Mia carissima Settembre, che, con un mantello fatto di parole, ci avvolgi e ci fai entrare in piena empatia con i personaggi di cui narri, tanto che sembra quasi di poter avvertire le stesse emozioni che stanno vivendo come se le vivessimo anche noi.
Oscar si riferisce ad "una questione", ma non è semplicemente una questione fra le tante che deve fronteggiare, è "la questione" o meglio la questione delle questioni. Scusa il gioco di parole, ma è così che vedo la situazione nella quale si barcamena.
L’abbiamo riconosciuta perfettamente: prima viene il dovere e poi viene lei e tutto ciò che le ruota intorno e le fa battere il cuore. Prima c’è la problematica da affrontare per salvare i suoi soldati, quegli uomini che contano su di lei, quei soldati che hanno solo lei a tenere le loro parti. E lei si prodiga, pensa, ragiona, razionalizza e alla fine agisce. Non è mai stata capace di rimanere inerme di fronte ad un’ingiustizia. Questa volta avrebbe tentato, con gli opportuni aiuti forniti da Bernard, di far prevalere la ragionevolezza, per non creare ulteriori problemi in quei giorni già tanto problematici. Assodato che le azioni da mettere in campo avrebbero richiesto un leggero lasso di tempo, ma con la mente finalmente in pace, può dedicarsi a se stessa e a pensare a se stessa e a qualcuno che sta occupando, di diritto, tutti i suoi pensieri, quando il dovere non richiama all’ordine.
Mi è piaciuto il suo lasciarsi andare per i vicoli della città, cercando quasi di perdersi fra di essi, e forse ritrovare un po’ la stessa sepolta in profondità. Un viaggio nei ricordi quello che le hai fatto compiere, e durante il quale André non l’ha mai abbandonata, perché André ha sempre fatto parte della sua vita, pressoché da quando è entrato a far parte della sua routine da bambino. Hanno condiviso tutto ed è bello il suo sorridere al riaffiorare dei ricordi, mentre passeggia, fino a giungere in una delle più belle piazze di Parigi, dove sorge un bel palazzo dal quale alcuni giovani stanno traslocando e salutando, evidentemente il proprietario, un signore anziano, che si prodiga verso quei giovani raccomandandosi di fare attenzione. Qualcosa di quel palazzo le parla, come se tutto il cammino fatto fosse proprio in funzione di giungere il quel posto. Tanti sono stati i pensieri che a frotte le hanno affollato la mente e non ultimo, dopo aver ammesso che la questione sarebbe stata affrontata quanto prima perché glielo doveva, quello del suo non stare bene, che però ha purtroppo un nome, tisi, che lascia ben poche speranze di un futuro da poter condividere con l’uomo che ama profondamente e che, se anche non ci fosse la malattia, altri sarebbero i bastoni fra le ruote, come l’impossibilità di vivere alla luce del sole un rapporto fra una nobile e una persona del popolo. Davvero sembra non esserci un futuro per loro.
Ma i suoi pensieri l’hanno condotta lontano e lei deve tornare alla caserma dove trova nuovi ordini da parte di Bouillè, che sono in aperto contrasto con quanto ha immaginato di poter fare. E il suo disappunto viene espresso ad alta voce, come se André fosse lì con lei, a condividere il momento. Per questo suo bisogno di condivisione lo cerca nella camerata e gli riferisce quanto scritto nel dispaccio ricevuto. E ancora una volta si sorprende che André abbia capito, prima di lei, che i piani alti ancora non la ritengono pienamente affidabile, dopo quanto successo e nonostante l’aver ricevuto il perdono da parte dei reali.
Poi entriamo in caserma, dove possiamo assistere allo scambio, anche fatto di monosillabi, fra André e Alain, i quali devono affrontare il turno di guardia notturna, e che dimostra il loro essere in perfetta sintonia anche nelle piccole cose. Sono entrambi stanchi, in quanto quelle giornate sono state pesanti oltre che stressanti, ma André sembra ancor più stanco di sempre. Alain sa che si porta appresso un peso, che si è stabilito sul cuore e non se ne vuole andare. E sa anche il nome di colei che gli causa quel dolore. Alain è diventato attento ed esperto, avendo vissuto la sua parte di drammi con la perdita degli affetti più cari, anche se a volte assume l’atteggiamento di distacco per cercare di non farsi coinvolgere. E così assistiamo e ascoltiamo il loro dialogo, pieno di amarezza da parte di André per ciò che mai potrà essere, mettendo in fila ogni singola difficoltà. Ma non c’è solo questo a turbare André: i suoi problemi alla vista si stanno facendo sempre più pressanti, proprio come in quel momento, al quale Alain, prontamente, suggerisce di intervenire, ma André è terrorizzato, oltre che dal fatto che potrebbe non riuscire più a vedere, che Oscar, sapendolo, fosse costretta ad allontanarlo, quindi una doppia sofferenza.
Ad alleggerire questo momento interviene Marcel, il quale non riuscendo a dormire, si offre di completare il turno di guardia, concedendo così ad André, che accetta, un po’ di riposo. Marcel, il quale sembra tanto scanzonato e, a volte, dato il suo comportamento sopra le righe da rasentare il limite, quasi volesse autodistruggersi per non pensare a quelli che sono i suoi drammi, lo ha osservato con attenzione, e si è accorto che il Grandier abbia delle difficoltà visive, che vengono confermate da Alain. Però sono le parole che pronuncia dopo che lasciano Alain perplesso e che forse gli danno la speranza che per il suo amico non tutto sia perduto. Lo sforzare così tanto la vista gli procura sicuramente dei dolori lancinanti alla testa, forse anche dovuti al suo passare del tempo a scrivere nel buio della camerata e poi perché la ferita, secondo Marcel, è ancora troppo recente e l’occhio rimasto ancora non ha imparato a come dosare le sue capacità.
Un capitolo avvolgente e coinvolgente, con questi salti temporali che ci danno il polso delle emozioni che attraversano i personaggi tutti. Veramente notevole la tua narrazione, che si infiltra nelle pieghe della sensibilità dei tuoi lettori. Bravissima!
Un affettuoso saluto e grazie per condividere queste emozioni. |