Epilogo.
La
brezza spirava da sud, calda e morbida come il sospiro di un amante, leggera
come la carezza di una piuma sulla pelle.
Il
sole, al suo massimo fulgore, splendeva sul Vigrond fiorito e profumato dei
fiori di bosco, cresciuti rigogliosi nella terra ricca di vita e di memorie di
cui era impregnato quel luogo di ancestrale bellezza.
Salda
tra le mie mani, la teca contenente le ceneri delle sei sentinelle morte nel
tentativo di salvarmi dal destino infausto che era calato come una mannaia su
di me.
I
loro spiriti fluttuavano leggeri e incorporei attorno a me, non ancora pronti
per entrare nella Casa delle Anime, in attesa che io le conducessi per mano verso il loro
ultimo luogo di riposo.
Disposti
a semicerchio nella grande spianata del Vigrond, si trovavano gli alfa più
potenti, la mia Triade di Potere e le famiglie che, con orgoglio smisurato e
cuore spezzato, avevano accettato l’ingrata sorte capitata ai loro congiunti.
Invasi
solo dal dolore ma non da un possibile risentimento nei miei confronti, i
famigliari attendevano solo di veder compiere il rito di saluto dalla loro wicca, e così sarebbe stato.
Levai
lentamente il viso perché i raggi caldi del sole sfiorassero le mie gote
pallide – non mi ero ancora ripresa del tutto dalla mia prigionia, ma era un
compito che dovevo e volevo assolvere
quanto prima – e cominciai a mormorare teneramente: “Possano le vostre anime
danzare liete nell’abbraccio della Madre.”
Con
mano leggermente tremante, aprii la teca di legno che tenevo su un palmo aperto
e, presa tra le dita un po’ della cenere contenuta al suo interno, sollevai in
aria la preziosa reliquia e continuai il rito, dicendo con più forza: “Possano
i vostri ricordi e le vostre memorie divenire imperitura coscienza del Vigrond
e sollievo per coloro che non possono seguire i vostri passi verso la Luce
Eterna.”
Chiusi
gli occhi, lasciando la presa ed espandendo attorno a me la cenere grigiastra
perché il terreno la facesse propria. Dai licantropi presenti si levò, in un
sussurro commosso, la medesima preghiera, che venne ripetuta sei volte, ad ogni
mio gesto, perché ogni vittima dei berserkir fosse degnamente celebrata.
Quando
la teca fu vuota, mi inginocchiai a terra sfiorando coi palmi il terreno ora
ricoperto di cenere e, levato il capo a scrutare la quercia che tutto
ombreggiava intorno a me, esclamai con voce ancor più forte: “Quercia sacra,
Yggdrasil che il mondo sorreggi, concedi a loro l’onore dell’immortalità
all’interno del tuo ventre! Prendi con te i miei lupi! Accogli a te Gilbert,
Joseline, Albert, Hugh, Marlon e Stephenie, i miei figli cari e che fino
all’ultimo respiro hanno combattuto per me.”
La
brezza divenne vento, che sollevò la cenere sparsa sul prato rigoglioso e, come
vortice, mi avvolse. La quercia, che ai miei occhi era parsa, fino a quel
momento, ricoperta d’oro e di bronzo, divenne sfolgorante astro e mi abbracciò
con la sua forza dirompente, espandendo se stessa fino a inglobare tutti i lupi
presenti al Vigrond.
Chiusi
gli occhi, accettando l’energia dirompente e incanalandola in me perché il
corpo diventasse la via da cui i ricordi di quelle anime valorose sarebbero
giunte alla loro destinazione finale.
Venni
scossa da poderosi contraccolpi, da squarci di esistenze che non avrebbero più
visto un’alba o un tramonto, di braccia che non avrebbero più stretto a sé
corpi caldi e cuori straripanti d’amore, e piansi.
Le
mie lacrime dilavarono il dolore provato da quelle anime nel momento della
dipartita, aiutandole nel loro viaggio verso la Madre e, quando la luce della
quercia si ritirò per far riemergere quella del sole, caddi a terra, sdraiata
completamente sull’erba, il volto bagnato di
amaro sale.
Duncan
fu subito da me, avvolgendomi nella sua stretta calorosa e, dopo di lui, Lance
e Jerome lo imitarono.
Un
attimo dopo, Jessie, ancora claudicante e con un braccio steccato, si
inginocchiò al mio fianco e, assieme a lui, giunsero anche le sentinelle scampate
al massacro.
Coccolata
dal loro calore, accettai il tributo della morte di quei lupi coraggiosi e,
quando anche il resto del branco venne a me per unirsi a quell’abbraccio
consolatorio, seppi di aver fatto la cosa giusta, divenendo Prima Lupa.
Ora,
eravamo veramente un clan e nessuno, neppure gli dèi, avrebbe potuto mettersi
contro di noi.
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N.d.A:
E qui si chiude questo secondo racconto. Direi che riparleremo del terzo
racconto di Brie e Duncan, All'Ombra dell'Eclissi, per i primi giorni di agosto.
Per
ora vi dico grazie. Per avermi sopportato, per essere stati al mio fianco, per
aver riso, pianto e spasimato assieme a me.
Ci
sarebbero mille altre cose che vorrei dirvi per esprimere la mia gratitudine
nei vostri confronti, ma spero che dirvi ancora GRAZIE possa farvi comprendere
quanto la vostra presenza sia stata, ed è, importante.
A
risentirci presto con i nostri licantropi!