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Autore: Agueda    25/01/2023    0 recensioni
"Luna e Sole, fuoco in mare. Primordiale fame di noi due, Lentamente, affondare Tra le onde fino ad annullarsi Eclissi "
Settembre 2019. Chiara, venticinque anni, si sveglia una mattina e decide di scappare dal caos di Palermo e dall'indifferenza del suo compagno per rifugiarsi a Los Angeles, lontano da tutto e da tutti. Durante il suo soggiorno a Los Angeles incontra una vecchia conoscenza di suo fratello, lei l'aveva lasciato ragazzino, ed intanto lui, è diventato un uomo a cui nessuna donna può resistere.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Madness serie '
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Capitolo Cinque


Il giorno dopo Chiara aprì gli occhi cercando di ricordare il suo nome e soprattutto dove diavolo si trovasse.

Oh Dio sono a Los Angeles, esclamò mentalmente mentre si alzava dal letto con solo il perizoma addosso.

Dire che i ricordi della notte precedente fossero confusi era usare un grande eufemismo.

Non ricordava di essersi spogliata prima di andare a dormire, però evidentemente lo aveva fatto.

Indossò l'accappatoio e uscì a cercare Carlo. Nulla.

Entrò nella sua stanza con la speranza di trovarlo ancora addormentato, invece trovò solo un letto bianco disfatto e vuoto.

Lui non c'era e un brivido di freddo la scosse.

Si sentì in colpa per aver esagerato la scorsa notte

Per fortuna ritrovò il cellulare nella borsetta nera e avviò subito una chiamata.

"Pronto", rispose una voce distante anni luce.

"Ciao, dove sei?"

"Indovina?", chiese con un tono sarcastico che la lasciò senza parole. "Sono al lavoro"

"Posso venire?"

"Come vuoi".

Avrebbe tanto voluto ricordarsi cosa avesse fatto di sbagliato, peccato che la nebulosa nella sua testa continuasse a intensificarsi sempre di più.

Devo assolutamente riprendermi e andare a controllare di persona, pensò mentre apriva il getto d'acqua della doccia. Aveva un disperato bisogno di caffeina, quindi chiamò un taxi e si fece portare alla caffetteria più vicina.

Infatti, sorseggiando una strana bevanda al sapore di caffè, piano piano i ricordi cominciarono a riaffiorare.

Carlo che roteava le bottiglie incredibilmente sexy e lei invidiosa marcia della sua libertà.

Quelle puttanelle che se lo mangiavano con gli occhi e lui che stava al gioco facendo di tutto per farle impazzire ancora di più. Insomma più era attratta da lui, più beveva, e più beveva e più lo desiderava con tutte le forze.

Come era possibile che in un solo giorno con Carlo avesse già dimenticato gli anni trascorsi con Daniele?

Quel ragazzo gli era entrato dentro come un fulmine o forse era sempre stato in un posto particolare del suo cuore e il rivederlo non aveva fatto altro che far risvegliare tutto quello che era sopito.

Quando arrivò in studio, si avvicinò subito per salutarlo, mentre lui mantenne le distanze fingendosi occupato e a stento mormorando un ciao.

Caspita. La situazione doveva essere più grave di quanto immaginasse.

Chiara si incamminò pensierosa verso l'uscita dello studio. Non voleva girarsi verso la scrivania, non voleva sentire quel bisogno assurdo di vederlo. Si mangiò nervosa l'unghia del pollice, poi non ce la fece più e si voltò per guardarlo storto.

Lo trovò con la testa appoggiata sulle braccia incrociate sopra la scrivania. Stava fissando lei o lo skyline? Di sicuro aveva un'espressione tutt'altro che felice e serena.

Ottimo. In un solo giorno era riuscita a trasformare la quintessenza della solarità fatta uomo in un musone intrattabile. Quindi non era colpa degli altri, era sempre e solo lei che rovinava tutto quello che aveva tra le mani.

Sentì il bisogno impellente di piangere e si precipitò fuori per non farsi vedere da nessuno. Carlo la rincorse subito fuori, prendendola per le spalle gli diede un bacio sulla fronte.

- Se ieri sera ho fatto qualcosa di male, mi dispiace, però almeno dimmi cosa cavolo ho combinato perché io non mi ricordo un tubo

- Certo, magari se avessi bevuto meno, ci avresti evitato un bel po' di rogne anche se forse non avresti ballato sul bancone del bar.

-Cosa?"

Per poco Chiara non cadde sul marciapiede.

-Mi state veramente dicendo che ho ballato su quel bancone?

-Sì, fu la risposta laconica di Carlo che sembrava non credere che lei non si ricordasse nulla.

-Scusa. Non mi dire che ti ho fatto perdere il lavoro perché non me lo perdonerei mai.

-Grazie alla tua follia ho anche fatto mille dollari in più.

-Forse è meglio per tutti che io me ne vada da qui il prima possibile

Concluse mortificata, maledicendo se stessa e il momento in cui aveva deciso di mettere piede a Los Angeles.

A quelle parole Carlo sembrò scuotersi e si infilò di nuovo gli occhiali da sole per guardarla.

Evidentemente non voleva che leggesse i sentimenti nei suoi occhi.

-tu non te ne va da nessuna parte che sia chiaro!!!

- no! ti ho stravolto la vita, come cazzo faccio a stare qui, se ti creo casini!!

-tu non mi crei casini, sei solo la mia Apocalisse personale.

Carlo, l'abbracciò e la strinse sul suo petto, dandogli un lieve bacio sulla tempia, e lei gli sussurrò leggermente

"Scusa"

E di rimando lui gli disse

"scusa, anche io ti voglio bene, anche io non riesco a stare lontana da te."

Rientrarono a casa, pranzarono insieme.

Carlo, dopo quella nottata assurda, aveva combattuto all'ultimo sangue con sé stesso per levarsela dalla testa, però a quanto pareva, aveva perso miseramente.

Avrebbe voluto fingere indifferenza, peccato che non facesse che ripensare a quella fantastica donna che si dimenava seducente sopra di lui con la bocca aperta per farsi schizzare la vodka in gola.

La stessa donna che aveva cercato di sbottonargli i jeans e che lui aveva rifiutato. Deficiente.

Continuava a pensare ai consigli che gli aveva dato Felix, venuto appositamente a trovarlo al lavoro per dirgli: "Amico, fallo e basta".

"Fai cosa?", gli aveva chiesto con lo sguardo perso nel vuoto.

"Ti sei visto? Da quando è arrivata stai andando fuori di testa. Devi andare là e farla finita".

Lui stava cercando di farla finita con Chiara, però evidentemente ignorarla non era il modo corretto per togliersela dalla testa.

"Se non assecondato, un desiderio può trasformarsi in un incubo", furono le ultime parole di Felix e lui capì.

Solo se l'avesse posseduta, si sarebbe liberato da quell'ossessione dalle gambe affusolate, dal viso dolce e dal seno prorompente.

Solo se avesse saccheggiato il suo corpo, prendendolo in tutti i modi possibili, avrebbe riacquistato la sua razionalità annebbiata da tonnellate di testosterone. Forse. anche lei lo voleva, ne era sicuro.

   
 
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