A Sia_, nella speranza di poterle dare conforto e serenità
ed un enorme abbraccio a distanza.
Periferia di Londra.
Casa di Remus Lupin.
“Ahia.”
“Non fare il bambino.”
“Non sto facendo—Per Merlino, Moony! Pensavo volessi
rimettermi in sesto! Così peggiori la situazione.”
“La
prossima volta, se proprio devi, fatti colpire in punti facilmente
disinfettabili.”
“Tranquillo, metterò dei segni dov---Ehi! Di nuovo!”
“Scusa. Oh...accidenti.”
“Accidenti? Cosa vuol dire accidenti?”
“Non ho mai visto l'inchiostro Babbano reagire ad una
ferita da Incantesimo.”
“Hanno colpito il mio tatuaggio nuovo?!”
“Sì. E dovresti vedere questo pus violaceo che sta
uscendo...”
“Potresti almeno evitare il tono sornione da
accademico, grazie?”
Remus sorride e continua a lavorare in silenzio per una
ventina di minuti.
Sirius si è tolto la camicia e la giacca di pelle -La
terza da buttare in sei mesi, ed il bagliore opaco dei lampioni che
arriva dalla strada gli accarezza la pelle nuda, contando una ad una
cicatrici e ferite, la traccia nera dei tatuaggi, lo sporgere della
clavicola, la curva del mento.
Il compagno si piega a prendere la sigaretta sul
posacenere del comodino ed i capelli scendono scarmigliati a coprire
una striscia di sangue, uno sbuffo scarlatto teso dall'orecchio
destro fino allo zigomo.
“Ti ho preparato il bagno.” annuncia
Lupin, una volta finito di medicarlo, e gli si siede accanto,
provocando un cigolio di protesta da parte del materasso. Per un po'
osserva la punta della sigaretta, lo sfrigolio della fiamma crepitare
e cricchiolare, ingemmando di rosso le ciglia dell'altro.
Il mondo, là fuori, è orrore e raccapriccio e dolore e
morte e veleno. Il mondo è impazzito, il mondo è un luogo oscuro, è
una notte perenne dove non ci sono né luci né stelle a segnare il
cammino, dove non esistono amici, conoscenti, mani tese o gentilezza,
ma soltanto ombre, solo e soltanto ombre, sussurri a mezza bocca,
sguardi funerei e terrore e paura e brividi ed oppressione e manca il
respiro e il cuore romba dentro al torace, affonda, affoga, e si
perde la presa e si smarrisce la via e si rimane soli, soli, soli.
Soli.
“Quanto ci sono andati vicini, questa volta?”
Sirius alza le spalle, soffia via un filo di fumo,
schiocca la lingua sul palato e infine poggia gli avambracci sulle
ginocchia.
Se non fosse per i suoi occhi, per le sue iridi chiare,
limpide, per il modo in cui sorride curvando l'angolo sinistro della
labbra, per il suo accendere giradischi con un colpo di bacchetta,
per i suoi stivali di pelle nera, morbida, per il modo in cui li
allaccia, con cura, occhiello dopo occhiello, la schiena curva in
controluce, il ginocchio piegato, la suola spinta contro il mobile ai
piedi del letto, un melodia cantata a mezza bocca; se non fosse per
il suo porridge, quel porridge per cui lui, Remus, lo prende
costantemente in giro facendogli notare quanto somigli ad un
agglomerato di croccantini posticci; se non fosse per la perfezione
con cui le ciocche nere gli si inanellano alle dita, con cui i palmi
si riempiono della sua figura e le dita del suo corpo, se non fosse
per questo e per molto altro, per milioni e milioni di minuscoli
gesti e per l'interezza di Sirius, per ogni suo frammento, per ogni
sua gioia e tormento, lui, Remus, sarebbe perduto.
“Abbastanza.”
ammette “Uno Schiantesimo mi ha colpito di striscio e mi ha
stordito.” si schiarisce la gola “James mi ha spinto via prima
che la Maledizione mi raggiungesse. Ho visto quell'orribile luce
verde passare sopra le nostre teste e ho pensato---” con la mano
libera si stropiccia le palpebre, quindi si copre la bocca, lasciando
che le parole fluttuino via, sospese tra loro, come il fumo della
sigaretta.
Remus gli stringe il polso tra le dita, inclinando
appena il capo per raggiungere il suo sguardo.
“Chi è
stato?”
“Bellatrix.” un latrato amaro sulla bocca,
un'espressione di sfida, di irriverenza sul volto -E di paura, nel
fondo delle pupille “Le ho detto che il giorno in cui avrà tanta
fortuna da farmi fuori non è ancora arrivato. Ho parecchie ragioni
per non morire.”
L'altro sospira e si tende a togliergli la sigaretta di
mano. Sirius si gira di scatto, finalmente sorride, sembra persino
sorpreso da tanta, improvvisa sfrontatezza.
“E quali sarebbero
queste fantomatiche ragioni, Pads? Sentiamo.” lo canzona Remus e
ride, getta indietro la testa e il compagno lo spinge con le spalle
contro il materasso ed abbassa il viso e con le labbra gli sfiora lo
zigomo ed il mento e con la punta del naso gli accarezza collo e
gola.
“Addormentarmi accanto a te ogni notte, Moony, tanto per
cominciare.” bisbiglia e un po' di cenere cade sul tappeto -E a
Remus non potrebbe importare di meno “E svegliarmi al tuo fianco,
ogni giorno, ogni mattino. Finché potrò farlo, finché ci sarà
concesso di stare insieme, credimi, nessuna Maledizione, nessun
Mangiamorte, né parente disfunzionale potrà impedirmi di vivere.”