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Autore: ramona55    17/11/2007    2 recensioni
Ron ed Hermione raccontati in un missing moment a capitoli di HBP, quando tutto sembrava procedere proprio come al solito e la guerra un fatto lontano, quando ancora non c'erano stati nè Lavanda nè McLaggen e avvicinarsi sembrava solo questione di tempo.
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Poco più di una settimana ed eccomi con il secondo capitolo della mia storia.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto il primo capitolo e ancora più coloro che hanno avuto la gentilezza di commentare. Onestamente, è più di quel che mi aspettavo.
Prima di lasciarvi al capitolo, vorrei chiarire alcune cose.
L'idea prima della storia è quella di raccontare dal punto di vista di Ron ed Hermione quei pochi giorni trascorsi tra l'invito alla festa di Lumacorno e il litigio tra Ron e Ginny. Di essi non sappiamo praticamente niente, a parte il fatto che i due erano un po' più gentili del solito l'uno con l'altra, che poi è quello che nota Harry.
L'idea è che dopo un evento come l'invito alla festa ci fosse molta aspettativa nell'aria tra loro, ma anche una certa preoccupazione. Mi sono chiesta come si sentivano Ron ed Hermione all'idea di avere un vero e proprio appuntamento. Questo fatto aveva cambiato qualcosa nel loro modo di rapportarsi?
Ecco, è questo che cerca di indagare questa storia, lasciando molto spazio all'introspezione come già avete avuto modo di vedere.

Nel secondo capitolo toccherà a Ron, di ritorno dall'allenamento di cui ci ha informato Hermione, riflettere su alcune cose, ma non voglio anticiparvi nulla.
Buona lettura, e appuntamento alla fine del capitolo per alcune considerazioni e i ringraziamenti.


_____________________________




2. Ron


La normalità delle cose





Ron si buttò a peso morto sulla panca. Era ancora presto per la cena, eppure il suo stomaco aveva iniziato a brontolare già da un po’. Si tolse con calma i guantoni da portiere e si passò una mano tra i capelli sudati.

Accanto a lui Harry, in piedi, con la scopa ancora in mano, non la smetteva più di parlare.

“Non è per per fare il guastafeste, amico, ma ti scongiuro, per oggi basta Quidditch... Le mie chiappe non riuscirebbero a sopportarlo!”

Harry rise e si sedette a sua volta sulla panca di fronte. Erano gli unici ad essere rimasti nello spogliatoio visto che il resto della squadra era già rientrato al castello.

“E dire che io pensavo ti piacesse parlare di Quiddich!” disse Harry con un sorriso mentre ripuliva gli occhiali.

“Lo sai che mi piace” ammise Ron, “ma tre ore di allenamento speciale a cavallo di una scopa ti aiutano a riconsiderare le tue priorità, capitano..”

Harry ridacchiò e inforcò nuovamente gli occhiali. “Lo so che sono pressante certe volte,” disse poi tornando serio, “ma voglio che la squadra sia al massimo al prossimo incontro...”

“E’ logico che tu lo voglia. Sei il capitano, no?” lo interruppe Ron. “E comunque è quello che vogliono tutti in squadra, non preoccuparti. Non è certo a causa del tuo fascino magnetico che ci siamo allenati come matti con questo freddo...”

Harry sorrise e scosse leggermente il capo.

“Non è come al solito, sai?” aggiunse dopo un attimo di silenzio. “Voglio dire, non è come gli altri anni. Insomma, è chiaro che se una squadra vince o perde è per merito di tutti i giocatori, ma essere capitano ti rende più... non so... più responsabile, ecco, e la vorrei davvero quella coppa, Ron....”

Ron annuì. A dire il vero, tutto il Grifondoro la voleva.

“E poi...” proseguì Harry, “non è solo questo... Hermione direbbe che sono pazzo, ma... con tutto quello che sta succedendo fuori da qui, io ho l’impressione che questa cosa, il torneo, sarà l’ultima cosa normale che farò...”

Ron guardò il suo amico, che tuttavia volse lo sguardo altrove. Non aveva difficoltà a capire a cosa si riferisse.

“E’ per via delle lezioni di Silente?”

Harry tornò a guardarlo e annuì. “Silente mi sta mostrando il passato di Voldemort. Evidentemente crede che possa essermi utile. E’ come se mi stesse preparando ad affrontarlo, capisci? Non so cosa succederà in futuro, ma la situazione è sempre più critica là fuori ed io ho come la sensazione che molto presto dovrò smetterla di nascondermi dietro quelli che mi proteggono e darmi da fare.”

Ron non rispose subito. Osservò l’espressione decisa di Harry.

La situazione è sempre più critica là fuori.

Già...

Dopo la loro avventura al Ministero nel giugno precedente la gente aveva dovuto ammettere che il mago oscuro più crudele di tutti i tempi era effettivamente tornato e tutti erano diventati più sospettosi e impauriti. Le voci su Harry si erano moltiplicate e molti lo indicavano come ‘il Prescelto’, colui che era destinato a sconfiggere Voldemort.

Lui ed Hermione ne avevano parlato a lungo quell’estate. Erano sempre stati al suo fianco quando lui aveva avuto bisogno di loro, ma adesso... Se Harry davvero era il Prescelto, allora non aveva scelta, non avrebbe mai avuto un’esistenza normale e se loro avessero voluto continuare ad essere suoi amici... bè, allora nemmeno loro avrebbero potuto continuare a vivere come se niente fosse.

In qualche modo, però, era proprio quello che stavano facendo in quelle settimane.

“Senti Harry,” iniziò incerto Ron, mentre il suo amico si alzava, intenzionato ad andarsene, “le cose sono cambiate, e forse cambieranno ancora in futuro, ma... Io credo che abbiamo tutti bisogno di pensare che possiamo ancora avere la nostra normalità.”

Harry l’osservò in silenzio, fermo sulla porta dello spogliatoio.

“Hai visto Diagon Alley l’altro giorno?” continuò Ron, fissando lo sguardo su Harry. “Tutti correvano in fretta e furia, come se non vedessero l’ora di tornarsene a casa, e tutto era grigio e triste in un modo... Mi ricordo la prima volta che ci sono stato, con mio padre, quando ero piccolo. Lo sai cosa mi colpì?”

Harry scosse il capo.

“I colori,” rispose prontamente Ron, “e le voci. Tutti continuavano a vociare ininterrottamente e non facevi altro che vedere gruppi di persone ferme a chiacchierare tra loro. Adesso, invece...”

“E’ un mortorio...” finì Harry per lui.

Ron annuì. “Sembra che tutti abbiano paura che da un momento all’altro Tu-Sai-Chi possa sbucare da dietro un angolo e attaccarli. E magari è davvero così, però...” Ron fece un piccolo sospiro e guardò fisso il suo amico. “Però, Harry, non lo so se si può vivere così... Forse hanno ragione Fred e George a scherzarci su, anche se la mamma rabbrividisce all’idea, ma non si può pensare di passare tutto il tempo a preoccuparsi di quello che potrebbe succedere domani o tra dieci secondi. Rischi di impazzire, sennò... E questo vale anche per te, amico, anche se tu sei... bè, quello che sei...” concluse con un gesto eloquente.

Harry sorrise un po’. “Già... E forse una buona volta dovrei smetterla di preoccuparmi di quello che combina Malfoy...”

Ron sorrise a sua volta, mentre l’amico sistemava per bene il mantello sulle spalle.

Sarebbe bello se tu ci riuscissi, Harry.

“Allora,” disse Harry dopo un attimo di silenzio, “torniamo al castello?”

Ron alzò le spalle. “Inizia ad andare. Ti raggiungo tra un po’.”

Harry annuì e lo salutò con un cenno della mano, chiudendosi la porta dello spogliatoio alle spalle.

Rimasto solo Ron si mise in piedi. Posò i guanti che aveva in mano sul tavolo al centro della piccola stanza e si avvicinò alla finestra che dava sul campo di Quidditch. Ormai il sole era quasi del tutto calato oltre l’orizzonte e da lontano si scorgevano le luci del castello.

Diede le spalle alla finestra, guardando il piccolo spogliatoio senza realmente vederlo.

Quando quell’estate si trovavano a parlare del futuro, lui ed Hermione, avevano la certezza che molte cose sarebbero cambiate al loro ritorno a scuola. Si erano chiesti come avrebbe reagito Harry, dopo quello che era successo al Ministero e si erano detti di stargli vicini, perché la morte di Sirius era stata davvero un duro colpo per lui. Si erano addirittura trovati a pensare che il loro amico avrebbe tentato di cercare Voldemort o Bellatrix, o entrambi, per fargliela pagare. Alla fine si erano detti che, qualunque cosa fosse successa, loro avrebbero fatto di tutto per proteggerlo, anche da se stesso se necessario (erano state parole di Hermione, queste, e lui aveva annuito, convinto).

Poi le cose erano andate diversamente.

Harry sembrava aver preso abbastanza bene la morte di Sirius e di punto in bianco aveva confessato loro quel terribile segreto... la Profezia.

Certo, pensare che era stata la Cooman a pronunciarla un po’ lo faceva sorridere – e dire che loro l’avevano ritenuta un’impostora per tutti quegli anni! – ma solo un po’. In realtà era una cosa orribile quella che aveva predetto. Ron sperava con tutto il cuore che non dovesse finire per forza così.

Poi erano tornati a scuola, come tutti gli anni, e avevano ripreso la loro vita di sempre, o almeno cercavano di non pensare al fatto che ogni giorno, nel mondo reale, qualcuno scompariva e non dava più notizie di sé. Ad Hogwarts, in fondo, tutto era rimasto normale e anche se l’incidente di Katie Bell aveva fatto molto scalpore, sembrava che nessuno volesse davvero prendere in considerazione il fatto che, ormai, nessun luogo fosse più sicuro.

Ron ricordò l’orologio che stava in cucina, alla Tana, e che da mesi segnava ‘pericolo mortale’ per tutti i membri della famiglia. Era rimasto sconvolto all’inizio, ma quando lo aveva raccontato ad Hermione lei, senza fare una piega, gli aveva fatto notare che, a pensarci bene, non era affatto una cosa strana visto che in fondo erano in guerra e che, anche se la situazione sembrava tranquilla, sotto sotto non lo era per niente.

Hermione e la sua razionalità... Si era chiesto come potesse affermare una cosa del genere con tanta tranquillità. Non mostrava il minimo segno di incertezza, certe volte, quella ragazza.

Ron scosse la testa e strizzò forte gli occhi, come a voler scacciare un cattivo pensiero.

Possibile che in un modo o nell’altro finisse sempre per pensare a lei?

Sospirò e controllò l’orologio. Forse era giunta l’ora di tornare al castello.

In fondo era quella la normalità, no? Lezioni, allenamento, cena, studio.

Lezioni.

Allenamento.

Cena.

Studio.

E ancora così, all’infinito e senza paranoie mentali finchè potevano permetterselo.

Ron si staccò dal muro e prese i guanti che aveva abbandonato sul tavolo. Poi afferrò il mantello e se lo sistemò con cura sulle spalle, lo sguardo rivolto alle luci lontane del castello.

Non potè fare a meno di chiedersi se lei fosse già a cena, visto che a quell’ora era probabile che avesse smesso di studiare per scendere in Sala Grande.

Istintivamente si ritrovò ad inghiottire. E se avesse accennato a quello che si erano detti quella mattina?

Ron si impose di non pensarci e afferrò invece la scopa che aveva lasciato poggiata alla parete dello spogliatoio. Quando la spostò vide una minuscola scritta graffita che non aveva mai notato prima.

Delle iniziali, racchiuse in un cuore.

H.G.

Sotto c’era una data.

04/14/1986.

Ron sbuffò.

Non. È. Possibile.

Uscì dallo spogliatoio in gran fretta e si ritrovò all’aperto. Rabbrividì nel freddo della sera e si incamminò a passi svelti verso il castello, stringendo forte il bavero del mantello davanti alla faccia per proteggersi dal vento gelido.
La sua doveva essere una specie di maledizione, non c’erano dubbi: in qualche modo, non sapeva nemmeno lui come, forse proprio per merito dell’allenamento estenuante di Harry, era riuscito a non pensare ad Hermione e alla loro strana conversazione per tutto il giorno, e adesso, proprio quando sapeva che l’avrebbe rivista di lì a pochi minuti, tutto, tutto, persino una sconosciuta giocatrice di Quidditch di dieci anni prima, finiva per fargliela tornare prepotentemente in mente.

Accellerò il passo, mentre un piccolo sorriso gli si formava sul volto, suo malgrado.

In fondo era sempre stato così, non doveva stupirsene. Lei aveva sempre invaso i suoi pensieri.

Sempre.

Dopotutto, pensò, anche quello era normalità.



Continua...



_________________________




Nota al capitolo:

Innanzittutto, il titolo. La normalità delle cose si riferisce ovviamente al fatto che tutti vorrebbero vivere una vita normale, senza pensare continuamente allo stato di guerra in cui ormai il mondo magico è caduto, e che i primi a volerlo fare sono proprio i nostri protagonisti. Spero vivamente che la piega che assumono i pensieri di Ron in questo capitolo non vi abbia lasciato troppo perplessi. E' probabile che vi aspettaste una riflessione sull'invito o la messa in scena dei suoi dubbi al riguardo, come avevo fatto con Hermione. L'idea originale era quella, ma poi mi son detta che crogiolarsi nei pensieri è tipico di Hermione, ma non di Ron, e così il capitolo ha preso una piega diversa, molto più puntata sull'attualità, se vogliamo.
Del resto è un pò questo il carattere del Principe Mezzosangue. All'inizio l'atmosfera è cupa, insicura, tesa (pensate alla visita a Diagon Alley, a cui accenna qui Ron), poi nel resto del libro questo sensazione di perde. Harry rimane sempre sospettoso di Draco, per esempio, ma anche lui si lascia trascinare da quella sorta di gaia normalità del libro, da commedia romantica, fino, poi, alla tragedia finale.
La mia storia, invece, è abientata nei primi capitoli del libro, i ragazzi sono arrivati relativamente da poco a scuola e il contrasto tra il dentro e il fuori, a mio modo di vedere, poteva lasciare un pò spiazzati, nonostante si cercasse di non pensarci, come succede a Ron. Vedrete, comunque, che non è l'unico.

Ma la normalità delle cose si riferisce anche al fatto che, nonostante tenti di impedirlo, i pensieri di Ron finiscono sempre, inevitabilmente, per confluire su Hermione che è presente in ogni situazione e attimo della sua vita, dalla discussione estiva prima dell’arrivo di Harry, ai compiti da fare, alle lezioni da seguire... Fino a quel casuale quanto inaspettato graffito sulla parete dello spogliatoio...
La parte, se volete, più squisitamente romantica (e spero non banale) del capitolo.


Infine ringraziamenti:

*Carli*: Felice che l'idea ti sia piaciuta. Spero che continui a piacerti anche con questo secondo capitolo ^_^
daniel14: Ma mille grazie dei complimenti! Sono contenta che ti sia piaciuto il primo capitolo. Fammi sapere se col secondo ho azzardato!
Gluck88: Eccoti il secondo capitolo. Piaciuto? Grazie dei complimeti anche a te!
Rik Bisini: Bè, mi ha fatto molto piacere ricevere la tua recensione. Ed hai ragione lo spunto è interessante, ma è davvero una sfida, anche perchè, come tu sai bene, nei missing moment si deve sempre fare attenzione a non forzare le cose e le sensazioni in vista di quello che accadrà dopo. E' per questo che vedrai Ron ed Hermione molto cauti l'uno con l'altra. Riguardo la domanda che mi fai, credo di aver già risposto al'inizio. No, l'allenamento a cui si accenna nel primo capitolo non è quello del litigio con Ginny. Anzi, la mia storia nemmeno ci arriverà a descrivere quel litigio nè tutto il patatrac che avviene dopo. Si ferma molto prima, in modo da giustificare il pensiero di Harry che i due tra loro erano più gentili del solito.
egip: Particolare, eh? Credo possa stare per originale e ne sono felice. Sì, tutti i kicker hanno sognato per poche righe quello che poteva succedere. Fai conto che quelle poche righe, nella mia storia, si siano trasformate in parecchie pagine di attesa.

Grazie ancora a tutti, alla prossima settimana.

Baci,
patsan





  
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