Dal Prologo:
"Si avvicinò a me, lasciandomi senza fiato, e posò esattamente le labbra sul mio orecchio, tanto che le sentivo muoversi.
" Tu sei così buono, e lo so.. non rovinarti la vita per uno come me, non farlo." aveva ragione, avrei dovuto dargli ascolto da quel momento, ma non lo feci. Trattenni il respiro, finché non si staccò e mi guardò con quegli occhi imploranti.. bellissimi.
Mi posò una mano sulla guancia, e sorrise prima di stampare un bacio su di essa e dire : "ciao dolcezza!" avrei voluto urlargli di smetterla con quei nomignoli stupidi, ma non lo feci, lo salutai con il capo e lo guardai andare via, chiudersi la porta alle spalle e lasciarmi li, con la mano sulla guancia, rosso come un peperone. Avrei dovuto lasciarlo andare per davvero, ma non lo feci.
Chiamatela stupidità umana, sbaglio del destino, come volete, ma io non dormì per settimane, ore, secondi, minuti, giorni, mesi.."

Era lì, in piedi, avvolto nell'accappatoio e con i capelli corvini che gocciolavano sul pavimento. La sue pelle era bianca e le guance arrossate a causa dell'acqua bollente della doccia dalla quale era appena uscito. Non aveva l'espressione che Frank si aspettava. Non sembrava furibondo e non si intravedeva quell'ombra minacciosa negli occhi verdi venati d'oro che lo faceva sentire piccolo e insignificante. Non aveva lo sguardo triste nè deluso. Il chitarrista aveva passato tutta la notte fuori, e Gerard odiava non sapere dove fosse, soprattutto dopo le ultime scappatelle che si era concesso con le fan che si buttavano senza vergogna tra le sue braccia. Era certo che avrebbe dovuto affrontare un'altra sfuriata e che sarebbe stato costretto a scavare nella propria memoria per spiegare cos'era successo la sera prima. Invece Gee stava lì, più bello che mai, illuminato dalla luce del mattino che, filtrata dalla stoffa leggera delle tende, creava un gioco di colori che si proiettavano sul suo viso pallido. Lo guardava con un’espressione amorevole, e con quel sorriso immenso.

"Il giorno dopo mi svegliai con una sensazione strana addosso. Non so per quale motivo,quella notte non avevo fatto altro che pensare alla frase che mi era uscita qualche ora prima dalla bocca “Stavo parlando con un mio amico”. Amico. Non lo conoscevo nemmeno da 24 ore e già lo avevo chiamato amico. Non mi era mai successa una cosa simile,ho sempre dato peso alle parole,di “amici” ne avevo pochi. Pochi su cui fare davvero affidamento,pochi che sapevano davvero ciò che avevo passato,pochi che conoscevano la mia infanzia un po’ travagliata e pochi che sapevano ciò che provavo veramente anche quando dicevo il contrario. Non mi aprivo mai tanto con la gente,non lasciavo mai avvicinare troppo nessuno. Non più."

Ero abituato al comportamento di Alex, aveva il vizio di mettersi dietro di me mentre suonavamo, facendo andare in visibilio le fan, ormai ossessionate dalla Jalex, e chi poteva biasimarle? Eravamo noi a lasciarlo credere, o meglio era Alex che si impegnava affinché questa cosa esistesse anche solo nella mente di quelle ragazzine.