Con un ritardo davvero mostruoso (ma tu sai!) mi accingo a recensire anche questa tua bellissima storia, ripresa dal mito della punizione di Loki, che tu come sempre sei riuscita a rendere molto più vivo e “moderno”, soprattutto per quanto riguarda la figura di Sigyn, che nella leggenda è solo una comparsa muta e scontata. Nel mito infatti lei è la Dea della Fedeltà, e veglia il marito perché quello è il suo ruolo. Punto.
Tu invece le hai dato voce e corpo, e l’hai resa una donna forte che rimane al fianco di Loki perché è quello che lei vuole. Ha scelto Loki sapendo ciò che lui era, e vuole rimanergli al fianco, fedele prima di tutto a se stessa e alla propria scelta.
Ho tantissimi spunti in mente, dopo la lettura, e credo non riuscirò a darci un ordine sensato, per cui abbia pazienza se salto di qua e di là!^^
Primo. Il concetto che Loki non sia un Ase nel corpo, ma lo sia sicuramente nell’animo mi è piaciuto moltissimo. Proprio nell’ora della fine, in quei momenti di lucidità spietata che lo caratterizzano, lui implora Thor di lasciarlo morire con onore, come il guerriero che è, e non come il prigioniero che diventerà non appena rimetteranno piede ad Asgard, patria rinnegata, odiata forse, ma sempre bramata, e difesa fino alla fine, fino a perdere tutto.
Sembra una resa quella di Loki, ferito e prostrato, ma credo che in realtà sia la sua ultima, estrema ribellione: scegliere come morire, piuttosto che subire la sorte sicuramente atroce che il dio delle forche gli riserverà. Sorte che Loki intuisce e teme, ma che Thor si rifiuta di immaginare, di accettare. Loki lucido come sempre, piuttosto che, preferisce morire subito, sul campo di battaglia. Thor non riesce ad esaudire questo desiderio, non riesce ad abbandonare la speranza, a lasciarlo andare davvero. Loki ci vede - o meglio vuole vederci - la sua debolezza, la sua codardia in questo gesto. Io ci vedo forse, l’attaccamento a quell'amore fraterno che nonostante tutto sempre li legherà, e la forza di non darsi per vinto mai, l’incapacità di lasciarlo morire. La stessa che alla fine ha animato anche lui stesso.
Secondo. Ho apprezzato davvero tanto il modo in cui hai trattato del supplizio che sta straziando Loki, perché non c’è compiacimento nelle tue descrizioni, ma sono inevitabili e credo necessarie perché loki possa mettersi a nudo. Perso in se stesso, privato dal dolore insopportabile della lucidità e della razionalità che sempre tengono a freno le sue emozioni, galleggia da un pensiero all’altro, in un monologo interiore raramente così sincero.
Non sono mai riuscita a vedere loki come il mostro senza alcuna emozione, ma anzi, l’ho sempre immaginato come un mare ribollente di sentimenti furiosi e contrastanti, che si agitano turbolenti sotto lo strato di spietata razionalità che guida sempre le sue azioni. Ma già i film ci mostrano che quando perde il controllo le emozioni affiorano incontrastate (la scena del “Non è mio padre” e del (chi mi ha rinchiuso”).
Terzo. Sigyn. Ho adorato davvero tutto di lei in questa storia: il suo dolore, la sua pazienza, il suo accettare e comprendere loki anche in quel momento, anche se lui ancora dimostra di non aver capito affatto lei. Anche se – ancora – non può fare a meno di ferirla.
E toccante la convinzione di Loki, la speranza quasi, che lei non sia davvero lì. Che sia solo l’ennesimo miraggio della sua mente che ormai oscilla sull’orlo della pazzia. Perché averla lì al suo fianco, loki lo sa, non sarà un sollievo. O meglio, ora che è troppo tardi, il rimpianto per lei e il ricordo di come l’ha persa, che è riuscito a soffocare per tanto tempo sotto ambizione, rancore, follia, non faranno che aumentare il suo dolore.
Quarto. La forza di Loki, la sua indomabile fierezza, che gli impedisce di piegare la testa e chiedere perdono. Sarebbe la scelta migliore, la più razionale, probabilmente. Che potrebbe forse evitargli il supplizio e la fine indegna. Loki lo sa, ne è consapevole, ma sceglie fino alla fine di non piegarsi. Davanti al Dio delle forche che deve emettere la sentenza, a quel padre che tale in realtà non è, Loki si mostra non come il figlio remissivo che chiede e potrebbe ottenere perdono, ma come l’avversario protervo e arrogante, sconfitto ma mai domo. Firmando così la propria stessa condanna. É il rancore, la fierezza, la voglia di difendere il proprio operato contro un uomo che nasconde la sua meschinità dietro il velo della ragion di stato, che spingono loki al passo estremo. E in questa sua fierezza, nell’assumersi piena responsabilità e consapevolezza delle sue azioni, che sta la sua grandezza.
E alla fine, ci lasci con Loki che ricorda quell'ultima notte, che lo ha tormentato nel profondo ogni singolo istante. Ma che ha fatto, il Dio degli Inganni alla dea della fedeltà, per averla persa definitivamente? E perché lei è tornata?
Mi fiondo subito al secondo capitolo! |