amore lontano dalle costole fredde e sofferenti. Come se il tuo cuore stesso fosse di ghiaccio, come se dentro di te avessi trovato un riparo, freddo e cupo, contro questa “banalità della vita”.
Una lettera. Una lettera a qualcuno, a cui hai promesso di essere forte.
Allora mi chiedo: perché non potevi essere la “sua” edera?
Ma forse è una domanda troppo personale.

Ecco che ritorna la morte.
Chiudi questi occhi “spenti”, come se già non vedessi più luce davanti a te, come se, nonostante la promessa che hai fatto, non riuscissi davvero a essere forte, e ti limitassi ad andare avanti.
Velenosi di affetto e di morte… In questo caso, invece, l’affetto che non trovi (che ricollegherei alla luce della vita) e la morte camminano di pari passo, essendo per te un veleno. Come se li desiderassi, sapendo però che ti farebbero male entrambi. In modi diversi.
Spero di non aver detto assurdità, se così fosse perdonami, davvero.
Mi piace trovare significati, mi piace leggere metafore, e nelle tue poesie ne trovo tante.
Scusami ancora.

Recensore Master
28/04/16, ore 23:05
Cap. 10:

Eccomi a passare anche di qua!
Stavolta non so se avrò molto da dire, ma proverò comunque a interpretare la poesia meglio che posso. Mi sento un po' sciocca: in quella del capitolo precedente ti ho chiesto se la lunghezza che usavi fosse la stessa e poi vedo questa, che smentisce completamente la mia teoria XD
Riguardo all'inizio, posso dire che a me è capitato svariatissime volte in estate di non riuscire a prendere sonno e rigirarmi nel letto fino all'alba – dopo la quale potevo svegliarmi e accendere la televisione. Penso non sia capitato solo a me ma sia piuttosto frequente nelle persone in generale, magari non storie di distruzione, però chiunque ha usato la notte come momento di riflessione per deprimersi un po', lasciando che le emozioni prendessero il sopravvento e la testa fosse libera di esprimersi. È la notte che ci si sente vulnerabili proprio a questo turbinio di pensieri che produciamo uno dopo l'altro. Però sono anche utili perché appunto ci portano a riflettere su noi stessi, sulle situazioni che abbiamo vissuto nell'arco della giornata e magari anche a prendere decisioni (o riflettere su decisioni sbagliate che abbiamo preso, o su comportamenti che avremmo potuto assumere diversamente, la lista è pressoché infinita).
Tra tutti quei pensieri, come ho detto prima, capita che ce ne siano di poco positivi. Come appunto le delusioni, in cui ci crogioliamo inutilmente sperando cambi qualcosa, ma non possiamo farcene una colpa, perché fa parte della nostra natura umana e altrimenti significherebbe che non abbiamo sentimenti o comunque non li sappiamo esprimere e la considero una cosa abbastanza brutta. Se non si sta attenti in momenti del genere ci si può sul serio mettere addosso da soli un'angoscia tremenda, perché non c'è nessuno a frenarci e consolarci; sono momenti di crescita, dopotutto, ma è terribile arrivare addirittura a pensare che il mondo sia una delusione. Anche se ovviamente non è un posto felice per tutti e ci sono persone che possono dire tranquillamente una cosa del genere.
Andando più avanti ho trovato poetica e stupenda la descrizione del sole, fatta in poche righe ma davvero efficace, cioè che mi è arrivata dritta al cuore. Un sole splendente, un sole che dona positività e può cancellare tutti quei dubbi che hanno attanagliato l'autore coi suoi tiepidi raggi. Perché è così che fa la luce: uccide il buio e ne prende il posto. Sono appunto come il bene e il male, che però devono equivalersi senza prevalere assolutamente l'uno sull'altro. Si presuppone che anche nella nostra vita sia così, ma chi può dirlo!
Credo di aver concluso le cose da dire anche questa volta, ma sappi che nella brevità mi è piaciuta molto: letta nell'insieme è molto carina e la fine, come ho già detto, colpisce molto.
Alla prossima!
-H.H.-

Recensore Master
28/04/16, ore 22:43
Cap. 9:

Ciao! Eccomi qui anche stasera, a continuare la raccolta.
Parto subito commentando la prima frase, che è semplice e diretta ed esprime un messaggio molto importante, ossia che non importa chiunque tu sia, da dove venga eccetera, ma il suicidio è sempre sbagliato. Stavolta ci troviamo a trattare di una tematica molto odierna e da quel che ho potuto leggere si capisce che tu non l'hai mai tentato e spero vivamente che sia così, perché sono d'accordo sul fatto che sia la scelta più sbagliata che una persona possa fare.
Calice della morte più tetra è un'altra delle tue espressioni stupende, che ogni volta riescono a sorprendermi per la loro originalità e immediatezza (nel senso che mi fanno subito figurare in mente qualcosa di ben preciso, perché non potevi trovare parole migliori di quelle).
Anche qui hai voluto giocare un po' con le rime e stavolta me ne sono accorta prima, sarà che ci ho fatto più caso e è il testo più fluido, non saprei dire!
Oh signore, lascia che le tue creature si lascino andare – ho trovato molta profondità qui, perché mi fa pensare a tutti quei tentativi di suicido falliti all'ultimo momento per l'intervento di una persona esterna e con un po' di sanità mentale in più. È come se fosse Dio – sempre se lassù ne esiste ancora uno – a volerli trattenere, perché il loro destino non è ancora compiuto, come se volesse obbligarli a sopportare il dolore di una vita infelice che poi si presuppone venga ricambiato in futuro.
Strisciando nella polvere è di nuovo un termine molto efficace, che mi fa pensare a un uomo che striscia a terra trascinandosi con fatica.
Mi sembra come una specie di incoraggiamento, un modo di spronare se stesso, perché il protagonista è consapevole che qualche volta potrà cedere alla depressione per svariati motivi (d'altronde, a chi non succede?), ma crede con fermezza che riuscirà a rialzarsi. E questo è importante, perché se non si ha noi per primi la volontà di continuare a vivere e rialzarsi dopo una “brutta caduta” tutto il resto è inutile.
Trovo che definire uno spirito insolente sia azzeccato, perché solitamente noi scrittori o emarginati dalla società per futili motivi tendiamo nel profondo di noi stessi a essere un po' insolenti – o almeno è il mio caso e perciò penso di rispecchiarmici.
Da questa poesia emerge come se fosse una forza esterna a dirci di lasciarci andare, a volere che molliamo la presa abbandonando la vita. La parte finale infatti è un'ennesima conferma che il protagonista vuole lottare, perché sa di essere psicologicamente più forte e non vuole lasciarsi schiacciare da nessuno – specie dalle accuse e dai pregiudizi che regnano sovrani.
Una cosa che ho notato è che la lunghezza delle tue poesie è bene o male la stessa, perciò mi sorge spontanea una domanda: ti dai un limite o è una semplice coincidenza?
Prima che mi dimentichi, ne approfitto per dirti che grazie a te ho imparato un'altra parola nuova, ossia invettiva, quella usata per il titolo. Hai un vocabolario molto vasto, non c'è che dire!
Beh, ora penso di non avere nient'altro da dire. Alla prossima! :)
-H.H.-

Recensore Master
25/04/16, ore 22:21

Eccomi pure qua, almeno mi rimetto in pari!
Inizio dicendo che io ho sempre scritto semplicemente alleluia, ma penso che questa sia la versione inglese - e poi suona bene, perciò meglio tenerla così, buona scelta.
Mi è piaciuta un po' più della precedente, forse perché ha espresso un concetto che sono riuscita a capire di più, in quanto è più lampante.
Una persona che grida Hallelujah, un grido liberatorio che sembra venga direttamente dall'anima. Non penso ci fosse aggettivo migliore per descrivere la solitudine: lancinante, come se fosse un dolore, un baratro in cui si sprofonda per nulla piacevole. Una persona sola è una persona a cui rimane poco, perciò giustamente si vuole proteggere quel poco per non rimanere senza nulla.
Ho notato comunque che qui hai cercato di fare tutto seguendo un particolare schema di rime: non dev'essere stato facile, complimenti! Tuttavia non le ho trovate rime molto immediate, perché ci ho messo un po' per accorgermi che tutta la poesia era strutturata in questo modo.
Si è soliti dire nutrire speranze, per cui è una bella idea trasformare la speranza in un pasto, perché una persona sola e affranta di cosa può nutrirsi se non della speranza che la situazione cambi?
La parte del lottatore servizievole non mi molto chiara, spero che me la spiegherai.
La fine è forse quella che mi è piaciuta di più. È facile immaginare le disgrazie e le emozioni negative come un velo che copre una persona. Poi il pensare agli altri, volendo donare questo Hallelujah, questo grido di libertà e di forza, a chi è messo peggio, è molto nobile. Ma come giustamente ai detto ciò lo merita solo chi lotta e non si arrende per far avvenire i cambiamenti.
Vi ho colto molta profondità, come al solito, ma questa aveva un'aria più liberatoria, più intensa. O forse era solo una mia impressione, sinceramente non so :)
Inutile dire che non c'è ombra di errore nemmeno qua.
Spero che mi perdonerai per la cortezza, ma non ho nient'altro da dire!
E nulla, alla prossima!
-H.H.-

Recensore Master
25/04/16, ore 22:00

Ecco qui il famoso capitolo senza recensioni! Beh, adesso non potrà più essere appellato così dal momento che sono qui.
Come al solito ho potuto cogliere molta profondità in questa poesia, che non ha nulla di meno delle altre, infatti mi chiedo perché non le sia stata data la considerazione che si meritava pienamente.
Gonfio di luce è un'espressione che mi piace molto, perché è semplice, ma dice molto. Fa appunto immaginare un corpo che risplende di una calda luce che si propaga.
La frase iniziale sulla vita è un po' enigmatica, ma d'altronde vera, perché dietro c'è un significato molto grande, o almeno per ciò che ho potuto interpretare io. Ossia che dobbiamo essere qualcosa, invece di confonderci o non avere interessi – come la maggior parte dei giovani della mia generazione, purtroppo.
In quelle successive si parla di persone che si allontanano e non credono nei nostri sogni… Che non dovrebbero mai essere definiti sciocchi o in modo negativo, ma in un momento di rabbia o comunque di tristezza spesso si arriva a criticare qualsiasi cosa (noi stessi, soprattutto). Capita spesso, specie se questi ultimi sono molto ambiziosi o lontani dalla realtà che viviamo; ma d'altronde i primi a crederci dobbiamo essere noi, altrimenti non si realizzerà mai niente. Respirare di diversità e di ambizione mi piace come concetto, perché trovo che possa rispecchiarmi, in parte. Una persona che si sente diversa dagli altri di cui è circondata, ma sa che potrebbe fare di più.
Poi il resto della poesia va a parlare di ciò che anticipava il titolo. Penso che anche qui si esprima un concetto molto bello: è rassicurante l'idea di poter far affidamento sulle stelle, così splendenti eppur così lontane, prendendo in prestito un po' della loro luce. Così com'è macabro pensare a una stella che muore, spegnendosi (in questo caso dovremmo figurarla in un bagno di sangue, se ho ben capito). Tutto ciò sembra in qualche modo una rinascita, una persona che si rialza dopo un momento difficile. Figurare una stella ridotta a brandelli è perfetto per questo contesto, per cui mi complimento per la scelta di usare quella parola. Un po' mi dispiace per queste stelle però! Che, a proposito, hai fatto bene a definire silenti e fedeli. (D'altronde una stella non potrebbe mai tradirci).
Riguardo alla grammatica non c'è nulla da segnalare, ma ribadisco che è scontato perché ormai siamo in “tempi” in cui ci prestavi più attenzione. Ne approfitto per complimentarmi della tua originalità, perché non è facile trovare tutte queste espressioni, crearle dal niente. Al posto tuo probabilmente non ci riuscirei, perciò consideralo un bel pregio, ecco!
Non ho nient'altro da dire, per questa volta. Perciò alla prossima!
-H.H.-