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Autore: Voglioungufo    31/10/2018    8 recensioni
|NaruSasu| AU | Light-Horror
“Stanno cominciando a credere che io mi sia innamorato di un fantasma, non ci facciamo mai vedere insieme e…”
“Se volevi un ragazzo trofeo da sbandierare in giro credo che tu abbia sbagliato persona” lo interruppe secco.
Naruto si ammutolì, rendendosi conto di aver parlato troppo e, soprattutto, di essere stato frainteso. Sasuke aveva serrato la mascella e tutto il suo corpo si era irrigidito, poteva avvertire la tensione dei muscoli contratti sotto la pelle.
Si alzò dal materasso e salì su di lui a cavalcioni, stendendosi un poco in avanti. Appoggiò una mano sulla sua fronte e gli tirò dietro la frangia sudata e cercò il suo sguardo, ma Sasuke lo stava evitando accuratamente.
“Io non voglio un ragazzo trofeo” disse seriamente “Io voglio te” e gli baciò la fronte “Voglio te anche con le tue fisime mentali sulle persone e i luoghi affollati”.

Naruto non ha nessun ricordo. Sasuke cerca di nascondere qualcosa.
[La storia partecipa alla Challenge estiva del gruppo facebook SASUNARU FanFiction Italia.]
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Iruka Umino, Itachi, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Buon halloween!
Lo so, sono in un ritardo disastroso e sono stata una bruttissima persona ad abbandonarvi così, per tutto questo tempo. Ma cosa posso dire, dall’ultimo aggiornamento è successa la sessione di settembre, è successa l’università, un trasloco e vengo da un’altra sessione. Già, sono stata un poco impegnata xD Mi sono concentrata su Nihonshoki, che è la storia su cui sto investendo la maggior parte delle mie energie, e una storia-cazzeggio random. Però questo breve racconto dovevo finirlo, quindi sono qui. In realtà lo avevo concluso un po’ di tempo fa, ma visto che è un light-horror ho deciso di aspettare Halloween. Ed eccomi qui :D
Spero che l’attesa sia valsa la pena, vi ringrazio per la pazienza e la disponibilità a leggerlo. Recensioni sono sempre ben gradite ^^
Buona lettura.
 
 
 
 
III
All who sail off the coast ever more
Will remember the tale of the ghost on the shore

 
Quando Naruto si svegliò la mattina dopo trovò l’altra metà del letto vuota, fredda, e anche il resto della casa privo della presenza di Sasuke. Non ne fu né deluso né sorpreso, era una situazione a cui era abituato fin da quando erano stati insieme la prima notte; dire che la cosa lo lasciava indifferente era una bugia – per una volta gli sarebbe piaciuto svegliarsi e trovarlo ancora lì, pronto a qualche coccola mattutina – ma la delusione veniva smorzata sempre da piccoli gesti che l’altro si lasciava dietro, come un cornetto, un bigliettino o un pomodoro. Anche quella mattina andando in cucina trovò un bicchiere di centrifuga alla frutta e un piccolo muffin.
Li consumò sedendosi sul ripiano della cucina, scorrendo con sguardo assente le storie di instagram dei suoi contatti – non molti in realtà. Si era fatto instagram spinto da Ino, ma non ne trovava una grandissima utilità. Sasuke non aveva nemmeno un social, che fosse instagram, facebook o twitter; li evitava come la peste.
Ha senso, se suo zio vuole far cancellare le sue tracce.
Si bloccò nel momento esatto in cui formulò quel pensiero. Inconsciamente aveva cominciato a dare per scontato che il suo Sasuke e l’altro Sasuke fossero la stessa persona, anche se la sera prima il suo ragazzo gli aveva detto di non averlo conosciuto prima dell’incidente.
Ha mentito per proteggermi.
Aveva maledettamente senso. Suo zio era un pazzo maniaco del controllo, stava tenendo nascosta l’esistenza dei suoi familiari solo per una maledetta carriera politica e Sasuke era uscito dal buio solo per lui. Per stare con lui.
Suo zio approvava? Sicuramente no, soprattutto perché era una relazione omosessuale. Quindi tutta quella segretezza era mirata sia dal non allarmare Madara Uchiha, sia per continuare a restare nascosto come voleva lo zio.
Ah, dimenticavo: Itachi è morto e, se non hanno mentito anche su questo, è stato il fratellino a ucciderlo.
Perse la presa sul bicchiere con la centrifuga e quello si schiantò inevitabilmente a terra, frantumandosi in migliaia di schegge. Naruto le guardò imbambolato, così tante emozioni contrastanti ad agitarlo da non riuscire a districarle tra loro.
No, Sasuke non è un assassino. Il mio Sasuke non riuscirebbe a uccidere qualcuno, soprattutto suo fratello, anche se fosse un pazzo.
Il suo Sasuke gli preparava la colazione prima di andare via, gli regalava fiori e libri, dava da mangiare ai gatti randagi e buttava sempre la spazzatura degli altri che trovava per terra in cestino. Un assassino non faceva azioni del genere con una tale naturalezza.
Non sono la stessa persona, no, decise con forza. Scese con attenzione dal ripiano per evitare i pezzi di vetro e prese uno scopino per spazzare il disastro combinato. Poi andò in bagno a prepararsi per il turno alla libreria. Dimenticò il telefono in cucina anche quando uscì dalla casa, in ritardo come al solito.
Così non vide nessuna delle chiamate di Sakura.
 
**

Alla libreria erano arrivati tantissimi scatoloni con i libri nuovi, Naruto passò tutta la mattina e trasportarli in giro per gli scaffali sbuffando per la fatica, mentre Ino se ne stava comodamente davanti al computer a catalogarli. Shikamaru invece era andato a nascondersi da qualche parte, così il lavoro pesante toccava tutto a lui.
Non è giusto, ‘bayo!
“Naruto!” lo chiamò la collega, sbucando da uno scaffale.
Per un momento sperò fosse venuta ad aiutarlo, ma ovviamente era chiedere troppo.
“Ti ricordi quel libro che avevi ordinato secooooli fa?” gli chiese con un sorriso smagliante “The tale of the ghost in the shore, no? È arrivato!”
Naruto spalancò gli occhi, si era completamente dimenticato di quel libro e di averlo ordinato su richiesta di Sasuke.
“Davvero?”
“Sì, dopo solo otto mesi. Adoro la velocità dei nostro fornitori…” si commosse ironica.
“In quale scatolone è?” domandò non ascoltandola. Andarono a controllare sul computer, in comune accordo di fare una pausa, e poi cercarono fra gli scatoloni ancora chiusi. Anche lì toccò a Naruto il lavoro pesante, rischiando più di qualche volta che dei pacchi gli finissero in testa.
Alla fine lo trovarono e Naruto lo prese tra le mani, non riuscì a capire se fosse deluso o meno: dopo tutti quei mesi si aspettava quasi che fosse un libro preziosissimo, dalla copertina ricamata e antico. Invece era un libricino sottile, con semplici illustrazioni tipiche dei libri per bambini; non aveva nulla di particolare e si chiese perché Sasuke lo avesse richiesto.
“Glielo spediamo?” domandò Ino distraendolo.
“A chi?”
“Ma come a chi? Al tuo fidanzato, scemo” fece un verso esasperato.
Corrucciò lo sguardo, poi lo abbassò imbarazzato. “Non so il suo indirizzo”.
Ino fortunatamente non commentò quell’ammissione patetica, anzi gli diede una pacca incoraggiante sulle spalle.
“Ma sì, invece. Te lo ha dato la seconda volta che è venuto qui, lo hai registrato vicino all’ordinazione del libro. Vieni, torniamo al computer”.
Se lo era dimenticato quel particolare, ma d’altronde era successo più di otto mesi prima quando loro due non stavano ancora insieme e non si interessava così tanto a quello strambo cliente.
Tornarono indietro al bancone e cercarono al computer, finché non lo trovarono.
“Ecco” picchiettò Ino con l’unghia finta lo schermo “Allora, glielo spediamo con un bigliettino?”
Naruto guardò quell’indirizzo stampandoselo nella mente, poi scosse la testa.
2531 Sharingan Avenue. Konoha.
“No, voglio portarglielo di persona”.
 
 
**
 
Appena Naruto finì il turno alla libreria andò alla metropolitana, deciso a raggiungere Sasuke quanto prima. Era quasi l’ora di pranzo, magari poteva fargli una sorpresa e mangiare qualcosa insieme. Nemmeno per un secondo gli passò per la mente di poterlo fare arrabbiare.
Ci mise molto per raggiungerlo, perché l’indirizzo era nel quartiere Universitario, si sorprese che Sasuke dovesse fare tutta quella strada ogni volta, soprattutto perché odiava i mezzi pubblici.
Alla fine riemerse in superficie e si ritrovò quasi subito circondato da propri coetanei, se non ragazzi più giovani, raggruppati tra loro a chiacchierare vivacemente e con le cartelle sulle spalle.
Stando alle ricerche fatte con Sakura lui aveva frequentato un anno l’università, ma ovviamente non poteva ricordarselo. Vedendo quei ragazzi, intenti a parlare di esami e libri da comprare, corsi da registrare e appuntamenti da non perdere, si sentì ancora una volta come se fosse stato derubato di qualcosa di fondamentale.
Si morse le labbra con uno strano magone a stuzzicargli la gola, ma poi decise di ignorarlo e mise l’indirizzo di Sasuke su google maps.
Seguì le istruzioni sullo schermo, girando ogni tanto su se stesso per assicurarsi di star seguendo la direzione giusta. Alla fine si infilò in una via secondaria con gli edifici tutti uguali di un piano, sembravano essere degli appartamentini costruiti appositamente per gli studenti. Rimise il telefono in tasca e guardò i numeri neri scritti sulle porte in targhette d’ottone mentre camminava.
2527,2528, 2529, 2530, 2532…
Si fermò di colpo sbattendo le palpebre confuso. Guardò la porta a destra con il 2530, poi quella a sinistra con il 2532.
Dov’era il 2531?
Rimase immobile per una manciata di secondi senza la più pallida idea di come reagire a quel fatto stranissimo. Riguardò il foglietto dove aveva scritto l’indirizzo per assicurarsi di non aver letto male, ma la sua calligrafia disordinata riportava 2531 Sharingan Avenue. Però il 2531 non c’era!
Forse mi sono sbagliato a scrivere, ipotizzò. Andò alla porta del 2530, suonò al campanello e attese nervosamente di ricevere una porta.
“Sì?” sentì al citofono.
“Uhm” annaspò passandosi una mano dietro al collo “Cerco Sasuke Blackwood. Abita qui?”
“No, mi spiace” disse la voce “Hai sbagliato indirizzo, bello”.
“Già” commentò a disagio “Scusa il disturbo”.
“Figurati” e chiuse il contatto.
Provò allora al 2530, questa volta la porta si aprì rivelando una ragazza in pantaloncini e top.
“Ciao, ti serve qualcosa?” domandò.
“Ciao” ricambiò “Per caso qui abita Sasuke Blackwood?”
Non fu sorpreso della risposta negativa dal momento che il fidanzato gli aveva detto di avere un ragazzo come coinquilino.
“Avrai sbagliato indirizzo” lo liquidò la ragazza con un’alzata di spalle.
“Come mai dopo il 2530 c’è subito il 2532?” domandò comunque.
“Il 2531 non esiste”.
“Ma in che senso?”
Alzò ancora le spalle. “Si sono sbagliati ad assegnare gli indirizzi. Hanno saltato, non lo so come mai. Tecnicamente nei registri l’edificio 2531 è segnato, ma a conti fatti non c’è. Si sono sbagliati” ripeté “È tipo un indirizzo fantasma, hai presente no?”
Annuì e la ringraziò, quella notizia gli aveva fatto venire un giramento di testa, perciò dovette sedersi su una panchina lì vicino. Prese un lungo respiro, gli tremavano le mani e il cuore batteva così forte che gli sembrava pronto a sfondare la cassa toracica.
Il 2531 non esiste.
Sasuke gli aveva mentito sull’indirizzo? A questo punto, cosa gli garantiva che non avesse mentito anche su altro? Forse non frequentava nemmeno l’Università.
Se era davvero l’altro Sasuke, allora doveva essere per forza così: Madara Uchiha non poteva aver cancellato ogni sua traccia e poi avergli permesso di frequentare un’università pubblica.
Non sopportava l’idea che gli avesse mentito così sfacciatamente, quante volte aveva usato la scusa dell’università per svincolare alle sue richieste?
Doveva capire cosa stesse succedendo, quella situazione di impotenza lo stava mandando in panico e il restare in quel limbo di incertezza era logorante. Doveva capire ed era ovvio che Sasuke non lo avrebbe aiutato, non gli avrebbe mai detto la verità e lui non voleva sentire altre bugie. Era una cosa che doveva fare da solo.
Secondo Orochimaru, Sasuke Uchiha era tornato a Uzu. Ci mise appena un secondo a prendere la sua decisione.
Era giunto il momento di tornare sulla sua isola natale.
 
**

Uzu era abbastanza distanza da Konoha: per raggiungerla ci voleva un intero pomeriggio, tutta la notte e buona parte della mattina. Per andarci Naruto avrebbe perso ore di lavoro, fortunatamente era riuscito a mettersi d’accordo con i suoi colleghi, disposti a sostituirlo. In cambio al suo ritorno li avrebbe sostituiti fino a recuperare le ore perse. Kabuto lasciava che si organizzassero da solo su quello, purché non litigassero.
Per Uzu partivano dei traghetti solo una volta al giorno nel pomeriggio. Era riuscito a procurarsi un biglietto, era corso a casa a fare un bagaglio con l’indispensabile e poi aveva raggiunto di nuovo il porto per prendere il traghetto appena in tempo.
Guardò la costa di Konoha allontanarsi con il vento che gli schiaffeggiava la faccia, i capelli agitati e gli occhi un poco lucidi per il fastidio. Era aggrappato alla ringhiera del parapetto talmente forte da avere le nocche sbiancate. Non riusciva del tutto a eliminare l’ansia che lo aveva sostenuto per tutta la giornata, che lo aveva portato a prendere quella folle decisione. Ma allo stesso tempo si sentiva euforico.
Senza dire niente a nessuno, senza parlarne con Sakura o Sasuke, era partito. Stava andando a Uzu. Stava andando a casa sua.
Era la cosa più folle e autonoma che faceva da quando si era svegliato.
L’odore del mare era forte, il vento ne era pregno e l’umidità era più fitta. Respirò a pieni polmoni l’aria carica di iodio e chiuse gli occhi, concentrandosi sul ronzio del traghetto e lo sciabordio delle onde che si aprivano al passaggio della chiglia. I passeggeri erano davvero pochi, soprattutto dei vecchiette e una famiglia di turisti che cercava inutilmente di tenere una cartina aperta lottando contro il vento.
Era talmente concentrato a osservare quella divertente scena che non si accorse subito del telefono che vibrava nella tasca e per poco persa l’ennesima chiamata di Sakura.
“Pronto?”
Naruto!” la ricezione era disturbata, ma riconobbe subito il tono esasperato “Si può sapere perché non mi hai mai richiamata?
Con una fitta di senso di colpa si rese conto di aver ignorato completamente le sue chiamate perse troppo preso dai suoi drammi personali.
“Ho avuto da fare” mormorò colpevole “Scusami, sono successe un po’ di cose”.
Sakura fece una pausa.
Iruka è venuto a trovarti, lo so” disse, poi sospirò “Domani ne parleremo”.
Un campanello d’allarme suonò nella sua mente. “Domani?”
Sì, è venerdì. C’è la seduta”.
Se lo era completamente scordato preso dagli ultimi avvenimenti e sentì l’ansia aumentare, gli si strinse lo stomaco. Improvvisamente aveva il mal di mare.
“Domani non posso” balbettò.
Sei di turno in libreria?” domandò ignara Sakura “Non  preoccuparti, chiamo Kabuto così ti cambia…
“No… Non è per il lavoro” mormorò, si portò una mano alla bocca. Decisamente aveva il mal di mare.
Sakura fece un altro lungo silenzio, poi: “Naruto, dove sei? Perché la ricezione è così disturbata?
Deglutì, ma alla fine sganciò la bomba.
“Sto andando a Uzu”.
Tu COSA?!” la reazione di Sakura fu immediata “Stai scherzando!
“Torno fra tre giorni, io…”
Naruto!” lo interruppe sconvolta “Non puoi andare a Uzu! Non così all’improvviso! Potrebbe succederti qualcosa, potrebbe scatenarti uno shock… non sei pronto! Non ne hai mai parlato alle nostre sedute, cosa… cosa…”
“Mi dispiace” sussurrò “Ci sono delle cose che devo capire, starò bene”.
No, tu non capisci!” sbottò la dottoressa “La tua situazione è troppo delicata, andartene da solo è una follia e…” la ricezione divenne disturbata al punto che capì solo alcune parole frammentarie,  finché la linea cadde del tutto.
Guardò lo schermo, non c’era nessuna linea di segnale.
Alzò lo sguardo, accorgendosi che era scesa la nebbia e che era solo sul ponte. Era solo in mezzo all’oceano, tra la nebbia, e finalmente realizzò la portata della sua azione.
Sto tornando a casa.

**

Viaggiare per mare non faceva per lui, lo capì quando con gioia mise piede sulla terraferma. Durante la notte non aveva chiuso occhio a causa della nausea e del mare agitato.
Aveva visto Uzu in depliant e immagini su google, credeva che vedendola dal vivo provasse una sensazione di familiarità. Ma la terra che lo accolse gli sembrò totalmente estranea.
Il cielo era coperto da pesanti nuvole che davano una luce grigiastra e lugubre alle cose, il vento continuava imperterrito a soffiare gelido. Il porto era deserto, fatta eccezione per alcuni pescatori e i gabbiani che sfidavano le correnti celesti; l’odore del pesce marcio era insopportabile, Naruto provò la tentazione di coprirsi il naso con le dita.
Aveva lo stomaco in subbuglio e il trovarsi completamente solo in quell’isola grigia quasi lo mandò in panico. C’era qualcuno che poteva riconoscerlo? Come avrebbe reagito? Quei pescatori… lui non li conosceva, ma se in realtà nella sua vita prima li avesse conosciuti? Sentì la testa girargli e dovette aggrapparsi saldamente al borsone che si era portato dietro, stava per avere un attacco di panico. Capì perché Sakura avesse avuto quella reazione allarmata: non era pronto ad affrontare tutto quello e, quel che era peggio, era solo.
Cominciò a camminare perché temeva che il restare fermo sulla banchina come un cretino potesse attirare l’attenzione di qualcuno.
A passo spedito si diresse fuori dal porto, verso la spiaggia. Era un lungo litorale sabbioso che da quale che vedeva procedeva sinuoso fino a delle alte scogliere. Si tolse le scarpe da ginnastica, lasciando che la sabbia umida di incollasse alla sua piante del piede e proseguì sul bagnasciuga con le onde che di tanto in tanto gli lambivano le caviglie. Si concentrò sul proprio respiro per regolarizzarlo e pensò a immagini positive e rilassanti, proprio come gli aveva suggerito Sakura.
Provò il forte desiderio di chiamare Sasuke, di sentire la sua voce – era sempre in grado di rassicurarlo – ma era lui il motivo per cui aveva iniziato quel viaggio e il telefono non aveva un solo segnale di connessione. Uzu sembrava essere tagliata fuori dalla realtà, perciò si concentrò solo sullo scrosciare delle onde sulla battigia.
Quando si calmò aveva ormai raggiunto le scogliere. I faraglioni si innalzavano altissimi su di lui come dei giganti, assottigliando gli occhi riusciva a vedere i nidi dei gabbiani.
Sasuke…
Era inutile, non riusciva a toglierselo dalla testa e ogni volta che ci soffermava il suo cuore aveva un sobbalzo. Non aveva la più pallida idea di cosa lo aspettava e questo lo terrorizzava, non sapeva nemmeno come agire, dove andare…
Andare a Uzu era stata un’idiozia, uno dei suoi tanti colpi di testa.
Andò a sedersi tra la sabbia asciutta, era calda nonostante i raggi del sole bucassero a malapena le nuvole. Il riflesso del mare era comunque fastidioso.
Aprì la borsa e tirò fuori il libro di Sasuke. Se lo era portato dietro senza nessun motivo, durante l’attraversata aveva provato a leggerlo ma il mal di mare lo aveva fatto desistere. Pensò di riprovarci nel silenzio di quella spiaggia sterminata, ai piedi della scogliera.
Come avevano lasciato intendere le illustrazione, il libro non si rivelò altro che una fiaba per bambini. Era la storia di un ragazzo e una ragazza innamorati e pronti per sposarsi, ma poi lui venne chiamato a combattere in una guerra e dovette lasciarla con la promessa che sarebbe tornato; da parte sue, lei promise di aspettarlo e di non innamorarsi di nessun altro. Ma lui morì in guerra e non poté più tornare, così lei continuò ad aspettarlo in cima a una scogliera, finché anche lei morì. Rimase solo il suo fantasma in attesa di qualcuno che non sarebbe mai venuto.
Era una storia troppo triste per essere raccontata a dei bambini e lasciò a Naruto, che era fin troppo sensibile, dei lacrimoni intrappolati fra le ciglia. Non osava immaginate quanto fosse terribile aspettare per l’eternità qualcuno.
Forse era stato preso troppo dalla lettura, perché quando alzò lo sguardo gli parve di scorgere una figura sulla punta della scogliera. Il cuore gli schizzò subito in gola per la paura e sbatté gli occhi per vedere meglio contro il riflesso accecante delle nuvole.
La figura non c’era più.
Mi sto facendo influenzare troppo, considerò e fece per tornare al paese. E dimenticò il libro sulla sabbia.
 
**

Grazie a un vecchio autobus sgangherato raggiunse il centro della città di Uzu, dove si mise a cercare un ostello dove passare la notte. Nonostante  negozietti turistici, per le vie non c’era nessuno, forse perché era quasi ora di pranzo. Pochissime automobili vecchie erano parcheggiate e le case avevano tutte il legno usato e i tetti spioventi tipici di quelle zone nordiche. L’aria era più fresca rispetto a Konoha, perciò si avvolse in una delle sue giacche sgargianti. Era l’unica punta di colore in quella città grigia e scura.
Trovò un albergo economico non troppo distante dalla piazza principale, si fece registrare da una ragazzina che sembrava essere perfino più giovane di lui. Quando sentì il suo cognome aggrottò le sopracciglia.
“Uzumaki? È uno dei cognomi più diffusi dell’isola” gli disse.
“Oh, ehm…” non voleva dire la verità, quindi optò per una mezza bugia “I miei genitori erano di qui, sono tornato a fare una sorpresa ai miei nonni”.
La ragazza non disse altro e gli diede la chiave della stanza. “La 98, secondo piano”.
Andò ad appoggiare il suo unico bagaglio. La stanza puzzava di chiuso, perciò aprì le finestre per lasciar girare un po’ l’aria. Il bagno era in comune con tutto il pianerottolo e il letto era duro, con un lenzuolo ruvido. Nella stanza c’era poi un armadio, un comodino e uno specchio, nient’altro. Non era affatto accogliente e il soffitto era pieno di macchie d’umidità.
Tornò giù alla reception.
“Scusi, per caso sa dove abita la famiglia Uchiha?” domandò facendo la sua miglior faccia da sprovveduto.
Finalmente ricevette un’occhiata interessata dalla ragazza. “Gli Uchiha? Non ci sono più da anni…” mormorò “Sei un giornalista?” domandò sospettosa.
Scosse la testa. “Erano vecchi amici dei miei nonni, tutto qui” in quei giorni aveva detto così tante bugie che cominciava a sentirsi esperto a riguardo.
La ragazza sembrava indecisa tra il credergli o meno, ma alla fine parve decidere che non erano affari suoi.
“Abitavano fuori città, nella Villa che c’è nella via Indra; ma ormai la casa è abbandonata da anni”.
“Grazie mille!” le sorrise cordiale, la salutò prima di uscire per cercare un passaggio che lo portasse fuori città.
Una donna più anziana raggiunse la reception, lo sguardo rivolto al punto in cui era uscito Naruto.
“Che cosa voleva quel ragazzo, Rosemary?” domandò con una punta di sospetto nella voce.
Quella scrollò lo spalle. “Non so, cercava la casa degli Uchiha”.
La donna sussultò a quel nome. “Ma chi è? Un giornalista?” la sua voce era preoccupata, ma anche mitigata da una malizia pettegola.
“No, ha detto un amico” fece una faccia scettica “Si chiama Naruto Uzumaki”.
La comare si irrigidì e spalancò gli occhi. “Come hai detto, cara?”
 
**

Aveva provato ad aspettare uno degli autobus urbani che in teoria attraversavano la città, ma dopo essere rimasto un’ora sotto la fermata senza vederne passare nemmeno uno aveva rinunciato. Cartina in mano, si era diretto verso la Via Indra a piedi armato solo di buona volontà. Fortunatamente quel paese era un quarto del centro di Konoha, così raggiunse la periferia in poco tempo. Cominciava a temere che fosse abitato solo da fantasmi quel luogo, perché a parte qualche vecchietto in bicicletta non aveva visto nessuno. in più, man mano che si allontanava dal centro, la strada si faceva sempre più desertica e la case più rare.
Trovò la Villa indicata dalla ragazza alla reception dopo aver girato a vuoto per mezz’ora; aveva la maglietta sudata incollata al petto e i capelli spettinati per il vento forte. Sapeva già che gli sarebbe venuto un malanno, ma sul momento non gli importò. Era troppo concentrato a studiare quella vecchia casa.
Che fosse abbandonata si vedeva lontano un miglio, il giardino era incolto e le erbacce alte, un roseto aveva avvolto il cancelletto stringendolo un abbraccio mortale fatto di spine. L’intonaco della facciata era usurato dal vento salato, e le finestre erano tutte impolverate. Sembrava la casa di un film horror. La targhetta si vedeva a malapena tra i rovi.
Villa Uchiha.
Era quella la casa in cui aveva abitato Sasuke? Perché non c’era più nessuno? Orochimaru aveva visto giusto quando aveva ipotizzato che Madara avesse trasferito la sua famiglia in un paese del terzo mondo?
Si rifiutava di credere di aver fatto tutta quella strada solo per vedere un vecchio rudere. Ma cosa si aspettava? Di trovare Sasuke in giardino, sorpreso per essere stato scoperto, o di ritrovare improvvisamente la memoria? Quel luogo gli era estraneo, non faceva scattare in lui niente di niente.
“Cosa cerca?”
Sussultò quando avvertì una voce aspra alle proprie spalle. Si girò di colpo, il cuore era schizzato in gola alla velocità della luce dove ora batteva forsennato.
Di fronte alla Villa, c’era una casetta più sobria e stretta, malandata allo stesso modo, ma con il giardino curato. Oltre il cancelletto in ferro una donna con occhiali spessi come fondi di bottiglia lo guardava sospettosa. Era magra e piccolina, con un collo rugoso simile a quello di una tartaruga.
“Ehm…” non sapeva nemmeno lui cosa dire, ma non ce ne fu bisogno perché la nonnina spalancò la bocca esterrefatta.
“Ma per i numi”  esalò “Sei Naruto! Il piccolo Naruto Uzumaki, ma quanto sei diventato grande! Sei tutto tuo padre, sì”.
Lo conosceva? La cosa, invece che rassicurarlo, lo mandò in panico, perché al contrario lui non aveva la più pallida idea di chi fosse quella donna.
“Io…”
Ancora una volta fu interrotto. “Non ti ricordi di me? Sono la signora Jeckins, da piccoli tu e il signorino Sasuke venivate sempre a prendere il tè da me”.
Al sentire il nome di Sasuke qualcosa scattò in lui come una molla e si avvicinò all’altra casa con la sensazione di star camminando sopra il filo di un rasoio.
“Signora Jeckins?” ripeté per assicurarsi di aver capito bene, quegli occhi enormi oltre gli occhiali lo mettevano in soggezione “Io… Ecco, mi dispiace, ma non mi ricordo di lei”.
Quell’ammissione parve indispettire la donna. “Cosa intendi, caro?”
Non aveva senso mentire o girare intorno alla faccenda, quella vecchietta poteva essere una sua alleata.
“Io ho perso la memoria” ammise.
 
**

La casa della signor Jeckins puzzava di tè e muffa, era piena di cianfrusaglie polverose e oggetti in ceramica, Naruto si sentì impacciato nel muoversi al suo interno. Tutto sembrava sul punto di rompersi e lui era sempre stato un imbranato.
La vecchietta dopo aver ascoltato la sua storia in silenzio lo aveva fatto entrare in casa proprio e gli aveva offerto del tè. Gli aveva creduto subito e ora lo guardava apprensiva e dispiaciuta mentre armeggiava con il pentolino dell’acqua calda.
Naruto non disse niente per tutto il tempo, si limitò a osservare un gatto acciambellato sul divano accanto a sé. Era a disagio e voleva tornare a casa, quel posto lo stava mandando nello sconforto totale.
“Che brutta storia, ragazzo” mormorò la signora Jeckins tornando con il suo tè, gli tese la tazza in ceramica scheggiata che afferrò un poco titubante “Non ci è affatto giunta la notizia, qui. Povero ragazzo, quello che ti è capitato è terribile”.
Lo sapeva già e non gli piaceva l’idea che qualcuno lo sottolineasse davanti a lui, ma non disse nulla e si limitò a prendere un sorso di tè.
“Signora…” domandò un poco incerto “Io e Sasuke Uchiha eravamo amici?”
“Oh, cielo, se lo eravate” sbuffò divertita “Eravate come pantalone e camicia, inseparabili. Non hai idea di quante volte siete stati in questa stanza a prendere del tè con me. All’epoca mi occupavo del giardino dei signori Uchiha, era la meraviglia della via”.
Rimase in silenzio, in attesa che continuasse, ma quando non lo fece si schiarì la voce.
“Dove si sono trasferiti? Volevo rincontrare Sasuke”.
Ricevette uno sguardo dispiaciuto. “Gli Uchiha non si sono trasferiti, sono morti”.
Il fiato gli si congelò nei polmoni.
Cosa?
Non ci fu bisogno di porre la domanda ad alta voce, l’anziana signora riprese da sola a parlare mentre guardava il proprio tè spaesato.
“È stata una disgrazia che nessuno è riuscito a evitare… Il fatto più triste è stato il non poter celebrare nemmeno un funerale, il signor Madara Uchiha si è solo preoccupato di nascondere la faccenda. Solo pochi qui nell’isola sanno quello che è davvero successo”.
Aveva un tono di voce pettegolo, come se stesse rivelando un segreto su cui per lungo tempo era stata costretta a tacere e non vedesse l’ora di tirare fuori lo scheletro dall’armadio.
“Cosa è successo?” gli tremava la voce.
“Oh, povero ragazzo” sospirò Jeckins con quel suo modo teatrale “Itachi Uchiha, il fratello maggiore di Sasuke, non era molto… a posto. Aveva qualcosa che non andava, ecco, ma noi non lo avevamo capito, era sempre così impeccabile…” la voce le mancò e andò a prendere un fazzoletto con cui si asciugò gli occhi. Naruto si sentiva sul bordo del precipizio, ma non osava spronarla a continuare. Non ce ne fu bisogno, perché riprese da sola.
“All’epoca ero stata licenziata, i signori non volevano più estranei nel loro giardino. Era davvero triste, il signorino sembrava chiuso in una prigione, non poteva nemmeno dirti che era tornato nell’isola. Come se non fosse già brutto così, sentivamo continue grida. Oh Dio, sì! Sembrava che in quella casa ci fossero delle torture, sembrava stregata. Era spaventosa. E il piccolo Sasuke… sempre più magro, sempre più triste” scosse la testa sconsolata “Poi, una notte, abbiamo sentito tutti delle grida. Il signor Itachi aveva perso definitivamente la testa e accoltellato i suoi genitori. Abbiamo chiamato al polizia, ma nessuno di noi aveva il coraggio di uscire e la polizia arrivò troppo tardi. Così non abbiamo potuto evitare nemmeno il resto.
Il signorino Sasuke era riuscito a scappare, sicuramente per evitare che Itachi uccidesse anche lui. Dicono che abbiano raggiunto le scogliere e che Sasuke avesse dietro una pistola del padre. Oh… povero ragazzo, costretto a fare una cosa del genere” si asciugò gli occhi.
Naruto immaginava perfettamente quello che fosse successo dopo, nelle orecchie sentiva la voce del dottore Orochimaru, la sua frase di commiato.
Ti prego, basta, non lo voglio più sapere.
“Povero ragazzo, dover sparare al proprio fratello… Non c’è da sorprendersi che poi si sia gettato giù dalla scogliera, era così giovane….”
Perse la presa sulla tazzina. Cadde a terra, spargendo il tè sul tappeto. La vecchietta si bloccò con un sussulto.
Ma Naruto era bloccato, non si accorse di nulla di tutto quello, rimase semplicemente immobile con lo sguardo stravolto.
Sasuke Uchiha era morto.
 
**
 
“Sasuke, Sasuke!” gridò il bambino dai capelli biondi, facendo girare un altro bambino poco distante seduto sul marciapiede “Guarda cos’ho trovato”.
“Non gridare” commentò Sasuke con una smorfia, ma fissò curioso il libro che l’amico gli stava porgendo.
“The tale of the ghost on the shore” rispose quello “È una storia di fantasmi”.
“Ma dai, non lo avrei mai detto” lo prese in giro.
Naruto s’imbronciò. “È una storia d’amore, di due persone che hanno continuato ad amarsi anche da morte. Una di loro è diventato un fantasma in attesa dell’altro, perché potessero tornare a stare insieme. Ma non è mai successo”.
“Macabro” commentò sfogliandone le illustrazioni, sussultò quando l’amico appoggiò una mano sulla sua spalla “Ma che fai?”
Le parole gli morirono in gola nel vedere quanto fosse serio lo sguardo negli occhi blu. Erano così adulti.
“Sasuke, io non ti abbandonerò mai” assicurò.
“Cosa…”
“Se tu dovessi morire, io morirò con te” lo ignorò “Non permetterò che tu resta un fantasma per sempre costretto ad aspettarmi come in questa storia. Te lo prometto, ti raggiungerò subito”.
Sasuke era raggelato a quelle parole. “Ma cosa stai dicendo, non…”
Gli Altri dicono che nessuno di noi due è destinato ad avere una vita lunga. Lo hanno anche detto i miei genitori, per questo sono sempre così tristi. Ma non m’importa, perché se morirò con te, per te, allora io sarò felice e andrà bene così”.
Rabbrividì alla menzione dei fantasmi. “Non ti chiederei mai una cosa del genere”.
“Invece sì, lo vorresti. Perché non si è mai così soli come quando si è morti, lo dicono gli Altri. Dicono che il freddo si sente anche senza un corpo, ma niente può più toccarli perché sono soli.” fece un sorriso “Ma non devi avere paura, tu non sarai solo. Verrò io con te! E lo sai che mantengo sempre le promesse”.
 
 
“Ho come la sensazione che tu non voglia dirmi quale sia questa stranezza” dalla faccia colpevole di Iruka capì di aver indovinato “Devi dirmelo, non possiamo dare il nostro massimo se non abbiamo tutte le informazioni, lo capisci vero?”
“Sì, ma…” si passò una mano sul viso “Naruto non era pazzo, aveva solo troppa immaginazione e la gente non lo capiva”.
Quel preambolo la mise un poco in ansia. “Cosa intende?”
Lo sguardo di Iruka era mortalmente serio. “Naruto diceva di vedere i fantasmi dei morti e di parlare con loro”.
Sakura spalancò la bocca. “Cosa?”
“Gli raccontavano cose strane, gli mettevano in bocca cose che un bambino non dovrebbe dire. Lui li chiamava gli Altri e diceva che erano sempre attorno a noi, che solo lui poteva vederli. Ma era solo la sua fantasia, il suo modo per superare la morte dei genitori, diceva di vederli per avere l’illusione di essere ancora con loro. Però certe volte quello che diceva era così dettagliato… metteva i brividi”.
“Allucinazioni” mormorò “E cosa dicevano questi… fantasmi a Naruto?”
“Quando sarebbe morto”.
 
 
Sasuke guardò il porto un’ultima volta, deluso. Fece per girarsi e salire sulla barca, dove lo stavano aspettando i suoi genitori, ma poi sentì quella voce.
“Sasuke!”
Era venuto, ci era riuscito. Vide Naruto correre verso la banchina e perdifiato, la sciarpa che si agitava dietro di lui per vento. Non pensò di chiedere il permesso, gli andò incontro. Era l’ultima volta che potevano vedersi ed era stato tutto così improvviso.
“Quindi è vero?” domandò Naruto “Te ne vai?”
Annuì e lo vide sul punto di scoppiare a piangere.
“Mi dispiace”.
“Mi mancherai” tirò su con il naso “Senza di te sarò davvero solo”.
Sasuke lo sapeva ed era questo a rendergli così odiosa quella partenza.
“Tornerò presto, sono sicuro che…”
“Ma certo che ci rivedremo” lo bloccò con impeto Naruto, deciso. C’era una certezza nei suoi occhi così vivida da essere sconcertante.
“Gli Altri hanno detto che nessuno dei due vivrà ancora a lungo, presto ci rivedremo dall’altra parte”.
“Ancora con questa storia…”
“È importante!” s’impuntò. Si tolse lo zainetto dalle spalle e ci frugò dentro affrettato, poi gli tese il libro. The tale of the ghost on the shore, la fiaba che leggevano sempre insieme.
“Questo libro è il pegno, la dimostrazione che devo mantenere la promessa. Gli Altri hanno detto che è importante, che sarà questo a farmi tornare da te una volta morti”.
Era tutto così sbagliato, inquietante… un bambino che parlava della sua morte. Ma Sasuke non era spaventato, Sasuke gli credeva.
Prese il libro e lo aprì, dentro c’era una calendula gialla.
“Il fiore dei morti?” sorrise triste “Ma io sono ancora vivo”.
Anche Naruto sorrise triste. “Ancora per poco” sospirò “Quando succederà torna qui, cercami. Io potrò vederti e poi…”
Sasuke lo interruppe, gli scoccò un bacio sulla guancia.
“E poi niente ci dividerà e non saremo più soli” concluse per lui.
**
 
Fu come risvegliarsi da un sogno.
Il vento marino lo schiaffeggiò in faccia, agitava i suoi capelli e faceva sbatacchiare la giacca colorata che teneva aperta. Gli lacrimavano gli occhi e si sentiva sospeso in una dimensione separata dalla realtà.
Ricordava tutto.
Ogni ricordo che aveva cercato così disperatamente in quei quattro anni gli si presentò davanti con una naturalezza tale da essere sconvolgente, come se fosse sempre stato presente nella sua mente. Come se non lo avesse mai dimenticato.
Era uscito dalla casa della signora Jeckins per prendere aria, si era sentito soffocare in quel salotto pieno di ciarpame, ma poi aveva iniziato a camminare in preda allo shock, incapace d stare fermo. Come se fosse un sonnambulo. Aveva lasciato che fossero i piedi a guidarlo, perché ogni cosa ormai era dolorosamente familiare. Faceva male.
Senza rendersene conto aveva raggiunto la scogliere, la stessa che aveva visto dalla spiaggia. Il promontorio si tendeva verso l’orizzonte come se fosse la fine della terra, il mare ne segnava il limite con l’orizzonte.
Guardò il mare che si gonfiava e gettava contro le rocce appuntite con foga, come se stesse combattendo una lotta millenaria con la terra. Era terribile, a ogni attacco le onde si rompevano in gocce di sangue bianco e spumoso, ma non inutile: a ogni ritirata portavano via un pezzo di roccia, un solo brandello. Ma quell’erosione lenta e sanguinolenta un giorno avrebbe portato alla vittoria del mare e quella terra sarebbe stata scavata dalla sua forza.
Naruto non aveva avuto quel privilegio, nessuna lenta tortura. La sua roccaforte era resistita per quattro anni alle sferzate del mare dei ricordi, ma ora era bastata una sola onda a farlo crollare in macerie.
“Ora lo sai?”
Il vento parve fermarsi nel secondo in cui quella voce parlò, per poi riprendere a soffiare più forte. Ogni gesto che compì gli parve lentissimo, mentre batteva le palpebre, deglutiva e si girava poi verso la voce alla sue spalle.
Lui era lì.
Sasuke era in piedi fra l’erba secca e l’erica a fronteggiarlo. I capelli neri non erano agitati dalle raffiche, i fili lisci restavano ordinati e immobili al loro posto, estranei al vento che si agitava attorno a loro. Aveva lo sguardo malinconico, tristissimo, era una pugnalata al petto per Naruto. E la sua pelle era raggrinzita, come se fosse stato troppo tempo immerso nell’acqua salata.
“Ti ricordi di me?” domandò. Non sembrava sorpreso di trovarlo lì, era solo… rassegnato. E triste, infinitamente triste.
Vederlo con quell’espressione corrucciata era dolorosa, Naruto si ritrovò a camminare verso di lui come se non potesse fare altrimenti.
“Ricordo tutto” confermò, trattenne il fiato e poi: “Sasuke, tu sei un fantasma?”
Un piccolo sorriso increspò appena le labbra sottili. “Lo sono” ammise, si guardò le mani con i polpastrelli rugosi “Sono morto, ma continuo a restare in questo mondo”.
“Perché?”
“Perché tu sei ancora qui”.
Silenzio. Il rumore del vento era fortissimo, assordante, ma quando Sasuke parlava sembrava calmarsi, farsi un ricordo lontano.
Sasuke, che nessuno dei suoi amici riusciva mai a incontrare; che odiava i posti affollati, che sembrava sparire ogni volta nel nulla, che gli aveva mentito per tutto quel tempo. Sasuke che lo amava.
“Perché?” domandò ancora, anche se non sapeva a quali dei tanti perché gli affollavano la mente chiedesse risposta.
“Ti ho cercato per tanto tempo, Naruto…” mormorò il fantasma “Avevi una promessa da mantenere, ora capisco cosa intendevi con quelle parole. Non voglio questa solitudine, non voglio sopportare il peso della morte da solo”.
“Sasuke…”
“Sapevo che potevi vedermi, hai sempre avuto questo dono. Tu potevi capirmi ancora. Ma quando ti ho trovato tu non ricordavi nulla. Non mi riconoscevi nemmeno. Avevi perso la memoria, anche il ricordo di quella promessa fondamentale” lo ignorò “Che cosa dovevo fare? Ha valore una promessa per una persona che non ricorda nemmeno di averla posta? No, ovvio che no. Dovevo fartela ricordare, ma davvero volevo farlo? Davvero sono così crudele? Farti ricordare qualcosa solo per farti morire poi?”
Aveva freddo, gli era venuta la pelle d’oca e quel discorso lo stava facendo sprofondare nella disperazione.
“Ti prego, Sasuke…”
“Otto mesi. Sono rimasto otto mesi in questo limbo e non sapevo cosa fare, ma forse… mi stavo abituando, sai?  Tutto quello mi illudeva di essere ancora vivo” socchiuse gli occhi “Non hai idea di quanto mi manchi essere vivo”.
Il vento non agitava i suoi capelli, non gonfiava i suoi abiti, il suo corpo era inconsistente. Eppure Naruto lo aveva toccato così tante volte, aveva seguito con le labbra ogni punto segreto di quella pelle ed era tangibile, vera. Era carne e sangue, come poteva essere un fantasma.
Sasuke sembrò leggere nella sua mente. “Eri tu, sei sempre stato tu. Mi hai strappato dalla solitudine da bambino e lo hai continuato a fare anche quando sono morto. Credevo potesse durare per sempre, se non avessi ricordato… se non lo avessi scoperto” si interruppe e prese un respiro, una lacrima rotolò sulla sua guancia “Se non lo avessi scoperto potevo essere ancora vivo, con te”.
Ma ora ricordo tutto.
Al di là della tristezza, della confusione e della frustrazione, provò una forte paura viscerale, un terrore arcano che lo spinse a fare un passo dietro di sé. Il suo cuore batteva fortissimo, vivo, come se sapesse già quello che stava per succedere e volesse scappare via.
Scosse la testa.
“Sasuke, non…”
“È stato bello, Naruto” lo interruppe ancora, fece a sua volta un passo verso di lui “Ma non poteva durare per sempre”.
Indietreggiò ancora. Non voglio morire.
“Sasuke, ti prego” supplicò.
“Tu mantieni sempre le promesse” anche il tono di Sasuke era di una supplica. “Anche questa, soprattutto questa”.
Non voglio morire. Non voglio morire, ti prego.
Era sul bordo, dietro di lui non c’era più terra. Solo il mare in tempesta. Si accorse di star piangendo. Non riusciva a parlare. Sarebbe morto. Non voleva morire.
Non voglio morire. Voglio vivere.
“Non devi paura, non fa male. È solo un momento” continuò a camminare verso di lui. Gli fu a un palmo di distanza e appoggiò la mano sul suo petto, a sinistra. Il cuore batteva furioso contro la cassa toracica. Perché riusciva a toccarlo se era morto?
“Per un momento sarà il vuoto” sussurrò “Ma poi sarai di nuovo con me. Saremo ancora insieme. Tu mi ami, no?”
Lo amava, ma… voglio vivere.
V o g l i o  v i v e r e
Sasuke sorrise. “Ti amo anche io”.
Lo spinse. Cadde.
Il boato del mare lo ingoiò.
   
 
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