A favore del prossimo
«L’avete trovata?»
«No, mio signore.»
Kalemi trasse un sospiro e riprese il nervoso andirivieni per la sala del trono.
«Non è in nessuno nei mondi mortali e le sue tracce terminano sulla soglia del fiume sacro. Dov’è andata!?»
Tasmi e Eenilal si guardarono abbattuti: l’assenza della sorella si prolungava troppo per essere considerata smania di solitudine. L’ipotesi di un rapimento acquisì corpo.
«Maestà.»
Elkira si materializzò, il cappuccio sollevato a proteggersi dal fulgido chiarore celeste. Accanto a lui c’era il dio del Mare in persona.
Kalemi gli andò incontro, gli strinse gli avambracci in segno di stima, ma non nascose l’angoscia: la sua presenza lì era sintomo di estrema criticità.
«Non tenerci sulle spine, Manawydan.»
«Divino principe, temo che Azalee si trovi all’interno della piramide.»
«Ne sei certo!?»
«Ho percepito la sua aura penetrare l’apeiron, è svanita tanto in fretta che non sono riuscito a seguirla. Ma la direzione era quella.»
Il sovrano degli dei sedette con la fronte tra le mani.
«È come averla perduta. Il chaos primigenio è sconfinato.»
«Esiste un modo per sondarlo, ma necessito dell’aiuto degli altri elementali. Le nostre essenze tendono a confondersi laggiù, tuttavia se riuscissimo a escluderne quattro, la quinta risulterebbe individuabile.»
«Tasmi ti assisterà come principio dell’Aria e convocherò Valarde in qualità di Madre Terra, ma non credo che Belker si presenterà alla riunione per incarnare il Fuoco.»
«Un dannato guaio» borbottò Manawydan «Senza di lui non individueremo l’Acqua, soprattutto se è stata attirata di proposito. Potremmo però sostituire Belker con chi possiede un potere affine.»
«Eenilal?» interpellò Kalemi speranzoso.
«Sono addolorato, sommo fratello. La Luce di cui sono depositario è seconda alle fiamme. Una conseguenza generata, come il calore.»
Il sovrano degli Immortali trasse un sospiro e gli altri si guardarono l’un l’altro con il medesimo scoramento.
«Peccato che i daama abbiano perso i poteri» bofonchiò Elkira.
Gli occhi verde smeraldo di Kalemi si accesero.
«Reshkigal!» esclamò.
«Il Custode non possiede quella prerogativa.»
«No, ma conserva l’anima di Kushan! Non l’ha destinata alla reincarnazione per via del patto stretto con il Distruttore e uno spirito in stasi serba le sue virtù originarie. Se la concedesse per un istante, potremmo capire se Azalee è prigioniera!»
«Molto acuto, celeste signore» espresse il dio del Buio «Con il vostro permesso.»
Si dissolse senza attendere l’ordine.
Reshkigal uscì dallo stato meditativo e si sporse dal balcone fiorito: i petali azzurri dei Campanelli delle Nevi non erano adorni di rugiada e volgevano le corolle assetate alla linea dell’orizzonte. Mosse l’indice, fornendo loro una stilla del proprio potere per evitare che appassissero. Gli occhi argentati, di solito atarassici, ombreggiarono.
Il regno eterno ha perduto la quiete. È l’avvento della caduta.
Avvertì l’avvicinarsi di un’energia divina: forse il peggio era già in fieri.
Elkira prese corpo dall’alito d’inchiostro che lo aveva sostenuto e piegò il capo davanti al dio della Morte.
«Il sovrano celeste chiede la tua collaborazione» enunciò senza preamboli.
«Tutto ciò che desidera.»
«L’anima di Kushan. Richiamala dall’oltre.»
«Impossibile.»
«Non è il momento di fossilizzarsi sulle leggi universali. Rammento inoltre che poco tempo fa è stata accordata un’eccezione» rincarò il messaggero, munendo l’istanza delle dovute spiegazioni.
Reshkigal annuì paziente. La sua invariabile tranquillità interiore lo faceva apparire freddo, in realtà era una delle divinità più sensibili e ricettive del pantheon.
«Una mesta notizia che tuttavia non cambia le risorse a mia disposizione» asserì pacato «Se ne avessi facoltà, quello spirito sarebbe tuo, ma Irkalla lo ha sigillato tra le pieghe della neo genesi, non ho idea di come riconvocarlo.»
«Per tutte le ere, non ne va dritta una!»
Il Custode fece un cenno cortese, si spostò al tavolo di marmo e versò il chae. Lesse l’urgenza nello sguardo del compagno, ma lo invitò a placarsi.
«Prima che tu corra dal Distruttore, desidero metterti a parte di una riflessione.»
Elkira assentì, sapendo che ogni parola pronunciata da Reshkigal sarebbe risultata preziosa e rischiarante. Questi proseguì.
«Se è vero che Azalee si trova nella piramide, dobbiamo assolutamente bloccare il flusso dell’ergon. Non possiamo sradicare la perissologia allo stato attuale dei fatti: quei mondi collasserebbero e peggioreremmo la situazione, fornendo ai piani di Belker un apporto energetico immenso ma instabile. Senza pensare alla perdita di tutte le creature che vi dimorano. Non ci resta che impedire il compimento della piramide come preventivato. Purtroppo si è creato un “ma”.»
«Chiaro, se lei fosse trattenuta all’interno, verrebbe coinvolta nell’annientamento.»
«Non è solo questo. Se avesse preso con sé Azalee, il dio della Battaglia avrebbe introdotto nel cristallo rosso il principio femminile.»
«Cosa?» ansimò Elkira spalancando gli occhi violetti.
«Vedo che hai capito. Non otterrebbe soltanto il distacco dell’attuale pantheon dagli universi mortali, bensì avrebbe la concreta possibilità di avviarne uno nuovo. Lui e Azalee sarebbero gli dei del principio, genererebbero una nuova stirpe immortale e ad essa affiderebbero il governo degli esseri caduchi.»
«La principessa non si presterebbe mai!»
«Ne sono convinto. Ora rifiuterebbe, ma con il trascorrere delle ere cosmiche la solitudine inizierà a pesarle. Ricordati che lo ama da sempre.»
«È una catastrofe» deglutì il dio del Buio «Che suggerisci?»
«Innanzitutto interpellare Irkalla come programmato. E poi dissuadere dalla guerra il re dei Khai, scendere in quel mondo e infrangere il divieto d’interazione diretta. I discendenti dei daama non sono bendisposti alla comunicazione astratta, dobbiamo mostrarci dal vivo.»
«Ancora una deroga ai dettami eterni e mi licenzio!» mugugnò Elkira.
«Pessima idea, il sommo Kalemi avrà bisogno di te, quando si tratterà di donare l’oblio ai Khai, facendo loro scordare di averci incontrati.»
«Bene. Altre pessime nuove?»
«L’avete trovata?»
«No, mio signore.»
Kalemi trasse un sospiro e riprese il nervoso andirivieni per la sala del trono.
«Non è in nessuno nei mondi mortali e le sue tracce terminano sulla soglia del fiume sacro. Dov’è andata!?»
Tasmi e Eenilal si guardarono abbattuti: l’assenza della sorella si prolungava troppo per essere considerata smania di solitudine. L’ipotesi di un rapimento acquisì corpo.
«Maestà.»
Elkira si materializzò, il cappuccio sollevato a proteggersi dal fulgido chiarore celeste. Accanto a lui c’era il dio del Mare in persona.
Kalemi gli andò incontro, gli strinse gli avambracci in segno di stima, ma non nascose l’angoscia: la sua presenza lì era sintomo di estrema criticità.
«Non tenerci sulle spine, Manawydan.»
«Divino principe, temo che Azalee si trovi all’interno della piramide.»
«Ne sei certo!?»
«Ho percepito la sua aura penetrare l’apeiron, è svanita tanto in fretta che non sono riuscito a seguirla. Ma la direzione era quella.»
Il sovrano degli dei sedette con la fronte tra le mani.
«È come averla perduta. Il chaos primigenio è sconfinato.»
«Esiste un modo per sondarlo, ma necessito dell’aiuto degli altri elementali. Le nostre essenze tendono a confondersi laggiù, tuttavia se riuscissimo a escluderne quattro, la quinta risulterebbe individuabile.»
«Tasmi ti assisterà come principio dell’Aria e convocherò Valarde in qualità di Madre Terra, ma non credo che Belker si presenterà alla riunione per incarnare il Fuoco.»
«Un dannato guaio» borbottò Manawydan «Senza di lui non individueremo l’Acqua, soprattutto se è stata attirata di proposito. Potremmo però sostituire Belker con chi possiede un potere affine.»
«Eenilal?» interpellò Kalemi speranzoso.
«Sono addolorato, sommo fratello. La Luce di cui sono depositario è seconda alle fiamme. Una conseguenza generata, come il calore.»
Il sovrano degli Immortali trasse un sospiro e gli altri si guardarono l’un l’altro con il medesimo scoramento.
«Peccato che i daama abbiano perso i poteri» bofonchiò Elkira.
Gli occhi verde smeraldo di Kalemi si accesero.
«Reshkigal!» esclamò.
«Il Custode non possiede quella prerogativa.»
«No, ma conserva l’anima di Kushan! Non l’ha destinata alla reincarnazione per via del patto stretto con il Distruttore e uno spirito in stasi serba le sue virtù originarie. Se la concedesse per un istante, potremmo capire se Azalee è prigioniera!»
«Molto acuto, celeste signore» espresse il dio del Buio «Con il vostro permesso.»
Si dissolse senza attendere l’ordine.
Reshkigal uscì dallo stato meditativo e si sporse dal balcone fiorito: i petali azzurri dei Campanelli delle Nevi non erano adorni di rugiada e volgevano le corolle assetate alla linea dell’orizzonte. Mosse l’indice, fornendo loro una stilla del proprio potere per evitare che appassissero. Gli occhi argentati, di solito atarassici, ombreggiarono.
Il regno eterno ha perduto la quiete. È l’avvento della caduta.
Avvertì l’avvicinarsi di un’energia divina: forse il peggio era già in fieri.
Elkira prese corpo dall’alito d’inchiostro che lo aveva sostenuto e piegò il capo davanti al dio della Morte.
«Il sovrano celeste chiede la tua collaborazione» enunciò senza preamboli.
«Tutto ciò che desidera.»
«L’anima di Kushan. Richiamala dall’oltre.»
«Impossibile.»
«Non è il momento di fossilizzarsi sulle leggi universali. Rammento inoltre che poco tempo fa è stata accordata un’eccezione» rincarò il messaggero, munendo l’istanza delle dovute spiegazioni.
Reshkigal annuì paziente. La sua invariabile tranquillità interiore lo faceva apparire freddo, in realtà era una delle divinità più sensibili e ricettive del pantheon.
«Una mesta notizia che tuttavia non cambia le risorse a mia disposizione» asserì pacato «Se ne avessi facoltà, quello spirito sarebbe tuo, ma Irkalla lo ha sigillato tra le pieghe della neo genesi, non ho idea di come riconvocarlo.»
«Per tutte le ere, non ne va dritta una!»
Il Custode fece un cenno cortese, si spostò al tavolo di marmo e versò il chae. Lesse l’urgenza nello sguardo del compagno, ma lo invitò a placarsi.
«Prima che tu corra dal Distruttore, desidero metterti a parte di una riflessione.»
Elkira assentì, sapendo che ogni parola pronunciata da Reshkigal sarebbe risultata preziosa e rischiarante. Questi proseguì.
«Se è vero che Azalee si trova nella piramide, dobbiamo assolutamente bloccare il flusso dell’ergon. Non possiamo sradicare la perissologia allo stato attuale dei fatti: quei mondi collasserebbero e peggioreremmo la situazione, fornendo ai piani di Belker un apporto energetico immenso ma instabile. Senza pensare alla perdita di tutte le creature che vi dimorano. Non ci resta che impedire il compimento della piramide come preventivato. Purtroppo si è creato un “ma”.»
«Chiaro, se lei fosse trattenuta all’interno, verrebbe coinvolta nell’annientamento.»
«Non è solo questo. Se avesse preso con sé Azalee, il dio della Battaglia avrebbe introdotto nel cristallo rosso il principio femminile.»
«Cosa?» ansimò Elkira spalancando gli occhi violetti.
«Vedo che hai capito. Non otterrebbe soltanto il distacco dell’attuale pantheon dagli universi mortali, bensì avrebbe la concreta possibilità di avviarne uno nuovo. Lui e Azalee sarebbero gli dei del principio, genererebbero una nuova stirpe immortale e ad essa affiderebbero il governo degli esseri caduchi.»
«La principessa non si presterebbe mai!»
«Ne sono convinto. Ora rifiuterebbe, ma con il trascorrere delle ere cosmiche la solitudine inizierà a pesarle. Ricordati che lo ama da sempre.»
«È una catastrofe» deglutì il dio del Buio «Che suggerisci?»
«Innanzitutto interpellare Irkalla come programmato. E poi dissuadere dalla guerra il re dei Khai, scendere in quel mondo e infrangere il divieto d’interazione diretta. I discendenti dei daama non sono bendisposti alla comunicazione astratta, dobbiamo mostrarci dal vivo.»
«Ancora una deroga ai dettami eterni e mi licenzio!» mugugnò Elkira.
«Pessima idea, il sommo Kalemi avrà bisogno di te, quando si tratterà di donare l’oblio ai Khai, facendo loro scordare di averci incontrati.»
«Bene. Altre pessime nuove?»
☼
Irkalla percepì subito la convocazione al pantheon nonostante dall’ultima fossero trascorsi millenni.
Si levò dal letto e lasciò la penombra accogliente della stanza, gettando un’occhiata alla figura ancora distesa tra le coltri. Uscì senza produrre suono, confondendosi con il chiaroscuro notturno e raggiungendo il luogo più remoto dell’edificio.
Rimosse il sigillo e attese la reazione. Una parte di lui spasimò nella sofferenza, l’altra assaporò l’impetuoso riversarsi dell’energia divina nel suo essere: l’unicum che possedeva eternità e respiro si scisse, abbandonandosi alla volontà dominante.
L’apparizione del Distruttore nella sala del trono provocò un fremito. Scorgerlo nell’essenza suprema e terrificante che lo caratterizzava, suscitò ricordi contradditori e timore persino tra i Superiori.
«Perdonami, Irkalla, ti avevo promesso pace» sorrise malinconico Kalemi.
«L’inattività uccide, maestà.»
«Ah, non è il tuo caso. Conservi l’indole sarcastica, mi tranquillizzi.»
«È solo sconsideratezza. A cosa debbo l’invito del mio re?»
Il principe degli dei espose il punto e il dio della Distruzione scosse il capo.
«L’anima di Kushan non è vincolata al nostro accordo, bensì alla realizzazione del medesimo. Se non dipendesse da ciò che non si è ancora verificato, la trarrei dalla sospensione, ma per rendere equo il patto l’ho slegata dal mio coercitivo volere.»
«Siamo daccapo» sospirò Elkira.
«Non direi» obiettò Irkalla «Il Fuoco non vi manca.»
«Potresti erudire anche noi poveri sprovveduti?» lo riprese bonaria Valarde.
«Il Signore dei Khai. L’erede del sangue vanta tutti i poteri del suo avo.»
«Non è detto che collabori, in fondo non conosciamo la sua natura. Se servisse il dio della Battaglia, sarebbe azzardato avvicinarlo.»
«In tal caso avrebbe scelto da che parte stare e così svincolerebbe lo spirito di Kushan. Ma se anche fosse indeciso, non gli occorrerebbe la consapevolezza di quanto richiesto. È sufficiente che uno di voi lo trasporti nella barriera trascendentale, il suo retaggio opererà il resto. In fondo è un semplice collegamento tra elementi.»
«C’è solo un problema» interloquì prostrato Kalemi «Non abbiamo idea di chi sia.»
«Mh. Siete troppo scaltri per non vantare una rosa di candidati.»
«Procediamo per esclusione» intervenne Eenilal «Tu l’hai conosciuto dal vivo, una descrizione fisica ci aiuterebbe a limitare i concorrenti.»
«Non sono d’accordo, i caratteri somatici sono stati trasmessi per nascita a tutti i daamakha. Comunque… circa due metri d’altezza, chioma corvina, occhi viola, carnagione calda, forza e intelletto fuori dal comune, sorriso sfacciato e notevole parlantina. Impareggiabile con le spade, agile e svelto, dotato per il combattimento oltre la media dei suoi simili. Riusciva a orientarsi in mezzo all’apocalisse, nessuna paura e coraggio illimitato, anzi incoscienza data la situazione. Naturalmente ali e coda scarlatte. Non ho mai visto in un demone uno sguardo così dolce, un amore immenso, disinteressato, privo di esitazioni. Vi basta?»
Gli astanti rimasero incantati a fissare il dio della Distruzione che esprimeva in via indiretta e forse involontaria l’ammirazione per il semidio che li aveva sfidati. Questi s’interruppe e li squadrò interrogativo.
«Chi avrebbe creduto che saresti stato in grado di commuoverci, Irkalla» mormorò Valarde con gli occhi lucidi.
☼
Mahati aveva percorso a ritroso i corridoi della reggia con Yozora in spalla, attirando le occhiate basite dell’intera corte.
«Mettimi giù!»
«Ho una certa fretta.»
I Khai avevano sorriso maliziosi, afferendo il singolare comportamento del Kharnot al legittimo desiderio per la promessa sposa, e avevano approvato divertiti.
Supportato da maggiori indizi, Valka aveva seguito la coppia a riguardosa distanza, attribuendo la prevaricazione alla palese gelosia del principe. Si disse che avrebbe dovuto adottare lo stesso sistema con Dasmi: forse avrebbe apprezzato l’uso della prepotenza, smettendo di trattarlo come un idiota sessualmente dotato.
Magari la finirebbe di sminuire il mio clan e noterebbe l’individualità della persona.
«Sei congedato, reikan. Tre giorni di licenza, impiegali a piacimento.»
La consegna dello stratega supremo lo colse impreparato: strideva con gli ordini dell’erede al trono e lo poneva in una situazione rischiosa. Si genuflesse rispettoso.
Non potrebbero mettersi d’accordo? Vorrei conservare intatta la pelle.
«L’inquietudine è fuori luogo» tranciò il secondogenito «La principessa non uscirà dalle mie stanze in tale periodo. Mi occuperò io di lei» aggiunse con minore severità.
«Chiedo venia, altezza reale.»
Si trovò davanti ai battenti serrati un istante dopo.
Purché l’Ojikumaar la consideri una strategia seduttiva. Una manovra basata sulla nostalgia, volta a stanare sentimenti nascosti, e non mi decapiti per inabilità.
Meditando il da farsi, raggiunse i recinti dei vradak e riconobbe a distanza lo strepitio entusiasta di Aysah, che aveva percepito il suo odore. Gli accarezzò il capo e gli parlò sommesso, ricevendo pari affetto. Decise di sellarlo e di concedersi un volo libero dai doveri di guerra o d’altro genere: gli avrebbe schiarito le idee, dissipando la pressione che avvertiva al petto e l’avrebbe allontanato dalla dolorosa infelicità che lo accompagnava da giorni.
Mentre bardava il predatore, notò che Ankŭrsai non si trovava nella postazione che era solita occupare. Non aveva più visto il braccio destro di Mahati all’accampamento e, date le complicazioni dell’assedio, aveva pensato che fosse rientrato a Mardan con un incarico particolare. Aggrottò la fronte e domandò allo stalliere.
«Sono mesi che non lo alloggiamo, reikan.»
Valka sistemò l’imbrigliatura con un’idea balzana che gli martellava in testa.
Se fosse Eskandar l’uomo disperso insieme con la regina dell’Irravin?
Se avesse avuto ragione e ottenuto il riscontro a Minkar, Shaeta avrebbe ottenuto la risposta su sua madre senza bisogno di sottostare ai ricatti di Dasmi.
Si trattava di decidere se infischiarsene, lasciarlo in pasto a lei e a quel cane di Kayran, contando sul fallimento delle nozze, o se preservarlo da una condizione aleatoria. La prima lo avrebbe avvantaggiato su più fronti, la seconda…
Montò in arcione con un sospiro, sapendo già cosa il cuore gli suggeriva.
«Hah, Aysah! Torniamo al campo!»
☼
Shaeta lottò con le cinghie della sella di Nusakan, vincendo la stanchezza e la vampa oscillante della lampada, che lo induceva al sonno.
Dasmi, che in quei giorni aveva rimpiazzato Valka negli allenamenti con la spada, era stata più detestabile del solito e non aveva perso occasione per strapazzarlo: le escoriazioni sulle braccia e sulle spalle ne erano la riprova.
Stirò le membra indolenzite e si disse che stava sacrificando le ore di riposo non per lei, bensì per il vradak cui era affezionato. E per il suo tutore.
Valka gli mancava non perché evitava di massacrarlo senza ragione, ma per il rapporto cordiale che avevano costruito: con lui riusciva ad affrontare quasi tutti gli argomenti e, persino quando non si trovavano d’accordo, la stima non veniva meno. Vederlo sereno sul fronte del rapporto con la dispotica compagna sarebbe stato il compenso più gradito, a prescindere dal suo ostinato negare i sentimenti. E poi desiderava che fosse fiero di lui.
Strano che pensi questo di un nemico.
L’imbracatura che aveva studiato sembrava adeguata alla difformità dell’uccello da guerra, l’avrebbe collaudata nell’immediato se fosse stato in grado di montare.
Senza Valka sono a un punto morto.
Osservò la luna piena occhieggiare tra le nuvole e si lasciò rasserenare dal chiarore argentato. Non poté fare a meno di pensare alla madre, domandandosi se anche lei la stesse guardando, e a Danyal che non l’avrebbe più ammirata. Inghiottì le lacrime e si sentì stranamente forte nell’affrontare il suo lutto.
«Che diavolo stai facendo!?»
Shaeta trasalì e sollevò il viso a fissare quello feroce di Dasmi.
«Sistemo una sella. Non è contro le regole.»
«Se preferisci esercitarti come garzone di stalla, ti accontento subito!» ringhiò lei afferrandolo per un braccio «Affogherai nello sterco dei tuoi amati cavalli!»
Il principe si scrollò dalla stretta con decisa opposizione.
«Al limite maniscalco o sellaio, il letame puoi spazzarlo tu!»
La guerriera sgranò gli occhi, pensando di aver capito male.
«Ardisci mancarmi di rispetto!? Chi ti ha autorizzato a ribattere, quel buono a nulla di Valka!?»
«Il rispetto si guadagna e a te non ne devo un granello!»
Lo sguardo omicida della ragazza gli gelò il sangue, ma lo resse con il massimo del coraggio disponibile, sommandolo a un effluvio d’orgoglio.
I Khai apprezzano chi non si lascia intimidire. Dei, fate che per lei sia lo stesso.
Scansò il manrovescio per un soffio, ma gli artigli affilati gli scalfirono la pelle in tre solchi paralleli. Impallidì: lo aveva fatto apposta per inoculargli la tossina, i demoni erano abilissimi a calibrare l’invasività dei loro colpi e il sorriso di scherno non aveva bisogno di interpretazioni.
Fu colto da una debolezza simile a un giramento di testa che, però lo lasciò vigile.
Dasmi lo afferrò per i capelli e gli assestò con tanto di interessi il ceffone mancato in precedenza. Avvertì in bocca il sapore del sangue e un forte ronzio nelle orecchie.
«E ora dimmi» sibilò lei accosciandosi per guardarlo «Credi che lo stallone che monti ti renda uomo? O commetti l’errore di sentirti ancora un principe?»
«L-lo sono.»
Per un millesimo gli parve che l’espressione sprezzante di Dasmi si attenuasse. Il veleno in circolo gli accelerava i battiti e il respiro come un eccesso di vino, la realtà vibrava provocandogli la nausea, ma allentava le inibizioni.
«Principe dei derelitti» lo schernì lei «E quella? È sproporzionata per un cavallo, intendi usarla come trono?»
«Non è per me.»
«Davvero? La tua incapacità l’ha deformata, ti farò rapporto per aver rovinato le dotazioni dell’armata e mi godrò lo schiocco della sferza sulla tua delicata epidermide minkari. Chi è l’imbecille strabico che adotterebbe una sella asimmetrica?»
«Tu.»
Lei fu lì-lì per ammazzarlo. Si trattenne più per la curiosità che per gli ordini del Kharnot: sapeva che i graffi lo stavano stimolando alla verità.
«Lurido verme, pensi di boicottare il mio esame?»
«No, di salvare Nusakan.»
«Spiegati, prima che ti strappi la pelle a cinghiate!»
Shaeta riferì del difetto fisico del vradak e del dispiacere che sarebbe scaturito se per quello l’avessero abbattuto. Le puntò contro l’indice.
«Gli avresti attribuito la colpa come sempre. Non è giusto, è un animale meraviglioso. Se non mi avessi scoperto, non ti saresti accorta di nulla, avresti ottenuto i gradi e lui non avrebbe subito le conseguenze della tua indifferenza.»
Dasmi aprì la bocca per lo stupore e lo lasciò libero.
«Credi che sia stupida!?» articolò risentita.
«Superficiale. Altrimenti avresti notato che ha un’ala più bassa.»
«Tutto questo interesse per un vradak non tuo mi commuove. Ti ha chiesto Valka di badare a lui?»
«L’abbiamo fatto insieme.»
Quel… quel maledetto idiota!
«Ritiene di riguadagnare l’accesso al mio letto con questa patetica iniziativa?»
«Niente affatto. Ha rinunciato a intromettersi nella tua vita anche se ti vuole bene.»
«Un Khai non ama!»
«Io non l’ho detto.»
«Tsk, vuoi indurmi a credere che si sia rassegnato? Lo conosco, ha pianificato di assistermi a distanza, come se ne avessi la necessità. È un insulto!»
Shaeta la mise a fuoco, gli occhi scuri splendenti alla luna come gemme.
«No. Prima mi sono trattenuto, sono io che l’ho convinto… in realtà voglio aiutare anche te, non solo il tuo vradak e non… non so perché. Il reikan mi ha solo dato il via libera.»
La ragazza abbassò le braccia e la posa aggressiva sfumò in incredulità.
«Perché sei così scialbo da provare simpatia per il tuo tutore, cioè per un nemico!» sbottò poi «Favorendo me, avresti accontentato lui, che è tanto vile da rimuginare su un legame che non è mai esistito!»
«Forse» ammise il principe «Ma con il tuo contegno l’hai ferito e se non lo capisci non ne sei degna. Non ti meriti un uomo come lui.»
La stoccata andò a segno. Dasmi ringhiò un improperio e lo scrollò.
«Detesto i sentimentalismi di cui si nutre un moccioso tuo pari! Un guerriero che si lascia influenzare da uno shitai è feccia!»
«Non sono un moccioso, sono diverso da te! Mi hanno insegnato che se non provi il dolore non puoi vantare il coraggio! Valka vive la sua pena come un vero demone, perciò lo ammiro! Ora, se hai ultimato l’interrogatorio, vorrei concludere il lavoro!»
La ragazza gli strappò la sella dalle braccia e lo scaraventò all’indietro. L’intento di gettarla nel fuoco si attenuò nello scorgere l’espressione furente del giovane.
«Avete pianificato di indurmi a sperimentare l’efficienza di questo obbrobrio senza avvisarmi?»
«No, il reikan avrebbe montato per primo, ma è stato richiamato.»
Lei sogghignò a palpebre socchiuse.
«In fondo ve ne sono grata. Mia madre smetterà di considerarmi la vergogna del clan e mi assegnerà un vradak degno di questo nome. Ora non ti resta che venire a letto con me per mandare all’aria il mio fidanzamento.»
«Sei un’egoista! Nusakan sarà spacciato! Non te lo permetterò!»
Non accennò alla seconda parte del ricatto, si alzò di scatto cercando la spada senza ricordare di averla riposta. Annaspò e barcollò come un ubriaco, ma non ricusò.
«Vorresti sfidarmi in quello stato, Minkari? Sei ridicolo!»
Lo prese per il collo e lo atterrò in una mossa. Con o senza veleno era la più forte, non si sarebbe fatta surclassare, meno che mai da quel misero ragazzino.
Lui le rivolse uno sguardo adirato, le guance colorite come durante una febbre, le labbra schiuse a cercare aria, il corpo snello teso come una corda.
«C’è una seconda scelta» continuò gelida «La migliore per placare i bollenti spiriti.»
«Quale?»
«Sarai tu a montare.»
«Non sono in grado di…»
«Adesso.»
Lo trascinò di peso alle postazioni dei vradak e lo costrinse a sellare Nusakan.
«Chla! In arcione! Forza!»
Shaeta sussurrò piano all’orecchio del predatore, che strideva irritato per essere stato strapazzato in piena notte e per la concitazione che percepiva nei convenuti.
«Tranquillo, fratellino. Scusami se ti ho svegliato.»
Gli passò sottobanco un pezzo di carne secca e gli accarezzò il collo. Dasmi strattonò in malo modo le redini, vanificando i suoi sforzi.
«Hai finito di pregare gli Immortali!? Sbrigati prima che perda la pazienza!»
L’animale attaccò con un fulmineo colpo di becco, ma la transenna lo tenne a bada e la proprietaria lo percosse con la verga per allontanarlo.
«Smettila di picchiarlo!»
«Ne vuoi anche tu?!»
«Usa le tue maniere brutali con il tuo promesso!»
«Dannazione!»
Lo staffile si abbatté sulle spalle del principe, l’odore del sangue inasprì il vradak. Shaeta impiegò tutte le forze per trattenerlo, ignorando il bruciore che gli attraversava il dorso in obliquo.
«Anase, iwadar…» ansimò levando una mano a calmarlo «Moke… moke. Da bravo.»
Dasmi osservò adirata l’interazione tra i due, ma rimase colpita dalla pacatezza del giovane, che mormorava gli ordini come fossero complimenti e non temeva l’animale imbizzarrito. Sentì le gambe tremare e fece un passo indietro, fingendo di sottrarsi dalla portata del rostro letale.
Ci volle qualche minuto affinché Nusakan si acquietasse. Ritto sulla groppa pennuta, il principe si sentì più incerto che mai. Aveva assistito a centinaia di voli e prestato attenzione ai gesti di Valka, ma compierli in prima persona era un’altra storia.
«Se non lo fai decollare, gli pianto la spada nel cuore» minacciò lei spietata.
Shaeta avrebbe voluto disarmarla e restituirle tutte le angherie sopportate, ma il calore dell’animale su cui era seduto lo spinse a vagliare che sosteneva il peso della responsabilità di un’altra creatura. Che il destino lo aveva voluto erede dell’Irravin e che il vradak era solo una delle vite che gli erano affidate.
Si piegò sul suo collo e abbassò i talloni.
«Aiutami tu, fratellino… ikyhak!»
Il vuoto allo stomaco lo colse nell’istante in cui il predatore si sollevò da terra. Strinse le ginocchia e si sorresse al bordo rinforzato della sella, una pratica che nessun cavaliere alato avrebbe adottato.
La nausea increbbe e il giramento di testa non lo favorì: lottò per non vomitare e in qualche modo portò Nusakan in assetto, consentendogli di adattarsi all’insicurezza di un cavaliere che non era tale e di vincere la ritrosia ai finimenti.
Compì un ampio cerchio di prova, sperando che Dasmi gli ordinasse di atterrare, ma ricevette l’indicazione contraria e fu costretto a salire di quota per dare seguito alle manovre più pericolose.
L’animale mostrò segni di nervosismo e mosse le zampe, poi parve cambiare idea e non impennò come al solito.
«Non fa più male, è solo strano, vero?» disse per calmare entrambi «Lo è anche per me, cerchiamo di coordinarci.»
Spostò le redini e il vradak lo seguì, pur mostrando una lieve resistenza. Quando raggiunse l’inclinazione incriminata rifiutò di piegare e stridette adirato.
«Provaci! Coraggio, ho più paura io di te. Se non lo fai, siamo morti.»
Shaeta forzò per gradi la resistenza del compagno. L’accampamento sotto di lui era una macchia indistinta, sfocata dalla luce lunare e dalla tossina.
Nusakan si decise a curvare: l’ala destra si irrigidì per un istante, come in attesa del dolore familiare, ma poi riguadagnò il movimento naturale. Dal becco uscì un grido di stupefatta vittoria.
«Bravo, iwadar! Così, proviamo la verticale. Aghaer. Piano!»
L’uccello da guerra ridusse l’apertura alare e s’innalzò verso il cielo con un entusiasmo che non aveva mai mostrato. La sella emise un cigolio allarmante e il ragazzo fu costretto a correggere l’ordine.
Non è perfetta, devo renderla resistente e confortevole anche per chi sta in arcione.
Gli occhi verdi di Dasmi non abbandonarono le caute evoluzioni per un secondo. La rabbia crebbe di minuto in minuto, vedere il suo vradak che obbediva a un Minkari privo d’esperienza era uno smacco intollerabile.
«Non hai concluso!» gli gridò «Mandalo giù in picchiata, è l’unica mossa sensata in guerra!»
«L’imbragatura non è salda, se prende un altro strattone può rompersi!»
«Scuse di un incapace! Obbedisci!»
Impartì il comando a prescindere dalla posizione del principe, che s’inclinò in avanti rischiando di essere disarcionato. Cercò di moderare la spinta, ma la pressione cui era sottoposto e i sensi offuscati gli impedirono la manovra corretta.
«Nusakan!»
Prima che l’animale realizzasse la situazione e compensasse a istinto, l’imbrigliatura provvisoria si strappò: la sella scivolò a sinistra e si staccò, precipitando al suolo. Shaeta diede un’esclamazione e provò a reggersi, ma l’imperizia e l’obnubilamento giocarono a suo sfavore. Slittò dalla schiena del predatore e cadde nel vuoto.