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Autore: Ely79    09/05/2011    3 recensioni
Regulus Black, visto attraverso gli occhi di Rabastan Lestrange. Perché questo giovane odia tanto il secondo genito dei Black? Perché tanto isentimento nei suoi confronti?
Storia prima classificata al "Il mio miglior nemico/La mia miglior nemica contest" indetto da Maeve_ e Mizar19.
Genere: Dark, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mangiamorte, Nuovo personaggio, Rabastan Lestrange, Regulus Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'Rabastan Lestrange'
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pauraeonore

Aprii gli occhi quando l’alba aveva appena cominciato a tingere il cielo di rosa. Elanor dormiva sul mio petto, come ogni notte. Diceva di volermi difendere almeno i brutti sogni. E lo faceva davvero: da quando ero diventato un Mangiamorte, le mie notti erano sempre trascorse quiete e serene, anche dopo orribili battaglie. Era lei a soffrire di incubi spaventosi. E quella notte io mi ero trasformato in qualcosa di peggio.
Scostai una ciocca che le ricadeva sul collo, mettendo in mostra uno dei lividi che punteggiavano la sua pelle. Conoscevo bene la sua fragilità, eppure questo non aveva impedito che mi comportassi da idiota. Strinsi le palpebre, sperando che quel gesto potesse cancellare gli aloni bluastri dalla mia mente e dal suo corpo.
Era tutta colpa di Black. Sua, del suo essere un inutile codardo e un viscido approfittatore. Un Purosangue indegno, come suo fratello. Dopo tutto, qualcosa doveva accomunarli. Avrei dovuto ucciderlo, là, sul viale d’ingresso. O meglio ancora, durante il duello, facendolo passare per una vendetta di quell’Auror. Per una volta quegli schifosi traditori avrebbero potuto risultare essere utili e io mi ero lasciato sfuggire l’occasione. Ero stato uno stupido. Chi avrebbe mai potuto accusarmi della sua morte, con quella gentaglia nei paraggi? Un incantesimo fortunato, un lampo di rimbalzo, e mi sarei liberato di quell’essere noioso ed irritante. Lo avremmo onorato per qualche tempo quale il più giovane dei nostri caduti, per poi sostituirlo con nomi e gesta maggiormente degne di nota.
A quell’idea, un lieve compiacimento mi distese le labbra.
Con delicatezza, feci scivolare la mia sposa fra le lenzuola tiepide. La visita inattesa aveva scombussolato le nostre abitudini ed aveva bisogno di riposare ancora.
Mi alzai e mi vestii in fretta, cercando di non fare rumore, ma mentre mi avviavo alla porta, udii la sua voce.
«Sii un degno anfitrione, mio buon signore» mi redarguì dolcemente.
Le rivolsi un lieve cenno del capo, lasciando trasparire quanto pesasse ciò che mi chiedeva.
Black non era nella stanza che gli avevamo concesso di occupare. Doveva essersene andato da un pezzo, perché gli elfi di casa avevano già provveduto a rifare il letto. Ospite in casa mia, servito e riverito come un sovrano d’altri tempi e altrettanto maleducato. Tuttavia, ero pronto ad esultare per quell’insperata liberazione, quando l’abbaiare dei nostri levrieri mi richiamò ad una delle finestre. Digrignai i denti, presagendo la sua vista.
«Merlino, fa’ che si sia buttato di sotto e sia finito infilzato sulla bacchetta di François d’Argentan» sperai, pregustando l’immagine del fagotto sanguinolento che pendeva straziato sul braccio di pietra del grande stregone del Trecento.
Mi doleva rendere partecipe un illustre antenato di una simile vicenda, tanta grandezza non poteva essere piegata ad inconsapevole arma di vendetta.
Presi un profondo respiro, ripetendomi di restare calmo, a prescindere dallo scenario che si sarebbe presentato oltre il davanzale.
Le mie speranze furono disattese: Black era sulla terrazza, avvolto nella sua consueta aria tronfia e saccente, quella di chi ha la verità in tasca. Ed era vivo.
Lo detestavo per questo, per la sua ossessiva ricerca della verità. La inseguiva caparbiamente e finiva sempre col trovarla, la stanava con l’ostinazione di un segugio. E una volta che ne entrava in possesso, conservava gelosamente la propria conquista, nascondendola a chi era stato incapace di giungervi.
A me non interessava la verità. Non quella a parole, per lo meno. Le parole erano troppo facili da manipolare, travisare, rigirare con abile retorica. Erano false e traditrici. Per me contavano i fatti, espressione tangibile della realtà. La verità di Black si sfaldava nel vento, la mia era salda e monolitica. Non avevo il tempo di chiedermi se le promesse ricevute da Lord Voldemort per bocca di Rodolphus corrispondessero ad una qualche forma di astratta verità. Non m’importava se anziché un incantesimo da guaritore dei tempi antichi avrebbe usato un distillato noto a lui solo. Ciò che mi stava a cuore era vedere la mia dolce Elanor risanata dalla sua debolezza, dalla sua fragilità. Era per questo che il mio braccio non falliva, che la mia magia non veniva meno: perché ad un’azione ne corrispondesse un’altra, in uno scambio concreto ed equivalente. Ma era un pia illusione, pretendere che quel marmocchio capisse che si potesse combattere per un motivo diverso dalla propria gloria personale.
«Hai finito di piangerti addosso, Black?» domandai quando fui alle sue spalle.
Annuì lentamente, continuando a grattare il capo di uno dei nostri levrieri.
Non parlammo per parecchio tempo. Potrei dire d’aver contato la varietà delle sfumature del cielo, man mano che il sole ne prendeva possesso.
Elanor ci raggiunse per la colazione.
«Graziosa sciarpa, Lady Lestrange» disse lui, baciandole la mano.
Avvampai di collera, riuscendo a stento a dominarmi.
Elanor fece un leggero inchino, sfiorando la fascia di seta che le cingeva il collo.
«Grazie, Regulus» rispose gentilmente. «Temo che questa notte uno degli elfi domestici abbia lasciato aperta una finestra e il mio collo disapprova questa mancanza».
Mia moglie era troppo garbata per accusare Black d’essere la causa primaria del dolore che l’affliggeva. Da autentica nobildonna, sapeva mantenere il più stretto riserbo sugli errori del consorte, anche di fronte a chi li aveva indotti.
«Sono certo che vostro marito saprà punire il colpevole come si conviene, il suo senso di giustizia è noto nel mondo magico. Dico bene?» fece ingenuamente lui, voltandosi verso di me.
«Benissimo» ringhiai.
Dovetti ribadire a me stesso che non si trattava di un invito a porre fine alla sua vana esistenza in quello stesso istante. Erano solo banali convenevoli, atti a lusingare nella maniera più bieca i padroni di casa.
«Sapete, Lestrange? Ho ripensato a quel che avete detto e devo ammettere che avete ragione» esordì ad un tratto, mentre versava del tè con misurata noncuranza. «Sono stato davvero uno sconsiderato».
Lo guardai appena, facendogli segno di proseguire.
«Suvvia Regulus, non essere tanto duro con te stesso» tentò di rassicurarlo Elanor.
Black sorseggiò il tè, meditando qualche istante per enfatizzare quanto gli frullava in testa.
«No, Milady. Ho desiderato entrare nei Mangiamorte per capriccio, per sentirmi degno del mio nome e delle aspettative dei miei genitori. Volevo fossero orgogliosi di me e delle mie scelte» ammise. «Non doveva essere questo il mio obbiettivo. Avevo scelto di adattarmi ai pensieri degli altri, di annullare il mio io per assecondare un’immagine che non mi apparteneva. Bisogna che siano le nostre azioni a forgiare l’idea che gli altri hanno di noi, non viceversa».
Che razza di discorsi, tipici di chi era privo di spina dorsale. Sperava forse di trascinarmi dalla sua parte, parlando a quel modo? Sbagliava di grosso. La mia opinione su di lui restava pessima e peggiorava ad ogni sillaba.
«Ma ora so perché sono entrato a far parte delle schiere di Lord Voldemort. Finalmente ho capito» annunciò, battendo la mano aperta sul tavolo.
Feci una smorfia, indignato dall’improvvisa alterigia. La sera prima frignava e si disperava, ora faceva il baldanzoso. Non credevo alla sua sceneggiata, eppure aveva una luce indecifrabile nello sguardo che non mi piacque affatto. Era diverso da quello dello sbruffone che per due anni aveva partecipato alle nostre riunioni alzando la voce, lontano dal pedante ruffiano che tentava di accaparrarsi il posto alla sinistra di Lord Voldemort. Sembrava deciso, fiero, forte. E nonostante tutto, impaurito. Credeva di non darlo a vedere, nascondendosi dietro ai modi affettati e leziosi che gli erano propri, ma con me cascava male. Io lo conoscevo, l’avevo visto tante volte agli incontri ed alle feste. Dissimulava abilmente il fatto che ancora se la stava facendo sotto. Parole vuote le sue, usate per convincersi di avere delle chance.
«Farò il mio dovere e andrò fino in fondo, in un modo o nell’altro. Costi quel che costi» concluse, levando la tazza in un brindisi.
Non risposi. Mi limitai a terminare la colazione, forzando lo stomaco ad accogliere quanto masticavo con rabbia.
Erano solo i vaneggiamenti di un ragazzino viziato. Indovinavo cosa si celasse dietro a quelle parole: il desiderio di potere, di avere un nome, un peso nella vicenda. Avrebbe fatto come Lucius, scegliendo di mandare avanti altri a sporcarsi le mani. Era troppo per bene per abbassarsi a togliere di mezzo qualcuno con la propria bacchetta. Lurido ipocrita, suo padre gli aveva insegnato a dovere. Il motto di Orion Black era “sfrutta la situazione e godine il profitto”, tutti lo conoscevano. Mio padre invece mi aveva insegnato l’autentico valore del proprio operato, a prescindere dal rischio di insozzarsi le mani di persona. Era lo scotto che si doveva accettare di pagare per ottenere ciò che si desiderava.
Regulus Black non era in grado di guardare in faccia una vita che si spezzava. Era incapace di rimanere impassibile di fronte al dolore, almeno quanto era incapace di ignorare un’occasione per mettersi in mostra. Ed ero pronto a giurare che, in quel suo ego alla costante ricerca di conferme, si annidassero immagini di gloriosi trionfi in nome l’Oscuro Signore, ottenuti con incantesimi altrui.
O almeno, così ho sempre creduto.



Questa storia ha partecipato al "Il mio miglior nemico/La mia miglior nemica contest" indetto da Maeve_ e Mizar19, classificandosi prima. Ringrazio tantissimo i giudici, di cui riporto il giudizio qui sotto.

Prima classificata
Autore: ely_79
Titolo: Paura e onore
Giudizio di Mizar19
- Grammatica, lessico e sintassi: 9.5/10
- Stile: 10/10
- Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
- Originalità: 15/15
- Punti bonus: 5/5
- Giudizio personale: 4.5/5

Totale: 54


Be’, come puoi evincere senza problemi dalla posizione in classifica, la tua storia è non solo ben architettata a livello strutturale e propriamente di svolgimento, ma anche corretta a livello grammaticale (ho segnato solo due virgole in croce, dunque nessun problema).Lo stile è adeguato, scorrevole, non sembra nemmeno una fanfiction ma pare proprio di star leggendo un vero e proprio libro! Dunque ti faccio i miei complimenti, hai maturato un ottimo stile. I personaggi sono caratterizzati così bene che mi pareva di vederli muovere e parlare qui davanti a me: l’idea di raccontare la vicenda dello sfortunato ultimogenito Black attraverso gli occhi di Rabastan Lestrange (e qua dovrei dare un’occhiata alla tua storia principale perché qualcosa non mi torna, come l’eterea figura della moglie su cui mi piacerebbe sapere qualcosa in più) è davvero originale, come potrai constatare anche dal punteggio assegnatoti! Uno dei passaggi che più ho apprezzato e mi ha colpito è stato l’omicidio di Calvin Edwards: il modo in cui Regulus rimane sconcertato di fronte alla crudeltà e all’efferatezza quando l’unica colpa è non avere il sangue puro (o aver osato contaminarlo). Significativa e molto espressionistica la scena del ritorno, quando Regulus avverte la maschera sudata contro il viso, non riesce a trattenerla, nemmeno nel mantello. Pare quasi una prefigurazione del personaggio stesso. Un generale non ho molto da dire, se non che è tutto perfetto e che ti sei pienamente meritata il primo posto!


Giudizio di Maeve_

Grammatica, lessico e sintassi: 9.5/10
Stile: 10/10
Originalità: 15/15
Caratterizzazione: 10/10
Punti bonus: 5
Gradimento personale: 5/5

Totale: 54.5/55

E’ davvero necessario che io commenti questi punteggi? Le uniche imperfezioni che posso farti notare riguardano la grammatica: non ho condiviso alcune scelte sulla punteggiatura e ho rilevato un errore di battitura in questa frase “[...]sarebbe bastano poco per far capire...” sicuramente volevi scrivere “bastato”. Sul resto non saprei davvero da dove partire: è un capolavoro dalla prima parola all’ultima. Hai uno stile ricco e personale, coinvolgente ed elaborato: è stato un colpo di genio l’idea di descrivere la prima missione di Regulus da Mangiamorte, ma ancor più lo è stato il narrarla tramite gli occhi di Rabastan Lestrange. Hai caratterizzato divinamente questo personaggio, a mio parere davvero complicato: hai tratteggiato con eleganza tutte le sfumature del suo carattere, riuscendo addirittura a far emergere sentimenti quali il senso di colpa verso Eleanor, un personaggio anche questo davvero singolare e ben approfondito. Il tuo Regulus mi ha davvero colpita: è fragile e al tempo stesso borioso e arrogante, ed è come se nel suo animo si possano già intravedere le crepe della famiglia Black. Non sei caduta in alcun cliché, riuscendo sempre a mantenere una certa coerenza lungo tutto l’asse narrativo. Non posso che farti i miei complimenti! Questa storia va dritta dritta tra le mie preferite!

Punteggio totale: 54.25/55

   
 
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