3.
Il
Freki del branco entrò all’assenso del suo Fenrir
e, nel notare le persone
presenti all’interno del suo ufficio, annusò per
un istante l’aria e borbottò:
“Uhm… la figlia di Greg. Come mai la sua cucciola
adottiva è qui?”
Joshua
non si sorprese che Keath la conoscesse. In quanto sicario del branco,
aveva
una memoria infallibile al pari del corvo Muninn, che aiutava Geri nel
suo
lavoro di controllo e ricerca.
“Mi
ha portato all’attenzione un fatto molto grave, e di cui mi
reputo in gran
parte responsabile” mormorò Joshua, sorprendendo
non poco Keath, che sollevò
turbato un sopracciglio.
Era
raro che il suo Freki si lasciasse andare ad espressioni facciali che
non
riguardassero la sfera della rabbia, perciò
quell’espressione confusa fu
un’autentica novità, per Joshua.
“E
la femmina? E’ qui per proteggerla?”
borbottò Keath, squadrando con un certo
interesse Gretchen “Oppure è qui per una
motivazione che non c’entra nulla con
la cucciola umana?”
Sia
Joshua che Gretchen arrossirono loro malgrado e quest’ultima,
fulminando con lo
sguardo il Freki, borbottò irritata: “Sarai anche
il sicario del branco, Keath,
ma vedi di farti gli affaracci tuoi!”
A
quel punto, il Freki sorprese davvero tutti esplodendo in una calda
risata di
gola, cui fece seguire un commento davvero inaspettato.
“Calmati,
Gretch… non mordo, davvero.”
“Detto
da te, è davvero credibile!” sbottò la
donna, irritandosi ancora di più.
Sarah
sorrise divertita da quel battibecco e Joshua, scrollando le spalle,
ammiccò al
suo indirizzo e le disse: “Non stiamo facendo una gran
figura, vero?”
“Immagino
che, in quanto Freki, sia un imperativo indagare quando una cosa non
quadra con
i suoi standard di sicurezza, o di equilibrio interno del
clan” chiosò la
giovane, scatenando un’altra rara reazione sul volto di
Keath. L’ammirazione.
“Questa
ragazzina mi piace. E sì, è mio dovere essere
sospettoso. A che proposito, mi
domando, però?”
Joshua,
a quel punto, tornò serio e gli mostrò il filmato
di Sarah, lasciando che il
suo sicario giudicasse da solo il dialogo tra le due parti.
Non
v’era motivo di ingannarsi, in ogni caso. Miss Grey aveva
esplicitamente
chiesto a T.J. come aggirare le trappole attorno al Vigrond.
Così facendo,
avrebbero attaccato a riunione iniziata, colpendo in tal modo i lupi
più
potenti del branco con aconito e argento.
T.J.
aveva spiegato dove trovare le trappole e come disinnescarle ma, cosa
più grave
di tutte, come mascherare il proprio odore per non insospettire i lupi.
“E’
chiaro che il nostro amico sapeva perfettamente che, quel giorno,
Gretchen non sarebbe
stata a scuola, o non si sarebbe mai arrischiato a vedere la
Cacciatrice così
allo scoperto” borbottò a mezza voce Keath,
restituendo il cellulare a Sarah.
“Sei stata brava, cucciola. E mi hai risparmiato mesi di
appostamenti ben più che
difficoltosi da mettere in pratica.”
“Cosa?”
esalarono i tre, fissandolo basiti.
Keath
sospirò, chiaramente dispiaciuto, e ammise: “Mi
spiace dirtelo, Fenrir, ma già
da un po’ sospettavo che T.J. stesse facendo qualcosa di non
troppo chiaro… o
legale. Fin da quando disse di essere tornato da quel viaggio a
Montecarlo. Che
non è andato esattamente
come ci ha
raccontato, tra l’altro.”
La
sorpresa di Joshua salì alle stelle, così a Keath
non restò altro che spiegare
al suo Fenrir dei sospetti covati e della sua ricerca di prove nel
Principato. Di
tutto ciò che T.J. aveva raccontato a Joshua e ai suoi amici
più stretti, nulla
era corrisposto a verità.
Questo
lo aveva spinto a delle ricerche più approfondite
– il tutto all’insaputa di
Joshua – ma complicate dal fatto che il licantropo non era
facile da pedinare.
Scrollando
le spalle, Keath ammise: “E’ maledettamente
evasivo, e non volevo invischiare
nella cosa anche Gwen, visto che lei sarebbe corsa a dirtelo da brava
cagnolina
obbediente quale sa essere.”
Joshua
ghignò, replicando: “Se ti sentisse, ti
taglierebbe le…”
Il
leggero tossicchiare di Gretchen bloccò appena in tempo
Joshua che, lanciando
un’occhiata a una divertita Sarah, mormorò:
“Ops…”
“Ho
sentito di peggio. Davvero” ammise la ragazza.
“Beh,
è comunque il caso che mi ricordi di non smoccolare davanti
a te” sottolineò
Fenrir, tornando a guardare il suo Freki per poi aggiungere:
“Quindi, cos’hai
scoperto?”
“Nulla
di concreto. Evidentemente, avrei dovuto usare come spie dei cuccioli
umani,
così che il loro odore non lo rendesse sospettoso come
invece è con l’odore dei
lupi” chiosò Keath, scrollando le spalle.
Joshua
assentì, ma gli domandò: “Cosa ti ha
fatto pensare che fosse sospetto? E perché
non me l’hai detto subito?”
“Posso
dirti che, a dispetto di ciò che raccontava, il suo corpo
diceva ben altro.
T.J. è un mánagarmr di
prim’ordine e
il suo controllo dell’aura è eccezionale,
perciò non mi stupisce che nessuno si
sia accorto di nulla. Ma sai bene che io
non mi baso solo su quello.”
Fenrir
assentì grave, sapendo bene cosa intendeva. I Freki non si
basavano solo sulle
prove fisiche – anche l’aura veniva considerata una
prova fisica – ma anche
sugli aspetti inconsci trasmessi dal corpo.
Se,
per la polizia, esistevano l’analisi comportamentale e la
cinesica, tra i lupi
si parlava di tanngrisnir1.
Era un’abilità ormai rara, e solo alcuni Freki ne
erano in possesso in epoca
moderna, ed era utilissima per scovare la menzogna travestita da
verità.
Il
dono del tanngrisnir era simile
alla
capacità delle wiccan di
riconoscere
una bugia laddove veniva esposta, pur se non aveva la stessa portata,
ed era
limitato all’aspetto esteriore delle persone, e non alle loro
parole.
“Cos’hai
scoperto, a Montecarlo?” volle quindi sapere Joshua.
“Che
ha perso ingenti somme ai tavoli da gioco, almeno a giudicare da come
erano
infuriati i gestori di un paio di casinò, che si sono
ritrovati con una stanza
d’albergo vuota e i conti da pagare”
scrollò le spalle Keath. “A quanto pare, aveva
dato dei falsi nominativi.”
Sbuffando,
Joshua imprecò tra i denti. Usare documenti falsi era
l’estrema ratio, per un
lupo, e appoggiarsi alle associazioni
criminali o pseudo tali che se ne occupavano era sempre cosa da farsi dopo averne parlato con Fenrir.
Cosa
che, ovviamente, non era avvenuta.
“Non
so dirti se è stata una semplice vacanza sfortunata, o se la
cosa si è
reiterata nel tempo, perché indagare su di lui non
è affatto facile… ma
potrebbe essere un buon motivo per tradire”
terminò di dire Keath.
“Per
soldi?” dichiarò disgustato Joshua.
Scrollando
le spalle, Keath assentì prima di dire: “Non
sarebbe il primo che si fa fregare
per una motivazione simile. Quindi, cosa pensi di fare, a questo punto?
Vado a
prenderlo?”
“Lasciamoli
avvicinare. Daremo loro una dimostrazione di cosa vuol dire essere
lupi… alla
fine, giudicherò T.J.”
Keath
annuì senza problemi e, dopo un momento di indecisione,
allungò una mano in
direzione di Sarah, dicendo: “Grazie, cucciola umana. Mi hai
davvero tolto
dall’impiccio. A buon rendere. Se qualche ragazzo fa il bullo
con te, lo
sgozzerò volentieri.”
Gretchen
sbuffò esasperata, replicando: “Basta parlarci,
con la gente, Keath.”
“Tu
fai l’insegnante, Gretch. Io sono un buttafuori. Secondo te
io ci parlo, con la
gente?” ghignò il lupo, prima di arruffare la
chioma bionda di Sarah con la
mano per poi andarsene a grandi passi, esattamente come era arrivato.
La
ragazza fissò senza parole la porta oltre la quale era
scomparso il licantropo
e, nel lanciare un’occhiata dubbiosa al suo Fenrir,
domandò: “Scherzava, vero?”
“Non
ne sono del tutto sicuro ma, evidentemente, lo hai colpito.
E’ davvero raro che
Keath ringrazi qualcuno e, soprattutto, che si comporti con
gentilezza” le
sorrise benevolo Joshua. “Saprò ringraziarti
anch’io… e senza spargimenti di
sangue, promesso. Per ora, lascia che Gretchen ti scorti a casa, e
porta con te
i miei ossequi, cucciola del branco.”
“E’
stato un onore essere d’aiuto” mormorò
Sarah, reclinando cortesemente il capo
prima di recuperare la sua cartella dal divano.
Gretchen
ringraziò a sua volta, ma Joshua la bloccò
gentilmente a un braccio,
mormorando: “Fai in modo che una sentinella vigili sulla sua
casa. Starei più
tranquillo.”
“Sarà
fatto” annuì lei, avviandosi poi assieme alla
ragazza per uscire dall’ufficio.
Una
volta rimasto solo, Joshua chiamò il suo Sköll e
disse: “Abbiamo un problema.
Raggiungimi qui assieme a Michael.”
***
Fergus
si grattò la zazzera di rossi capelli, tagliati in modo
marziale e che
attorniavano un viso pallido e ricco di efelidi, sbuffò
sonoramente e infine
disse: “Beh, di sicuro non abbiamo fatto una gran figura, di
fronte a questa
cucciola.”
Joshua
assentì, torvo in viso, replicando: “Me ne assumo
la colpa, visto che T.J. è
mio amico e, volente o nolente, ho sempre parteggiato per lui, se
così vogliamo
vederla.”
Michael
annuì lentamente, pensieroso non meno del suo Fenrir e,
stiracchiandosi le
braccia nerborute, afferrò il suo cappello da poliziotto
– che aveva
abbandonato nervosamente sul divano al suo arrivo – e
chiosò: “Per me la
faccenda è semplice. Facciamoli fuori tutti ed eliminiamo il
problema alla
radice.”
“Mick,
non possiamo semplicemente far sparire dalla faccia della Terra una
dozzina o
più di Cacciatori. Dobbiamo prima di tutto pensare a come
gestire la cosa a livello
burocratico. Mi meraviglia che tu, un
poliziotto, non pensi a cose come queste”
brontolò in risposta Joshua.
Michael
imprecò per diretta conseguenza e sbottò dicendo:
“Cristo santo, lo so
benissimo, ma mi fa girare le palle il fatto che quelli possano
muoversi come
vogliono, mentre noi dobbiamo girare con i piedi sui carboni ardenti a
ogni
nostro minimo starnuto.”
“Siamo
in minoranza, Mich, e siamo all’apice della catena
alimentare. In quanto
predatori, dobbiamo essere noi per primi a salvaguardare il sistema, e
questo
non prevede lasciare scie di cadaveri nella tenuta di un nobile
inglese”
sottolineò con un mezzo sorriso Joshua.
“Colton
inorridirebbe al solo pensiero, lo so” sbuffò
Michael, pur ghignando. “Lui adora
gli umani e, se fosse per lui, li
salverebbe tutti.”
“Conosce
benissimo la differenza tra un umano indifeso e un
Cacciatore…” precisò Joshua,
scuotendo il capo. “… e poi, se proprio vogliamo
essere onesti, è lui a
essere più corretto di noi, in
questo ambito.”
Nel
dirlo, Joshua sospirò e, con la mente, tornò alla
telefonata fatta proprio a
Colton pochi minuti prima dell’arrivo dei suoi Gerarchi.
Memore
dell’incidente accaduto nei pressi del Vigrond, e per cui
T.J. aveva accusato
Colton di negligenza per poi prendersi l’impegno di parlargli
– così da non far
intervenire direttamente Fenrir nella disputa – Joshua aveva
chiamato per
chiedere lumi.
Aveva
così scoperto che, non solo Colton non aveva visto
né sentito T.J., in quegli
ultimi giorni, ma che quella zona era stata battuta proprio
da Theo per togliere un peso a Doris, una delle sentinelle,
perché potesse occuparsi del figlio malato.
Questo
aveva messo il coperchio sulla bara ove Joshua aveva infilato
l’amicizia con
T.J. e, con tono contrito, si era scusato con il suo sottoposto prima
di chiudere
la chiamata.
Menzogne
su menzogne, e ancora Joshua non sapeva quante altre T.J. ne aveva
inventate,
pur di coprirsi le spalle.
Nel
dargli una pacca sulla spalla, Fergus asserì:
“Sappiamo tutti bene, a parole,
che dobbiamo mantenere una salda collaborazione con gli umani
inconsapevoli, e
che dobbiamo proteggere con solerzia i nostri cuccioli umani e i
neutri, ma so
cosa vuoi dire… è difficile non pensare a tutti
gli assassini a sangue freddo
che cercano ogni volta di ucciderci.”
“Sarah
e il suo gesto mi hanno fatto capire quanto, in verità, non
abbiamo tenuto fede
a questo precetto. Finora ho ignorato la parte non mannara del mio
branco,
limitandomi a tollerarla, ma è dannatamente sbagliato
pensarla così” ammise
Joshua, lanciando un’occhiata irritata al suo riflesso nel
vetro di un quadro.
Era
a malapena visibile, ma poteva scorgere anche troppo, di sé,
e ciò che vedeva
non lo inorgogliva affatto.
Si
era fatto vanto di non aver avuto alle spalle un passato tragico da
affrontare,
di aver avuto un passaggio di potere tra i più pacifici che
la storia dei lupi
ricordasse e, non da ultimo, di avere un branco forte e coeso.
Non
aveva però fatto i conti con la parte più
meschina di sé, quella che tollerava
a stento gli umani e che, di fatto, avrebbe preferito non avere
all’interno del
suo branco delle simili zavorre.
Sarebbero
stati più forti, senza quegli anelli deboli della catena.
Eppure, proprio da lì
era giunto un aiuto insperato, e contro un nemico che lui non avrebbe
mai
immaginato di avere.
Il
suo migliore amico. T.J.
Reclinando
colpevole il viso, Joshua mormorò:
“Farò ammenda per la mia supponenza e per la
mia superficialità, ma ora dobbiamo pensare a come eliminare
i Cacciatori e la
loro minaccia.”
Michael
e Fergus assentirono torvi e a Joshua non rimase altro che afferrare il
suo
telefono per ammettere, con un altro Fenrir, di aver bisogno di aiuto.
***
Bright
Cox rispose al terzo squillo del cellulare, sorpreso dalla chiamata di
Fenrir
di Londra e, a mezza voce, domandò: “Ehi, Joshua,
qual buon vento?”
“Vento
di tempesta, temo.”
Accigliandosi
immediatamente, Bright lanciò un’occhiata a
Estelle e Kate – impegnate in una
difficilissima partita a Fallout 3
–
e queste, interrompendo subito il videogioco, attesero le sue mosse.
Subito,
Bright si avvicinò alle due per far loro ascoltare la
telefonata e, di seguito,
disse: “Parla pure, amico. Ci sono Estelle e Kate, con
me.”
“Benissimo,
perché ho giusto bisogno dell’aiuto della tua wicca, per risolvere il mio guaio, ma so
già di chiedere molto”
asserì spiacente Joshua.
Da
sempre, Bright era stato iperprotettivo e molto possessivo con la sua wicca e, ben di rado, Fenrir di Aberdeen
aveva lasciato che Kate uscisse dal suo territorio per avventurarsi in
branchi
vicini.
Non
ne conosceva esattamente i motivi ma, a giudicare da come anche Estelle
e le
sue tre hábrók2
ne
vegliavano ogni passo, qualcosa di estremamente oscuro doveva averla
colpita in
passato.
Vista
la sua situazione, però, doveva almeno tentare.
Bright
si fece cauto e domandò: “In cosa, la mia wicca,
può esserti utile?”
“Purtroppo
siamo stati vittima di un tradimento, Bright. Immagino che ricorderai
T.J.”
L’uomo
fece tanto d’occhi, a quell’accenno, e
così pure Estelle che, scioccata, esalò:
“Ma… è sempre stato tuo amico, da quel
che avevo capito.”
“Così
pensavo, Prima Lupa, ma mi sono grandemente ingannato, e devo questa
scoperta
al coraggio di una delle mie cucciole umane” ammise suo
malgrado Joshua.
Lo
stupore crebbe nel trio e Bright, sbalordito, mormorò:
“Questa faccenda si fa
sempre più oscura, amico mio. Ma, se già sai che
T.J. è un traditore, in cosa
può aiutarti Kate?”
“T.J.
è in combutta con dei Cacciatori, Bright. Attaccheranno il
nostro Vigrond al
prossimo Novilunio, quando terrò una riunione tra alfa, e in
quel momento
tenteranno di distruggerci” gli spiegò Fenrir di
Londra, aborrendo ogni singola
parola proferita.
Quella
notte non aveva dormito, ripensando alle parole di Sarah e a
ciò che aveva a
sua volta scoperto Keath.
Tutte
le sue certezze erano cadute in un baratro senza fondo, ma da cui lui
aveva
tutta l’intenzione di risorgere. Anche a costo si farsi
strada a colpi di
zanna.
A
Bright sfuggì un’imprecazione e Kate, nel
sorridere al proprio Fenrir, disse
sommessamente: “Non dubito che Fenrir di Londra e i suoi lupi
riusciranno nell’intento
di fermarli, ma capisco le sue richieste non ancora poste. Se
attaccheranno in
forze, non potranno di certo ucciderli, ti pare?”
“La
tua perspicacia mi irrita, Kate, ma so dove vuoi andare a parare, e
perché
Joshua abbia bisogno di te” sbuffò contrariato
Bright.
Estelle
sorrise a entrambi e disse: “Immagino che uccidere
così tanti umani sarebbe un
problema. Dove farli sparire senza mettere in allarme il mondo degli
umani?”
“Saggia
deduzione, Prima Lupa” dichiarò Joshua.
“Il
modo più pratico per ovviare al problema è
catturare i Cacciatori e cancellare
loro la memoria e, laddove necessario, lasciare che
l’artiglio di Freki
colpisca con metodo chirurgico” dichiarò
pensierosa Kate, tamburellandosi un
dito sul mento.
“Sarebbe
uno sforzo immane, Kate” brontolò irritato Bright,
ben deciso a proteggere la
sua wicca a ogni costo.
“Beh,
conto sul fatto che Fenrir di Londra mi offrirà un pasto
caldo e un letto in
cui dormire, in seguito al mio intervento”
ironizzò a quel punto la ragazza,
inclinando il capo di ricci capelli ramati.
“Tutto
ciò di cui avrai necessità, e anche
ciò che vorrai per semplice sfizio, ti sarà
servito su un piatto d’argento” le
garantì a quel punto Joshua, ora un po’
più
speranzoso.
“Sei
sicura?” sottolineò ancora Bright.
A
quel punto, Kate sorrise a Estelle e mormorò: “Non
è dolcissimo, il nostro
Bright?”
“L’ho
voluto anche per questo” assentì la Prima Lupa,
mentre il suo Fenrir arrossiva
come un peperone.
Joshua
non poté che sorridere, di fronte a quello scambio di
carinerie – di cui, era
sicuro, Bright si stava vergognando a morte – e, tra
sé, si chiese cosa volesse
dire avere un rapporto simile con la propria lupa.
Subito,
l’immagine di Gretchen balenò nella sua mente,
turbandolo.
Non
era proprio il momento per pensare a belle lupe dai riccioli fluenti, e
occhi
che sapevano tagliare in due una persona, ma gli venne spontaneo.
“Prima
che queste due mi mettano ancor più in
imbarazzo…” iniziò col dire Bright,
tossicchiando nervosamente. “…acconsento a che
Kate venga da te, ma
manderò con lei Susan Walker per
proteggerla.”
“Una
delle hábrók di
tua moglie? Pensi
davvero che non basterebbero i miei lupi, a tenerla al
sicuro?” protestò
debolmente Joshua, vagamente piccato. Per chi lo aveva preso?!
Bright
scoppiò a ridere, e replicò: “Mi hai
frainteso, Joshua. Mando Susan assieme a
lei perché, se così non facessi, quelle tre donne
dispotiche potrebbero fare il
culo a strisce al sottoscritto. Non posso mandare in giro la loro
pupilla senza
una degna protezione.”
Estelle
e Kate risero sommessamente di quella confessione e Joshua, vagamente
sorpreso,
esalò: “E tu… le lasceresti
fare?”
“Temo
che Estelle mi terrebbe in ostaggio, aiutato da Krissy e mia madre, se
succedesse qualcosa a Kate. Sono circondato da donne
selvagge” si lagnò
ironicamente Bright, guadagnandosi uno schiaffetto sul braccio da parte
della
moglie.
Joshua
rise nonostante tutto e disse seriamente: “Sono in debito con
te, Fenrir di
Aberdeen.”
Tornando
serio, Bright replicò: “Tieni al sicuro la nostra
Kate, e il debito sarà
annullato.”
“Lo
farei in ogni caso. La luna ti protegga, amico.”
“E
guidi il tuo passo nella notte, amico mio. Buona fortuna e, se vuoi,
richiamami, dopo questa sciagurata storia” ci tenne a dire
Bright.
Non
dubitava che, una volta portata a termine la missione, Joshua avrebbe
avuto una
discreta dose di demoni da affrontare, e non voleva lasciare solo un
amico a
confrontarsi con simili nemici.
Joshua
attese qualche attimo prima di rispondere e, dopo aver salutato il
trio, chiuse
la comunicazione e si lasciò scivolare stancamente sul
divano.
La
notte imperava, sulla città della regina, e il traffico non
sembrava
abbandonare mai le strade, rendendole simili a immense scie luminose
sempre
diverse, sempre in movimento, sempre mutevoli.
L’uomo
si accoppiava con la donna, il ragazzo correva per raggiungere la
metro, la
lupa varcava la soglia di casa dopo il lungo lavoro, il tutto in un
continuo e
perpetuo susseguirsi di corpi, azioni, decisioni.
La
sua, di decisione, era ormai stata presa, e non sarebbe tornato
indietro.
Aveva
sbagliato, e grandemente, ma avrebbe fatto ammenda per questo e, di
sicuro,
avrebbe tentato di non commettere più quello stesso, tragico
sbaglio.
Afferrato
nuovamente il telefono, perciò, chiamò Fergus
perché gli organizzasse un
incontro con il rappresentante umano del suo branco,
dopodiché uscì.
Non
voleva rimanere a casa, quella sera, e girovagare per le vie di Londra
gli
sembrava un ottimo metodo per non pensare a ciò che tanto lo
arrovellava.
T.J.
lo aveva tradito – avrebbe scoperto a ogni costo perché – e, cosa
ancora più grave, aveva venduto il segreto del
Vigrond ai loro odiati nemici.
Anche
solo per questo, avrebbe ricevuto la punizione peggiore possibile ma,
prima di
ogni altra cosa, avrebbe fatto capire a Theodor quanto avesse sbagliato
nell’allearsi col nemico.
Non
gli avrebbe però permesso di comprendere quanto, il suo
tradimento, lo avesse
ferito, poiché non meritava neppure questo, da parte sua.
“Fenrir…”
mormorò una voce alle sue spalle, sorpresa e preoccupata
assieme.
Joshua
si volse a mezzo, a sua volta sorpreso, e scrutò con
desiderio e struggimento
assieme il viso candido di Gretchen, in quel momento avvolto dai suoi
riccioli
castano dorati.
Il
lungo cappotto di lana le raggiungeva i polpacci, coprendo quasi
interamente il
lungo corpo longilineo e perfetto, ma Joshua non aveva bisogno di
vederla per
sapere com’era fatta.
Fin
da quando Gretchen era giunta nel suo branco, più di due
anni addietro,
chiedendo di poterne fare parte, lui aveva smesso di dedicarsi ai
diletti di
una notte, troppo preso da lei, da tutta quanta lei.
Trasferitasi
da una piccola scuola nelle campagne del Wessex, Gretchen si era detta
entusiasta di poter finalmente far parte di un branco. Nel suo paese di
origine
si era ritrovata a crescere da sola, senza amici lupi con cui
condividere il
segreto.
Joshua
si era dichiarato ben disposto ad accoglierla –
così come ad accogliere i suoi
genitori, se mai lo avessero desiderato – e, da quella prima
volta al Vigrond,
aveva tenuto discretamente sott’occhio la sua vita di lupa e
di donna.
L’aveva
sorpreso notare quanto poco si fosse interessata a fare conoscenze in
campo
sentimentale ma, dopo aver scoperto quanto tenesse ai suoi allievi,
aveva
infine compreso.
Tutto
il suo impegno andava alla scuola, ai suoi cuccioli da svezzare e far
crescere.
Per il resto, vi sarebbe stato tempo.
Una
donna seria, una lupa forte… e ora si trovava dinanzi a lui,
dubbiosa e protesa
verso di lui con l’aura incerta a sfiorarlo delicatamente.
Joshua
non attese oltre.
Annullò
la distanza che li separava e, avvolto un braccio attorno alla sua
vita, la
schiacciò contro di sé e fece sua la bocca di
Gretchen che, ben lungi dal voler
allontanarsi, affondò una mano nei suoi capelli per
attirarlo maggiormente a
sé.
Si
baciarono così, nel mezzo di quel tranquillo marciapiede,
illuminati
parzialmente dai lampioni mentre le macchine sfrecciavano a lato, come
se non
dovessero scorgere l’alba del giorno seguente.
Solo
dopo un tempo indefinibile Joshua la lasciò – o fu
lei a permetterglielo? – e,
per nulla turbato da ciò che aveva fatto,
mormorò: “Ho tardato. Scusa.”
“Sei
indaffarato” si limitò a dire lei, sorridendo con
le labbra tumide.
Lui
le sorrise di rimando, si scostò da lei per offrirle la mano
e, passeggiando
lungo il marciapiede, le domandò: “Come mai ti
trovavi nei paraggi? Non abiti
nei pressi di Fitzrovia?”
Annuendo,
Gretchen si limitò a dire: “Desideravo sapere come
stavi, dopo la bomba
lanciata da Sarah. Ma così è meglio.”
Joshua
rise nonostante l’assurdità della situazione e,
mestamente, ammise: “T.J. mi
aveva detto di farmi avanti con te, a dir la
verità.”
“Per
quanto mi spiaccia dirlo, avresti dovuto ascoltarlo ma, come dicevo
prima, so
che sei indaffarato” replicò lei, scrollando le
spalle. “Avete deciso cosa
fare?”
“Farò
intervenire la wicca di
Aberdeen… e
coinvolgerò gli umani del branco” le fece sapere
lui, sorprendendola.
“Ma…
anche loro?”
Fermandosi
a metà di un passo, Joshua assentì e disse
contrito: “E’ tempo che io sia più
umile, e loro più addentro alla vita del branco. Mi sono
comportato da idiota,
finora, ma non è detto che non possa migliorare. Ti
pare?”
Lei
si limitò a sorridergli e, annuendo, chiosò:
“Sarò della partita, se me lo
permetterai.”
“Ne
sarei felice” assentì lui, poggiando la fronte
contro quella di Gretchen prima
di sospirare e domandarle: “Come ho potuto essere
così cieco?”
“Lo
amavi, Fenrir. L’amore ci fa commettere sciocchezze, a volte,
e non sempre
finiscono bene.”
Lui
sorrise, tornò a baciarla e infine le domandò:
“Ti va di una passeggiata
notturna al Regent’s Park?”
“Molto
volentieri” annuì lei.
L’indomani
mattina avrebbe incontrato il suo rappresentante umano del branco ma,
per
quella sera, poteva concedersi qualche ora solo per Gretchen.
N.d.A.
1:
tanngrisnir: significato letterale “che fa stridere i
denti”. Era una delle
bestie mitiche che trainavano il carro da guerra di Thor. Ho usato il
significato letterale per indicare qualcosa che non combacia con la
realtà e,
perciò, fa stridere i denti per il sospetto. (o storcere il
naso)
2:
habrók: citato da Snorri Sturluson in Gylfaginning
(prima
parte dell’Edda in Prosa), era il “migliore tra i
falchi”. Si sa
poco o nulla di questa creatura, tranne le sue grandi
abilità nella caccia e
nella predazione. Ho pensato potesse essere un buon nome per il titolo
che
Estelle ha dato alle sue protettrici.
==========================================================
Joshua
si ritrova davvero in una brutta situazione, aggravata dal fatto che, a
mettere
a rischio il branco, è proprio il suo migliore amico. La
presenza di Gretchen,
però, gli da un minimo di conforto.