Recensioni per
Advent Calendar 2018
di Hotaru_Tomoe

Questa storia ha ottenuto 121 recensioni.
Positive : 121
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
06/12/18, ore 20:47

Ciao, di nuovo. Dunque, hai ragione questo capitolo è davvero più breve rispetto ai precedenti, ma introduci un qualcosa di secondo me molto importante. Leggendo i primi capitoli avevo faticato a collocare la storia da un punto di vista temporale, inteso come mese dell'anno. Il periodo era invece piuttosto chiaro. Non sapevo però se avevi intenzione di parlare del Natale in senso materiale. Insomma, se l'avessero vissuto al momento oppure se sarebbe rientrato sotto la forma di ricordi o citazioni o metafore (un po' come hai fatto finora). Pensandoci bene, credo che ambientare tutto a Natale sia stata la via più semplice. In una storia come questa credo sia fondamentale non incasinarsi troppo la vita e parlare "metaforicamente" del Natale può essere una problematica non da poco. Quindi, sì, capitolo corto ma importante. Perché introduci anche quello che è lo stato d'animo di John in proposito. Uno stato d'animo che era anche intuibile devo dire. John ha perso sua moglie, sua figlia e ha allontanato il suo migliore amico, ci sta tutta che non abbia voglia di festeggialo. Ci sta che non risponda direttamente alle domande dei colleghi, gilissando con un "non lo so ancora", perché ci sta anche che non abbia voglia di parlare con qualcuno con quanto successo. Quindi la scelta che hai fatto su di lui finora è adatta al cento per cento. Naturalmente è tutto molto angst, ma questo non ci sarebbe nemmeno da sottolinearlo. Quello che invece ora mi sto domandando è cosa succederà adesso. Perché penso che prima o poi qualcosa debba succedere, a livello di accadimenti. Sherlock e John dovranno pur ritrovarsi in qualche modo, ci sarà una strada che li condurrà verso la riappacificazione, verso la scoperta di provare dei sentimenti e non riesco a immaginarmi che cosa possa essere. Leggendo i prompt non sono riuscita a entrare nella tua testa e credo sia anche meglio così, ci sarà di più l'effetto sorpresa. Però devo ammettere di essere davvero molto curiosa, quindi aspetto stasera l'aggiornamento.
Koa

Recensore Master
06/12/18, ore 20:31
Cap. 5:

Ciao, star dietro ai tuoi aggiornamenti non è sempre facile, ma ci tengo a ritagliarmi qualche minuto per lasciarti una recensione e quindi eccomi qui. Dunque, direi che quello che prevale nella tua storia è proprio il freddo. Mentre leggevo ho notato che hai fatto di "necessità virtù", nel senso che, come dicevamo, riuscire a mettere giù in maniera sensata prompt come quelli che ti sono capitati quest'anno non dev'essere affatto semplice, anche perché hanno tutti a che fare con il gelo, con il freddo, con il congelamento... se ai due protagonisti dovessero capitare tutte queste cose, da un punto di vista fisico, probabilmente arrivano al capitolo dieci belli che morti. Ma tu hai invece usato questi agenti atmosferici, chiamiamoli così, in maniera meno letterale e più metaforica. C'entrano spesso e volentieri non tanto con il freddo che c'è fuori, ma con quello che sta capitando nelle loro vite. Un freddo emotivo, emozionale... che c'entra con i sentimenti ecco. Avevamo lasciato John a "zero gradi" a patire un freddo che in realtà non c'è e ritroviamo Sherlock in una situazione molto simile.

Mi piace molto il fatto che tu gli stia facendo scrivere un articolo per il blog, perché è un ottimo pretesto narrativo. Ti aiuta con il prompt, ma ti permette anche di far fare a Sherlock qualcosa di materiale oltre che a pensare e rimuginare su quanto sta accadendo. Si ha la sensazione che Sherlock scriva per non pensare a quanto gli sta succedendo, a un distacco con John che sembra definitivo, ma da quanto si percepisce non gli riesce poi troppo bene. Si distrae di continuo, il che potremmo pensare normale per chiunque, ma Sherlock non è un tipo da distrazioni. Qui invece ne ha eccome, si dimentica del tè lasciandolo troppo in infusione, scrive frasi che non c'entrano nulla con il tema dell'articolo, scrive e cancella... insomma, ha delle evidenti difficoltà a concentrarsi su ciò che sta facendo. E il punto è, ovviamente, John. Ho la sensazione che nessuno dei due abbia idea di che cosa sta effettivamente succedendo tra di loro. Un cambiamento che ha radici altrove e ben più profonde di quanto non vogliano ammettere. John è distratto da altro, Mary, la figlia che non è sua, l'essere arrabbiato con Sherlock... mentre Sherlock si concentra sull'amicizia. Lui è di questo che ha paura, è questo a tormentarlo. Il fatto che John non voglia essere più suo amico e l'amicizia di John al momento conta, ma io credo che conterà sempre, più di tutto il resto. Un sentimento quasi infantile (non nel senso dispregiativo del termine), molto bambinesco ecco. John è stato il suo unico amico, il primo se escludiamo Barbarossa. L'unica persona che l'abbia apprezzato anche e soprattutto per i difetti e ora l'idea d'aver perso tutto questo è per lui terribile, al punto che sembra quasi essersi arreso. E questo è davvero triste se si pensa che Sherlock Holmes non si è mai arreso di fronte a niente, nemmeno davanti alla sorella pazza (che qui non esiste, ma è un discorso che faccio in generale).

Corro a recensire anche il prossimo capitolo così mi metto in pari.
Koa

PS. Mi sa che hai lasciato qualche "tag" aperto perché, nella mia pagina, la parte finale è deformata in grassetto corsivo. ;)
(Recensione modificata il 06/12/2018 - 08:32 pm)

Recensore Master
05/12/18, ore 18:14
Cap. 5:

Il grande gelo, gli zero gradi che creano il vuoto attorno a John, fanno sentire la loro influenza anche al 221b.
Sh, dolorante e sconfitto, cerca di scuotersi dallo stato di shock in cui si trova: effetti di un trauma fisico, dovuto ai colpi di un infuriato John ma, soprattutto senso di grande turbamento nella convinzione che, ormai, per loro due non può esserci un futuro di condivisione, in nome di un’amicizia speciale o di qualcosa di meravigliosamente diverso.
Fa molta tenerezza il cocciuto ricorso alla razionalità che il consulting fa per cercare di ridurre il suo stato d’animo, più dolorante e ferito rispetto al corpo, ad una situazione emotiva controllabile, che faccia il meno male possibile, in poche parole. Ed allora ecco che, molto efficacemente, è come se tu, nella tua consueta capacità descrittiva, riempissi il testo e le nostre orecchie del ticchettio dei tasti del computer su cui le dita di Sh “si muovevano rapide”.
Un rumore sommesso, quasi in lotta con i brividi da cui sono scossi sia il suo fisico sia il suo cuore.
È l’effetto di quell’uragano di rabbia che John ha scatenato al 221b, facendo piazza pulita di tutto ciò che costituiva l’essenza del loro particolare legame.
Nella sua lucida razionalità, che cerca di scansare ed ovviare al rallentamento ed al disorientamento mentale del caos sentimentale ed emotivo in cui si trova, Sh analizza i dati in suo possesso e trae la conclusione che gli sembra più logica, come bene hai espresso tu.
Infatti il consulting sa di aver messo a nudo se stesso davanti a John, in tutta la sua originale umanità, superiore intelligenza ma, soprattutto, non nascondendogli la tragica e malinconica rappresentazione, purtroppo non una finzione, delle sue debolezze, tossicodipendenza compresa. Quindi John ha proprio chiuso con lui.
Un’osservazione sulla tecnica con cui hai scritto questo capitolo, caratterizzata dall’alternanza tra parte narrativa e parte espositiva, in cui riporti gli stralci dell’articolo scientifico di cui si sta occupando Sh.
E le parti in grassetto diventano quasi come un mantra consolatorio che, però, non raggiunge l’effetto anestetico desiderato.
In riferimento al titolo, "brividi" è proprio il filo conduttore di quello che percorre l'atmosfera, non tanto del 221b, quanto del cuore e della mente di Holmes.
È una lotta dura tra ragione e sentimento, tra la sua identità di consulting e di scienziato e quella di un uomo che ha perso la speranza di amare e di essere amato.

La sua razionalità cerca disperatamente di tradurre, in immagini ed in concetti precisi, a lui comprensibili, il suo stato d'animo e i "brividi" sono proprio l'estremo, patetico tentativo di categorizzare, per renderlo meno doloroso, il suo sentirsi sconfitto ed abbandonato.

Comunque sia, nell'ultima frase, hai rappresentato indirettamente, ma in modo davvero forte, quella che è la condizione di un corpo in balia del freddo più aggressivo; corpo che diventa sinonimo di cuore come luogo di sentimenti ed emozioni.
Si può tentare una difesa ma è molto improbabile poter sopravvivere a lungo alla mancanza di calore ed, in questo caso, di John Watson.
 Bravissima.

P.S. Attendo che uno dei due faccia qualcosa per alleviare tutto il senso di freddo che dilaga da queste parti...

Recensore Veterano
04/12/18, ore 23:44
Cap. 5:

Belli anche questi ultimi due capitoli.....in particolare apprezzo il punto di vista di Sherlock.....sono felice che manchino ancora 20 capitoli 😉! Ciao!

Recensore Master
04/12/18, ore 16:22

Ciao, dopo aver letto questo capitolo mi rimangio (in parte) quello che ho detto a proposito del John ubriaco. Mi ero convinta che l'aver bevuto avesse scatenato soltanto la violenza fisica che quella verbale sarebbe uscita fuori comunque. Alla luce di quanto John dice a se stesso qui credo che la cosa sia leggermente diversa. Penso che senza tutto quell'alcool in corpo avrebbe detto ugualmente ciò che pensava, ma in un'altra maniera. Una più ponderata, forse una più da John Watson e sono certa che avrebbe fatto ancora più male di quanto non ne avessero fatto già quelle parole. Diciamo Sherlock può pensare che tanta violenza sia dovuta alla sbronza e passarci anche un po' sopra, non alle parole quanto al modo in cui le ha dette, se invece gli avesse parlato da sobrio... forse sarebbe stato ancora più glaciale e il loro addio davvero definitivo. Qui John si pente di quello che ha fatto, pur restando convinto d'avere ragione, pur sapendo che con Sherlock avrebbe dovuto affrontare l'argomento, inizia a pentirsi di non aver agito in un altro modo. Quello che è indubbio è che John sta soffrendo tantissimo, e questo si vede. E qui a peggiorare le cose ci si mette persino la casa da vendere. Una scelta che in apparenza può esser dettata dalla sensatezza, come il bruciare i vestiti di Mary invece che darli ai più bisognosi, ma che sotto sotto a mio avviso nasconde anche altro. Diciamo che John sembra che agisca per via di un miscuglio di ragione e pazzia, ecco. Ho notato molto simbolismo dietro ai gesti che fa, il bruciare i vestiti di Mary e addirittura le sue foto con Sherlock, dimostrano la sua volontà di andare avanti con la propria vita e di chiudere in modo definitivo. Non ci riuscirà, almeno non con la parte che c'entra con Sherlock. Io penso che una volta scemata tutta la rabbia e il disappunto, John finirà col restare con un vuoto dentro. E penso che capirà che soltanto Sherlock potrebbe colmarlo. Spero che giunga in fretta alla soluzione.

Intanto ti dico che il prompt l'ho trovato usato dalla vero bene. Quei "zero gradi" John li sente dentro. Anche se la sua nuova casa è calda, sente comunque freddo e qui mi rifaccio al simbolismo. Molto indovinato e molto ben fatto.
Koa

Recensore Veterano
04/12/18, ore 15:34

Anche questo capitolo fa molto male. E' triste vedere John che fa piazza pulita del suo passato, senza fermarsi a pensare se c'è qualcosa da salvare. No, è talmente arrabbiato che butta via tutto, chissà se si pentirà...
Però è già pentito di aver picchiato Sherlock e questo è un piccolo passo avanti.

Recensore Veterano
04/12/18, ore 15:32

Questo capitolo fa molto male, quasi quanto la scena all'obitorio dove John picchia Sherlock. Anzi, qui ha meno motivo per farlo, perchè non è che è colpa di Sherlock se Mary ha tradito John! Spero facciano pace presto.

Recensore Veterano
04/12/18, ore 15:32

Che bello, sono contenta che lo fai anche quest'anno. Ero affezionata alle one shots una diversa dall'altra, ma mi piace anche l'idea di una storia unica. E menomale che Mary si leva subito di mezzo.

Recensore Master
04/12/18, ore 12:59

Decisamente il titolo è coerente con quanto si legge nel capitolo, in quanto esprime il vuoto in cui John si trova.
 sd è dal vuoto che Siamo circondati ma anche dal freddo, che nemmeno il calore vivo del camino riesce a trasformare in un'atmosfera vivibile.
Ed è quello che Watson sente intorno a sé, ora che nessuno merita la sua fiducia. Si ritrova, dopo tanto caos, senza una moglie (ma a mio avviso questa non è una perdita straziante), senza una figlia, senza Sh.
E sembra farsi sempre più nitida la certezza che, comunque, ciò che non riesce ad andarsene dalla sua mente e dal suo cuore è proprio chi, secondo lui, ha tutte le colpe.

La "tempesta" di rabbia con cui John ha travolto Holmes a Baker Street ora si è calmata, ma dalle macerie sembra riemergere, nel cuore di John, ancora l'anima del legame tra lui ed il consulting.
Come spieghi in modo dettagliato tu, Sh è diventato il capro espiatorio della frustrazione e del dolore di John, visto che il vero elemento destabilizzante, cioè Mary, ora non c'è più ( e meno male).

Ed è a Sh che i pensieri di John si rivolgono, senza mediazioni razionali di ragionamento, addirittura il sentimento di sconfitta e di delusione è più grande per la fine di quella che John si ostina a chiamare "amicizia", rispetto al marasma emotivo sollevato dalla rivelazione che Rosie non è sua figlia.

No, John, ora che i fumi dell'alcol sono svaniti, sembra rendersi conto che il fuoco della sua ira e, concretamente, del camino che ha divorato anche le foto di loro due, ha bruciato non tanto la sua brevissima vita familiare con Mary e la piccola, ma tutto ciò che Baker Street aveva significato per lui. E cioè la possibilità di ricominciare una nuova esistenza, accanto a qualcuno con cui sentirsi ancora in gioco.
Tutto ciò tu l'hai raccontato efficacemente facendo diventare protagonista il camino e la sua fiamma distruttrice.
Ha distrutto una delle tante identità di Mary, ha distrutto l'illusione di un affetto profondo come quello tra padre e figlia. Ma, soprattutto, ai suoi occhi, ha polverizzato il mondo suo e di Sh.

Quel freddo implacabile che tu fai dilagare, nonostante il vetro riparato ed il calore del camino, dilaga per tutto il capitolo. Sono zero gradi davvero terribili, impossibili da annullare perché John è convinto che nulla più potrà essere ancora origine di speranza per lui.

Lo lasciamo in quella stanza estranea, solo, e l'unica cosa, che sente troppo lontana ed irraggiungibile, è Baker Street.
Un’osservazione sulla scrittura di cui ti sei servita e la cui peculiarità mi si è chiarita ad una seconda rilettura, alla ricerca di qualche eventuale elemento di cui potermi servire per arricchire le mie osservazioni: il testo scorre veloce, senza particolari indugi su aggettivi o avverbi che possano fermarci per entrare di più nel significato. Vedo che è diversa dalla prosa di tue ff precedenti, “I am calling you” o l’indimenticabile “L’ultimo tarassaco dell’estate”, tanto per non dilungarmi nella citazione di vari esempi, in cui il tuo modo di scrivere si serve di pennellate ricche di dati sensoriali.
Il tuo attuale “tirar dritto” mi è piaciuto molto perché l’ho trovato estremamente coerente con il contenuto, in cui predominano il senso di vuoto, di gelo, di deserto sentimentale. Quindi le parole diventano poche, scarne, lapidarie.
Il vetro rotto, la cenere del passato che finisce dritta nel cassonetto,

Anche questo è un bel capitolo, coinvolgente e davvero...freddo, nel senso di un'efficace rappresentazione, la tua, di ciò che possa significare per una persona il crollo di un castello di menzogne e di falsità.
Vediamo domani se ci sarà qualche apertura verso un qualche accenno alla speranza di poter ricominciare.
Da Sh, ovviamente.

Recensore Master
03/12/18, ore 15:44

Ecco, se prima avevo detto che mi sembrava che l'angst avesse un carico minore, mi ricredo subito. Sì, Mary è ancora viva e John non sarà costretto a sopportare di non essere riuscito a proteggerla, non dovrà incolpare Sherlock per averla "uccisa", ma qui succede comunque qualcosa di molto grave. Non è la prima volta che in una tua fanfiction i due arrivano a un punto rottura così drastico e non darei la colpa all'alcool (la colpa a quello la darei per la violenza fisica usata), direi invece che John era dilaniato dall'idea che Sherlock abbia deciso per lui un'altra volta. Nella litigata viene fuori di nuovo la faccenda dei due anni in cui lo credeva morto, cosa che per John non si è mai del tutto chiusa, e in quello che abbiamo visto John non dava di sé l'idea di uno che l'avesse superato. Io non ho mai creduto che ci fosse riuscito e infatti in questo momento di rabbia torna fuori di nuovo l'argomento. E Sherlock è costretto a subire insulti, di nuovo. Questa volta un accenno di reazione c'è, non accetta d'essere paragonato a Mary, non accetta che John pensi che loro due sono perfetti insieme. E infatti non lo fa, però non reagisce nel modo in cui dovrebbe. E questo mi dispiace, perché vuoi per lo spirito di sacrificio e vuoi perché Sherlock non si azzarda mai a nulla contro di John, si ritrova sempre a subire. Beh, io spero che duri poco questa litigata.

In tutto questo mi è piaciuto come hai usato il prompt, in un senso più lato. Sherlock non subisce una vera e propria ustione da gelo, ma è come se gli fosse successo quello. Equipara la sofferenza per la separazione da John come una vera e propria ustione, un qualcosa che fa un male del diavolo e il cui segno gli rimane sulla pelle. Come sempre, Sherlock è davvero molto profondo in tutte le cose che dice e che fa. Spero che John se ne accorga.
Koa

Recensore Master
03/12/18, ore 15:40

Che le "ustioni" di cui parli non siano solo quelle da "da gelo", penso non sia esclusivamente un'impressione mia. Infatti, nelle questioni sentimentali ed in altre che riguardano generalmente i rapporti tra le persone, si dice che c'è chi ne esce "scottato", "ferito" o che tra i due (o più) "è sceso il gelo".
Dunque ci sta proprio il parallelismo tra le ricerche scientifiche di Sh e quello che vediamo John fare al 221b, nel terribile stato d'animo in cui l'abbiamo lasciato alla fine del capitolo precedente.
Egli è reduce dal crollo dell'ennesima certezza: sulla rabbia e sullo sconcerto di fronte alla richiesta di Mary di cambiare vita ed identità, si è innestata l'allucinante verità sulla reale paternità di Rosie, sua unica speranza in un panorama tanto desolante. Ed allora si rivolta, ad incolparlo della sua infelicità, contro Sh, legame con il suo passato, di cui sicuramente lui è ancora innamorato.
Ma, si sa, l'altra faccia dell'amore è l'odio, pari intensità, pari forza distruttiva.
E Sh ne è l'oggetto. Descrivi in maniera cinematografica, mediante una sequenza collegata all'altra, in un magnifico fluire d'immagini, la rabbia e la frustrazione di John di fronte a colui dal quale si aspettava complicità e comprensione, vicinanza e sostegno. Sh è relegato quasi sullo sfondo, impotente ed incapace di comprendere la vera portata della reazione di cui diventa vittima.
In lui già hai compiuto il primo, più graduale, anche se inguaribile, concretizzarsi della metafora delle “ustioni” (“…non avrebbero nemmeno avuto il tempo di dirsi addio questa volta…”) perché sa che sta diventando realtà il progetto di Mary di salvare se stessa, coinvolgendo anche la figlia ed il marito, andando via forse per sempre da Londra.
Sh appare già rassegnato, considera la famiglia Watson-Morstan come una realtà ormai ineludibile da cui si sente tagliato fuori, per ovvi motivi, in quanto il suo indubbio amore per John non può esprimersi in un contesto simile.
Solo che, come si dice, ha fatto i conti senza l’oste”, aiutando Mary a costruirsi un nuovo futuro con John e la piccola Rosie.
In un ragionamento molto IC, che tu fai proprio di Sh, lui non ha alcun dubbio sul fatto che John avrebbe accettato di buon grado, senza esitazioni, la proposta di fuggire verso una nuova identità, anzi, lo immagina già alle prese con i bagagli. Tipica conclusione, questa, della sua mancanza di autostima che non considera l’ipotesi che John Watson sia perdutamente innamorato di lui.
Mi ha trasmesso molta tenerezza l’immagine del suo cellulare, che continua a rimanere muto, che lui controlla continuamente in quanto resosi disponibile a sostenere il progetto di Mary, fornendo ulteriori delucidazioni ad un John che lui immagina tranquillo e già proiettato lontano da lui.
Ma non ha molto tempo per dedicarsi alle sue “ustioni” ed a quelle di potenziali vittime del gelo perché, al 221b irrompe il suo ex coinquilino con la stessa violenza e cieca furia di un tornado. Già dal suo ingresso giù, intuiamo che non sarà una visita di cortesia (“…dei passi pesanti pestarono i primi gradini…”): quei passi che non si posano sui gradini ma li pestano esprimono un’anteprima inquietante di quello che avverrà nell’appartamento.
Ed, infatti, il primo saluto che riceve da John è un pugno “in pieno volto” che lo coglie impreparato e assolutamente disorientato.
È un crescendo di rabbia e di frustrazione quella che, come una tempesta, travolge Sh ed il suo razionale, ma patetico, tentativo di aiutare Watson e la sua famiglia a salvarsi.
Descrivi con efficacia l’accavallarsi tumultuoso di accuse e di atti di aggressione fisica con cui John, furioso, comunica a Sh il suo sdegno, il suo disprezzo nei suoi confronti, la delusione di essere perennemente circondato di menzogne.
A questo proposito, mi voglio segnare una frase che lui “sputa” rabbiosamente sul volto di uno Sh sempre più stravolto e ridotto all’impotenza: ”… Io sono John Watson, non sarò mai nessun altro…”.
Grande, sei stata davvero grande a concentrare in poche parole quello che è tutto il dolore, la disperazione di John ma anche la sua cocciutaggine ed il suo orgoglio. Splendido momento, questo, per il quale hai scelto parole davvero efficaci ed emozionanti.
Ovviamente provo un senso di malinconica pietà per Sh, ridotto ad un cumulo di confusione e di dolore, non solo fisico, ma io non ho mai tollerato quel suo parteggiare per Mary, per esempio espresso anche in HLW, prima dell’arrivo dell’ambulanza al 221b, chiamata da lui stesso. Quel suo dire a John “L’hai scelta tu…”, quel suo giustificare i lati oscuri del carattere della donna e della sua personalità di spietato killer.
Davvero, io qui sto con John.
Mi rimane la patetica immagine di Sh di fronte ai suoi appunti, alla ricerca di qualcosa che anestetizzi la sua solitudine ed il suo rimpianto.
Un capitolo forte, questo, ben scritto com’è tua consuetudine: tu sai scrivere d’amore e di rabbia con la stessa grande capacità di far parlare il cuore dei personaggi.

Recensore Master
03/12/18, ore 15:27

Ciao, di nuovo. Sto notando con piacere che i capitoli sono relativamente brevi. O comunque di una lunghezza ragionevole, non sbrigativi, ma nemmeno troppo lunghi. Direi l'ideale se vuoi riuscire a pubblicare tutti i giorni. Come primo capitolo diciamo che introduce i fatti che verranno e che possiamo ipotizzare c'entrino con Sherlock e John. La decisione di ambientare dopo la quarta stagione potrebbe essere sempre un rischio, perché non sono terreni felici, ma qui hai preso delle decisioni importanti. Mary non è morta, anzitutto. Il che alleggerisce di molto il carico di angst, qui si limita a fare un po' quello che ha sempre fatto ovvero decidere per tutti e basta. John compreso. In apparenza il suo atteggiamento potrebbe essere similare a quello di Sherlock, ma c'è una sostanziale differenza. Sherlock è fermamente convinto che John decida di scegliere Mary e la sua famiglia, perché crede che sia quello che vuole. Forse c'è anche desiderio di protezione, questo è chiaro (d'altra parte stiamo parlando Sherlock!), ma è anche vero che lo vedo come uno fermamente convinto del fatto che John Watson non possa scegliere altro che la donna che ha sposato e con la quale lo vede e crede felice. La realtà è ben diversa e senza andare a fare voli pindarici per tirar fuori delle fanfiction, già nella serie vediamo un allontanamento tra i due, assistiamo a questa Mary che sceglie sempre e solo per decisioni prese da sola e in modo individuale. Fa parte della sua natura, una natura che tende ad auto conservarsi e a calcolare poco chi la circonda. Qui sembra mossa sempre dal desiderio di agire per il bene della famiglia, ma se si va a notare meglio vediamo quel suo solito atteggiamento che a me fa salire l'omicidio. Un po' strafottente, un po' da stronza ecco. Mi fa piacere che alla fine John abbia deciso di non seguirla, la ragione la si intuisce ma nessuno dei due si azzarda a dirla. La verità è che John non vuole lasciare Sherlock, non vuole più vivere senza di lui. Mi spiace un po' per Rosie, non riesco a immaginarla come figlia di un altro uomo (anche se ritengo Mary capacissima di questo e altro ecco).

Corro a leggere il successivo, nella speranza che John non uccida Sherlock! XD
Koa

Recensore Master
03/12/18, ore 15:12

Ciao, qualche giorno fa mi domandavo se ti avrei rivista anche quest'anno per il "calendario dell'avvento" in versione fanfiction e poi l'altro giorno ho notato che avevi rebloggato su Tumbrl proprio lo schema che stai usando. Guardandolo mi sembrava un po' ostico, è molto legato all'inverno e ho notato anche a disagi fisici che possono ritorcersi sulla persona, quindi mi incuriosiva davvero. Mi fa molto piacere sapere che hai deciso di creare una vera e propria long. Le premesse sono davvero interessanti, spero di riuscire a restare al passo con le letture-recensioni. Intanto ci tenevo a dire due cose qui.
Koa

Recensore Master
03/12/18, ore 10:50

Ho trovato davvero molto interessante l'interpretazione che hai dato della "raffica di vento" che, spero di non sbagliarmi, rappresenta i cambiamenti improvvisi e repentini che la vita impone a chi, come Mary, costruisce un modo di essere fondato sulla falsità e sul rischio o, più in generale, la situazione d’incertezza che si annida, latente, nei percorsi di chiunque.
Ancora una volta rimango piacevolmente sorpresa dalla tua inesauribile capacità di usare elementi narrativi di cui, oramai, il fandom è pieno, in quelle che credevo tutte le combinazioni possibili: Mary e la sua doppia, tripla, quadrupla, e chi più ne ha più ne metta, identità, John ed il suo tormentato rapportarsi ad uno Sh che, con la sua finta morte, ha incrinato pericolosamente il loro legame basato sulla fiducia.
C'è anche la piccola Rosie e la sua condizione di bambina non figlia di quello che credeva, senza ombra di dubbio, di essere suo padre; c'è Mycroft e la sua dimensione di potente "tuttofare"; c'è, ovviamente Sh che, per ora, sta sullo sfondo.
L'elemento che, secondo me, non è stato molto frequentato da altri Autori, almeno stando alle ff che ho letto finora, è quello del tradimento di John, che tu invece introduci e che, logicamente, arricchisce di una particolare connotazione il suo personaggio. Che il "conduttore di luce" avesse molte ombre nascoste, lo si intuiva. Ombre che sono prepotentemente uscite nel tristemente indimenticabile pestaggio di Sh all'obitorio in TLD o nell'accettare, lusingato, le "attenzioni" di Eurus.

Il pezzo, in cui Mary mette il marito al corrente della necessità di andare lontano da tutto e da tutti, è intriso davvero di angst.
 Ed è in un'atmosfera livida che fai dibattere un John prima incredulo, poi colpito ed arrabbiato perché la moglie dà per scontato che lui debba seguirla e cambiare vita ed, in seguito, letteralmente tramortito dalla rivelazione impietosa che Rosie non è sua figlia. Rivelazione che prende davvero allo stomaco, tanto più se si considera che non è conseguenza logica di una confessione resa per urgente necessità di essere sinceri fino in fondo con il proprio coniuge.

Infatti Mary usa la sua rivelazione con la stessa violenza di un colpo sparato ad un avversario, mirato con precisione per procurare il maggior male possibile.
La lucidità, con cui descrivi questi momenti molto drammatici, mi ha permesso di seguire con partecipazione emotiva l'impatto che il fruscio di quel foglio, il test di paternità, ha gradualmente su John. E dato che Mary fa riferimento al tradimento del marito ("...ti chiederò di mostrarmi i messaggio aggi sul cellulare...") la piccola Rosie diventa l'arma inconsapevole ma micidiale della spietatezza di Mary.

Mi è piaciuta molto l'immagine del castello di carte, struttura dall'aspetto accattivante nella sua leggerezza e architettonicamente affascinante ma fragilissima ed in balia anche di un piccolo movimento involontario o di un colpo di vento. 
In maniera davvero efficace hai voluto dare a quell'immagine il significato di ciò che tormenta John e cioè, come dice lui stesso, la finzione che lo perseguita. "Ennesima" perché non si tratta solo di tutto ciò che, di falso, Mary porta con sè, ora anche la paternità di Rosie, ma, e penso soprattutto, lui è ancora carico di rabbia e risentimento per il "volo" di Sh dal tetto del Bart's. La prima, tragica finzione che ha avuto come conseguenze l'infelicità, il senso del tradimento, la cocente delusione di aver dato tutto per ricevere in cambio solo falsità.

Ovvio che, alla fine del capitolo, John si precipiti al 221b, ora che i fumi dell'alcol hanno tolto i freni inibitori. Egli ritiene Sh responsabile della sua disperazione e del fallimento della sua vita.

Si prospetta proprio una long molto avvincente, anche se non avevo dubbi, conoscendo ciò che sai fare.

Recensore Master
02/12/18, ore 11:16

Mia cara, per fortuna avevo già visto, prima della rimozione, sia le immagini sia lo schema che avevi pubblicato. Non so se questa recensione sia normale, perché non è che possa lasciare osservazioni sul tuo modo di presentare la storia, ma voglio comunicarti che sono contenta che, anche quest'anno, tu ci voglia regalare un'altra tua chicca natalizia. Molto suggestiva la tua decisione di non costruire un mausoleo per Mary, meno la si mette in risalto meglio sto.
Se c'è angst, meglio, servirà a farci gustare di più i momenti più rassicuranti e natalizi che vorrai regalarci.