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Autore: GladiaDelmarre    10/11/2019    10 recensioni
Era una danza, ed era sempre stata una danza tra loro.
Crowley chiedeva, Aziraphale rifiutava. Crowley riformulava la domanda, chiedeva scusa, argomentava, e immancabilemnte l’angelo cedeva. Una storia vecchia come il mondo.
Ma cosa succede quando l'angelo si rifiuta davvero? Quando il sogno di un demone si spezza?
Qualcuno dovrà porvi rimedio, con l'aiuto di qualche amico...
p.s. cercherò di aggiungere una vignetta per ogni capitolo... spero tanto vi piacciano! Sono brevi schizzi di un'oretta di lavoro al massimo.
Genere: Angst, Erotico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Passarono alcune settimane, poi alcuni mesi.

Era già quasi un anno che stavano insieme “ufficialmente” se così poteva essere detto.

Entrambi, privatamente, convenivano che era stato l'anno migliore della loro vita. Sembravano non essere mai sazi della reciproca compagnia, e sebbene ciascuno avesse deciso di conservare alcune attività personali, avevano iniziato a vivere insieme quasi da subito.

 

Aziraphale aveva mantenuto la sua libreria, chiaramente: era sottinteso che non avrebbe mai rinunciato ai suoi libri. Aveva però creato una sezione più “fruibile”, in cui la gente si poteva sedere a leggere, magari gustando un buon the. La libreria era sempre stata accogliente, e una volta messi al sicuro le sue prime edizioni ed i libri a cui teneva maggiormente in sezioni che agli umani apparivano noiose e ostiche, quel luogo divenne un piccolo ed elegante punto di ritrovo per giovani (e meno giovani) intellettuali della zona di Soho.

Aziraphale e Crowley avevano convinto il proprietario del negozio accanto a venderlo a loro. Crowley avrebbe usato la coercizione ma Aziraphale non glielo permise, quindi l'anziano signore ormai prossimo alla pensione si trovò un generosissimo assegno sotto il naso in cambio. Così si erano allargati, e mentre l'angelo aveva aperto quella nuova sezione con libri che permetteva di toccare e addirittura comprare, Crowley vi aveva trasferito le sue piante, in modo da potersene occupare più facilmente. Così, in quella parte del negozio, tantissime lussureggianti piante di ogni genere si godevano la luce che filtrava dai riquadri delle grandi vetrate. Il demone le terrorizzava ancora, ma sotto la supervisione dell'angelo, che di tanto in tanto sgattaiolava in quella parte del negozio per eliminare le piccole macchie che inevitabilmente si formavano sulle loro foglie, nessuna di loro era stata gettata nel trita rifiuti.

Anche per le piante era stato l'anno migliore delle loro vite.

 

In qualche modo le loro abitudini si erano incastrate e accordate, come in una musica, e le loro personali note si fondevano adesso in un'unica melodia.

 

Una notte di Settembre giacevano nel loro letto, e Crowley stava scivolando nel sonno. Si addormentava quasi sempre per primo, mentre Aziraphale rimaneva spesso a leggere o ad osservarlo anche tutta la notte. Aveva gli occhi chiusi, ed era appoggiato con la guancia al braccio dell'angelo, che lo cingeva dolcemente.

Erano in quella posizione da un po', ma a Crowley era rimasto un briciolo di coscienza ancora. Quel tanto che bastò per sentire il sussurro di Aziraphale, gentile, morbido come lui, come ad accompagnare il suo sonno in una ninna nanna.

 

“Ti amo Crowley...”.

 

Un millisecondo dopo, il demone era completamente sveglio, pietrificato.

Glielo aveva detto. Certo, l'angelo non sapeva che lui fosse sveglio, questo era ovvio, ma glielo aveva detto.

 

Lo amava.

 

A ben pensarci era implicito che si amassero, ma non se lo erano mai detti. Probabilmente si amavano dall'alba dei tempi, quando il mondo era ancora giovane. O almeno così pensava Crowley, che suo malgrado era stato colpito da una specie di colpo di fulmine (quando ancora queste cose non esistevano) quando si erano parlati la prima volta, migliaia di anni fa nell'Eden. Il fatto che Aziraphale avesse osato sfidare Dio così apertamente, dando via la sua spada di fuoco agli umani semplicemente perchè era preoccupato per loro, e il modo in cui gli aveva parlato senza curarsi che lui fosse uno dei Caduti, lo avevamo davvero folgorato.

L'amore comunque era rimasto sopito molto a lungo, e lui vi aveva ceduto lentamente, fino ad accettarlo completamente solo in tempi relativamente recenti. Forse negli ultimi duecento o trecento anni aveva saputo con certezza che amava quello che avrebbe dovuto essere il suo peggior nemico, e che quindi il sentimento che lo legava a quell'affettato angelo non era solo una improbabile amicizia, ma ben di più.

 

La sofferenza che Aziraphale gli aveva inflitto rifiutandolo ancora gli bruciava in qualche modo però. Credeva di averla superata del tutto, ed invece adesso che l'angelo, senza saperlo, gli aveva confessato il suo amore, provava un vago senso di panico. Non se la sentiva di dirglielo a sua volta. Una sorta di pudore lo tratteneva, come se la sua natura di demone lo obbligasse a tenere il riserbo su quell'unica cosa.

Potevano fare sesso, ridere, dormire insieme, ma parlare d'amore? Quello era troppo, almeno per lui.

 

Immobile, ancora abbracciato al suo angelo, passò le ore di quella notte a rimuginare su quei pensieri, mentre Aziraphale per quella volta si addormentò prima di lui.

 

Le prime luci del mattino lo colsero di sorpresa, non si era reso conto del tempo che era passato. Non era giunto a nessuna conclusione in merito al problema di “parlare d'amore”.

Poi, guardò Aziraphale addormentato accanto a lui.

La luce gli sfiorava I soffici riccioli biondi-bianchi, che gli incorniciavano il viso paffuto come un'aureola. La linea morbida della mascella si fondeva con quella del collo, e poi si perdeva nello scollo del pigiama celeste chiaro che indossava. Gli occhi dorati di Crowley vagarono sulle ciglia chiare che ombreggiavano in quel momento le gote dell'angelo, e infine si soffermarono sulla curva delle labbra appena socchiuse, sulla fossetta perfetta che era il suo arco di Cupido, e su quella sotto al labbro inferiore. Quanto amava quella bocca. E non solo quando la baciava, o quando lo faceva godere, la amava anche così, nella perfetta innocenza del sonno.

 

Si arrese a quella sensazione. Amava Aziraphale più di quanto avesse mai amato qualunque altra cosa in tutta la sua esistenza, lo amava a dispetto di ragione e convenzioni, a dispetto delle loro nature diametralmente opposte, e sapeva che avrebbe continuato ad amarlo. Tutti questi pensieri gli si affollarono nella mente spazzando via ognuno dei cancelli e dei muri che aveva innalzato la notte precedente.

 

Sono un demone, non posso parlare d'amore.

Ma lo amo.

 

Mi aveva rifiutato, deve ancora pagarla prima che io gli confessi quello che provo.

Lui ti ama, e sa che lo ami.

 

Non glielo dirò mai, lo avevo promesso a me stesso.

Lo ami, e non riuscirai a tenertelo dentro.

 

 

Si alzò silenzioso dal letto, scivolando via piano per non svegliarlo, e andò a chiudersi dentro la doccia.

Era ancora sotto il getto caldo, quando Aziraphale apparve accanto a lui. “Che accidenti fai qui?” - “Mi pare ovvio, faccio la doccia con te” disse tranquillamente dandogli le spalle, allungando la mano sul suo shampoo alla ciliegia.

Crowley si rifiutava di usare gli stessi prodotti di Aziraphale, che amava le fragranze dolci e fruttate, e ognuno teneva gelosamente il proprio shampoo e il proprio docciaschiuma nei due lati opposti della grande doccia.

Crowley lo guardò sghembo, mentre l'angelo si insaponava I riccioli, riempiendo l'aria del profumo dello shampoo. “Angelo sfacciato, lo sai che se vieni a fare la doccia con me non resisto?” - “Lo so” fu la risposta sorniona.

Lo prese da dietro schiacciandolo sul vetro della doccia, mentre Aziraphale gemeva forte ad ogni sua spinta, e tirava indietro il bacino per offrirgli un contatto più intenso.

 

 

Cazzo se lo amava.

 

 

***

 

Nei giorni successivi Crowley si sentiva come perso. Sentiva quelle due parole spaventose sulla punta della lingua, che premevano forte per uscire, gli frullavano nel petto come un uccello chiuso in una gabbia. Lottava con se stesso per cercare di trattenersi, e gli si mozzarono in gola più volte. Mentre facevano l'amore era così difficile tenerle dentro che si mordeva le labbra quasi a sangue per impedirselo.

L'angelo, serafico, sembrava non essersi accorto del suo tormento interiore.

 

Continuava a dispensare sorrisi ai clienti che venivano alla libreria, affabile come sempre, mentre indicava la sezione giusta o allontanava la gente da quelle off-limits. Crowley lo osservava da dietro le piante, quasi spiandolo, oppure sprofondato dentro una poltrona qualunque, come se con gli occhi volesse perforargli l'animo.

 

Come ha fatto a dirmelo?

Come ha potuto, con tanta naturalezza?

Non riuscirò mai, non potrò mai dirgli che lo amo allo stesso modo, e nemmeno dovrei.

 

Aziraphale era molto più consapevole delle ansie di Crowley di quanto lui pensasse (o sperasse), ma aveva imparato a conoscere il suo compagno, e sapeva che non avrebbe resistito troppo senza parlargliene. Crowley era mutevole, come un serpente, cambiava pelle, idea, prima correva troppo e poi si fermava, ma era sempre tornato da lui qualunque cosa fosse successa. Così aspettava, senza preoccuparsi troppo, rimanendo dolce, affettuoso, amorevole come sempre.

 

Crowley capitolò un tardo pomeriggio, per un motivo fin troppo sciocco.

Aziraphale stava chiudendo la libreria, c'era ancora abbastanza luce nonostante Ottobre fosse ormai alle porte. Guardava fuori dalle vetrine, e canticchiava tra se e se un motivetto sentito chissà dove. Quando si girò e lo vide si illuminò tutto, arrossendo leggermente “Caro, sei qui?” gli andò incontro e gli diede un bacio soffice, a fior di labbra. Poi tornò alle sue faccende nel retro bottega, e Crowley rimase come imbambolato per qualche attimo. Il sorriso di Aziraphale, quando sorgeva così spontaneo sul suo viso, aveva sempre il potere di lasciarlo un poco senza fiato, ma mischiato a tutti I pensieri che aveva avuto in quei giorni, lo colpì mortalmente.

Doveva dirglielo.

Doveva organizzare qualcosa di romantico e dirgli che lo amava.

Doveva fare di più ancora: doveva chiedergli di sposarlo.

 

Ovviamente doveva anche comprargli un anello, perchè era così che facevano gli umani. L'indomani si alzò presto per andare a cercare qualcosa che potesse reggere il paragone con la bellezza che emanava da Aziraphale, ma alla quinta gioielleria che girava si rese conto, scoraggiato, che nulla era davvero adatto. Come potevano gli umani creare qualcosa di abbastanza bello per un angelo? Gli sarebbe servito un anello fatto di nuvole e diamanti, splendente come il sole, e nello stesso tempo soffice e adamantino come lui. Si risolse ad evitare tutta la faccenda dell'anello alla fine: gli avrebbe offerto solo se stesso.

Beh, almeno avrebbe organizzato una cena. Prenotò al Ritz perchè quello era il ristorante delle grandi occasioni, e quale occasione migliore di quella? Non del tutto soddisfatto tornò verso la libreria, per comunicarlo ad Aziraphale.

 

“Buongiorno angelo... ti va una cena stasera? Al Ritz” gli buttò lì mentre lui girava per gli scaffali, controllando che nessun umano si avvicinasse ai tomi più belli. Aziraphale gli sorrise deliziato “Certo caro, che bella idea! E' parecchio che non ci andiamo, e sai quanto adoro le prelibatezze dello Chef Williams!”.

 

Oh beh, almeno una l'ho azzeccata...

 

Il tempo si annuvolò durante la giornata, e poi iniziò a piovere. Non la classica pioggerellina di Londra, quella che a malapena si distingueva da una nebbia densa: no, un vero e proprio temporale coi fiocchi, con tuoni, fulmini e secchiate d'acqua. Certo non era la serata migliore per uscire, e Aziraphale glielo fece notare distrattamente “Caro, possiamo uscire anche un altro giorno, non trovi? Dubito che riusciremo ad arrivare senza inzupparci...” - “Stasera avevo davvero voglia di mangiare qualcosa fuori...” - “Oh beh, allora vuol dire che andremo, e al massimo faremo un minuscolo miracolo per asciugarci” sorrise di rimando Aziraphale.

Giunta l'ora di avviarsi Aziraphale guardò preoccupato il cielo plumbeo, ma Crowley aveva l'aria di essere eccitato all'idea della serata, e si era anche vestito particolarmente elegante: aveva un completo nero a tre pezzi e una camicia viola scuro, con tanto di cravatta, nera anch'essa. La giacca aveva un taglio moderno e aderente, e gli disegnava le spalle e la vita stretta, facendogli assumere una forma a trapezio rovesciato estremamente sexy. Aveva raccolto I lunghi capelli fulvi in un mezzo chignon disordinato, e indossava I soliti occhiali scuri. “Mio caro, sei splendido stasera...” tubò Aziraphale, mentre un vago rossore colorava le guance del demone. Crowley gli offrì il braccio, e dato che il ristorante non era troppo lontano dalla libreria, armati di ombrelli si incamminarono insieme verso il Ritz.

 

Sembrava che il tempo, almeno per quel momento, avesse deciso di collaborare. Non stava piovendo, quantomeno. All'arrivo al Ritz però ebbero una pessima sorpresa: c'erano alcune persone elegantemente vestite di fuori che discutevano con il maitre. Quello stava spiegando che la pioggia insolitamente abbondante della giornata aveva fatto alcuni danni, e che purtroppo, con grande rammarico ed imbarazzo, non erano in grado di accogliere I loro ospiti con la dovuta cura e attenzione. Il maitre all'ingresso si scusò più volte, gli prenotò un'altra serata al più presto, dicendogli che il vino sarebbe stato un omaggio della casa, ma li rimandò indietro senza possibilità di replica. Aziraphale accettò la cosa di buon grado, ma Crowley la prese malissimo: quella giornata stava andando di male in peggio. Di umore nero, ancor più scuro del cielo, tornò indietro in silenzio, con le mani affondate nelle tasche e il capo chino.

 

Proprio a qualche centinaia di metri dalla libreria, ricominciò a piovere, anche quella volta con delle vere e proprie secchiate d'acqua. Quando arrivarono dentro erano bagnati fradici. Aziraphale ridacchiò “Beh, stasera il tempo ha deciso proprio di non collaborare vero caro?” - “Ngh” bofonchiò Crowley di rimando, deluso e scoraggiato. I capelli gli pendevano molli intorno al viso e si stava togliendo la giacca umida di pioggia. Si tolse anche le scarpe e I calzini bagnati, e si gettò sul divano, di pessimo umore. Aziraphale si tolse anche lui giacca e scarpe, e gli si sedette accanto, tirandosi addosso un plaid con cui coprì anche Crowley. Gli si appoggiò addosso e gli diede un piccolo bacio sulla guancia “Andremo al Ritz un'altra volta caro, non ti crucciare!” - “Ha rovinato tutto questa stupida pioggia! Volevo fosse una giornata speciale!” si lamentò il demone. “Mio caro, le nostre giornate sono tutte speciali, perchè siamo insieme” gli rispose semplicemente Aziraphale, stringendosi di più a lui. Crowley sbuffò: come faceva quell'angelo ad essere così meraviglioso? Quasi lo detestava quando era così... perfetto. Lo faceva sentire inadeguato e sciocco.

Si alzò di scatto e fece qualche passo, nervosamente. Poi, spinto da un'ispirazione, andò verso l'antiquato giradischi e fece apparire un vinile. Quando la musica iniziò, allungò il braccio verso Aziraphale “Balli?” - “Cosa? Io non so ballare” - “Sciocchezze. Io si. Guido io”.

Aziraphale aveva imparato a conoscere bene Crowley, ma lui riusciva comunque sempre a stupirlo. Esitò ancora qualche attimo, poi gli andò incontro, un po' incerto, e prese la mano dell'altro tesa verso di lui. Crowley si era tolto la camicia e sciolto i capelli, e in quel momento indossava solo i pantaloni del completo. Era bellissimo. Si strinse a lui, godendosi quel contatto che lo faceva sempre fremere. Il demone gli fece vedere qualche passo, che Aziraphale seguì un po' goffamente, seguendo il ritmo coinvolgente della musica.

In quel momento ridevano entrambi, e la pioggia e la cena andata storta sembravano dimenticate. Rimisero la musica daccapo, e ricominciarono a provare. Crowley si fece più audace, le sue mani lo stringevano di più, lo sguardo si era fatto più caldo. L'atmosfera era diversa, quasi elettrica: come se parte dei fulmini che si scatenavano fuori si fossero concentrati dentro quella stanza, pronti a rilasciarsi. Riprovarono ancora, e ancora. Nel bel mezzo di un passo un po' più complicato, Crowley si bloccò per un attimo. Si guardarono negli occhi, e a quel punto il demone non riuscì più a trattenersi.

 

“Angelo, ti amo”.

 

Aziraphale trattenne il respiro, coprendosi la bocca con le mani.

 

“Ti amo, e non ho niente altro da offrirti se non me stesso. Se mi vuoi, e mi accetti per quello che sono, mi sposeresti?”.

 

Aziraphale sgranò gli occhi ancora di più se possibile. Gli scese una lacrima, e gli si gettò di nuovo tra le braccia “Non sai quanto ti ami io Crowley. Certo che ti sposo, non potrei desiderare niente di più che essere tuo per sempre”.

   
 
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