Sa che, qualunque sia il suo desiderio ora, più avanti caccerà.
Perché così vuole la sua famiglia.
Perché così vuole il suo Dean.

Dean continua a urlare.
Invano.
Alla notte.
Vorrebbe che urlare servisse a qualcosa.
Ma non serve.
Come non serve vivere ormai.
Dean ama Castiel.
Lo ama davvero.
Ma sa che non sarà mai capace di sostituire Sammy. Il suo Sammy. Suo fratello.
La sua spina nel fianco.

Pioggia.
Sam.
Un Pesniero.
Una Paura.
Una Decisione.

Questa Poesia, se così può essere definita.
è ASSOLUTAMENTE contro la mafia.
perchè non si deve aver paura di quello che può essere, ma di quello che c'è!

ok.
Dean fa una delle cose che gli riesce meglio.
ma lasciate che vi dica che l'aparenza inganna!

-Anche io ti amo Dean – urla l’angelo dall’altra stanza, in modo che il ragazzo possa sentirlo.
Poi aggiunge, quasi impercettibilmente –ed è questo il problema. –

Mi sarei aspettato di tutto.
Un pugno.
Una spinta.
Un litigio.
Un urlo.
Addirittura uno sparo.
O peggio ancora: una porta sbattuta alle spalle.
Ma non questo. Non da lui.
Forse, le mie speranze, come quelle di Sam, non sono solo sogni.

Non mi resta che sperare.
Sperare che Sammy ce la faccia.
Sperare che sia abbastanza forte.
Ma si, in fondo so che ce la farà.
Ed è proprio questo che mi uccide.

Promesse. Promesse. Promesse.
Sono solo parole al vento, parole che colano giù, nel fango proprio come il tuo sangue.
Non sono stato in grado di salvarti.
Non sono stato in grado di salvare papà.
E probabilmente non sarò in grado di salvare neanche me stesso.

La mancanza di un padre Sam l’aveva sempre sentita.
Nonostante avesse sempre finto di stare bene, nonostante avesse cercato di nascondere tutto lo schifo che sentiva dentro dietro quella maschera da “stronzo ribelle”.
E questo il Sergente Greg Parker l’aveva capito fin da subito, e mano a mano che il tempo passava, diventava sempre più sicuro della sua intuizione.
E diventava sicuro anche del fatto che sarebbe stato lui a fare da padre a quel ragazzo così fragile. Perché in fondo, avrebbe fatto bene anche a se stesso.

Noi dovremmo essere quello che i bambini leggono in quei loro libri babbani, quelli con le bacchette magiche che, volteggiando su una scopa volante, fanno levitare oggetti e comparire monetine.
Non dovremmo essere degli sporchi assassini.

Quello coraggioso sei sempre stato tu, eri tu che te ne uscivi con tutte quelle idee così folli, tu mi facevi finire nei guai.
E poi eri tu che, puntualmente eri sempre li per tirarmene fuori.
Per scontare ore e ore di punizione.
Per aiutarmi a rialzarmi dopo ogni caduta, dopo ogni delusione.
Ma questa volta non ci sei tu a dirmi cosa fare, non ci sei tu a guardarmi le spalle.