“GreedFan, che poi secondo me ogni tanto esagera parecchio con l'idrolatazione, ma immagino che adesso abbia un po' rivisto le sue posizioni scoprendo che lei è molto più brava di quanto pensa e io molto più pirla di quanto non ha decantato xD”
Te la sei cercata. Sul serio. Poi non lamentarti, quando ti accorgerai che questa recensione comincerà a diventare una cosa spropositata, perché non intendo assumermene alcuna responsabilità.
Cara Kimmy_90 – o Kimmy_Tamer, è così che ti chiamavi all'epoca in cui mi avvicinai al tuo capolavoro – posso garantirti che la mia non è idolatrazione. Semplicemente, non faccio che sminuire con le mie semplici parole da primina (eggià, ne è passato di tempo, ora sono in primo liceo) una storia che non è semplice narrazione, o mero scritto, ma qualcosa di vivo e pulsante esattamente come il cuore di chi l'ha creata.
No, non sto facendo paragoni anatomici per farti andare di traverso la cena, ma perché – tornando al discorso di prima – non trovo le parole. Non. Le. Trovo.
Per cui, pazienza permettendo, partirò dal principio, dall'esatto momento in cui lessi “I Frutti dell'Oblio” per la prima volta. Mi ricordo che rimasi sconvolta, estasiata di fronte a qualcosa di così stupendo, e che riemersi dalla lettura dei capitoli pubblicati come dopo una lunga, lunghissima apnea. Mi sentivo piena, completamente saturata da sentimenti che minacciavano di esplodere “solo” perché avevo letto una fanfiction. E perdonami se ho l'indecenza di chiamarla così, ma all'epoca la considerai come tale.
E invece mi sbagliavo.
Perché, vedi, la tua storia riempe. E' come se, riga dopo riga, colmasse tutti i buchi che questa vita noiosa all'insegna del conformismo causa, strappandoci pezzo dopo pezzo tutti i sentimenti più “vivi” che possiamo provare. “I frutti dell'Oblio” è la prima e unica cosa che sia mai riuscita a colmarli, quei vuoti, saturandoli di sensazioni, di pensieri che ispirano non solo passione e determinazione, ma anche una voglia terrificante di staccarsi, di ribellarsi.
Ora, io, come quattordicenne, posso vantarmi di aver letto molto. Ho una passione per i libri, e me ne sono passati per le mani veramente di tutti i tipi, ma ti giuro che nulla è mai riuscito ad emozionarmi come te, un'anonima scrittrice di Efp che, almeno in teoria, dovrebbe creare produzione amatoriali. E, perdonami l'espressione, di amatoriale in questa storia non c'è proprio un cazzo.
Io ho pianto, Kimmy, come una fontana. Ho versato lacrime di amarezza, di rabbia, di tristezza profonda per ogni cosa, ogni sentimento che riuscivi a trasmettermi. Ho passato serate di fronte al PC, scossa dai singhiozzi (perdona l'espressione teatrale) cercando di metabolizzare pienamente tutto ciò che cercavi di comunicare.
E, alla fine, penso di esserci riuscita.
Ma non basta. Perché, come giustamente dice Rekichan, la tua storia non parla semplicemente – concedimi il vocabolo inappropriato – di un'utopia, di una società ideale che si realizza. Descrive la vita, la vita in sé stessa, l'evoluzione dell'animo umano nelle sue mille sfaccettature e il percorso di maturazione di ognuno dei tuoi personaggi. Le loro pene, i loro caratteri e la loro stessa vita... tutto questo esce dalla carta (o dallo schermo) e colpisce chi legge con la violenza di uno schiaffo.
E poi, beh... c'è Naruto.
Quello stesso, piccolo ragazzino biondo che entra al Ludus senza capire nulla, e lentamente, giorno dopo giorno, comprende tutto. Quell'esperimento sbagliato, la variante impazzita, che si ribella ai suoi stessi creatori e urla la sua pena, il dolore, che supera perfino il laniatus, ma che non si ferma semplicemente lì. No, perché, se fosse stato così, la tua storia avrebbe perso molto di quello che è il suo significato.
Naruto perdona. Ma, nonostante questo, distrugge perché sa che è l'unica cosa da fare. Uccide i suoi stessi fratelli, guidato da Kyubi (un personaggio che nella tua storia, ti giuro, ho adorato), cerca di distruggere il Ludus non per piacere personale, ma sempre e comunque per servire la regio, una regio malata che da madre diventa matrigna.
Ma, da solo, apparentemente non completa la sua opera. Muore. E, nella morte di Naruto e Kyubi, c'è una tenerezza indescrivibile. E' dolce e crudele al tempo stesso, ed è stato il passaggio su cui, più di tutti, ho pianto moltissimo. Quello che accade poi, l'entrata in gioco degli altri personaggi, la ribellione, i segni dei baffi che vengono scavati sulle guance di ognuno con le stesse lame della regio... è stupendo, è... non ci sono parole. Gli ultimi capitoli danno i brividi. Quando li leggi ti corrono lunga tutta la schiena, mentre il petto ti si riempe di una sensazione strana, leggera. E, credo, è la sensazione di star leggendo un capolavoro, qualcosa che non si ripeterà più.
E, comunque, non credo di star rendendo l'idea di quanto ho amato questa storia.
E' un romanzo che si struttura sulle anime dei suoi stessi personaggi, un saggio sulla vita che ci si è presentato in un piccolo sito come Efp. Mi sento una privilegiata per aver potuto godere di un simile capolavoro.
E gli altri characters, poi?
Sasuke, Sakura, Kiba, Neji, Shino... non sono IC. OOC? Non diciamo scemenze.
Sono, semplicemente sono. E' come se avessi donato loro un pezzo della tua anima, rendendoli vivi come nessuno, qui, è mai riuscito a fare. Li ho amati, ho vissuto un po' della loro storia anch'io.
Per concludere – e finalmente!, dirai – non credo che vi sia un libro di politica, seppur moderno, che contenga la stessa morale, gli stessi principi che tu illustri con tanta semplicità, usando – in barba a coloro che tanto li criticano – nientemeno che i personaggi di un anime/manga giapponese!
Ho amato davvero “I Frutti dell'Oblio”, Kimmy, e la serberò nel cuore (e nella libreria, l'ho stampata tutta) come uno dei miei tesori più preziosi.
Ed ora, non senza un certo sollievo, metto anche io la parola “fine”. |