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Autore: Lady Bracknell    22/11/2006    16 recensioni
Finale alternativo del quinto capitolo di Under the Table.

“Non lo faresti.”
“Non lo farei?” chiese.
“Stavi scherzando,” mormorò, e lui annuì.
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Ti sei mai chiesto

Perdonooooooooooooooo! Lo so ci ho messo un secolo, ma spero che leggendo il capitolo mi perdonerete... ci sono stati alcuni passaggi abbastanza complicati, spero di avere reso bene l’dea… ma questo me lo direte voi nelle recensioni...

 

Mi è pure toccato alzare il rating... beh, capirete anche perché...!

 

 

3. La Regina di Cuori (ultimissima parte).

 

“Ti sei mai chiesto...”

 

Tonks interruppe i suoi pensieri e poi si fermò.

 

“Mi sono mai chiesto cosa?” le domandò, appoggiando la testa sul gomito per poterla guardare.

 

“Niente,” rispose, evitando il suo sguardo mentre si sistemava sul cuscino.

 

“No,” disse, incoraggiandola. “Vai avanti.”

 

Tonks alzò gli occhi al cielo e sembrò poi prendere una decisione.

“Ti sei mai chiesto come sarebbe stato se noi... fece una pausa, mordendosi appena il labbro prima di incontrare il suo sguardo. “...l’avessimo fatto?”

 

Per un attimo fu preso dal terrore che potesse leggergli nel pensiero.

 

“No,” rispose, stendendosi di schiena e tornando a fissare il soffitto.

 

“Nemmeno io,” affermò lei velocemente.

 

Tacquero entrambi per quello che sembro un tempo infinito.

 

Remus intrecciò le dita e le appoggiò sopra le lenzuola sullo stomaco, giusto sul punto in cui una colonia di farfalle sembrava essersi stabilita in pianta stabile.

“Probabilmente sarebbe stato terribile.” Disse, non del tutto sicuro di chi stesse cercando di convincere.

 

“Probabilmente,” disse lei.

 

“Orribile.” Aggiunse Remus, con più convinzione di quanta ne sentisse.

 

“Uno scompiglio.”

 

“Disastroso.”

 

“Assolutamente.” Confermò e lui sentì muoversi il cuscino che stavano condividendo, mentre lei annuiva con enfasi.

 

Remus lisciò appena il lenzuolo sopra il suo stomaco.

“Voglio dire, noi non andiamo nemmeno veramente d’accordo.

 

“Meglio evitare,” disse.

 

“Niente in comune.”

 

“No,” concordò. “Perché tu sei così razionale...”

 

E tu parli troppo.”

 

E tu sei noioso.”

 

E tu troppo allegra.”

 

“E tu sei davvero esasperante,” continuò lei.

 

Lui si fermò, incapace di pensare a qualcos’altro di cattivo da dirle.

“Saremmo ridicoli insieme.”

 

Non ci fu nessuna rapida risposta, solo una pausa, non più lunga di un battito di ciglia e  lei disse:

“Lo saremmo davvero?”

 

Voltò la testa, trovando lei che lo guardava, i suoi grandi occhi scuri non molto lontano dai suoi.

“Non lo saremmo?” chiese lui, incerto, inarcando un sopracciglio verso di lei.

 

“Sì,” disse lei, guardando il soffitto. “Totalmente. Un incubo.”

 

“Completo e totale.” Confermò Remus.

 

Un’altra brevissima pausa.

“Sembra che siamo a letto assieme, però.” Commentò lei.

 

“Hmm,” mormorò, gli occhi che cercavano i suoi di loro completo accordo. “L’ho notato.”

 

“Vuoi che me ne vada?” offrì. Lui deglutì.

 

“Non particolarmente.”

 

“Non particolarmente?” chiese.

 

“No.”

 

“Ok.”

 

Silenzio. Remus intrecciava le dita e poi le scioglieva, sperando che questo potesse servire a rilasciare un po’ della tensione che aveva in corpo. Non funzionò.

 

Perché no?” chiese lei alla fine, la sua voce mortalmente calma.

 

“Ehm...” non riusciva a pensare ad una effettiva risposta. Beh, ci riusciva. Solo non era sicuro...

 

“Senti,” iniziò, scoprendosi inaspettatamente abbastanza sicuro di sé. “Vorresti...”

 

Si bloccò, improvvisamente incerto se quello che stava accadendo stava accadendo davvero.

 

Cosa?” domandò lei tranquillamente, voltandosi appena verso di lui. le lanciò un brevissimo sguardo prima di tornare a fissare il soffitto, chiedendosi, fugacemente, se aveva davvero visto quello che pensava d’aver visto nei suoi occhi.

 

“Niente. Solo...” sospirò, esasperato per il suo comportamento. Si chiese cosa pensava di avere da perdere. “Vuoi uscire con me?”

 

“Uscire con te?” domandò a voce alta, leggermente sorpresa. Tutti i muscoli nel suo corpo si tesero.

 

“Dimentica quello che ho detto.” Disse velocemente.

 

“Non voglio farlo.”

 

“Uscire con me?” chiese, non del tutto sorpreso al tono deluso della sua voce.

 

“Dimenticare quello che hai detto.”

 

“Oh.”

 

Gli occhi si spalancarono di loro accordo, quando un pensiero gli attraverso la testa. La guardò interrogativo.

“Era un sì?” domandò, e lei rise.

 

“Penso tu possa prenderlo come tale.”

 

Remus lasciò andare il respiro che non sapeva di trattenere e si appoggiò al gomito, guardandola.

“Ho pensato che era meglio essere sicuri.” Spiegò con un sorriso. Lei sorrise, si morse un labbro ed annuì. “Ok,” iniziò, pesando che, per quanto un sorriso a trentadue denti potesse essere affascinante su di lei, lui probabilmente sembrava un idiota. “Vuoi andartene, ora?”

 

“Vuoi che me ne vada?” gli chiese, inarcando un sopracciglio.

 

“No,” disse, “E’ solo che... beh, ho pensato che potesse essere strano.”

 

“Già,” disse lei, “Io che mi trovo qui per fartela pagare per essere stato un enorme bastardo non è strano, ma essere a letto con qualcuno con cui vuoi uscire lo è?”

 

Lui sorrise fra sé e gli venne in mente che questo sarebbe stato un aneddoto fantastico da raccontare alla gente quando avrebbero chiesto loro come erano finiti insieme.

“Beh,” mormorò. “Se la metti così.”

 

Tonks poggiò la testa sul gomito a sua volta, sembrando molto più vicina di quando erano entrambi distesi.

“D’altra parte,” iniziò. La sua voce era bassa, tranquilla e provocante. Il suo cuore iniziò a battere più veloce. Lei alzò la mano ed iniziò ad accarezzargli delicatamente il viso, proprio come aveva fatto la sera prima, solo che questa volta la lasciò fare, chiudendo gli occhi ed assaporando quella splendida sensazione. “Se inizieremo ad uscire insieme, probabilmente finiremmo comunque qui, prima o poi.”

 

Si domandò se stesse per tentare di baciarlo di nuovo, sapendo che, questa volta, gliel’avrebbe lasciato fare.

“Probabilmente,” concordò, aprendo lentamente gli occhi. Per un istante credette che anche quelli di lei fossero chiusi, ma dopo un’analisi più attenta, vide che stava semplicemente guardando in basso, osservando le sue labbra, aspettando, suppose, che lui facesse la prima mossa.

 

O la prossima mossa, poiché gli venne improvvisamente in mente che stavano facendo queste piccole mosse l’uno verso l’altra da settimane, mesi probabilmente, e che quello che stava per succedere era solo l’ultimo di una lunga catena di eventi.

“Quindi, se alla fine comunque finiremmo qui...” ripeté Tonks.

 

Tutto si mosse.

 

Quando le loro labbra si incontrarono, lui non riuscì decisamente a definire chi dei due avesse chiuso la minuscola distanza fra loro, e a dire la verità, non aveva molta importanza. Fu un breve bacio, un istante per comprendere che realmente si stavano baciando, ma ugualmente Remus inspirò improvvisamente, colto di sorpresa dall’intensità del momento, o più specificamente, per il fatto che non l’aveva sorpreso. Gli ci volle un po’ per capire che il rumore che aveva sentito veniva da Tonks che faceva esattamente la stessa cosa. Incontrò brevemente il suo sguardo per vedere, per controllare, se quello che sentiva lo provava solo lui.

 

Gli occhi di lei brillavano di nervosa eccitazione, e seppe che si sentiva come lui, così la baciò di nuovo, come si deve questa volta, prendendo il viso di lei fra le mani ed abbandonandosi completamente alla sensazione del suo bacio. Non gli ci volle molto per concludere che fosse una buona cosa il fatto di essere disteso, in quanto il suo corpo aveva abbandonato anche la minima apparenza di preoccuparsi di nient’altro che non fosse il tocco delle labbra di lei sulle sue, la lingua che lentamente esplorava la sua bocca, o le sue dita che gli solleticavano il collo. Era a malapena conscio che esistesse qualcos’altro al di fuori di questo; comunque niente sembrava così importante a confronto.

 

Dopo un po’ si scostò, ma non riuscì a smettere di toccarla, e lasciò che le sue dita le sfiorassero guancia, per poi seguire i contorni del viso e fermarsi sul collo.

“Vedo che,” iniziò, ma già le sue labbra protestavano per essere state separate da quelle di lei, e già di nuovo le si stava avvicinando. “Quello che intendevi è che sarebbe meglio... non poté trattenersi un secondo di più dal baciarla e lei rispose entusiasta.

 

“... andare dritti al punto?” offrì Tonks, cercando di riprendere fiato. Remus mormorò il suo assenso contro le labbra di lei.

 

Saltare tutti quei...” iniziò. Lei gli passò una mano fra i capelli e lui non fu più in grado di formulare una frase coerente. Percorse col dito il contorno del suo viso, riportando quello di lei al suo, per un dolce, intenso bacio.

 

“... inutili passaggi nel mezzo,” aggiunse lei, le sue parole poco più che un sussurro sulle labbra fra i baci.

 

Non resistette un attimo di più e la fece stendere sul letto, baciandola ardentemente. Assaggiò la sua guancia, proprio come lei prima aveva fatto prima con lui, spostandosi lentamente verso l’orecchio.

 

“Quindi in pratica quello che stai dicendo è che preferisci... sussurrò, prima di scendere lungo il collo.

 

“Saltare completamente la parte in cui mi porti fuori... mormorò, sospirando appena quando le baciò il punto alla base della gola.

 

“... e continuare semplicemente con questo.”

 

Riportò le labbra alle sue, e , per un istante, il tempo sembrò fermarsi, o diventare assolutamente irrilevante o assurdamente confuso, non ne era certo. La baciò per quella che sembrò un’eternità, ma quando lei si scostò per degnare la sua gola di qualche attenzione, gli sembrò che fosse durato meno di un secondo, e quindi, fin troppo veloce. E tuttavia, non riuscì a trattenere un gemito quando lei poggiò le labbra sulla sua pelle – perché, seriamente, era davvero molto, molto brava in questo – e quindi fece riavvicinare il suo viso al suo, sentendo la mancanza del calore delle sue labbra, desiderando che la sua bocca potesse essere dappertutto contemporaneamente.

 

Le loro labbra si incontrarono in piccoli baci esploratori, che si fecero più passionali, ardenti che lasciavano trasparire tutto quel desiderio rimasto finora inespresso, fino a stabilizzarsi su un’alternanza dei due, tracciando un lento sentiero di baci che facevano emettere a Tonks lievi gemiti di approvazione e sussultare lo stomaco di Remus, o per via dei baci o per i suoi mormorii, non ne era certo. Non resisteva all’impulso di toccarla – di sentire i suoi capelli fra le dita o di tracciare i contorni del suo viso, di scoprire il punto sul suo fianco dove la sua mano si posizionava meglio. E pure lei non era poi tanto timida, sfiorandogli la gamba col piede e solleticandolo con le dita dei piedi, passandogli le mani fra i capelli e poi lungo la schiena.

 

I loro corpi iniziarono una insistente, appassionata danza, dove a turno ribaltavano le posizioni, lottavano, cedevano, si muovevano in un modo che portava l’altro a stringere la presa, ad interrompere i loro baci per lasciar scappare un sospiro, ed ad ogni adattamento sentiva un brivido attraversargli il corpo.

 

Non aveva immaginato – nemmeno nei suoi sogni più belli – che sarebbe stato così… meraviglioso, o così giusto.

 

Remus non aveva avuto molte ragazze, ma ne aveva passate abbastanza per sapere che, possibilità del genere, sensazioni come queste, non si presentavano molto spesso, e che fosse dannato se non avesse sfruttato al meglio questa occasione. Quindi, quando Tonks lo atterrò sul letto ed iniziò a baciarlo appassionatamente, passando le mani sotto la sua maglietta, non protestò, come avrebbe fatto in altre circostanze, che stavano andando troppo veloci.

 

Invece, la strinse a sé, e – non era una cosa calcolata, ma – notando che l’orlo della sua maglia s’era un po’ alzata, non poté resistere all’inebriante sensazione della sua pelle sotto le dita. Tra il modo in cui il corpo di lei si curvava al tocco delle sue mani, ed i lenti movimenti di lei sui suoi fianchi, facendolo quasi sciogliere, era talmente distratto che qualsiasi pensiero che rasentasse la razionalità era deliziosamente fuori portata.

 

Non protestò nemmeno quando gli tolse la maglia, interrompendo a malapena i suoi baci  nel farlo, meravigliato dal modo in cui esplorava il suo corpo – non esitante, come avrebbe potuto aspettarsi, ma come se fosse qualcosa che già le apparteneva, e quel solo pensiero, senza contare le sensazioni che venivano da quello che gli stava facendo, era sufficiente perché tutto dentro di lui danzasse deliziosamente.

 

Uno squisito, solleticante calore si diffuse dalle sue mani nel suo corpo, ed era così incredibilmente fantastico che si chiese come mai non avessero trascorso ogni singolo secondo del loro tempo a fare questo. Il modo in cui si muoveva contro di lui, in cui lo baciava, era...

 

Deglutì, incapace di pensare alla parola esatta, o, in effetti ad una qualsiasi parola. Mormorò incoerentemente, domandandosi se potesse sentirlo sopra il pulsare del sangue nelle sue vene.

 

Pensò che non aveva importanza che non riuscisse a capire cosa lei pensava – la sua posizione lasciava poco spazio per dubitare quanto le piacesse fare quello che stava facendo e deliziato dal modo in cui il suo respiro si stava facendo affannoso e si abbandonava ai suoi baci mentre lui rafforzava la presa sui suoi fianchi e la guidava un po’ più verso di sé.

 

Quando arrivò a giocherellare coi bottoni del suo pigiama e li sentiva sbottonarsi, non ricordava già più quali potessero essere le sue obiezioni all’inizio, e si concentrò piuttosto a sfiorarle la pelle con le labbra.

 

Fu solo quando lei si scostò ed iniziò a posare una scia di baci sulla spalla e poi sul petto che perse anche solo l’impressione di un pensiero coerente. Ed alla fine, l’unica cosa che il suo cervello riuscì a mettere insieme era alquanto preoccupante.

“Non ti stai ancora vendicando per il mio scherzo, vero?” le chiese, inarcando un sopracciglio, leggermente sorpreso per quanto suonasse brusca la sua voce, ma non del tutto sorpreso del fatto di desiderare ardentemente che la sua risposta fosse no.

 

“Tu che ne pensi?” lo interrogò, incontrando lo sguardo e sorridendogli maliziosamente da suo ombelico. Le sue labbra seguivano un percorso invisibile lungo il suo stomaco, ogni bacio ed ogni tocco della sua lingua incendiavano la pelle su cui passavano. Deglutì.

 

“Penso che se è così non sia niente meno di quello che merito,” rispose con un tono di voce molto più leggero e divertito di quello che avrebbe immaginato di assumere in un momento del genere. Scivolò di nuovo lungo il suo petto e lo guardò inarcando un sopracciglio.

 

“No,” rispose, “Probabilmente no.”

 

Lui sorrise e invertì le posizioni, sistemandosi sopra di lei. Lei emise una risatina sorpresa, e lui strofinò leggermente il naso lungo il collo di lei, fece scivolare lentamente le labbra lungo esso, mordicchiando la pelle e facendole emettere i più intriganti mormorii, che lo fecero sentire al settimo cielo, più del fatto di essere così vicino a lei. Infilò una mano sotto la sua maglietta, sfiorandole le costole, mentre lei inspirava profondamente contro la sua bocca, e poi il seno, giocherellando con le dita con il gancio del suo reggiseno verde acido. Tonks inarcò la schiena al suo tocco e il contrarsi del suo stomaco alla risposta di lei gli fecero trattenere il respiro.

“E tu non ti stai vendicando, vero,” chiese lei, senza fiato, “Per il fatto di essere venuta qui?”

 

Lui si scostò appena e non riuscì a trattenere un sorriso malizioso, tanto per le dita che le sfioravano il seno, quanto per l’idea non del tutto – sperava – seria che uno dei due stesse scherzando.

“Tu cosa ne pensi?”

 

“Non ne saresti capace,” disse, sorridendo e mordendosi un labbro, quindi chiudendo brevemente gli occhi quando il capezzolo che lui stava accarezzando si irrigidì sotto le sue dita.

 

“Hmm. Interessante,” commentò Remus. Non riuscì a trattenere un sorriso e lei rise, passandogli le mani sulle spalle e attorno al collo, guardandolo in un modo che faceva deviare altrove tutto il sangue che avrebbe dovuto arrivargli al cervello. “Ti ho chiesto di uscire, però.”

 

“Potrebbe far parte del tuo piano.”

 

E mi hai risposto di sì.”

 

“Potrebbe far parte del mio piano,” disse lei, e ridacchiò.

 

“Potrebbe essere.” Acconsentì. “Sei disposta ad ammettere che questo non è altro che uno stratagemma per punirmi in modo spettacolare?”

 

“Tu lo sei?” domandò, sfidandolo scherzosamente. Remus scosse la testa anche se probabilmente il suo sorriso lo stava tradendo.

“Come la mettiamo, allora?” chiese, inarcando un sopracciglio e muovendosi sotto di lui, mentre Remus abbassava la mano ed iniziava a tracciare movimenti circolari sul suo stomaco.

 

“Beh,” mormorò abbassando le labbra all’incavo del suo collo, “Se tu non vuoi ammettere che non stai scherzando e io non voglio ammettere che non sto scherzando...” Tacque per un istante per riflettere, e poi mormorò la risposta contro la sua pelle. “Allora mi fermerò solamente quando tu mi dirai di farlo.”

 

Prese il collo di lei fra le mani, adorando il modo in cui i suoi muscoli si muovevano sotto le sue labbra mentre la baciava. Si mosse sotto di lui, le dita che riportavano il viso al suo, incontrando le sue labbra in un bacio che gli tolse il respiro, incendiando all’istante tutto il sangue che aveva abbandonato il suo cervello. Le tolse la maglietta e sospirò al contatto della pelle nuda di lei con la sua.

 

Merlino. Si domandò se avesse la più pallida idea di quello che gli stava facendo.

 

La baciò intensamente prima di cedere all’impulso si scostarsi e guardarla. I capelli rosa erano tutti in disordine, ciocche in ogni direzione, e non poté reprimere un brivido al pensiero di essere stato lui a spettinarglieli. Abbassò lo sguardo, contemplando il reggiseno di pizzo, color verde acido, che indossava ed il bordo degli slip dello stesso colore che spuntava dai pantaloni del pigiama. Assommati alla carnagione chiara ed i capelli rosa, non poteva negare che fosse una vista strabiliante. Sentì un ampio sorriso increspargli le labbra, ed appoggiò le labbra alla sua pelle, che sembrava sapere di mattino, cospargendole lo stomaco di baci, passandole le mani dietro la schiena, avvicinandola alle sue labbra.

 

Tutto questo – loro, insieme – sembrava così innegabilmente giusto che subito gli parve assurdo – completamente ed assolutamente assurdo – che non lo stessero facendo già da mesi. Sentì il suo respiro farsi incostante mentre guidava le labbra lungo la vita di lei, concentrandosi particolarmente su un punto sensibile proprio sul suo fianco e quando lei emise un leggero gemito strozzato, alzò lo sguardo per vedere il suo sorriso soddisfatto.

Iniziò a risalire.

“Indossi sempre della biancheria intima così vistosa?” chiese, provocante, mentre le mani prendevano il posto delle labbra e queste ultime si occupavano del collo di lei.

 

Cosa?”

 

“Niente,” disse, baciandole la guancia, prima di passare all’orecchio. “Solo... se è così e se fra noi dovesse diventare una cosa ripetitiva, forse dovrei pensare ad un paio di occhiali da sole.”

 

Lei ridacchiò, solleticandogli l’orecchio.

“Beh,” iniziò, premendo delicatamente la guancia contro la sua prima di passargli una mano fra i capelli ed allontanarlo quanto bastava per poterlo guardare in faccia, un sorriso malizioso sulle labbra. “Se non ti piacce, puoi sempre toglierla!”

 

Emise un vago suono strozzato per la sorpresa, ma il Malandrino che c’era in lui pensò che avesse ragione e che non fosse assolutamente una cattiva idea.

 

E al momento che il Malandrino in lui l’aveva condotto fino lì, Remus decise di dargli ascolto.

“Non ho detto che non mi piaccia,” affermò. Inarcò le sopracciglia e la baciò lentamente prima di fare esattamente quello che lei aveva suggerito, e quando il suo reggiseno non fu altro che un vago, verde ricordo, si risistemò sopra di lei. Lei si inarcò contro di lui, e lui le tracciò una scia di frenetici baci lungo il collo ed il seno, sentendo la passione ed il desiderio crescere nel momento in cui le sfiorava il capezzolo con la lingua.

 

La riposta di lei non gli lasciò alcun dubbio che sentisse esattamente la stessa cosa. Lo fece mettere di fianco mentre reclamava le labbra di lui sulle sue e muovendosi contro di lui al tempo dei baci mentre la accarezzava.

 

Le mani di Tonks erano dappertutto ed erano decisamente senza pietà nel continuare la loro esplorazione e Remus trattenne il respiro quando iniziò a sbottonargli i bottoni dei pantaloni del pigiama. Sbottonò il primo abbastanza velocemente infilandovi brevemente la mano e ridacchiando contro la sua gola mentre lui inspirava e deglutiva, profondamente, al contatto. Gli sfilò definitivamente i pantaloni, lasciandoli cadere sul pavimento, quindi fece scivolare la mano lungo la coscia, facendo leggera pressione con le unghie dando come l’impressione di un graffio. Remus si lasciò scappare un gemito poco dignitoso, nonostante tutti i suoi sforzi per trattenerlo, e la vide sorridere – o più probabilmente ghignare – contro la sua pelle. Afferrò l’orlo dei suoi pantaloni – dopotutto potevano giocare entrambi allo stesso gioco. Mentre lui iniziava ad abbassarli, lei sgusciò fuori, ridacchiando e ancora prima di avere avuto il tempo di lanciarli da una parte lei era già tornata a premere il suo corpo contro il suo, catturando le sue labbra in un tenero, provocante bacio che non fece niente per nascondere l’intensità del momento.

 

Questa volta la felicità dentro di lui giunse fino alla sua anima e seppe di essere completamente perso, perso in lei, e che era prevedibile. Separò le labbra dalle sue, sorprendentemente, meravigliosamente conscio del fatto che presto, non sarebbe più stato in grado di allontanarsi, di fermarsi, di lasciare non dette quelle cose che il suo corpo bramava disperatamente di confessare.

“Non hai ancora detto quando,” mormorò, la voce roca mentre incontrava il suo sguardo alla ricerca del minimo segno che gli facesse capire che lei desiderava questo con la stessa intensità con cui lo desiderava lui. Lei sorrise e poco alla volta capì di essersi smarrito molto tempo prima, quindi gli baciò il mento, la mascella, richiamando le labbra di lui sulle sue.

 

“Non voglio che tu ti fermi.” Rispose.

 

Quindi non lo fece.

 

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Remus si svegliò trovando una scomposta, spettinata massa di capelli rosa sul cuscino a fianco a lui, e due pigiami e un set di biancheria di un verde acido alquanto appariscente buttati a casaccio sul pavimento. Ridacchiò sommessamente fra sé, non volendo che lei si svegliasse. Appariva particolarmente adorabile quando era addormentata.

 

Non era del tutto certo di cosa questa donna – questa brillante, sexy, assolutamente perfetta donna – ci facesse nel suo letto, ma non poté fare a meno di sorridere per il fatto che c’era.

 

Sapeva che avevano corso un po’ troppo, ma immaginò che lei avesse ragione – sarebbero comunque finiti lì, prima o dopo, e se doveva essere sincero con se stesso, aveva sempre preferito prima piuttosto che dopo.

 

Si chiese da quando, accanto a lei fosse diventato l’unico posto in cui si sentiva a casa.

 

Tonks si mosse accanto a lui e Remus si mise di fianco appoggiandosi al gomito, ed il suo sguardo incontrò il suo quando aprì gli occhi. Un lento sorriso assonnato le si dipinse in volto.

“Ehilà,” mormorò.

 

“Allora non hai altre espressioni di saluto,” le disse, “Me l’ero sempre domandato...”

 

“No,” rispose, “Solo ehilà – una parola che si adatta a tutte le occasioni.”

 

Si mosse di nuovo, portando un braccio sotto la testa ed avvicinandosi un po’ a lui. Sorrise e i suoi occhi scuri scintillavano.

“Allora,” disse lui.

 

“Allora cosa?”

 

“Hmm. O sei la migliore attrice del mondo e stai per urlarmi in faccia ‘fregato!’ prima di scappare con quello che resta della mia dignità,” iniziò, inarcando un sopracciglio, “O noi due abbiamo bisogno di fare una piccola conversazione.”

 

“Una conversazione?” chiese. “Riguardo cosa?”

 

“Riguardo il fatto che l’ultima conversazione che abbiamo avuto, comprendeva niente più che respiri pesanti, qualche leggera imprecazione ed il mormorare i rispettivi nomi.”

 

Tonks rise, e lui abbassò lo sguardo, una leggerissima traccia di un ghigno sul volto. La ragazza si issò a sua volta sul gomito.

“Sei sexy quando sorridi così,” commentò in tono leggero e provocante.

 

“Stiamo escludendo l’opzione della recitazione quindi?”

 

“Sei bello così,” disse, giocherellando con una ciocca dei capelli di lui, spostandogliela dietro l’orecchio. Gli mancò il respiro e i suoi occhi scrutarono il viso di lei, memorizzando ogni dettaglio, assaporando il momento.

 

“Così come?” chiese tranquillo, sorridendo.

 

“Arruffato,” rispose, “Come se non avessi buone intenzioni.”

 

“Io non avevo buone intenzioni,” la corresse, incontrando il suo sguardo ed inarcando un sopracciglio. “Ricordi?”

 

“Hmm,” mormorò lei. Prese il suoi viso fra le mani ed incominciò a baciargli lentamente la mascella. Lei si spostò più vicino, voltò la faccia seguendo i suoi baci, trattenendo il respiro. “Certi particolari sono un po’ sfuocati,” sussurrò. “Magari potresti rinfrescarmi la memoria.

 

“Pensavo dovessimo iniziare una conversazione!”

 

“Oh, stiamo per iniziarla,” lo corresse in tono diabolico e provocante che sembrò incendiargli il corpo. “E’ solo che sarà del genere respiri pesanti ed imprecazioni mormorate.

 

Chinò leggermente la testa, tentando disperatamente di non cedere al ghigno che minacciava di uscire.

“Bene.”

 

“Mmmh.”  Mormorò.

 

“Sembra che tu abbia tutto sotto controllo,” commentò Remus, “Non valeva nemmeno la pena svegliarmi.”

 

“Non direi,” replicò, premendolo sul letto, baciandogli il collo.

 

“No?” chiese mentre lei si sistemava sopra di lui. Remus appoggiò le mani sui suoi fianchi, e per un istante si meravigliò di quanto sembrassero nel posto giusto.

 

“No,” rispose, baciandogli il petto. “Credo che fra un po’ penserai che sia valsa davvero la pena di esserci svegliati.

 

“Oh,” mormorò con una leggera risatina.

 

Si mosse lentamente verso la sua bocca e quando catturò le labbra di lui con le sue fu tutto quello che riuscì a dire prima di rispondere al bacio.

“Ce la caviamo molto meglio in questo tipo di conversazioni, non credi?” chiese fra un bacio e l’altro.

 

“Oh sì,” rispose.

 

Le sfiorò la schiena con la mano, stringendola a sé e baciandola appassionatamente, sinceramente. Lei si scostò appena, e lui approfittò dell’opportunità per occuparsi della sua gola.

“Solo una cosa,” disse lei.

 

Cosa?” mormorò lui nell’incavo del suo collo.

 

“Non chiamarmi Ninfadora questa volta, Remus.

 

Lei si contorse quando lui rise ed il suo respiro le solleticava il collo.

“Sei così irritante,” mormorò proprio contro la sua pelle, fra i baci.

 

 

 

 

 

Non ci credo... abbiamo finito anche questa! Eh, sì, avete capito bene… abbiamo, e non ho. Perché senza di voi, i vostri commenti, apprezzamenti e sollecitazioni non sarei mai arrivata in fondo.

Quindi GRAZIEEEEE!!

 

Ora mi rivolgo a coloro che leggono in lingua... avete letto “On paper”, sempre della mitica Lady Bracknell? Che ne dite? Può essere una possibile traduzione? Fatemi sapere.

 

E a tutti gli altri… Ce lo lasciate un commentino? ( PICCOLO PICCOLO… )

Eddai… era l’ultimo...

 

Quanto a me, non so fra quanto tornerò con una traduzione… sto preparando un esame, ma di sicuro ci sarò il 18 dicembre con un primo capitolo.

 

Ciao ciao.

 

NONNA MINERVA

 

  
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