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Autore: beate    03/03/2024    2 recensioni
Si chiese come Dio o la legge considerassero due persone che non sapevano nulla l'una dell'altra e che entravano in quella farsa di matrimonio." La storia di due persone che affrontano la vita insieme dopo la crisi globale (del 2008) con parecchio scotch e qualche inganno.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Charlie Swan, Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Questa storia è stata scritta in inglese da 2carm2carm2 e tradotta in italiano da beate. Questo è il link all’originale:

https://www.fanfiction.net/s/13053224/15/The-Whisky-Distiller-s-Wife





15 – Weekends



«Mr. Montgomery, Mrs. Montgomery è qui per vederla, la faccio entrare?»

L'assistente di Jake, che aveva solo pochi anni più di lei, le scoccò un sorriso educato mentre chiudeva il telefono. «Può andare, Mrs. Montgomery.»

«Isabella va bene», le disse. «Oppure Miss Swan.»

L'assistente sorrise di nuovo educatamente. «Mr. Montgomery insiste di chiamarla Mrs. Montgomery.»

Isabella alzò un sopracciglio, ma mormorò un grazie prima di dirigersi nel pretenzioso ufficio di Jake. Era al 34° piano, ed era regolarmente un viaggio di dieci minuti di ascensore, con gli stop. Era al telefono, i talloni incrociati sulla scrivania e la giacca del completo che pendeva dalla poltrona dietro di lui, bretelle e cravatta allentata in bella vista, molto simile al ragazzo copertina di Wall Street che in effetti era.

Sorrise quando la vide e alzò un dito per dire che avrebbe finito in un attimo. Isabella sedette sulla poltrona di fronte a lui, sentendo la stanchezza che le saliva mentre si sedeva. Era giovedì e lei aveva già lavorato 60 ore quella settimana. La maggior parte dei giorni, il tempo volava quando stava in ufficio. Ma non appena usciva dall'ufficio, perdeva tutta la sua energia.

«Hey, piccola», disse lui dopo aver chiuso la telefonata. «Come va?»

«Bene», rispose lei. «E tu?»

«Fantasticamente», disse sorridendo. «Così affamato che potrei anche darti un morso, però. Mi piacciono i tuoi capelli così.»

Isabella alzò gli occhi al cielo ma sorrise.

«Hey, prima che mi dimentico, era mio fratello al telefono.»

«Come sta Tom?» chiese Isabella. Thomas era il più giovane dei due, stava finendo l'ultimo anno a Harvard.

Jake sorrise, i denti bianchi e scintillanti e le sue fossette lampeggiarono. «Sta bene. Ha prenotato per Vegas questo weekend prima di andare troppo in là con il trimestre.»

«Vegas?» chiese lei accigliandosi. «Tipo partire domani?»

Jake rise. «Sì, un po' improvvisato, ma sai com'è lui. E non lo vedo da mesi.»

«Pensavo saremmo andati a Broadway questo weekend. Abbiamo i biglietti da mesi.»

Jake sbatté gli occhi.

«Oh, merda, è vero. Perché non chiami Sandy? Fate una cosa tra ragazze?»

«Come ho fatto a quel galà il mese scorso? O nel weekend agli Hamptons in giugno?» chiese lei con le sopracciglia alzate. «Quando a Bollig serviva qualcuno con cui uscire?»

«Hey – lo sai che sta passando un brutto periodo da quando sua moglie lo ha mollato», disse difendendo uno dei suoi migliori amici.

«Già, perché le metteva le corna in continuazione», replicò secca Isabella.

«Guarda, piccola,” disse lui imperterrito. «Rimedierò, con te, okay? Potremo fare tutto quello che vuoi il prossimo weekend.»

«Io sono a Los Angeles per lavoro il prossimo weekend», gli ricordò. Per la terza volta.

Jake le scoccò il suo sorriso con le fossette. «Quello dopo, allora.»

«Se lo dici tu», borbottò Isabella, irritata, ma chiaramente intenzionata a lasciar perdere.

«Ti ho mai mentito, piccola?»



*



Come si scoprì, se gestisci un piccolo business che dipende dai turisti, non sempre ci si può prendere un weekend libero. Isabella e Edward lavorarono alla distilleria il sabato, col posto tutto per loro fino al tour di assaggi del pomeriggio. Dato che era bassa stagione, avevano un solo tour prenotato.

Per Isabella non era una cosa strana lavorare nei weekend e non ne pensava niente di particolare, ma Edward sembrava scusarsi.

«Puoi stare qui, se vuoi, solo perché devo stare là io non vuol dire che devi starci anche tu», aveva detto allacciandosi gli stivali sul portone di ingresso.

«Mi divertirò là», disse lei.

Edward si accigliò.

«Se vai tu, vado anch'io», aggiunse lei.

Edward le diede un'occhiata poi si spostò di lato per farla passare. La seguì fuori chiudendosi la giacca contro il freddo sempre crescente. Rimase accigliato per tutto il tragitto fino alla distilleria. Non sapeva quasi niente di lei, ma avrebbe scommesso che era abituata a lavori lunedì-venerdì con orari prevedibili.

Lui era cresciuto in una famiglia dove i weekend erano sacri. I suoi genitori non avevano mai lavorato il sabato e la domenica e loro cinque passavano un sacco di tempo insieme in quei giorni. Quando sua madre era morta e si erano trasferiti a Skye, suo padre aveva preso un turno a rotazione e lavorava un sabato al mese.

Isabella lo guardò interrogativa quando scesero dall'auto.

Edward sospirò.

«Mi sento male a farti lavorare nel weekend», ammise.

«Non mi dispiace», replicò lei onestamente. «Tu perché lavori se ti dà fastidio?»

Era raro che si impegnasse in una conversazione con lui e come minimo, pensò che le doveva onestà.

«Non lo facevo, di solito», disse tirando fuori la chiave e dirigendosi all'entrata dello staff.

Isabella oltrepassò l'ingresso e aspettò che continuasse.

«Ma da quando l'economia è crollata, c'è molta meno gente che viene per i tour e a comprare whisky. Non posso permettermi di pagare a Jasper o Carlisle o Robert… o a Ian o James, le ore che lavoravano prima… è meglio se lavorano sulle barche con i pescatori, al porto, quando possono.»

Isabella annuì accigliata.

«Se il business è il tuo, tu vieni pagato per ultimo, capisci?»

Isabella fece un mezzo sorriso malinconico e annuì di nuovo.

Attraversarono il corridoio e arrivarono all'ufficio. Edward aprì la porta per lei. «Alzo il riscaldamento», disse notando il freddo nella stanza.

Si ritrasse internamente considerando quanto sarebbe costato scaldare l'edificio ora che stava diventando più freddo.

Isabella lo ricompensò con un sorriso di gratitudine mentre si dirigeva alla scrivania dove aveva lasciato tutte le sue cose.

«E dovremo trovarti degli indumenti più caldi ora che arriva l'inverno.»

Isabella aprì bocca per protestare, ma vedendo le sopracciglia alzate di Edward, la richiuse.

«Avrai bisogno di qualcosa di più di quel tuo maglione grigio.» La vecchia felpa con la scritta sbiadita University of Pennsylvania” era l'elemento basilare del suo guardaroba, da quello che lui aveva visto.

«È una felpa che va ancora benissimo», disse lei sulla difensiva.

«A meno che tu non voglia indossarla tutto l'inverno, potrebbe essere una buona idea prenderti qualcosa con cui… cambiarti a rotazione, almeno.»

«Forse hai ragione», concesse lei, riconoscendo che col bucato sarebbe stata una sfida.

«Fammi un fischio se ti serve qualcosa», disse lui ridacchiando.

«Grazie», disse lei sedendosi con la giacca ancora su. Lo guardò con un breve sorriso prima di dedicarsi al blocco dove c'erano tutti i suoi appunti.

Edward lasciò la stanza e andò con la sua routine quotidiana, preparando la distilleria per i tour. Accese tutte le luci, alzò il riscaldamento e selezionò i soliti whisky che usavano per i tour di assaggio, lasciandoli nella stanza dove si concludeva il giro. Mentre faceva tutte quelle cose, la sua mente era fissa su sua moglie, come sembrava essere ormai in ogni momento libero che aveva avuto nell'ultima settimana.

Erano sposati da una settimana ormai, e non sapeva ancora come coesistere con lei.

Il loro matrimonio e la loro notte di nozze non erano che bei ricordi. Ballare e bere con lei, ondeggiare con lei mentre famiglia e amici li circondavano a Loch Lomond era esattamente come lui aveva immaginato le sue nozze.

Era stato tutto così reale.

La felicità di lei era sembrata sincera, quella sera, incluso quando avevano lasciato Isles ed erano andati a casa, condividendo qualche bevuta.

Anche quando avevano fatto l'amore, era sembrata sincera nella sua passione.

Quando si era svegliata il giorno dopo, e aveva parlato solo se interpellata ed era rimasta silenziosa e appartata, lui ne era rimasto deluso.

Non aveva mai approfittato di una donna in tutta la sua vita.

Ma quella mattina, quando sua moglie aveva parlato a malapena dopo essere stata a letto con lui da ubriaca, si era sentito maledettamente sicuro di averlo fatto.

Mentre i giorni passavano e lei rimaneva quieta e cupa con lui, il suo senso di paura crebbe. Per la prima volta nella sua vita non aveva idea di come andare avanti. Non sapeva se lei voleva spazio per lavorare a Sleat e nient'altro o se aveva bisogno della sua amicizia e del suo sostegno.

A dire la verità, se voleva spazio, lui non era così sicuro di poterglielo dare.

Quella parte di lei, quella parte luminosa e scintillante di lei che aveva visto al loro matrimonio era lì. Non sapeva perché la tenesse così rinchiusa dentro di sé.

Ma lui era testardamente sicuro che fosse ancora lì.

Così, aveva fatto l'unica cosa a cui era riuscito a pensare… quello che aveva visto fare a suo padre con sua madre durante il loro matrimonio e nel periodo in cui lei era malata. Era il minimo e il massimo che potesse fare.

Assicurarsi di prendersi cura di lei e che avesse tutto ciò di cui aveva bisogno.



*



La domenica fu più indaffarata del sabato.

Sia Jasper che Carlisle li raggiunsero a Sleat. Carlisle e Edward avevano del lavoro da fare nella distilleria, dato che l'ultimo lotto che stavano distillando era a un punto critico che non poteva aspettare fino a lunedì.

Isabella raggiunse Jasper nella lobby e lo guardò mentre salutava gli ospiti che entravano. Era sempre carismatico come era stato quando lei aveva fatto il tour, stabilendo facilmente un rapporto con i nove visitatori che lo seguivano. Cinque venivano dall'America, due dal Giappone e due dal Canada. Da come sembrava, erano tutti molto presi da quello che stava dicendo Jasper mentre si presentava e parlava un po' della Sleat.

Lei rimase alla reception nel caso arrivasse qualcuno, ma tranne rispondere a una telefonata per dare gli orari dei tour a un futuro visitatore, tutto tacque.

Fu una sorpresa quando sentì la voce di Carlisle dal corridoio dietro di lei.

«Esme, amore, ho appena ricevuto il tuo messaggio. Che c'è che non va?»

Isabella gelò.

«Ma lei sta bene?» chiese, poi fece una pausa aspettando la risposta. «E Chase? Ha avuto degli episodi ultimamente?»

Isabella si accigliò, chiedendosi se avesse mai incontrato un Chase. Pensava di no, ma data la quantità di gente che si stipava all'Isles Inn, era possibile che qualcuno si chiamasse Chase.

«Ti ha detto questo? La sfrattano? Ha parlato col padrone di casa?»

Carlisle rimase per un po' in silenzio.

«Se è stata licenziata, il mantenimento dei figli non sarà sufficiente per pagare le spese mediche di Chase.»

Chase era un bambino, quindi.

«Esme, lo so, lo so», cercò in fretta di calmarla dopo la sua ultima affermazione. «Andrà tutto bene. Elizabeth… amore… ssh, va tutto bene. Ssh, lo so. Lo so che è la tua sorellina.»

Isabella aspettò. Non aveva mai sentito Carlisle così scosso.

«Non è che non stai facendo nulla», le assicurò con gentilezza. «Le stiamo mandando già tutto quello che possiamo… anche col contributo di Jasper», sospirò. «Lo so, lo so… anch'io penso che non basti. Io… lo so… ci penseremo», le promise. «Ci inventeremo qualcosa.»

Ci fu un'altra pausa e lei sentì i passi mentre lui faceva avanti e indietro.

«Maledetto servizio sanitario americano… così maledettamente costoso», ringhiò. «Deve esserci un programma… un'assistenza, qualcosa, qualcosa dal loro governo magari, qualcosa che possa aiutare i bambini con problemi medici. Ci guarderemo stasera, tesoro. Deve esserci qualcosa.»

A Isabella fece male il cuore sapendo che la zia e il nipote di Edward avessero una tale angoscia per la sorella. Non aveva capito tutta la storia, naturalmente, ma sentì quella fitta troppo familiare vedendo gli effetti della crisi finanziaria che colpiva persone con cui interagiva quotidianamente, persone che non avevano mostrato altro che gentilezza nei suoi confronti.

Gentilezza che non era sicura di meritare.

«Non è giusto, lo so», disse prima di ringhiare, «Non c'è lavoro per nessuno da nessuna parte di questi tempi, dopo quello che è successo. Quei bastardi avidi di quelle banche hanno rovinato delle vite. Che il diavolo se li porti...»

Isabella non sentì il resto.

Si accucciò di fronte al cestino dell'immondizia dietro la scrivania e vomitò.









  
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