Capitolo 1
–
Iniziazione
Volevo che
tu imparassi una cosa da lei: volevo che tu vedessi che cosa
è il vero
coraggio, tu che credi che sia rappresentato da un uomo col fucile in
mano.
Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di
cominciare,
e cominciare egualmente e arrivare fino in fondo, qualsiasi cosa
succeda. È
raro vincere, in questi casi, ma qualche volta succede.
(Harper Lee, Il buio oltre la siepe)
C’era
decisamente troppa
agitazione nell’aria, quel giorno.
James
si stava sforzando con
tutto se stesso, ma proprio non ci riusciva a stare calmo, o quantomeno
a dare
l’apparenza di esserlo. Non si era mai preoccupato di porre
un filtro tra il
suo stato d’animo e il suo atteggiamento; pertanto, ogni suo
gesto, in preda ad
emozioni forti, risultava plateale. Camminare su e giù per
la stanza senza uno
scopo, tamburellare rumorosamente con le dita sullo stipite della
porta,
incrociare le braccia e subito dopo cambiare idea e infilare le mani in
tasca,
tutto era espressione evidente della sua impazienza. Peraltro, come
spesso gli
accadeva in simili circostanze, non si rendeva assolutamente conto che,
facendo
così, accresceva a dismisura l’ulteriore
nervosismo di chi gli stava intorno.
In
effetti, era da diversi minuti
che gli altri avevano smesso di parlare o di dedicarsi a temporanee
attività come
sfogliare un qualsiasi libro dell’immensa collezione presente
nel salotto dei
Potter. Si erano ammutoliti tutti, come se l’unico passatempo
di rilievo
potesse essere guardarlo mentre scalpitava senza tregua da un angolo
all’altro.
Si fermò di colpo, fissando le facce dei presenti, tutte
rivolte verso di lui.
“Beh?
Che c’è?” bofonchiò.
“Sei
peggio di un animale in
gabbia”, commentò Remus, con un sorriso forzato,
che James ricambiò.
“Sì,
lo so, ma quest’attesa mi
sta uccidendo. Non si potrebbero muovere?”
“Oh,
avanti James, non siamo noi
che dettiamo gli ordini”, ribatté Lily.
“Potrebbe
essere successo
qualcosa di grave”, ipotizzò Peter,
improvvisamente allarmato.
“Nah,
secondo me l’unico problema
è che la McGranitt sta aspettando i risultati dei nostri
M.A.G.O. per
verificare se siamo veramente idonei”, disse Sirius,
allungando le gambe dalla
sua postazione privilegiata in poltrona. James scambiò
un’occhiata silenziosa
con lui, che sembrava il ritratto della tranquillità
più assoluta. Come diavolo
faceva? Lui non vedeva l’ora. Sarebbe stato ancora
più fico che ricevere il
diploma.
Beh,
in realtà non è che fosse
poi così fico. In un certo senso, stavano per
autocondannarsi a morte. Sempre
se Voldemort avesse vinto, mentre in caso contrario la morte sarebbe
stata la
sua. Ma faceva paura, l’idea di mettersi contro Voldemort.
Era qualcosa di
grande, di terrificante. Non era come fare pratica di incantesimi di
Difesa
Contro Le Arti Oscure sui Serpeverde a Hogwarts.
Già,
Hogwarts. E chi l’avrebbe
rivista più. Tempo qualche mese e altri studenti dalle facce
ignote avrebbero
preso a dormire nei letti a baldacchino che un tempo avevano ospitato
tutti
loro. La nostalgia si mischiò all’ansia, rendendo
James un concentrato di
turbamenti altamente reattivo.
In
quei giorni, in attesa di
ricevere le istruzioni da Silente, si era dovuto sforzare molto per
sopprimere
quanto più possibile quel suo lato malinconico. Aveva chiuso
in cantina tutti i
libri di scuola, incastrati in un unico baule con pochi colpi di
bacchetta, aveva
fatto sparire le raccolte di figurine delle Cioccorane e tolto i poster
del
Quidditch dalle pareti. Anche il suo vecchio distintivo di Caposcuola
era stato
chiuso da qualche parte, insieme alla vecchia divisa. Aveva risparmiato
solamente i testi di Difesa, ma più per scrupolo che per
vera necessità, dato
che, come anche i suoi M.A.G.O. avevano confermato, in quel campo la
sua
conoscenza era più che completa. Era perfino riuscito a
sbalordire l’Auror che
l’aveva esaminato, cosa che, ovviamente, aveva gonfiato il
suo orgoglio a
dismisura.
Ma
non aveva indugiato
eccessivamente neppure in quelle piccole autocelebrazioni. Sirius
stesso, che
ancora per poco continuava a vivere a casa sua, aveva constatato che
era stata
tutta farina del suo sacco; James ovviamente aveva obbligato anche lui
a fare
lo stesso, e in pochi giorni avevano fatto piazza pulita dei vecchi
ricordi di
Hogwarts. Non c’era più tempo da perdere in
spensieratezze, quei giorni erano
finiti. Ora si trattava di affrontare una guerra.
Era
lusingato del fatto che
Silente si fosse rivolto proprio a lui, fra tanti. Significava che lo
riteneva
all’altezza. Certo, però, così facendo
gli aveva affibbiato l’ennesima
responsabilità, e per giunta ben più pesante di
quella di fare il Caposcuola:
ora si trattava di fare il difensore della gente.
Chissà
come funzionava essere
ammessi. Ci sarebbe stata una cerimonia? E poi, avrebbero subito
combattuto in
prima linea o si sarebbero prima occupati di faccende minori? Chi altro
ne
faceva parte? Perché Silente aveva scelto loro, proprio
quelli che sarebbero
rimasti nella storia di Hogwarts per via delle loro continue opere di
distruzione fisica e psicologica nei confronti del corpo docente?
Era
così stressante diventare
adulti di colpo. Una vocetta dentro di lui si chiedeva chi
gliel’avesse fatto
fare. In fondo, non era stato obbligato a dire di sì; era
stata una sua
decisione spontanea, da individuo in pieno possesso delle sue facoltà
mentali. Sì, lui aveva
quell’enorme difetto, si buttava a fare qualcosa senza mai
rifletterci su
troppo a lungo – anzi, senza rifletterci per nulla. Era per
quel motivo che si
era cacciato nei guai innumerevoli volte. Ma sapeva che stavolta non
stava
sbagliando (ne era così convinto anche perché
tutti i suoi amici lo avevano
appoggiato e seguito, mentre nessuno, né Remus né
Lily, aveva mai accennato al
fatto che potesse essere una cattiva idea – il che equivaleva
più o meno ad
aver ricevuto un’autorizzazione ufficiale dal Ministero della
Magia).
E
poi, in fondo, l’aveva sempre
saputo. Anche se non aveva mai scelto una futura carriera definitiva
durante
gli anni a Hogwarts, era certo che non desiderava finire a svolgere un
impiego
noioso. Bramava una vita eccitante, attiva ed avventurosa. Ne aveva
parlato
tante volte con Sirius, e sapeva che la pensava allo stesso modo.
“Perché
non ti siedi,
James?” gli
propose Peter,
amichevolmente, indicandogli la sedia libera alla sua destra.
“Uhm,
sì, grazie, forse è
meglio”.
Si sforzò di non
pensare a nulla per qualche
secondo, così come era abituato a fare ogni volta che a
Hogwarts finiva in
punizione e qualcuno – in genere la McGranitt –
attaccava una lunga e noiosa
predica volta a cercare di riportarlo sulla retta via, ma non ci
riuscì; la
necessità di parlare si era fatta più forte di
lui.
“Allora,
convinto al cento per
cento?” domandò a Peter, battendogli una mano
sulla spalla.
“Beh,
sì, credo. Forse. Insomma…
a dire il vero ho un po’ di paura…”
“Tranquillo,
non sei mica
l’unico”.
“Io
non ho paura”, fece notare
Sirius, in tono sprezzante.
“Lo
immaginavamo. Infatti non eri
incluso nel discorso”, commentò Remus.
“Secondo
te altrimenti per quale
ragione sarei finito a Grifondoro, eh?”
“Poco
importa, non siamo più a
scuola”.
“Già,
perché invece tu hai
proprio l’aria della persona terrorizzata. Non ti scalfisce
mai niente…”
“Ma
come, ero convinto di manifestare
abbastanza bene il mio fastidio nel momento in cui ti metti a parlare a
sproposito!”
“Sono
sicuro che se Voldemort ci
sfidasse a colpi di dialettica vinceresti di sicuro senza bisogno del
nostro
aiuto, è un peccato che non sia così”,
borbottò Sirius, caustico.
“E
tu, Pads? In che cosa pensi
che riusciresti a vincere?” domandò James,
divertito dal battibecco in corso.
“Se
fosse una lotta a chi è il
più bello, ovviamente”, rispose Sirius, scuotendo
teatralmente i capelli
corvini, che durante gli ultimi mesi aveva lasciato crescere fino alle
spalle
in segno di ribellione assoluta. Remus gli gettò di sfuggita
un’occhiata
scettica.
“Oh,
sì, la tua sarebbe davvero
una missione umanitaria…”
“Ehi,
c’è Silente!” strillò
Peter. Tutti si volsero immediatamente verso il camino, che aveva
improvvisamente virato il colore delle sue fiamme verso un verde
smeraldino.
Tra le lingue di fuoco spuntava il volto del Preside di Hogwarts, per
nulla
mutato dall’ultimo giorno in cui l’avevano visto,
in occasione dell’ultimo
addio alla scuola di magia.
“Scusateci
per l’attesa, alcuni
dei nostri sono appena rientrati da una missione imprevista. Bene, vedo
che ci
siete tutti: potete usare la Metropolvere e recarvi alla Taverna del
Drago
Fumante”.
“Mi… mi scusi, signore, e l’indirizzo?”
domandò Peter, titubante.
“Basterà
questo, non
preoccupatevi”, sorrise Silente.
“Va… va bene”. Peter non
sembrava molto convinto. Del resto, i viaggi via camino non erano mai
stati i
suoi preferiti.
James
afferrò una manciata di
polvere volante, seguito dagli altri. Incrociò lo sguardo di
Sirius: l’amico
aveva un entusiastico bagliore negli occhi, totalmente eccitato
all’idea di
combattere finalmente in prima fila. Ne avevano discusso, qualche
giorno
addietro. Sirius non sembrava per nulla turbato dalla
possibilità di rimetterci
la pelle e James era leggermente preoccupato per questo; era
abbastanza sicuro
che tutta quella smania di gettarsi nella mischia fosse dovuta
principalmente
al desiderio di scontrarsi apertamente con quei membri della sua
famiglia che,
come tutto il mondo magico ben sapeva, erano entrati a far parte delle
schiere
di Voldemort. Sua cugina Bellatrix era una pazza furiosa e per giunta
molto
vicina a Voldemort, da quanto si sapeva, perciò estremamente
pericolosa; mentre
il fratello, Regulus, era un ragazzino sciocco che non aveva
assolutamente idea
di quello in cui si stava cacciando. Se per caso un giorno si fossero
trovati
faccia a faccia, forse Sirius avrebbe finito per pentirsene. Era
l’unico, fra
loro, a dover affrontare la prospettiva di doversi scontrare con la sua
stessa
famiglia. James aveva provato a domandarsi che cosa avrebbe fatto se si fosse trovato nei suoi panni,
ma non era riuscito a giungere ad una conclusione; non era
semplicemente in
grado di immaginare che cosa significasse stare al posto di Sirius.
“Prima
le signore”, offrì
cavallerescamente l’amico, rivolto a Lily, e James ebbe un
moto interiore di
ribellione. Stava trascinando la persona che amava verso una guerra, a
scontrarsi con maghi oscuri indubbiamente molto più potenti
di cinque studenti
appena usciti da Hogwarts e se lei fosse morta per questo non se lo
sarebbe
mai perdonato, mai. Ma anche con lei aveva discusso e non
c’era stato verso di
far sì che ci ripensasse. Lily era incredibilmente testarda,
e aveva
tremendamente insistito per non essere lasciata in secondo piano
solamente in
quanto donna; di sicuro, per quanto riguardava le abilità
tecniche e le
conoscenze, non era seconda a nessuno, fra loro. Ma quando la
osservò entrare
nel camino, lanciare la polvere tra le fiamme e scomparire, non
poté fare a
meno di sentirsi stringere lo stomaco in una morsa di paura.
Peter
fu il secondo, Remus il
terzo. Sirius gli strizzò l’occhio con un
sorrisetto complice prima di sparire
in mezzo ad un lampo di luce verde. James si strinse nelle spalle,
sospirando
fra sé. In fondo sapeva che, in ogni caso, non avrebbe
potuto dare a Silente
una risposta diversa quando gli aveva offerto di entrare a far parte
dell’organizzazione di quel probabile suicidio di massa.
Quando
James fu catapultato fuori
dal camino con un violento ruzzolone, si ritrovò immerso in
una momentanea
nuvola di polvere che non gli permetteva di vedere al di là
del suo naso. Per
questo si prese uno spavento non indifferente quando qualcuno ben poco
distante
da lui cacciò un improvviso urlo di dolore.
Istintivamente
estrasse la
bacchetta e si mise in piedi, per poi ritrovarsi di fronte ad uno
spettacolo
che lo lasciò decisamente interdetto. Si trovava in una
stanza semivuota e
scarsamente illuminata dall’unica finestra in grado di fare
luce all’interno;
una piccola folla di persone si era raccolta intorno
all’unico letto e fissava
con apprensione l’uomo che Hagrid stava deponendo con
discutibile delicatezza
sul materasso. Lo riconobbe subito, aveva visto alcune sue foto sui
giornali
nei mesi scorsi; la piccola differenza, però, era che gli
mancava… una gamba.
L’uomo
si lamentò ancora, finché
non ebbe toccato il letto. Una Minerva McGranitt molto meno contenuta
di quanto
fosse durante le lezioni ad Hogwarts gli si avvicinò
immediatamente, osservando
l’arto mutilato.
“Dovevate
portarlo immediatamente
al San Mungo!” disse, rivolgendosi a due giovani sulla
trentina, che si
assomigliavano in maniera impressionante, scarmigliati e imbrattati di
sangue.
“Non
ha voluto muoversi finché
non li ha messi in fuga o fatti fuori tutti, professoressa, non
c’è stato
verso”, si difese uno dei due, quello leggermente
più alto e robusto.
“In
queste condizioni è… è…”
“…impossibile salvare l’arto,
sì, Minerva. Lo so. Non mi interessa”.
“Come
sarebbe a dire che non ti
interessa?”
“Pensate
ad accogliere gli
ospiti, piuttosto”. L’uomo mutilato li
fissò con un ghigno a metà fra una
smorfia di dolore e una specie di sorriso. James ricambiò
l’occhiata solo per
una frazione di secondo; si rese conto solo in quel momento che
all’uomo,
probabilmente, mancava anche un occhio, la cui orbita vuota era coperta
da una
benda nera. Un brivido freddo gli percorse la schiena; volse lo sguardo
attorno
verso Peter, Remus, Sirius e Lily e notò che anche loro
erano piuttosto
impietriti.
“Largo,
fate largo”, disse
all’improvviso una voce alle sue spalle. James fece un balzo
indietro, appena
in tempo per far passare una giovanissima strega con una chioma di
capelli
scuri incredibilmente lunga raccolta in un’unica treccia, che
trasportava un
grosso borsone, un catino d’acqua e degli asciugamani. Una
Guaritrice. Era la
prima volta che ne vedeva una; sapeva che Lily aveva preso seriamente
in
considerazione quel tipo di carriera.
Mentre
la Guaritrice si
affaccendava intorno all’uomo mutilato, Albus Silente si
volse finalmente verso
di loro.
“Mi
dispiace per questo ingresso
un po’ brusco che vi è toccato”, disse,
distaccandosi dal gruppetto di gente
che prestava attenzioni e cure al ferito. A parte Hagrid e la
McGranitt, James
si rese conto di non riconoscere altre facce. I due giovani,
probabilmente
fratelli, avevano a occhio e croce almeno una decina d’anni
più di loro, quindi
di sicuro non li aveva mai incrociati a Hogwarts; lo stesso valeva per
quel
tipo basso con lunghi ricci castani che stava aiutando a bendare la
gamba
dell’uomo ferito. Altri erano decisamente troppo anziani per
aver potuto
frequentare la scuola di magia insieme a loro: una donna sulla
quarantina
dall’aria nobile, con uno scialle verde smeraldo,
un’altra di forse una decina d’anni più vecchia,
un po’ curva, con il viso magro e incavato e i capelli tirati
indietro in
maniera simile alla McGranitt; due uomini piuttosto anziani, uno con un
cappello assurdo che quasi gli copriva l’intera faccia,
l’altro con dei comici
baffetti a punta; un tipo alto con la mascella squadrata, un altro con
una
lunga barba nera e la carnagione olivastra e un terzo
dall’aria importante,
molto curata. C’era infine una coppia che si avvicinava
maggiormente a loro in
quanto ad età: lui biondo e silenzioso, lei con un viso
simpatico,
rotondeggiante.
“Sembra
fatto apposta per
spaventarvi, eh? Ehi, benvenuti nell’Ordine della Fenice,
potreste rischiare di
tornare senza una gamba la prossima volta”, disse loro
Hagrid, cercando di
sdrammatizzare.
“Peggio:
potreste non tornare affatto
se non vi guardate bene le spalle. È solo per questo motivo
che io ci ho
rimesso così poco. Vigilanza costante! Ah, a proposito,
piacere, Alastor
Moody”.
James
vide che Peter gettava
un’occhiata preoccupata alla porta d’ingresso e
ridacchiò fra sé. Doveva essere
rimasto parecchio scioccato.
Fecero
un giro di presentazioni
in breve: Marlene McKinnon era la Guaritrice, Benjy Fenwick
l’uomo con i
capelli lunghi, Gideon e Fabian Prewett i due fratelli, Emmeline Vance
e Dorcas
Meadowes le due donne più anziane, Frank e Alice Paciock la
coppia giovane,
Caradoc Dearborn l’uomo con la barba nera, Edgar Bones quello
distinto – James
ricordò di averlo già sentito, era uno importante
nel Ministero probabilmente
–, Sturgis Podmore era quello con la mascella squadrata e
Elphias Doge e
Dedalus Lux i due vecchietti. Insomma, poco più giovani di
Silente.
“Signore,
scusi la domanda, ma
come mai ci troviamo proprio qui?”
“Questo
è il nostro quartier
generale temporaneo, era la locanda gestita da mio fratello Aberforth
prima che
si trasferisse alla Testa di Porco”.
James
sgranò leggermente gli
occhi, incredulo.
“Suo… fratello è il proprietario
della Testa di Porco?”
Silente
sorrise lievemente,
divertito.
“Tranquillo,
James, non è solito
fare la spia”.
Già, pensò, altrimenti un sacco di nostri scherzi ai
danni dei Serpeverde maturati là dentro non sarebbero mai
andati in porto.
“A
proposito di Aberforth,
dovrebbe arrivare a breve…”
In
quell’esatto momento, ci fu un
lampo di luce verde e un uomo uscì ruzzolando dal camino,
spolverandosi le
vesti con aria seccata.
“Visto?
Una puntualità
impeccabile”.
James
scrutò con attenzione
l’uomo che doveva essere il fratello di Silente. Di sicuro
gli assomigliava
molto, la barba lunga e gli occhi di quell’azzurro quasi di
ghiaccio erano gli
stessi; tuttavia, portamento, sguardo ed espressioni erano quanto di
più
diverso ci potesse essere.
“Ah,
siete voi i nuovi acquisti”,
bofonchiò, squadrandoli uno ad uno con una certa diffidenza.
“Non
sono un po’ troppo giovani,
questi qui?” obiettò, in tono polemico.
“Non
tanto quanto lei potrebbe
essere troppo vecchio, signore”, rispose James, ricevendo in
tutta risposta
un’occhiata di disapprovazione da parte di Lily. Accidenti a
lui e alla sua
incapacità di filtrare i pensieri prima di aprire bocca.
“Ragazzo,
il tuo ex preside,
qui, è molto più decrepito di me”,
ribatté il proprietario della Testa di Porco,
indicando Silente che, anziché sentirsi offeso, se la rideva
sotto i baffi.
“Non
badateci, Aberforth ci ha
raggiunti qui oggi soltanto per presenziare alla vostra piccola
cerimonia d’iniziazione”,
disse loro. Lui, in tutta risposta, si strinse nelle spalle.
“Ero
soltanto curioso di vedere
chi avevi trascinato questa volta nei tuoi folli progetti”,
replicò.
“A
dire la verità noi non vediamo
l’ora di gettarci in tutta questa follia”, disse
Sirius, sogghignando.
“Ma
guardateli, solo perché non
hanno neppure una cicatrice credono di poter salvare il mondo…” bofonchiò
Moody, alle loro spalle.
“Ci
dia un po’ di tempo per
riguadagnare un po’ di vantaggio e poi potremo fare a
gara”, scherzò Sirius. James vide
Remus alzare gli occhi al soffitto e scuotere la testa, rassegnato. Poi
incrociò
lo sguardo di Lily: non aveva detto una parola da quando erano
capitombolati
lì dentro. Tentò di capire se fosse spaventata, ma era
chiusa ed impenetrabile
nella sua aria pensierosa. Sembrava distratta da
qualcos’altro, qualcosa che
non aveva niente a che fare con le persone che stavano loro intorno.
James si avvicinò con circospezione e
le passò un braccio intorno alla vita, stringendola leggermente verso
di sé. Lei
si riscosse e lo guardò, sorridendogli. Chissà se
poteva stare tranquillo.
La
cerimonia d’iniziazione che
aveva messo tanto timore a Peter non richiese altro se non firmare una
pergamena lievemente consunta con un inchiostro invisibile abilmente
stregato –
solo i firmatari potevano leggerne il contenuto – usando una
piuma proveniente
direttamente dalla coda di Fanny, la fenice di Silente.
Dopodiché, il preside
li presentò al resto dell’Ordine come dei ragazzi
molto abili e molto
coraggiosi, che traevano una particolare forza dall’unione
profonda che c’era
fra tutti loro e che era importante che non si spezzasse mai.
In
effetti, James sapeva che
sarebbe stato mille volte più difficile affrontare una
scelta simile se
qualcuno fra tutti gli altri si fosse tirato indietro.
Perché
Sirius era quello che
incitava ad agire da protagonisti, a lottare in prima linea. Remus era
quello
che riusciva a frenare le avventatezze eccessive, che sapeva fare la
scelta più
prudente. Peter forse aveva più bisogno dell’aiuto
degli altri, ma il suo
sostegno e la sua fedeltà non mancavano mai. E Lily era
intelligente,
brillante, capace di tirare fuori sempre la soluzione giusta.
Le
cose erano cambiate in fretta
dai tempi in cui erano solamente degli studenti scapestrati. Beh, Lily
non era
mai stata scapestrata. Remus, invece, un paio di volte si era lasciato
andare a
mollare qualche pugno ben assestato ad alcuni disgraziati Serpeverde;
vederlo
in azione una volta tanto al posto suo o di Sirius era stato
decisamente
soddisfacente.
James
sorrise, scuotendo la
testa.
Dopo
il discorso, Aberforth aveva
stappato una bottiglia di Idromele e avevano fatto un brindisi al loro
ingresso
nell’Ordine. Avevano perfino scattato una fotografia; Alastor
Moody si era
rapidamente rimesso in piedi grazie ad un paio di stampelle.
“Date
retta a me, che ne ho viste
di cotte e di crude”, aveva detto loro, avvicinandosi con
andatura claudicante.
“Dovete
guardarvi sempre le spalle a vicenda. Sempre.
Quei dannati Mangiamorte agiscono in gruppo e se vi ritroverete da
soli per
voi sarà la fine”.
Lily
strinse la mano di James,
silenziosamente. Lui rivolse all’Auror un sorriso di
circostanza e la trascinò
fuori, su un piccolo terrazzo sgangherato.
“Beh?
Che te ne pare?” le chiese, una
volta respirata un po’ d’aria.
“Non
so se me li aspettassi così.
Il fratello di Silente è un tipo stranissimo. E il cappello
di Elphias Doge, l’hai
visto? L’ha rubato ad un mago Babbano e l’ha
modificato, e ora ci tira fuori
conigli, fiori, fazzoletti…”
“Wow,
è davvero geniale. Devo assolutamente
convincerlo a prestarmelo per un giorno”.
“Non
ne hai bisogno, Potter, sei
già straordinariamente buffo così”.
James
incrociò le braccia,
sfoggiando un’espressione imbronciata.
“Che
cosa vorresti dire, Evans?”
“Che
i tuoi capelli sono sempre
più terribili. Guarda la foto”, gli disse Lily,
mostrandogliela, “Sembri… uno
spaventapasseri”.
“Ah
ah ah! E che diavolo è uno spaventapassanti?
Una cosa per le
persone asociali?”
Lily
rise, poi gli prese il viso
tra le mani e lo baciò delicatamente.
“Sono
un po’ preoccupato. Sirius,
sai, suo fratello è un Mangiamorte ora… e Peter,
potrebbe non farcela, dovremo
stare attenti a non lasciarlo solo… e ho letto stamattina
sul giornale che i
Lupi Mannari si sono uniti a Voldemort, Remus la prenderà
malissimo…”
Lily
si strinse nelle spalle,
rannicchiandosi fra le sue braccia, alla ricerca di protezione dal
vento.
“Ormai
ci siamo dentro”.
“Già”.
James
accarezzò i capelli di
Lily, poi vuotò il suo bicchiere di Idromele in un colpo
solo. Fissò il
tramonto che si stava spegnendo all’orizzonte ed emise un
lungo e silenzioso
sospiro. Non aveva mai pensato, durante tutta la sua vita, che si
potesse
diventare adulti così bruscamente.
Beyond
the horizon of the place we lived when we were young
In a
world of magnets and miracles
Our
thoughts strayed constantly and without boundary,
The
ringing of the division bell had begun.
There was
a ragged band that followed in our footsteps,
Running
before time took our dreams away.
The grass
was greener,
The light
was brighter,
With
friends surrounded,
The
nights of wonder.
(Pink Floyd, High Hopes)