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Autore: 9Pepe4    19/01/2015    5 recensioni
Thorin alle prese con la nascita di Fíli e Kíli.
A quanto pareva, era destino che la venuta al mondo dei suoi nipoti lo riempisse d’ansia.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dìs, Fili, Kili, Thorin Scudodiquercia
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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02 # ênâdu Kíli

Nei pressi delle Montagne Azzurre, dove si era stabilito il popolo di Erebor, si trovava un villaggio di Uomini.
Laggiù, molti Nani erano riusciti a farsi impiegare nelle fucine o come braccianti. Forse in futuro sarebbero divenuti più indipendenti, ma per ora gli scambi col popolo vicino erano una delle principali fonti di sostentamento.
Quel giorno, Thorin si era recato al villaggio con un gruppo di Nani per ritirare un consistente ordine di mantelli foderati in previsione dell’inverno. Quando giunsero alla meta, la bottega era ancora chiusa, così dovettero attendere fuori, ai margini della strada fangosa. Era piovuto di recente, ed ogni carro di passaggio schizzava in giro acqua di pozzanghera.
Finalmente arrivò il proprietario, ed i Nani si mossero per fare il loro ingresso. Thorin aveva appena posato la suola dello stivale sulla soglia, quando gli parve di udire qualcuno che lo chiamava.
Si bloccò e si tirò indietro, girandosi per sondare la strada coi propri occhi azzurri e penetranti.
Individuò immediatamente chi aveva gridato il suo nome: era Dwalin che, avvolto in un mantello consunto, si stava dirigendo verso di lui a grandi falcate e con un’espressione che non prometteva nulla di buono.
«Voi andate» ordinò Thorin, rivolto a chi lo aveva accompagnato, per poi staccarsi dal gruppo ed affrettarsi verso il nuovo arrivato.
«Dwalin» esordì, non appena gli fu giunto di fronte, «che succede?»
L’altro quasi non si fermò a prendere fiato. «Dís» rispose. «È in travaglio».
A quelle parole, Thorin impietrì. «Non è possibile» obiettò. «Il bambino non dovrebbe nascere prima di due mesi».
«È prematuro».
Il respiro di Thorin si bloccò un istante, e i suoi occhi saettarono sul profilo azzurrino della catena montuosa dove si trovava sua sorella.
«Qui ci penso io» si offrì Dwalin, con un cenno del capo verso la bottega. «Tu va’».
Fosse stato qualcun altro, forse Thorin avrebbe indugiato… Ma all’amico avrebbe affidato la sua stessa vita. «Ti ringrazio» asserì, posandogli brevemente una mano sulla spalla.
Dopodiché, si separò da lui, ed iniziò a camminare con passo spedito. Per fortuna, il luogo dove avevano lasciato i pony – e due monete ad un garzoncello affinché li tenesse d’occhio – non era molto distante. Come fu sulla sua cavalcatura, Thorin la spronò al galoppo verso la montagna.
Quando sua sorella lo aveva informato che aspettava un secondo figlio, lui aveva pensato che quella nascita non sarebbe avvenuta in una tenda, e non gli avrebbe portato la stessa preoccupazione di quella di Fíli. A quanto pareva, però, era destino che la venuta al mondo dei suoi nipoti lo riempisse d’ansia.
Gli alloggi che Dís condivideva col marito ed il figlio erano tra i primi ad essere stati ricavati dalla roccia. Non avevano nulla da spartire con le ricche e maestose sale di Erebor, ma erano sicuri ed accoglienti.
Nell’anticamera della stanza da letto si era già radunato un drappello di persone. Lontani cugini, e una manciata di amici.
Thorin individuò Glóin, fratello di Óin, e gli si avvicinò nella speranza di poter ricevere qualche informazione in più.
«Come procede?» chiese, senza preamboli.
L’altro sbatté le palpebre, ma si riprese subito. «Ci sono state alcune complicazioni» borbottò, passandosi una mano sulla folta barba castana. «Ma ci sono mio fratello e la stessa levatrice che ha aiutato alla nascita del primogenito».
Thorin annuì, e in quel momento – anche se il suono venne attutito dalla porta e dalle mura di pietra – udì sua sorella urlare per lo sforzo, e poco dopo Óin che affermava: «Eccolo. È fuori».
Thorin ne dedusse che il bambino fosse nato. Ma se era così, perché non si sentiva nessun pianto?
La voce di Dís domandò qualcosa – Thorin non riuscì a distinguere le parole, ma gli si spezzò il cuore nel sentire il tremore nel tono della sorella.
Quasi senza rendersene conto, si spostò verso la porta della camera da letto. In quel momento, qualcosa gli strattonò le braghe, ed una vocetta lo chiamò. «Zio?»
Thorin abbassò lo sguardo, ritrovandosi a fissare gli occhi azzurri di suo nipote.
Fíli aveva un’aria indagatrice, sperduta e risentita assieme, e suo zio ebbe la netta impressione che nel caos dovuto a quella nascita prematura nessuno si fosse occupato di spiegargli cosa stava succedendo.
«Fíli».
Suo nipote lo osservò con una certa aspettativa. «Non trovo amad e adad» lo informò, inciampando appena sulla r.
Thorin diede una rapida occhiata alla persone presenti. Possibile che nessuno avesse detto niente al bambino?
«Sono in camera loro» affermò.
Fíli gli chiuse una manina su un lembo dei pantaloni, lanciando un’occhiata scontenta alla vecchia comare che sostava nei pressi della porta. «Ma lei non mi fa passare».
«Fa bene» replicò Thorin, lapidario. «Non si può entrare».
La risposta non piacque a Fíli, che arricciò il naso – era un naso terribilmente importante, per un visetto così piccolo. «Perché no?»
«Ecco…» Thorin esitò, chiedendosi quanto poteva spiegare ad un bambino dell’età di suo nipote. «Sta arrivando il tuo fratellino».
A quelle parole, Fíli lo guardò quasi con sospetto, poi scosse la testa. «No» negò, sicuro di ciò che diceva. «Adad dice che bisogna aspettare ancora».
La preoccupazione di Thorin si risvegliò. Ancora non aveva sentito alcun pianto… «Potrebbe esserci stato un cambio di programma».
Fíli lo scrutò, corrugando le piccole sopracciglia bionde… Poi il suo visetto si rischiarò. «Il fratellino arriva adesso?»
Thorin indugiò, colto da un dubbio improvviso. Doveva dirgli di sì? E se, Mahal non volesse, il secondogenito di Dís non fosse sopravvissuto? Una risposta affermativa avrebbe potuto portare Fíli a tempestare di domande due genitori già distrutti.
A togliergli il peso di quella penosa decisione intervenne Óin, che scelse quel momento per affacciarsi dalla porta. I suoi occhi scandagliarono la stanza, e come vide Thorin gli fece cenno di avvicinarsi.
Il primogenito di Thráin mosse subito un passo nella sua direzione, ma invece di lasciarlo andare Fíli si aggrappò con più forza ai suoi pantaloni, incespicando dietro di lui.
Thorin si fermò e si chinò per staccare le dita del nipote dalle proprie braghe. «Fíli, tu devi…»
«Voglio la mia amad» lo interruppe il bambino, in un piagnucolio.
Era più di un capriccio; Fíli era stanco, non voleva essere lasciato di nuovo solo e doveva iniziare a sentirsi davvero inquieto per l’assenza dei genitori.
Thorin lanciò uno sguardo impotente ad Óin, che da parte sua scomparve un istante nella stanza. Quando ne riemerse, lo invitò: «Porta anche il bambino».
Thorin ne fu rincuorato. Se Fíli poteva entrare con lui, non doveva essere successo nulla di terribile…
Si chinò su suo nipote e lo sollevò. Radioso, Fíli gli circondò il collo con le proprie braccia, incurvando le labbra in un minuscolo sorriso.
Thorin lo trasportò con sé nell’altra stanza, ma sulla soglia si fermò un istante per prendere visione di quanto si trovava all’interno.
La stanza di Dís e di suo marito era una delle poche che avesse una finestra che dava sull’esterno. Era abbastanza ampia, ma arredata in modo spartano: un letto matrimoniale, una cassapanca, un guardaroba.
Dís era distesa sul letto, e il sudore le aveva diviso in ciocche i capelli scuri. Suo marito sedeva accanto a lei, sull’orlo del materasso, e gli occhi di entrambi erano puntati sul fagotto di coperte che Dís teneva tra le braccia.
Thorin non riusciva a vedere il bambino, ma dalla posizione riusciva a capire che stava succhiando il latte materno.
I suoi genitori sembravano incapaci di togliergli gli occhi di dosso, le tracce di una forte preoccupazione ancora visibili sui loro volti.
Poi Fíli si contorse nella presa di Thorin, tendendo una manina verso Dís. «Amad!»
La testa di lei si sollevò di scatto, e un sorriso le piegò le labbra. «Fíli» lo salutò, mentre spostava il peso del neonato da un braccio all’altro.
Thorin lasciò che la porta si chiudesse alle sue spalle e si avvicinò al bordo del letto. Fíli si dimenò e poi, siccome la presa dello zio non si allentava, si sporse verso sua madre.
«Amad, perché hai pianto?» chiese, con voce piena di preoccupazione. «Stai male?»
Con un lievissimo sussulto, Thorin si rese conto che le guance di Dís erano effettivamente bagnate di lacrime.
«Oh, no, lukhdel» si affrettò a dire lei, «ho solo…»
Un vagito la interruppe, e gli occhi azzurri di Dís saettarono sul neonato. Nuove lacrime le inondarono le guance, e Thorin poté vedere che non erano di dolore, ma di sollievo e gratitudine.
Ne fu comunque quasi scioccato – stentava a ricordare l’ultima volta che aveva visto sua sorella piangere.
Suo cognato dovette notare la sua espressione, poiché spiegò a mezza voce: «All’inizio temevano che il bambino avesse qualcosa che non andava».
«E non è così?» chiese Thorin, per cacciare definitivamente le proprie preoccupazioni.
L’altro diede una mezza risata. «No» rispose. «A quanto pare era solo molto impaziente di fare la nostra conoscenza».
«Venite a conoscerlo anche voi due» invitò Dís, alzando gli occhi sul fratello e coprendosi il seno, dato che ormai il neonato si era saziato.
Óin e la levatrice uscirono con discrezione, sia per concedere alla famiglia qualche istante di intimità, sia per tranquillizzare le persone nell’altra stanza e dire loro che era andato tutto bene.
Thorin poggiò con cautela Fíli sul letto. Suo nipote rimase in ginocchio sul materasso e si sporse a dare un’occhiata al suo nuovo fratellino.
I tre adulti tacquero, tutti curiosi – a modo loro – di conoscere la reazione del bambino.
«È piccolo» disse infine Fíli, dopo aver ponderato a lungo.
Dís rise sommessamente. «Oh, Fíli» sospirò poi, «anche tu eri piccolo».
Fíli inclinò la testa di lato, poco convinto. «Non così tanto».
Sua madre abbassò per un attimo gli occhi sul proprio secondogenito, ed annuì. «Hai ragione» ammise. «Non così tanto».
«Come si chiama?» aggiunse Fíli.
I suoi genitori gli sorrisero, e Thorin attese, anche lui desideroso di conoscere la risposta a quella domanda.
«Kíli» asserì Dís. «Ti piace?»
Il bambino diede un mugugno affermativo. «È mio?» s’informò poi, sbirciando nuovamente il piccolo fagotto.
Thorin sbatté le palpebre, sorpreso da quell’uscita.
«È tuo fratello, sì» rispose Dís. «Ma questo non…»
«È mio» concluse Fíli, e ne sembrava così lieto che nessuno ebbe cuore di contraddirlo.
Sua madre, un mezzo sorriso ancora sulle labbra, alzò lo sguardo su Thorin. «Ora manchi solo tu» gli disse.
Per tutta risposta, Thorin si allungò verso di lei. Voleva solo riuscire a dargli un’occhiata, finalmente, ma Dís sollevò il neonato con grande cura e glielo passò.
Thorin si raddrizzò cautamente con quel fagottino tra le braccia, quindi abbassò gli occhi sul secondogenito di sua sorella.
Fíli aveva ragione: Kíli era davvero molto piccolo, e sembrava anche spaventosamente fragile.
I suoi occhioni aperti erano di un blu picchiettato di nero, segno che sarebbero diventati dello stesso colore di quelli di suo padre, e dei soffici ciuffetti scuri gli adornavano la testolina.
Mentre suo zio lo guardava, il neonato si aggrappò al suo dito con una manina morbida ed emise un versetto contento.
E Thorin, che aveva sempre considerato assurda l’idea dell’amore a prima vista, dovette ricredersi. Nonostante fosse la prima volta che posava gli occhi su di lui, Kíli gli aveva già rubato il cuore.
E non solo a lui, a quanto sembrava. Fíli si mise in piedi sul materasso, domandando: «Amad, posso tenerlo anch’io?»















Note:
Sto ridendo come un’idiota perché è quello che sono mi sono resa conto che ênâdu Kíli suona quasi come “è nato Kíli” detto da qualcuno col raffreddore.
Comunque, spero che questo capitolo non sia un disastro (e di non aver messo Thorin troppo da parte in favore del piccolo Fíli XD).
Ringrazio di cuore chi ha speso un po’ del suo tempo per leggerlo!
  
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