Recensioni per
San Martino di Livonia
di Old Fashioned

Questa storia ha ottenuto 63 recensioni.
Positive : 63
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
08/04/22, ore 16:19
Cap. 3:

Caro Old, finalmente sono riuscita a recuperare un'altra tua storia da leggere che come al solito è una garanzia di qualità, infatti eccomi qui a commentare dopo aver ultimato la lettura ^^
Mi son dedicata a questa storia, dopo che mancavo un po' dal tuo account, seguendo il "filo del Nord", diciamo: dopo aver letto dei pirati nordici con l'emblematica figura di Klaus Störtebeker, non potevo che essere incuriosita dalle crociate del Nord di cui ammetto con vergogna non so assolutamente nulla. Infatti questa storia è stata una scoperta: ero completamente all'oscuro della crociata in Livonia, della guerriglia tra l'Ordine teutonico e i Samogizi. Non sapevo proprio nulla anche dei Samogizi. Quyanta ignoranza! Ma per questo anche si legge, penso: per acculturarsi. Quindi è stata non solo una lettura piacevole, ma anche istruttiva, che mi ha aperto una porta su una pagina della storia di cui non avevo contezza.
Parlando della storia in sé, una cosa che apprezzo sempre dei tuoi lavori storici è l'accuratezza non solo del contesto in generale ma dei tanti dettagli che danno concretezza al racconto, ma soprattutto delle personalità che dipingi. Non mi sembra mai di leggere personaggi anacronistici: ti cali perfettamente nella mentalità del tempo che stai raccontando. Qui per esempio stiamo parlando di una popolazione autoctona che viene forzatamente convertita (o almeno ci provano), un atto che per un contemporaneo è violento e ingiustificabile, ma sappiamo bene che per tutto il Medioevo ma anche più avanti (basti pensare alla conquista dell'America o l'evangelizzazione dei popoli orientali) i cristiani quello hanno fatto: andare lì in terre lontane, che avevano altri riti, altri dèi, e imporre la loro fede e il loro modo di vedere le cose. Allora non c'era spazio per il relativismo culturale figuriamoci per quello religioso e quindi ho trovato del tutto azzeccato come si muovono i personaggi di questa storia, a partire dal protagonista, che è un "buono", alla fine, considera i pagani non dei mostri ma degli esseri umani come lui, ma non arriva al punto di mettere in dubbio l'opera dei suoi confratelli, al massimo mette in dubbio la sua fede. Considerato il suo vissuto, l'educazione ricevuta, il contesto, sarebbe stato anacronistica, troppo "moderna" una reazione diversa, però è stato bello vedere la sua umanità che, in mezzo a tutti quegli orrori, riluce come una gemma, un vero miracolo, per restare in tema.
Mi ha commosso il finale con il ragazzo e il morello e ho apprezzato tutte le scene di battaglia. Vorrei saperle scrivere io così xD Sono avvincenti e misurate, non si ricava mai una sensazione di confusione anche e soprattutto quando descrivi scene caotiche, come è normale avvengano in battaglia. Mi è piaciuto poi molto Ullrich, l'ho trovato un po' la voce disincantata della storia, più scafato e meno idealista di Reinhardt, un po' una figura da fratello maggiore. In ultimo, ho apprezzato tantissimo, ma lo immaginerai, le descrizioni: questo paesaggio innevato contro il cielo color grigio piombo, nero, bianco, grigio, tutti colori puri che si arrossano nel sangue appena arrivano i tamburi di guerra. Un paesaggio essenziale e suggestivo, un inferno bianco che non può che inquietare e affascinare. 
È sempre un piacere leggerti e lo è ancora di più quando mi fai scoprire cose nuove ^^ 
Ti mando un abbraccio e, visto che ci siamo, auguri di buon weekend!
Prim
 

Recensore Master
14/09/21, ore 12:39
Cap. 3:

Ciao Old Fashioned,
finalmente vediamo come il titolo, San martin di Livonia, sia collegato con fratello Reinhardt e il suo generoso gesto di privarsi della cappa a favore del giovane pagano emarginato.
Le scene della battaglia notturna sono pregevoli, e la tecnica messa in atto dai Samogizi è molto intelligente. La fiducia dei cavalieri li ha portati a ignorare la tattica, confidando che la loro presenza ben visibile anche di notte avrebbe scoraggiato ogni tentativo di aggressione. Alla fine, il ragazzo ha ripagato con gli interessi il bene che gli era stato fatto. Tutto per il bene del cavallo, naturalmente.
E' interessante il proposito di trasformare questa storia in una long fiction, sono certo che sapresti farlo in modo eccellente e ampliare in modo organico questa panoramica su un periodo storico poco noto ai più.
MaxT :)

Recensore Master
13/09/21, ore 11:45

Ciao Old Fashioned,
la descrizione di questa guerra feroce, in un ambiente che ora è imbiancato dalla neve fino a richiamare i mantelli dei cavalieri, è assolutamente efficace. La trappola rappresentata dagli acquitrini nascosti, la minaccia proveniente da boschi e sterpaglie, l'odio dei nemici che mandano avanti donne e ragazzini sono resi in modo vivido attraverso gli occhi dei cavalieri teutonici. Dopo esserci abituati a vedere l'occupazione dal loro punto di vista, risulta perfino sorprendente l'obiettività delle brevi, ultime frasi di fratello Ulrich.
Ottimo lavoro, come tuo solito.
A presto
MaxT :)

Recensore Master
10/09/21, ore 13:53
Cap. 1:

Ciao Old Fashioned,
faccio fatica a trovar parole per commentare adeguatamente questa tua opera. In primo luogo per me è una rivelazione dal punto di vista storico, in quanto, mea culpa, non ho mai avuto le idee chiare su come fosse stato il medioevo nel nordest europeo, e il nome e la collocazione dei samogizi mi erano del tutto incogniti.
Dopo questa ammissione di ignoranza, devo dire che la qualità della scrittura e delle descrizioni è sontuosa, con l'utilizzo di termini ricercati come 'barbaglii' e atmosfere che potrebbero ispirare più di un pittore.
La storia ha riferimenti storici e geografici di alto interesse, e la resa della mentalità di un cavaliere teutonico e del suo sistema di valori mi sembra ineccepibile. Lo dico senza l'intenzione di sottoscriverla perchè questi pagani samogizi, in quanto originali padroni di una terra sotto un giogo straniero, hanno le mie simpatie per la loro ostinata resistenza. Poi, magari, faranno certamente del loro per alienarsele prima del terzo capitolo della storia.
Alla prossima
MaxT :)

Recensore Veterano
24/06/21, ore 16:43
Cap. 3:

Questo racconto possiede un retrogusto da Leggenda Aurea, è il trionfo della carità.

In un mondo così senza speranza né redenzione come ci hai descritto la Livonia, questo miracolo brilla ancora più forte, specialmente perché il buon Reinhardt riesce, dopo sfottò dietro sfottò, ad avere l’ultima parola, dimostrando di possedere uno spirito più osservatore ed essere un miglior giudice di carattere rispetto ai suoi confratelli, malgrado le loro consolidate conoscenze del territorio e dei Samogizi. Insomma, l’ultimo arrivato che ha superato tutti! Comunque, piccola gioia, non faccia l’imbronciato (e qua me lo immaginavo quasi con le guanciotte gonfie mentre si ripeteva, che aveva compiuto un gesto onorevole): non lo sa che i santi, almeno una volta nella loro vita, si sono sempre beccati i lazzi altrui, nonché accuse di poca stabilità mentale? È sulla buona strada, dai!

Secondo me, se all’inizio i Teutonici avevano giudicato “l’affetto” di Reinhardt verso Curo/Martin come un segno della sua grande ingenuità, forse dopo lo credevano un atto o d’ostinatezza tipica del Bastian Contrario, oppure di vanità. E magari per questo lo hanno deriso appellando “San Martino di Livonia”, per un gesto, poi, che effettivamente in quanto monaci-guerrieri non dovrebbe sorprenderli. Sono queste piccole contraddizioni dell’animo umano, che mi hanno reso molto intrigante la storia, nonché le scene al limite dell’apnea della battaglia, dall’assalto e l’incendio fino al viaggio mistico nella palude, con Curo/Martin quasi trasfigurato in un angelo custode.

Se posso condividere una mia interpretazione, credo che sia Reinhardt che Curo/Martin siano i “San Martino di Livonia”: Reinhardt, per il più palese riferimento al dono del mantello al povero mendicante infreddolito; Curo/Martin, invece, fa riferimento al sogno che San Martino ebbe a seguito della sua opera di carità. Il santo, infatti, vide Cristo rivestito del mantello donato e rivolgersi così agli angeli: “Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito”, come per dire che, pur non conoscendo la dottrina cristiana, tutti sono capaci di un gesto di bontà e così è stato per Curo/Martin. Non è rimasto indifferente, quel gesto, in apparenza deriso quasi uno spreco, quel piccolo chicco ha germogliato e portato frutto, ha fatto breccia nel suo cuore, portandolo ad una piccola conversione ché i nemici difficilmente si aiutano. Certo, ci vorrà del tempo affinché il piccoletto si converta totalmente, però ha compreso e vissuto il lato meno violento di quella nuova religione portata dai Teutonici. Gli è stata tesa una mano senza pregiudizi da una persona che ha visto lui, Curo, non un Samogizio, non un mendicante, non un nemico.

Se deciderai d’approfondire questo delizioso racconto in una long, ben venga!
Ancora complimenti, è stato un piacere leggerlo e chiedo venia per la lunga attesa.

H.

Recensore Veterano
08/06/21, ore 21:43

Esordisco questa recensione da un particolare che m’ha piacevolmente sorpreso: l’uso preciso e attinente di vocaboli relativi alla scherma. Potrebbe sembrare un vezzo mio personale, ma questa disciplina m’ha sempre appassionato e pertanto è una gioia (oltre che istruttivo) leggere testi, dove non ci si limita ai soliti “fendenti”. Poi tu concludi con questa chicca: “Dopodiché si raddrizzò ansante e si guardò intorno con l'aria di un toro infuriato che non trova più niente da incornare” e niente, finisco al tappetto. Ti confesso però che un pelino m’ha fatto ridere, associando l’immagine del povero toro deluso quanto il cavaliere che, sotto-sotto, in un altro avversario ancora ci sperava.

Il capitolo l’ho letteralmente trangugiato, gli hai conferito un ritmo incalzante anche nei periodi “morti” (giusto per farci prendere fiato, prima di finire nuovamente in apnea) che invogliano a leggere sempre di più. Stranamente, ho trovato più ansiosa la scena dell’agguato ai contadini rispetto allo scontro frontale coi Samogizi, forse perché i Teutonici in quel frangente sapevano cosa aspettarsi e quindi non dico avessero già la vittoria in tasca, però avevano certamente più dimestichezza in battaglie del genere, rispetto a scaramucce improvvise dove dovevano, secondo me, salvare la vita altrui oltre che alla loro. Efficace tattica, però, quella dei Samogizi di squarciare il ventre del cavallo dal basso, sebbene pericolosa e quasi uno spreco, un cavallo vivo fa sempre comodo (dopo aver ammazzato il cavaliere, ben inteso).
Inutile dire che ho provato un sacco di pena per quella povera famigliola e i loro compari alla fattoria, specie per i bambini: la crudeltà e le sevizie sono vecchie quanto l’alba dei tempi, dure da digerire e che giustamente istigano sdegno e sete di vendetta. Ciononostante, erano anche la realtà in tempi di guerra, per quanto vergognose e poco onorevoli. Ma pigliarsela contro i bambini proprio mi fa ribollire il sangue di rabbia, anche e soprattutto quando vengono usati come carne da cannone, capisco lo sgomento di Reinhardt.

E a proposito del buon cavaliere monaco. Già mi aveva lasciato una buona impressione nel primo capitolo, adesso confermo che, come personaggio, mi piace, anche se, finora, non so se abbia fatto sul serio un buon affare a venire in Livonia: lui vive di ideali troppo cavallereschi e soprattutto veramente cristiani; i suoi colleghi, mi dispiace dirlo, con quel “occhio per occhio” non si differenziano da un qualsiasi soldato o mercenario. Ho trovato molto realistico e umano la sua resistenza dall’adeguarsi al 100% alla logica degli altri cavalieri, specie in rapporto a Curo, che non so perché mi sta veramente simpatico, piccola canaglia. Certo, si potrebbe dire che Reinhardt soffre un po’ della sindrome “Ma perché vogliono stare peggio, quando grazie a noi possono stare meglio?” però almeno lui la fa per motivi disinteressati, nel senso che non agisce per doppi fini politici. Azzeccatissima, poi, la riflessione su Dio che secondo Reinhardt lo sta mettendo alla prova a modo Suo: anche senza scivolare in complessi dibattiti teologici, la componente della religione deve esserci in questo periodo storico. Poi magari c’era chi ci credeva di più, chi di meno e chi interpretava a modo suo. Ma la religione c’era e giustamente Reinhardt si chiede i come, dove e perché del suo agire presente e futuro in un’ottica rigorosamente cristiana. Altro che il film “Le Crociate”, tzé!

Comprendo che i Teutonici rampognino Reinhardt a fin di bene, hanno visto letteralmente le streghe e sanno che la misericordia non è un concetto contemplato in quelle lande. Ciononostante, Reinhardt continua a vedere i Samogizi come essere umani, un po’ duri di comprendonio, però non al di là di ogni redenzione. Allo stesso tempo, però, non si sottrae dal suo dovere e quando c’è da combattere, combatte. Casomai sta male dopo, come quando medita sulla giovane vittima. E a proposito, ho trovato molto “delicato” il gesto da parte dei cavalieri di seppellire il nemico senza indagare sul suo sesso, un accertamento, a mio parere, inutile e svilente poiché ormai morto.

Bene, manca un capitolo per concludere questa storia. La Livonia ce l’abbiamo e ora manca solo il “San Martino”: non vedo l’ora di scoprire come si inserirà!

A presto e complimenti per la ricostruzione storica!
H.

Recensore Veterano
07/06/21, ore 18:06
Cap. 1:

Di questa storia mi ha attirato subito il contesto storico molto “originale”, nel senso che si distacca dalle solite vicende storiche proposte in questa sezione. La novità mi piace, così come imparare nuove nozioni e decisamente le Crociate del Nord è un argomento di cui si è sentito davvero poco. Le poche imprese belliche nordiche che conosco, lo ammetto, si limitano a quelle di Aleksandr Nevski. Una piccola domanda: esattamente in che anno è ambientato questo racconto?

I personaggi sono davvero ben delineati, calati perfettamente nel contesto storico, esenti dalla pericolosa insidia di modernizzarli per suscitare maggior empatia nel lettore. Ci presenti la Livonia in tutto il suo splendore selvaggio, un luogo pieno di tensioni tra due mentalità totalmente opposte. Ci credo che il povero protagonista fosse spaesato! Giustamente, non c’è amore tra i Samogizi e i Cavalieri Teutonici – ognuno per le proprie ottime ragioni, accusandosi vicendevolmente di etnocentrismo. D’altronde, bisogna considerare che i Cavalieri, per quanto monaci, comunque fossero dei militari, ergo che avessero una concezione meno pacifica rispetto agli altri missionari, seguendo un po’ il modello carolingio di evangelizzazione. Poi sono umani anche loro, dopo aver constatato quanto con le buone non si ottenesse nulla, d’accordo essere cristiani ma fessi no e dunque mi sembra più che giustificata la loro diffidenza verso i pagani, tutt’altro che innocenti figli dei fiori.
Leggendo le prime righe, ho avuto una sensazione tra “Sleepy Hollow” e i film western di Sergio Leone. Hai reso molto efficacemente l’aria tesa e soffocante, quasi ci si dovesse aspettare un’imboscata ad ogni angolo. La natura stessa, infatti, pare far da complice ai Samogizi e quest’ultimi, stando ai racconti di Mathias, non si fanno scrupoli di giocare sporco se significa far contenti i loro dei e liberarsi degli “infedeli.”

Passando al protagonista, Reinhardt, è qui la mosca bianca del gruppo, rappresentato come un cavaliere desideroso di mettersi alla prova dopo mesi di inattività e dunque dall’animo relativamente “fresco” rispetto ai suoi compagni più veterani. Credo che l’episodio della carità al mendicante sia stato un accorgimento perfetto per descrivere le diverse realtà da lui vissute: da una parte il mondo urbano e cosmopolita di Venezia, organizzato da regole ben precise cui ci si attiene e dall’altra il mondo selvaggio della Livonia, dove non dico ognuno per sé e Dio per tutti, ma siamo quasi lì. Quel pane, che nel mondo da dove veniva Reinhardt non poteva essere se non un’azione degna di lode, qui è addirittura ridicolizzata come follia dal suo confratello, al limite di contraddire la dottrina cristiana e il concetto della stessa virtù teologale. Naturale è poi la sua confusione, quando Reinhardt ripensa all’espressione di Curo – riconoscente e contenta – e la confronta con i racconti di Mathias, che descrivono i nativi alla stregua di bestie sanguinarie. Emblematico poi “la distanza a lunghezza di spada”, che bene esplica la pericolosità dei reticenti pagani Samogizi. Eppure, io sono dell’opinione che una buona azione, anche in maniera contorta e inaspettata, produca sempre un’altra azione buona, mentre il male chiami altro male. Vedremo poi nel corso di questa storia chi avrà avuto alla fine ragione, se Reinhardt o Mathias e il resto dei Teutonici. Intanto il nostro protagonista sembra ambientarsi bene al castello, ritrovando quel rigore che sentiva di aver perduto e anche un certo cameratismo. Chissà se avrà anche modo di distinguersi per il suo valore militare piuttosto che per i suoi gesti “bizzarri”.

L’unico punto che un po’ mi ha perplesso (rimane una mia impressione, però, e spero che tu non t’offenda se ho capito male) è stato come hai presentato Venezia, una sorta di novella Bisanzio dedita al lusso e alla mollezza, quando invece in inarrestabile ascesa sia economica sia militare, che comportava un impegno in prima persona dei suoi cittadini, indipendentemente dal ceto sociale, fedeli alla massima paolina “chi non lavora, non mangia.” I Veneziani non saranno stati un popolo esclusivamente guerriero, ma di certo non vivevano nell’ozio né avevano timore di affrontare le scomodità ed i pericoli della guerra e delle mude. S’incoraggiavano i giovani nobili a prendere il mare affinché, cito: “s’induriscano alla fatica e alla sofferenza e sappiano esporre la loro vita per la difesa della patria”. Quindi di “volontà adamantina” i Veneziani ne erano pieni, testimoni i tentativi falliti dell’Impero e degli altri stati di sottomettere Venezia sin dai tempi di Albiola. Infine, la città del XIII secolo era ben lungi dall’essere quella elegante di marmo del Sansovino (e lo attestano i numerosissimi incendi) e l’ostentazione del lusso era un’accurata strategia politica per stupire e intimorire gli ospiti importanti, mostrando la propria potenza, in una sorta di programmata schizofrenia poiché nella vita quotidiana, invece, si viveva piuttosto spartanamente e questo per non suscitare invidie, rancori e dunque disordini tra le varie classi sociali, dovendo infatti convivere il ricco con il povero gomito a gomito.
Forse per gli standard e le aspirazioni di Reinhardt, ugualmente i Veneziani vivevano troppo “comodi” e per questo si è stufato. Ho provato anche ad interpretare il suo giudizio basandomi sul fatto che, essendo lui uno straniero, non è da escludere che i Veneziani lo abbiano tenuto lontano dalla loro sfera privata: come i Samogizi che non vogliono aver a che fare con i tedeschi, i Veneziani, pur non sacrificando nessuno agli dei, erano sì molto prodighi verso l’ospite ma al contempo diffidenti e distanti nei suoi confronti e non davano, infatti, molta confidenza.

Piccola parentesi a parte – di nuovo, se ho capito male, chiedo venia - questo primo capitolo mi è molto piaciuto e siamo davvero curiosi di vedere come si evolverà la situazione in queste lande di Livonia.

A presto,
H.
(Recensione modificata il 07/06/2021 - 06:17 pm)

Recensore Junior
12/07/20, ore 17:00
Cap. 1:

Ah, che meraviglia, le crociate in terra baltica!Mi piacciono quelle terre, sono fantastiche, con un fascino misterioso e fiabesco
Se da un lato i teutonici non avevano il diritto di andare ad evangelizzare i pagani, dall'altro l'Estonia e la Lettonia, per come le conosciamo ora, sono state create letteralmente da loro. Come avevo scritto nell'introduzione della mia storia horror(a proposito, ho ripreso a scrivere dopo mesi, ci sarà una settimana di grandine!), per 800 anni i tedeschi hanno avuto il monopolio culturale, economico , militare e politico in quelle due nazioni, i lettoni e gli estoni rappresentavano le fasce più basse della popolazione, ma questo non significa che fossero trattati male. E si è visto nel 1941, quando accolsero gli ex padroni tedeschi come eroi liberatori
Tutto ciò per dirti che il ragazzino ha fatto un buon affare ed era meglio adeguarsi al governo tedesco dato che, a differenza di altri, ha portato solo benefici(e non sono cristiana)
Una bellissima storia, complimenti

Recensore Master
11/09/19, ore 22:41
Cap. 3:

Ciao! Rieccomi (finalmente) a terminare la lettura di questa storia. Pensare che all'inizio ero convinto che san Martino di Livonia fosse una località... Capitolo come al solito impeccabile per stile, conoscenza storica di fondo e relativa ambientazione, originalità della trama e verosimiglianza. I cavalieri ragionano secondo la mentalità del loro tempo, e la ricostruzione del loro modo di pensare è molto sapiente. Quei tamburi e quei canti di guerra che echeggiano nell'oscurità, nel buio - quello vero - della campagna sono davvero roba da sognarsela di notte. E se ti scorre un brivido è perché l'autore è riuscito a calarti completamente dentro alla storia.
In realtà in vero miracolo compiuto da "san Martino di Livonia" è stato quell'atto di generosità che ha fruttato la salvezza per tutti, ma hai voglia a farlo capire a fratello Ulrich... ^^
Come sempre hai fatto un ottimo lavoro. Alla prossima!

Recensore Master
05/09/19, ore 22:09
Cap. 3:

Recensione premio per il contest “I doni della Medicina”, indetto da Dollarbaby sul forum di Efp – giudice sostitutivo Shilyss.

Caro Old,
sono tentata di impestarti la recensione con una serie di aneddoti sul periodo medievale che mi renderebbero molesta, ma sappi che a) la lettura di storie come queste purtroppo mi fanno fangirlare b) non interesserebbero a niuno, quindi per fortuna andiamo oltre e immergiamoci in questo freddo inverno lituano o giù di lì. Per un momento ho sinceramente temuto che Reinhardt sarebbe morto, sai? Cos’hanno portato i Cavalieri Teutonici agli abitanti della Livonia? La forma più pura del messaggio cristiano, quello della fratellanza. Non c’è nessun mutamento particolare in Martin il Curo e credo anche io che la conversione sia ben lontana dall’essere totale, ma la generosità del nostro protagonista alla fine è stata ripagata. Quello che ha in mano è un inizio piccolo, una scintilla flebile, ma è l’inizio di qualcosa.

L’abilità che hai dimostrato nel presentare una guerra fatta tra un esercito organizzato e una popolazione autoctona determinata a fare imboscate e a sfruttare la conoscenza ottima del territorio che compensa la scarsezza dell’equipaggiamento. Come in Vietnam e in tante altre guerre, più o meno recenti. I Samogizi non vengono ingentiliti né giustificati e i Teutonici, per quanto ligi al loro dovere, mostrano una severità giustificata e magnifica – intransigenza di soldato, giustizia di monaco, sempre nei limiti umani – e conquistano il lettore, tanto che nel loro impantanarsi nel buio, bersagliati dalle frecce, non si può non provare empatia per loro e una rabbiosa pietà per i pagani. La fine, però, è carica di speranza e spero davvero tu possa trarne una long: sarei felicissima di leggerla. Non era facile raccontare una storia così, non era facile immedesimarsi nei panni di un monaco guerriero medievale, ma tu ci sei riuscito in pieno. E il cavallo morello è magnifico <3. Tanti, tantissimi complimenti, ci vediamo presto nelle altre tue storie (leggi: l’ultima XD).
Un caro saluto,
Shilyss :)

Recensore Master
05/09/19, ore 21:36

Recensione premio per il contest “I doni della Medicina”, indetto da Dollarbaby sul forum di Efp – giudice sostitutivo Shilyss.

Caro Old,
che risposta dare a Reinhardt? Mi viene in mente la pretesa occidentale, poi fatta propria nella “teoria del destino manifesto” statunitense, dell’esportazione della democrazia. Mi viene in mente la critica di Said nel celebre “Orientalismo.” I Samogizi sono un popolo riottoso, feroce e crudele, anche se la tremenda punizione che scrivi con garbo non è nulla comparata a quelle, analoghe e irrepetibili, che si facevano tra loro i vari re di Costantinopoli. Sono corsi e ricorsi storici? Reinhardt è animato da buone intenzioni e vuole imporre un nuovo credo moderno ai Samogizi, ma il giorno in cui loro smetteranno di lottare, perderanno la loro identità e diventeranno cristiani.

Certo, il cristianesimo garantirebbe loro innovazioni tecnologiche, miglioramento delle condizioni di vita e regole più civili, ma a quale prezzo? Ulrich è un personaggio magnifico. Conosce il luogo e ha il disincanto di chi sa come vanno le cose, del veterano, ma il suo occhio analitico coglie un concetto di una modernità spettacolare: dobbiamo imporre il nostro pensiero all’altro, anche se siamo in buona fede, anche se siamo convinti di fargli del bene? I Samogizi sembrano feroci e crudeli e compiono efferatezze senza battere ciglio, ma i Teutoni hanno poi così ragione? C’è chi dice che la ragione la fanno i vincitori…
Complimenti per il bellissimo capitolo, corro subito a lasciarmi trascinare dall’altro, perché no, non voglio e non posso aspettare! **

Un caro saluto e sempre una marea di complimenti,
Shilyss

Recensore Master
04/09/19, ore 19:36
Cap. 1:

Recensione premio per il contest “I doni della Medicina,” indetto da Dollarbaby sul forum di Efp – giudice sostitutivo Shilyss.

Caro Old!
Ma è bellissima!
“Beh, fratello, allora posso rassicurarti: qui non ci sono né marmo né oro, il cibo è tutt’altro che sopraffino e l’unica gente con cui avrai a che fare, a parte i coloni tedeschi, sono quei pagani senza Dio dei Samogizi, il più amabile dei quali ambisce a catturarti e a bruciarti vivo in sella al tuo destriero per compiacere i suoi idoli.”

Qui ho iniziato a gongolare male.
Adoro il periodo storico e sono curiosissima di scoprire come gestirai la storia. Reinhardt è un personaggio in linea con quello che era il sentire di un cavaliere medievale. La vita in una città ricca e carica di ostentazione come Venezia o Roma turbano l’uomo di Dio perché non rispecchiano gli ideali cristiani di povertà, obbedienza e carità. La vita urbana è carica di tentazioni e lontana dalla perfezione di quella che appare come una missione. Solo che i Curi non sono come ci si aspetterebbe e non sono disposti a farsi cristianizzare.

Uno degli elementi fondamentali che hai trattati nella storia e che funziona anche storicamente è la figura del cavallo morello. Non parto sulla filippica dell’importanza monetaria e affettiva del cavallo in età medievale perché poi mi odieresti XD, ma non solo per i Curi era un animale di grande importanza e tu lo hai sottolineato splendidamente laddove, all’inizio del capitolo, il cavaliere compagno di Reindhardt si stupisce per la sua bellezza ed eleganza. Anche il concetto di carità e la scena nel refettorio sono resi splendidamente. Tutto quello che è retorica o insegnamenti che vanno bene nella civilizzata (ma immorale) Venezia non sono validi in un luogo dove Cristo non si è ancora imposto e i cavalieri teutonici combattono. Ugualmente apprezzato è stato il paragone con la tavola paterna e quella veneziana, che appaiono sontuose, ma prive di quella pace e serenità che la scelta consapevole di Reinhardt comporta. Non vedevo l’ora di iniziarla e già mi piace – ovviamente è anche scritta in maniera splendida **.
Un caro saluto e a prestissimo,
Shilyss

Recensore Junior
01/09/19, ore 18:34
Cap. 1:

I Classificata: 
San Martino di Livonia di OldFashioned 

Grammatica, stile e sintassi: 9,8/10 
Il testo si presenta scevro da grossolani errori, quelli che ho riscontrato – se si eccettua a volte l’utilizzo del doppio spazio tra una parola e l’altra – sono i seguenti: 
[…] per per non fare un salto indietro […] La ripetizione del “per”, ma è un lampante errore di distrazione. 
[…] frenetiche cercavano di liberasi dal pantano. “Liberarsi”, ma anche qui errore di battitura. 
Lo stile mi ha davvero conquistata, perfettamente in linea con la storia che hai raccontato, dai toni molto formali e contemporaneamente capace di descrivere perfettamente le scene tra i cavalieri e i pagani. Davvero d’effetto! 

Titolo: 5/5 

Il titolo è stupendo, una genialata davvero: Reinhardt viene visto, per la stragrande maggioranza della storia, come un cavaliere buono e pacioccone, e a volte finisce per essere sbeffeggiato. Utilizzare il goliardico vezzeggiativo di San Martino di Livonia ha connotato la vicenda di una squisita ironia, che tuttavia fa molto riflettere. Scelta davvero eccezionale. 


Caratterizzazione dei personaggi: 10/10 
Ho adorato ogni personaggio, non solo Reinhardt. L’intera storia è disseminata di personaggi secondari, che però non costituiscono semplicemente il contorno della vicenda, al contrario: sono indispensabili per far procedere la storia e per lo sviluppo caratteriale del personaggio di Reinhardt, che all’inizio appare quasi inibito dall’ambiente che lo circonda, non riesce ben a capire cosa ci sia di giusto nell’affrontare i pagani. I cavalieri sono costretti più volte ad ammonirlo circa gli usi e i costumi dei pagani, suscitando nel giovane cavaliere delle profonde considerazioni su quanto sia giusto affrontare un popolo che ha scelto di venerare i propri idoli piuttosto che un singolo Dio. 
Sei stato molto bravo a riprendere in considerazione le idee spinte – e se vogliamo a tratti fondamentaliste – dei cavalieri dell’Ordine, che a volte si sono spinti ben oltre la semplice giustizia divina. 
Reinhardt è un personaggio che definirai “umano”, in tutto e per tutto: è la massima espressione di generosità, altruismo e filantropia, che lo porta ad avere un certo attaccamento nei confronti di un ragazzo di cui non conosce neanche il nome, tanto da lasciare perfino che il freddo gli congeli le nocche delle mani e il viso gli si intorpidisca per le sferzate di freddo. Un personaggio, il tuo Reinhardt, che rimane positivo sino alla fine, senza cadere nella trappola della disumanità e – cosa ben peggiore – dell’abitudine. Ai miei occhi, gli altri cavalieri sono parsi come degli “automi” in grado solo d’usare la legge del taglione per potersi vendicare degli “abusi” dei pagani. 
La presenza di un personaggio così retto, porta tutto il contesto – che di per sé si presenta cupo e a tratti angosciante – ad aprirsi, mostrando infine un ragazzo che, per semplice affetto, decide di aiutarlo e salvargli la vita, convertendosi poi – almeno in parte – agli usi e costumi dei cavalieri, ma senza magari crederci davvero, ma solo per muta riconoscenza. 
Che dire, hai fatto davvero un ottimo lavoro. 


Originalità: 10/10 
Non ho mai letto una storia di questo tipo, sia perché il periodo scelto è sicuramente molto difficile da trattare, sia perché a volte i personaggi li trovo stereotipati e privi di spessore caratteriale. La tua storia, al contrario, mi ha descritto nei minimi dettagli un ambiente di per sé variopinto, con la presenza di Reinhardt che mi è parso completamente diverso rispetto ad un cavaliere tipo: è buono, generoso e ha tratti della personalità che a volte richiamano quelli di un bambino (come per esempio quando si offende perché gli altri lo prendono in giro e gli danno il soprannome di San Martino di Livonia). Sì insomma, ho adorato davvero ogni cosa di questa storia. 


Utilizzo del pacchetto: 10/10 
A mio avviso, ti è capitato uno dei pacchetti più complicati. Sei stato davvero molto molto bravo ad incastrare tutto alla perfezione, sia il periodo storico di riferimento, ossia le Crociate, sia l’utilizzo del prompt mantello, che ho trovato davvero sopraffine: il mantello non è una semplice parola messa a caso, è l’inizio di tutto, il ponte che lega due mondi così dissonanti come i cristiani e i pagani, il gesto spassionato e gentile d’un’anima pia nei confronti di un bisognoso, lì dove le barriere sociali e, ancor peggio, quelle religiose non hanno importanza. 
Potrebbe tranquillamente essere un’ode all’altruismo, lì dove si riscontra la vera parola di Dio. Davvero complimenti. 


Gradimento personale: 5/5 
Questa storia ha una marcia in più rispetto alle altre, o almeno è sicuramente quella che mi ha colpita di più. Ha tirato fuori argomenti importanti senza farli scadere nel banale, rendendo la lettura un piacere per gli occhi. Che dire, grazie di averla scritta! 

49,8/50

Recensore Master
05/08/19, ore 13:44
Cap. 3:

Ciao carissimo!
Eccomi qui a recensire anche quest'ultimo capitolo e chiedo venia per il ritardo.
Di questa ultima parte, ho adorato senz'ombra di dubbio la descrizione dell'attacco dei Samogizi, e come essi abbiano spinto in trappola i cavalieri dell'Ordine nella palude. Descrivere ciò che accade dal punto di vista di Renhardt, ferito, ha senza dubbio donato quella tensione in più alla scena. Tutto è confuso, tutto è caotico, e attraverso gli occhi di chi non è del tutto lucido lo diviene ancora di più. Molto bello anche l'incontro con il Curo, che Renhardt vede quasi come un'apparizione, un segno del cielo. Tutti i cavalieri dell'Ordine lo hanno seguito, forse perché non avevano una scelta migliore, oppure perché anche loro hanno finalmente visto le buoni intenzioni di questo bambino che ha potuto avere decisamente un futuro migliore di quello che gli si prospettava, adottato dall'Ordine. Con quest'ultima parte, si delinea l'aspetto caritatevole dei fratelli, che per tutto il racconto è stato annebbiato dalla necessità di lotta e sopravvivenza: sanno essere riconoscenti, sanno accogliere e aiutare il prossimo, anche se questo porta ideali diversi dai loro. Forse è servito Renhardt con il suo gesto di donare il mantello al Curo per far aprire gli occhi ad alcuni dei suoi confratelli, che lo hanno preso in giro per questo suo gesto, ma che in fondo - credo - abbiano apprezzato, perché è l'incarnazione di quello spirito cristiano che loro si impegnano a portare nelle loro terre.
In conclusione, il personaggio di Renhardt mi è decisamente piaciuto: sa adattarsi alle situazioni, fa quello che deve fare, ma rimane ben saldo nella sua moralità e i suoi principi non vengono meno, anche dinanzi alle atrocità cui è costretto ad assistere. Crede in qualcosa, e la sua fede non vacilla mai.
Davvero un racconto molto bello, profondo e toccante e che invita a riflettere. Ti ringrazio per avermi fatto approfondire questa parte di storia delle crociate che mi era abbastanza oscura, e ti ringrazio per la piacevole lettura.
Alla prossima e in bocca al lupo per il contest :)

Recensore Master
04/08/19, ore 17:50
Cap. 3:

Ho provato una forte commozione al momento dell'epilogo di questa mini long, così intensa e bella.
Hai perfettamente reso lo spirito cristiano, il vero senso della missione religiosa dell'Ordine: riuscire a convertire anche solo un'anima, o perlomeno cercare di avvicinarla alla Buona Novella. Il piccolo Curo trova finalmente una casa, un rifugio sicuro dove poter crescere sereno e protetto, grazie alla riconoscenza ed all'affetto provato per il nostro... "San Martino", che gli aveva fatto dono del suo mantello. Ed è anche vero che i nostri protagonisti si sono potuti salvare proprio grazie al piccolo reietto, che li aveva ricondotti al sicuro, dopo la terribile battaglia.
Una sola anima, mentre i Samogizi continuano a vivere come pagani?
Non è poco: è già un piccolo universo.
Storia bellissima, commovente, cruda e vera: solo tu sai farci questi doni.
Un abbraccio.
Lou

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