A Muggle story

di Lyra Snape
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Big Damn Table ***
Capitolo 2: *** Il costume più spaventoso [Halloween][096. Scelta libera] ***
Capitolo 3: *** L'albero di Natale [Natale][092. Natale nella Big Damn Table] ***
Capitolo 4: *** L'asilo ['Ho visto tante persone che se ne andavano!' 'E mai nessuno è tornato indietro?'][088. Scuola nella Big Damn Table] ***
Capitolo 5: *** Caro maestro... [Una dichiarazione d'amore finita male][050. Picche nella Big Damn Table] ***
Capitolo 6: *** Ecletticità [In un giorno di pioggia][066. Pioggia nella Big Damn Table] ***
Capitolo 7: *** Io odio la primavera! [Potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera][062. Primavera nella Big Damn Table] ***
Capitolo 8: *** Cambiamenti [Incontri][025. Estranei nella Big Damn Table] ***
Capitolo 9: *** Un buon non compeanno...a te! [Compleanno][091. Compleanno nella Big Damn Table] ***
Capitolo 10: *** La spiaggia [Questo caldo mi sta sciogliendo il cervello!][063. Estate nella Big Damn Table] ***
Capitolo 11: *** Il colloquio [Ho sempre ammirato le persone che parlano con gli occhi perché mi paiono più svelte a capire il mondo][027. Genitori nella Big Damn Table] ***
Capitolo 12: *** La svolta [080. Perché?] ***



Capitolo 1
*** Big Damn Table ***


Tanto per scpiegarvi in due parole come sia nata questa storia (perché sicuramente vi interessa moltissimo).
L'idea è nata quando ho deciso di partecipare a una challenge (12 mesi di Fanfiction!), in cui avremmo dovuto pubblicare una storia al mese, ogni mese con un promt fornito dalla giudiciA.
La raccolta, che inizialmente ho pensato avrebbe contenuto storie che non c'entravano un picchio l'una con l'altra, ha finito per avere un unico filo conduttore, che ha visto la luce soprattutto grazie al fatto che mi è sempre frullata in testa l'idea di scrivere qualcosa in cui Draco Malfoy si scontrasse con il mondo Babbano. L'idea non aveva mai preso piede perché chiaramente era totalmente irreale scrivere di un Draco che si appassiona al mondo Babbano dal nulla, ma trovato l'espediente giusto ho scoperto che la cosa mi divertiva tantissimo.
Perciò, una volta terminata la challenge, la storia ha languito per un bel po' nella mia testa, divisa a metà tra la voglia di continuare e la paura che dopo un po' la faccenda risultasse ripetitiva. Ringrazio perciò una mia amica che mi ha detto (letteralmente) "Ripetitiva? Sei matta? Io mi diverto un sacco!", e mi ha messo voglia di riprenderla (perciò per qualsiasi lamentela rivolgetevi a lei xD).
Tanto per chiarire un punto, continuo a chiamarla "storia", ma a conti fatti non lo è. È più una raccolta di one shot (o flash fic o drabble o double drabble o chi più ne ha più ne metta), perciò le storie non andranno necessariamente in ordine cronologico. Per dirne una, continuo a parlare di Hermione che si ricorda di quando ha spiegato a Draco del cellulare o di quando lui si è dimenticato della pentola a pressione e l'ha fatta esplodere, quindi probabilmente un giorno mi deciderò a scrivere per parlare di queste due occasioni, tornando indietro nel tempo.
Saranno scelte un po' casuali, dettate dall'ispirazione (sì, lo so, sembra che stia facendo la super figa xD)
Ho scelto di usare i promt della Big Damn Table probabilmente perché sono fuori di testa. 



001.Inizio. 002.Intermezzo. 003.Fine. 004.Interiorità. 005.Esteriorità.
006.Ore. 007.Giorni. 008.Settimane. 009.Mesi. 010.Anni.
011.Rosso. 012.Arancione. 013.Giallo. 014.Verde. 015.Blu.
016.Porpora. 017.Marrone. 018.Nero. 019.Bianco. 020.Senza colori.
021.Amici. 022.Nemici. 023.Amanti. 024.Famiglia. 025. Estranei.
026.Compagni di squadra. 027. Genitori. 028.Figli. 029.Nascita. 030.Morte.
031.Alba. 032.Tramonto. 033.Troppo. 034.Troppo poco. 035.Sesto Senso.
036.Olfatto. 037.Udito. 038.Tatto. 039.Gusto. 040.Vista.
041.Forme. 042.Triangolo. 043.Diamante. 044.Cerchio. 045.Luna.
046.Stelle. 047.Cuori. 048.Quadri. 049.Fiori. 050. Picche.
051.Acqua. 052.Fuoco. 053.Terra. 054.Aria. 055.Spirito.
056.Colazione. 057.Pranzo. 058.Cena. 059.Cibo. 060.Bibite.
061.Inverno. 062. Primavera. 063. Estate. 064.Autunno. 065.Mezze stagioni.
066. Pioggia. 067.Neve. 068.Lampo. 069.Tuono. 070.Tempesta.
071.Rotto. 072.Riparato. 073.Luce. 074.Oscurità. 075.Ombra.
076.Chi? 077.Cosa? 078.Dove? 079.Quando? 080. Perché?
081.Come? 082.Se. 083.E. 084.Lui. 085.Lei.
086.Scelte. 087.Vita. 088. Scuola. 089.Lavoro. 090.Casa.
091. Compleanno. 092. Natale. 093.Ringraziamento. 094.Indipendenza. 095.Capodanno.
096. Halloween. 097.Scelta libera. 098.Scelta libera. 099.Scelta libera. 100.Scelta libera.

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Capitolo 2
*** Il costume più spaventoso [Halloween][096. Scelta libera] ***


Scritta per la Challenge 12 mesi di Fan Fiction!, indetto da BS.
Ogni mese, la giudiciA ci darà un tema su cui
dovremo scrivere la nostra storia,
scegliendo il giorno in cui pubblicarla.
Ho scelto il 26 perché a Settembre è il giorno del mio compleanno,
perciò ho pensato che mi potesse portare fortuna.
Il promt di questo mese è Halloween.
(096. Scelta libera: Halloween nella Big Damn Table)




NOME AUTORE: Lyra_weird (forum) Lyra Snape (EFP)

TITOLO DELLA STORIA: Il costume più spaventoso
PERSONAGGI: Harry Potter, Hermione Granger, Ginny Weasley, Ron Weasley
RATING: Verde
GENERE: Commedia
AVVERTENZE: One-shot

NdA: l'ho scritta di corsa, perché fino a tipo due giorni fa non avevo nessunissima idea... Poi mi è venuto in mente qualcosa: se i maghi si travestissero ad Halloween, da cosa si vestirebbero? Da lì, ho costruito questa one-shot che è particolarmente stupida, ma pazienza...
La faccenda delle nuove politiche Ministeriali pro-Babbane me le sono inventate io, non penso che siano avvenute davvero XD






Ron Weasley ed Harry Potter guardarono le rispettive ragazze come se avessero appena annunciato che si erano scoperte lesbiche e che volevano andare a vivere insieme.
«Come avete detto, prego?» chiese Harry, incredulo.
«Te l’ho detto, il Ministero ha deciso che il modo migliore per evitare che strane idee anti-Babbane si sviluppino nuovamente in futuro sia imparare a conoscere meglio le loro abitudini» spiegò Hermione.
«E quindi voi avete proposto di organizzare una festa di Halloween in maschera, come fanno i Babbani» completò Harry, per essere sicuro di aver capito bene.
«Esatto!» intervenne Ginny, entusiasta. «Non vi pare un’idea assolutamente geniale?»
Harry si scambiò un’occhiata perplessa con Ron, che non aveva ancora detto una parola. «È un’idea stupida» disse infine quest’ultimo. «Credi che gente tipo Malfoy accetterà mai di venire?»
«Malfoy deve venire» tagliò corto Ginny. «Il Ministero lo ha obbligato a imparare qualsiasi cosa riguardante i Babbani, per evitare che quello che ha detto o fatto in passato si ripeta».
«Me lo ricordo» borbottò Hermione, contrariata. «Sono stata io che ho dovuto spiegargli che cos’è un telefono. Mi sto ancora chiedendo se il Ministero volesse punire me, invece che lui».
«Questo non toglie che sarà obbligato a venire, però» concluse Ginny.
«Certo, e se siamo fortunati si vestirà normalmente e si attaccherà addosso un foglietto su cui avrà scritto “Dio”» sbottò Harry, sarcastico.
«Oppure non farà neanche la fatica di scrivere sul foglietto e dirà di essersi vestito da mago» aggiunse Ron.
«Già, a questo non avete pensato, vero?» chiese Harry. «I Babbani si vestono da maghi o fantasmi perché per loro sono creature di fantasia, ma noi da cosa ci dovremmo travestire? Da Babbani?»
Le due ragazze, assolutamente sconcertate da quell’affermazione, rimasero in silenzio per dieci minuti buoni, riflettendo. All’improvviso, gli occhi di Ginny si illuminarono pericolosamente.
«Potremmo fare una gara per premiare il costume più spaventoso, come fanno i Babbani!» esclamò. «Ma nel nostro caso sarà molto più difficile, perché non bastano i fantasmi a spaventare un mago!»
«Con tutto quello che abbiamo passato, sarà impossibile trovare qualcosa che ci spaventi» borbottò Ron. «Sembreremo solo molto ridicoli».
«Oh, non so», disse Hermione, guardandolo con un ghigno. «Io per esempio potrei mettermi un sacco di ragni finti addosso, e mettermi in testa un enorme cappello a forma di ragno, e poi…»
«D’accordo, hai vinto!» disse Ron, guardandola spaventato. «Non ti travestirai davvero da ragno, vero?» aggiunse, impallidendo.
«Non so, devo ancora pensarci», concluse Hermione, sadica, tornando a concentrarsi sul pranzo. «Certo, potrei essere più buona se voi ci aiutaste ad organizzare la festa» aggiunse poi, con un sorrisetto.
Harry e Ron sospirarono, impotenti. Perché riusciva sempre a vincere lei? Li aveva trascinati nel CREPA, li aveva obbligati a seguire i suoi stupidi programmi di ripasso nel corso degli anni, e ora dovevano anche prestarsi a organizzare una maledetta festa di Halloween.
«D’accordo, hai vinto», borbottò infine Ron. «Ti aiuteremo».
«E cercherete di trovare un travestimento decente, vero?» aggiunse Hermione, guardandoli minacciosa.
«Certo», la rassicurò Ron. «Il più spaventoso che riusciremo a trovare».

 

Hermione squadrò Ron dalla testa ai piedi, poi gli lanciò un’occhiataccia, così simile a quelle della professoressa McGrannitt che il ragazzo si aspettò quasi di sentirla togliere dieci punti a Grifondoro.
«Seriamente?» chiese infine lei, furiosa. «È questo il costume più spaventoso che sei riuscito a trovare?»
«Mi dispiace!» si difese Ron. «Ero così impegnato ad organizzare la festa, e poi c’è il corso di addestramento per Auror, e poi…»
«E poi in un mese non sei riuscito a trovare una schifosissima mezz’ora per andare a cercare un costume decente?» completò Hermione.
«Beh, ok, mi ero dimenticato» ammise Ron. «Mi sono ricordato solo ieri del costume, e allora sono andato in tutti i negozi Babbani di travestimenti che sono riuscito a trovare, e c’era solo questo! Comunque riflette lo spirito della festa, no? L’ho preso in un negozio Babbano!»
«Sei vestito da pinguino!» sbottò Hermione, rinunciando ad ogni tentativo di mantenere la calma. «Da pinguino!» ripeté, non riuscendo a trovare altre parole per esprimere la sua indignazione.
«Scusa» borbottò Ron, ma prima che Hermione potesse anche solo pensare di rispondere qualcosa Harry entrò nel salotto della Tana.
«Allora, come sto?» chiese, girando su sé stesso. Indossava dei semplici jeans e camicia Babbani, e l’unica differenza che si poteva notare erano i capelli e gli occhi, che aveva trasfigurato in modo che cambiassero colore: i capelli erano più chiari, mentre gli occhi erano di un orrendo color giallo.
«E tu che cosa saresti?» sospirò Hermione.
«Edward Cullen! Quello di Twilight, hai presente?» esclamò Harry. «Dico, ma li avete letti quei libri? Sono spaventosi!»
«Ecco, lo vedi?» disse Hermione, rivolgendosi a Ron. «Lui ha capito lo spirito!»
Harry decise di intervenire prima che si scatenasse una delle loro solite infinite liti. «Ginny dov’è?»
«Ancora in camera sua» rispose Ron. «Ha detto che doveva rifinire gli ultimi dettagli…»
Prima che riuscisse a finire la frase Ginny apparve sulla soglia, e tutti e tre indietreggiarono di parecchi passi, spaventati: indossava un orribile tailleur, estremamente brutto, estremamente antiquato ed estremamente rosa.
«E tu da che cosa ti saresti vestita?» chiese Ron, con gli occhi fuori dalle orbite.

«Da professoressa Umbidge» disse Ginny, orgogliosa. «Vedrete, ho la vittoria in pugno».

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Capitolo 3
*** L'albero di Natale [Natale][092. Natale nella Big Damn Table] ***


Scritta per la Challenge 12 mesi di Fanfiction!, indetto da BS.
Ogni mese, la giudiciA ci darà un tema su cui
dovremo scrivere la nostra storia,
scegliendo il giorno in cui pubblicarla.
Ho scelto il 26 perché a Settembre è il giorno del mio compleanno,
perciò ho pensato che mi potesse portare fortuna.
Il promt di questo mese è Natale.
(092. Natale nella Big Damn Table)



NOME AUTORE: Lyra_weird (forum) Lyra Snape (EFP)
TITOLO DELLA STORIA: L'albero di Natale
PERSONAGGI: Draco Malfoy, Hermione Granger, Ginny Weasley
RATING: Verde
GENERE: Commedia
AVVERTENZE: One-shot
NdA: e riprendiamo con le storie scritte di corsa...vabbe XD Ho deciso di riprendere il tema della storia precedente riguardo le politiche Ministeriali a favore dei Babbani (perché diciamocelo, sarebbe carino se questa raccolta di storie avesse almeno un filo conduttore), e mi sono chiesta: cosa succederebbe se Draco Malfoy fosse costretto a fare un albero di Natale senza magia? La schifezza che segue questa intro è la risposta (poi è raccapricciante, ma voi almeno fate finta che sia una cosa semidecente XD)
IMPORTANTE: NON è una Draco/Hermione!




Draco Malfoy entrò in casa Granger storcendo il naso, guardandosi intorno disgustato.
«Levati quell’espressione dalla faccia!» sbottò Hermione.
«Non è che io sia poi così felice di vederti qui!»
«Tranquilla, Granger, la cosa è perfettamente reciproca» borbottò Draco.
«Grandioso!» esclamò Hermione. «Allora vedi di ascoltarmi e fare esattamente quello che ti dico, così te ne andrai via in fretta e io potrò essere lasciata in pace».
Si guardarono in cagnesco per qualche istante, senza dire nulla. Da quando, mesi prima, il Wizengamot aveva emesso il verdetto del processo contro i Malfoy, a parere di entrambi la loro vita era decisamente peggiorata.
«Il Wizengamot riconosce l’essenziale aiuto che la Signora Narcissa Malfoy ha fornito a Harry Potter, mentendo al Signore Oscuro, perciò nessuno della sua famiglia subirà una condanna ad Azkaban» aveva detto il giudice. «Tuttavia, per evitare che spiacevoli manifestazioni di disprezzo nei confronti dei Babbani si ripetano, la corte ha deciso che il signor Draco Malfoy debba imparare le loro abitudini. La signorina Hermione Granger si prenderà la responsabilità di istruirlo».
Era difficile dire chi, tra i due, fosse stato il più scontento. Per settimane Draco non aveva fatto altro che ripetere che sarebbe stato molto più felice ad Azkaban, mentre Hermione, pur non dicendo quasi nulla, nel profondo sentiva che avrebbe preferito altre sei battaglie con Voldemort, piuttosto che quello.
«Io ho aiutato Harry a salvare il mondo, perché il Ministero ha deciso di punirmi?» si era lamentata una volta con Ginny, che aveva fatto spallucce.
«Possono anche cadere diciotto Signori Oscuri uno dietro l’altro, ma il Ministero continuerà a prendere decisioni del cavolo» aveva detto, e Hermione non aveva potuto essere più d’accordo.
Da quattro mesi ormai le lezioni di Babbanologia andavano avanti, e sebbene questo avesse portato a parecchie crisi isteriche, a una pentola a pressione esplosa e a un cellulare volato fuori dalla finestra, i due ragazzi non facevano di cenno ad andare leggermente più d’accordo, nonostante le minacce della signora Granger.
«Bada bene, Hermione» le aveva detto pochi minuti prima, guardandola minacciosa. «Vedi di comportarti in maniera civile con il tuo ospite, perché se mi ritrovo di nuovo minestra sparsa per tutta la cucina ti metterò in punizione per tutto il resto della tua vita».
La ragazza aveva cercato invano di spiegare che l’incidente della pentola pressione era stata tutta colpa di Draco che si era dimenticato di toglierla dal fuoco, e che al massimo quello che si comportava in maniera incivile era lui, non lei, e che comunque era ridicolo che una madre minacciasse di mettere in punizione la figlia quando questa aveva ormai diciannove anni, ma a nulla erano valse le sue proteste. Quella era una delle migliaia di ragioni per cui avrebbe preferito che Draco in quel momento si trovasse tra le fauci di un enorme Tranello del Diavolo estremamente affamato, piuttosto che nell’anticamera di casa sua.
«Cosa dobbiamo fare, oggi?» stava chiedendo questi con aria annoiata, ignaro delle segrete maledizioni che Hermione gli stava lanciando.
La ragazza sospirò. «La lezione di oggi riguarda il Natale» disse, sperando che quella tortura finisse il prima possibile. «Scoprirai presto che il Natale Babbano non è poi così diverso da quello magico: anche noi abbiamo Alberi, e ghirlande, e regali…»
«Ottimo, allora posso andarmene?» la interruppe Draco, girandosi verso la porta.
«Non ci provare!» lo fermò Hermione. «Oggi imparerai a fare un albero di Natale esattamente come fanno i Babbani, perciò dammi la tua bacchetta e vieni con me».
Il ragazzo la guardò malissimo per un attimo, poi, molto controvoglia, tirò fuori la bacchetta dalla tasca posteriore e gliela consegnò. Hermione annuì soddisfatta, poi precedette Draco nel salotto, dove li attendevano un abete, un grosso vaso, un sacchetto di terriccio e parecchie scatole aperte.
«Che cos’è quella roba?» chiese Draco, indicando il contenuto di una di esse.
«Sono palle di Natale» spiegò Hermione.
«E a che cavolo servono?» chiese Draco, guardandola come se improvvisamente le fosse spuntata una seconda testa.
«Si mettono sull’albero» disse Hermione, in tono ovvio. Notando che Draco continuava a lanciarle sguardi vacui, decise di tagliare corto. «Quello verrà dopo, comunque. La prima cosa che bisogna fare è travasare l’albero per metterlo in un vaso un po’ più carino».
«E non potevi farlo tu?» chiese Draco.
«No. Devi imparare esattamente cosa fanno i Babbani, non ci sono scorciatoie, e questo è il primo passo. Di solito gli alberi che vendono nei supermercati hanno le radici avvolte in sacchetti di plastica, quindi va da sé che li si deve mettere in un vaso».
Draco annuì, rimpiangendo i tempi felici in cui non sapeva cosa volessero dire le parole “supermercato” o “plastica”.
«Molto bene» continuò Hermione. «Ho già messo fogli di giornale sul pavimento, così non sporcheremo tutto, quindi ora leva l’albero dal sacchetto e mettilo in quel vaso».
Draco la guardò vagamente perplesso. «E come?»
«Con le mani!» esclamò Hermione, cominciando ad alterarsi. Notando che lo sguardo del ragazzo da perplesso si faceva allarmato aggiunse, non senza una nota sadica: «Sì, cara la mia principessa sul pisello, te le sporcherai».
Draco le lanciò un’occhiata malevola e cominciò a svolgere il sacchetto con la punta delle dita: una volta che fu aperto, prese il sottile tronco dell’abete e lo trasferì nel vaso, tenendo le braccia il più tese possibile, come se stesse trasportando qualcosa di estremamente puzzolente.
«Non è una bomba, Malfoy, non fare tutte queste scene» sbottò Hermione, per poi prendere il sacco di terriccio. «Ora prendi la terra e mettila nel vaso, così l’albero non cade. Sì, con le mani» aggiunse, prima che il ragazzo potesse aprir bocca. «Non è fertilizzante di drago, è terra, non ti farà niente».
Draco la guardò malissimo, prima di prendere il terriccio e buttarlo in malo modo nel vaso, sopprimendo il bisogno di farne ingoiare un paio di manciate all’odiosa figura che stava in piedi di fronte a lui, osservandolo soddisfatta.
«Ok, puoi andare a lavarti le mani, ora» concesse Hermione, quando Draco ebbe finito. «Poi potremo decorare l’albero».
«Cosa dobbiamo fare?» chiese Draco, scontroso, quando fu tornato in salotto.
«Be, hai presente le palle che hai guardato prima come se dovessero esplodere da un momento all’altro?» spiegò lei, prendendone una particolarmente bella, color rosso. «Dobbiamo appenderle ai rami dell’abete».
«E con cosa, visto che non ci è concesso di usare la magia?» chiese Draco.
«C’è il cordino apposta, genio del male» lo prese in giro Hermione, indicandoglielo. «Lo fai passare intorno al ramo e resterà appeso» aggiunse, appendendo la palla rossa a titolo di esempio.
«E non avete ghiaccioli o fatine da mettere sull’albero?» chiese Draco, col tono di chi sta seriamente pensando di far internare l’intera umanità non magica in una casa di cura.
«I ghiaccioli si sciolgono, re dei furboni» gli fece notare Hermione. «Non hanno incantesimi che li fanno diventare perenni, sono Babbani! A meno che, naturalmente, non vivano in Antartide, e in quel caso credo che siano troppo preoccupati a cercare di sopravvivere al freddo per occuparsi dell’albero di Natale».
«Cose da matti…» borbottò Draco, afferrando una pallina con la grazia di un rinoceronte affamato che si precipita sul cibo dopo giorni di digiuno. Due secondi dopo, frammenti di pallina erano sparsi ai suoi piedi, e lui stava guardando i piccolissimi graffi sulla sua mano come se fosse stato sicuro che avrebbero dovuto amputargliela.
«Devi stare attento» lo sgridò Hermione, estraendo la bacchetta. «Le palline sono di vetro, e sono anche particolarmente sottili» aggiunse, pronunciando un semplice incantesimo che fece sparire ogni lesione dalla mano del ragazzo. Puntò poi la bacchetta sul pavimento e la pallina ritornò intera. «Ecco qua» gli disse, porgendogliela. «Fai più attenzione».
«Potevi anche dirmelo prima, che si rompono così facilmente!» protestò Draco, prendendo la pallina con più delicatezza e appendendola all’albero.
«Non è colpa mia se hai la grazia di un canguro che ha appena imparato a saltare» rispose Hermione a tono, facendo spallucce.
Il ragazzo decise che il miglior modo per non finire ad Azkaban fosse tacere e continuò ad appendere palline all’albero, nonostante non chiedesse di meglio che poterle scaraventare fuori dalla finestra come aveva fatto con il cellulare mesi prima.
«E ora?» chiese, quando la scatola fu vuota.
«Ora si appendono i festoni!» disse Hermione, tirandone fuori uno dorato, particolarmente lungo, da una seconda scatola.
Draco lo guardò come se stesse per strangolarlo e scosse la testa. «Non appenderò quel coso» disse in tono categorico, incrociando le braccia.
«Tutti i Babbani li appendono, devi farlo» gli fece notare Hermione.
«No, intendevo che non lo appenderò di quel colore» puntualizzò Draco. «Trovane uno argentato o non se ne fa niente».
Hermione non riuscì a reprimere una risatina, poi ricominciò a frugare nella scatola e ne estrasse un festone color argento. «Va bene questo?» chiese, porgendoglielo.
Draco grugnì la sua approvazione e lo afferrò, per poi avvolgerlo intorno all’albero seguendo le istruzioni della ragazza.
«Molto bene» disse infine. «Ora che è finito direi che posso anche andarmen…»
«Nossignore!» lo interruppe Hermione. «Mancano le lucine!» esclamò, estraendone un lungo filo da una terza scatola.
«Non puoi semplicemente piazzare delle candeline?» chiese Draco, stremato.
«Sei matto?» disse Hermione, scandalizzata. «Le candele perdono cera e, soprattutto, darebbero fuoco all’albero!»
«Ci sono fuochi magici che non bruciano» le fece notare il ragazzo.
«I fuochi magici sono proprietà dei maghi, i Babbani non ce li hanno» rispose Hermione, chiedendosi se Draco fosse particolarmente idiota o se lo stesse facendo apposta per farla arrabbiare.
«E quindi che cosa fate?»
«Beh, le vedi queste lampadine?» chiese Hermione. «Sono tutte attaccate a un filo che fornisce loro elettricità e le fa accendere. Ti ricordi cos’è l’elettricità, vero?»
«Purtroppo sì» sospirò Draco, prendendo le lucine.
«Allora avvolgi questo filo intorno all’albero come hai fatto con i festoni» spiegò Hermione, «e poi grazie al cielo avremo finito».
Dieci minuti dopo, l’albero risplendeva soddisfatto sotto gli occhi dei due ragazzi, che si accasciarono, entrambi stravolti, sul divano.
«Non fare la scena di quella che è stanca, sono stato io a fare tutto il lavoro!» le disse Draco, profondamente irritato.
«Farti da baby-sitter è molto più stressante che fare duecento alberi di Natale tutti di seguito» rimbeccò Hermione. Gli porse la bacchetta, che il ragazzo afferrò per poi smaterializzarsi due secondi dopo senza dire una parola.
Due minuti dopo, sulla soglia del salotto apparve Ginny, che guardò l’amica con compassione. «Allora, com’è andata?» le chiese, sedendosi sul divano.
«Ha sbrogliato le luci con la grazia di un elefante e si sono appena spente tutte perché il filo si è spezzato, le palline sono in equilibrio precario perché non voleva pungersi e appendendo il festone ha rischiato di far cadere tutto sul pavimento» disse Hermione, indicando l’albero, che aveva smesso di risplendere e sembrava ricambiare il suo sguardo con aria depressa. «Ma fino a Capodanno direi che potrò starmene in pace».

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Capitolo 4
*** L'asilo ['Ho visto tante persone che se ne andavano!' 'E mai nessuno è tornato indietro?'][088. Scuola nella Big Damn Table] ***



Scritta per la Challenge 12 mesi di Fanfiction!, indetto da BS.
Ogni mese, la giudiciA ci darà un tema su cui
dovremo scrivere la nostra storia,
scegliendo il giorno in cui pubblicarla.
Ho scelto il 26 perché a Settembre è il giorno del mio compleanno,
perciò ho pensato che mi potesse portare fortuna.
Il promt di questo mese è "Ho visto tante persone che se ne andavano!"
"E mai nessuno è tornato indietro?".
(088. Scuola nella Big Damn Table)


NOME AUTORE: Lyra_weird (forum) Lyra Snape (EFP)
TITOLO DELLA STORIA: L'asilo
PERSONAGGI: Draco Malfoy, Hermione Granger, Ginny Weasley
RATING: Verde
GENERE: Commedia
AVVERTENZE: One-shot
NdA: ormai sono ben avviata su questa lunghezza d'onda, perciò no, Draco, non sei salvo! Continueremo con queste fantomatiche politiche ministeriali pro-Babbani che tu tanto apprezzi XD
Stavo giusto pensando, visto che, contrariamente a quanto mi aspettassi, ormai questa raccolta avrà sicuramente un filo conduttore, forse dovrei cambiare titolo, no? Avete suggerimenti? (io sono una totale schiappa del dare titoli, perciò se avete un'idea, anche se pensate che sia stupida, suggerite pure!)


L’asilo


Hermione Granger e Draco Malfoy non erano famosi per la pace e l’armonia che regnavano tra loro ogni volta che si incontravano. Per dirla senza eufemismi, non si potevano vedere, e non chiedevano di meglio che mettere l’altro sul cammino di un Basilisco molto arrabbiato.
Per questo motivo, entrambi si erano molto risentiti con il Ministero, che li aveva costretti a passare tanto tempo insieme. Per lo stesso motivo, i migliori amici di Hermione non si stupirono quando la sentirono sibilare: «Se non trovo una scappatoia a quella stupida sentenza, giuro che lo uccido con le mie mani».
Per una cosa, invece, Hermione era molto famosa: quando si prefiggeva un obbiettivo, non c’erano tempeste, uragani o Signori Oscuri che la potessero fermare. Rimase per giorni e giorni rinchiusa nell’archivio dove il Ministero teneva i documenti relativi ai processi contro Mangiamorte, senza mai uscirne se non quando doveva usare il bagno, costringendo Harry, Ron e Ginny a portarle da mangiare a turno, e rilesse il verbale relativo al processo dei Malfoy così tante volte che lo imparò a memoria.
Infine, dopo tre giorni di ricerche ininterrotte, l’intero Ministero della Magia sentì un urlo trionfante provenire dalle proprie segrete, ed Hermione, stringendo a sé il verbale come se fosse la sua più preziosa ragione di vita, corse a casa con la velocità di una Firebolt e radunò i suoi migliori amici.
«Ce l’ho fatta!» annunciò, con lo stesso tono di chi è appena stato eletto Ministero della Magia.
«Sei riuscita a leggere tutti i libri della biblioteca di Hogwarts?» arrischiò Ron, guardandola scettico.
«No» rispose Hermione, guardandolo sdegnosa. «Ho trovato la scappatoia!»
«La scappatoia a che?» borbottò Harry, visto che la ragazza non aveva ancora spiegato per quale motivo tutti si trovassero lì.
Hermione, invece di rispondere, spiegò il foglio che aveva in mano e lesse: «Il signor Draco Malfoy si impegna nell’imparare tutte le usanze e i costumi Babbani, istruito dalla Signorina Hermione Granger, o chiunque lei nominerà in sua vece».
«E questo vuol dire che…» iniziò Ginny, lentamente.
«Vuol dire che posso scegliere qualcuno che gli faccia lezioni di Babbanologia quando io non ne ho voglia!» esclamò Hermione. «E questo qualcuno siete voi!» aggiunse, indicandoli.
«Noi?» sbottò Ron, incredulo. «Ma io non so un cavolo sui Babbani!»
«Beh, non ti farebbe male imparare qualcosa» disse Hermione, minacciosa. «Altrimenti andrò dal Wizengamot e chiederò loro di obbligarti a imparare le usanze Babbane insieme a Malfoy, ci siamo capiti?»
In realtà, per le prime settimane Hermione continuò a preoccuparsi di istruire Malfoy senza l’aiuto dei suoi amici, perché in fondo al suo cuore regnava un piccolissimo senso di colpa: il Ministero le aveva dato un dovere da compiere, chi era lei per sottrarsi?
Tuttavia, quando vide il suo libro preferito cosparso dal caffè che era schizzato fuori dalla caffettiera con l’entusiasmo di un kamikaze, perché Malfoy era stato troppo lento o troppo incapace per capire che si doveva togliere dal fuoco, capì che la sua pazienza aveva un limite che sarebbe stato prudente non superare: soppresse quindi il senso di colpa con una colata di bile e scrisse una lunga lettera a Ginny, con le istruzioni per la lezione seguente.

«Ciao, Malfoy».
«Weasley?» disse Draco, incredulo. «Che ci fai qui?»
«Supplenza» spiegò Ginny. «Hermione non ti sopporta più, quindi oggi sarò io a farti da maestra».
«Tu conosci le usanze Babbane quanto le conosco io» cercò di farle notare Draco, scettico.
«Errore! Sono amica di Hermione e sto insieme ad Harry, qualcosina ho imparato. E in ogni caso Hermione mi ha detto che su questa lettera ci sono delle istruzioni a prova di idiota» disse, indicando la busta che aveva in mano. «Quindi suppongo che riuscirai a capirle persino tu» aggiunse, ghignando.
Draco ritenne più saggio non rispondere, e rimase a osservare Ginny che spiegava la lettera e leggeva le prime righe.
«La lezione di oggi riguarda i bambini!» annunciò la ragazza.
Malfoy inarcò il sopracciglio. «I bambini?» chiese, perplesso. «In che cosa sono diversi dai maghi? Hanno le zanne?»
«Dovrai andare all’asilo dietro la casa di Hermione, e tenere i bambini per qualche ora» spiegò Ginny, leggendo. «Così potrai imparare come giocano e si divertono i bambini Babbani, e inoltre questo non potrà che fare bene al tuo brutto carattere» aggiunse, senza staccare gli occhi dal foglio.
«Che cosa?» strillò Draco. «Non ho la minima intenzione di fare una cosa simile! Io odio i bambini! A nessuno piacciono i bambini! Che diavolo è un asilo?»
«È un posto dove tengono i bambini molto piccoli che non vanno ancora a scuola, quelli sotto i sei anni» spiegò Ginny, scorrendo la lettera.
«Quindi pure quelli dell’età più infelice! Scordatelo, piuttosto che fare una cosa del genere vado a rinchiudermi ad Azkaban e mi mangio la chiave».
Draco era sicuro di essere stato alquanto definitivo nel suo rifiuto, perciò non riuscì a spiegarsi perché, dieci minuti dopo, si ritrovò circondato da una folla di bambini urlanti che gli tiravano i pantaloni facendogli assurde richieste che non si preoccupò nemmeno di ascoltare.
«Mi hai lanciato una Maledizione Imperius!» sibilò sdegnato all’indirizzo di Ginny, che lo osservava con aria soddisfatta.
«Mi ci hai costretto» rispose lei, facendo spallucce. «Hermione mi ha autorizzato a farlo, nel caso fossi diventato troppo noioso. Malfoy, quel bambino che ti sta attaccato ai pantaloni piangendo da mezz’ora si è sbucciato un ginocchio, vai a prendere il disinfettante e un cerotto e medicalo subito».
Draco aprì la bocca per ribattere qualcosa di tagliente, o di cattivo, o comunque lanciarle qualsiasi insulto gli passasse per la testa, ma non trovando niente che si potesse dire davanti a venti bambini si limitò a masticare qualche maledizione fra i denti e si diresse verso la cassetta del pronto soccorso.
«D’accordo» disse, in tono seccato, quando ebbe in mano il disinfettante. «Dimmi dove ti fa male».
Il bambino lo guardò vagamente perplesso, non riuscendo a credere di trovarsi di fronte a un adulto tanto stupido, e senza dire nulla indicò il ginocchio sinistro, dove si vedeva, ben evidente, una sbucciatura. Draco la pulì a la disinfettò con la faccia di chi è costretto a pulire la Sala Grande quando si riempie di Puzzalinfa, mise il cerotto e con un gesto imperioso disse al bambino che poteva anche tornare a giocare.
«Non posso!» ribatté il bambino, incredulo. «Devi cantarmi la canzoncina della bua, altrimenti non guarisce!»
«La canzoncina della bua…» ripeté Draco, senza capire, guardando Ginny alla ricerca di aiuto.
La ragazza gli passò un foglio, pescandolo dalla lettera di Hermione. «È questa!» sussurrò, indicandogliela.
«Ehm, ok» borbottò Draco, pregando intimamente che la terra lo inghiottisse in quel preciso istante. Poiché non avvenne nulla di tutto questo, iniziò a cantare a voce bassissima: «Soft Kitty, warm kitty, little ball of fur! Happy Kitty, spleepy kitty, purr purr purr».
Il bambino sorrise, radioso. «Grazie, maestro!» esclamò, prima di correre verso i suoi compagni.
Ginny fu scossa dalle risate, e per parecchi secondi non riuscì a proferire verbo. «Però, sei bravo con i bambini!» esclamò, quando le fu passata la ridarella.
«Non è vero!» si difese Draco. «Non li sopporto! La canzoncina della bua, ma si può? Non esiste! Weasley, esigo che tu mi porti immediatamente fuori di qui!»
«Dai, Malfoy, qual è il problema? Intanto la senti questa? È la campanella, è l’ora del riposino! Praticamente non dovrai fare niente di niente per mezz’ora, a parte guardarli mentre dormono».
Draco rifletté qualche minuto, poi decise che in effetti i bambini addormentati non potevano rivelarsi questa gran fatica e acconsentì a restare.
Poco dopo, i bimbi erano tutti sdraiati sui loro materassini, e lo guardavano con aria di aspettativa.
«Ma che vogliono?» sussurrò a Ginny, seccato.
«Devi leggere loro una storia!» ribatté questa, pescando un libro a caso dallo scaffale dietro di loro.
«Cose da matti…» borbottò Draco, prima di aprire e iniziare a leggere la storia, che scoprì chiamarsi Cappuccetto Rosso. Non lesse molto, comunque: Cappuccetto Rosso non era ancora riuscita a entrare nel bosco che tutti i bambini si erano addormentati.
«Non ho mai faticato così tanto in vita mia» sbottò, sedendosi di schianto sulla sedia più vicina.
«Hai medicato una sbucciatura a un bambino, praticamente non hai fatto niente» ribatté Ginny.
«Gli ho anche cantato la canzoncina della bua» le fece notare Draco.
«Ah, beh, chissà che fatica» lo prese in giro Ginny, piena di sarcasmo.
Il ragazzo aprì la bocca per ribattere, ma si interruppe perché Brian, lo stesso bambino della sbucciatura, si alzò a sedere di scatto, con gli occhi pieni di lacrime.
«Che cosa è successo?» chiese Draco, dopo che Ginny gli ebbe lanciato un’occhiata minacciosa che voleva sicuramente dire “Consolalo o ti affatturo!”
«Ho fatto un brutto sogno, bruttissimo!» ansimò Brian, senza fiato.
«Che cosa hai sognato?» chiese Draco, sentendo la bacchetta di Ginny puntata sulla schiena.
«Ho visto… Ho visto tante persone che se ne andavano! La mamma, e il papà, e mia sorella, e tutti i miei amici…»
«E mai nessuno è tornato indietro?» chiese Draco, con voce solidale.
«No, nessuno!» rispose il bambino, mettendosi a piangere. «Io non voglio rimanere da solo!»
«Figurati!» lo rimproverò Draco, aspro. «Nessuno rimane solo».
«Ma io a volte mi comporto male!» protestò il bimbo, spaventato. «A volte rubo le caramelle, e non voglio andare a dormire quando me lo dice la mamma, e tiro i capelli a Jenny quando nasconde i cioccolatini perché dice che ne ho mangiati troppi, e se poi si stufano e se ne vanno?»
«Ok» sospirò Draco, prendendo il suo fazzoletto e asciugandogli la faccia. «Adesso ascoltami bene: nessuno se ne va per sempre, anche se ti comporti da schifo. Si possono arrabbiare, ma tutti prima o poi tornano indietro. Anche quelli che non sopporti».
«Tutti tutti?» chiese Brian, guardandolo sospettoso.
Draco rifletté per qualche minuto. Pensò a Potter, che durante la sua udienza era piombato in aula con la discrezione di un tornado urlando che non potevano arrestarli, che Narcissa Malfoy gli aveva salvato la vita. Pensò alla Granger, che chiamata a testimoniare giurò che lui si era rifiutato di riconoscerli, quando erano stati portati al Malfoy Manor. Pensò a Weasley, che aveva confermato la versione di Hermione annuendo con così tanta veemenza che aveva sbattuto la testa contro il banco dei testimoni. Pensò anche alla Weasley dietro di lui, che con una faccia tosta di dimensioni epocali aveva mentito davanti all’intero Wizengamot, dicendo che più volte lui l’aveva difesa e aveva impedito che venisse punita dai Carrow.
«Sì» confermò, con aria convinta. «Tornano tutti indietro».
«Tornerai anche tu?» chiese Brian, guardandolo speranzoso.
«Beh…» cominciò Draco, imbarazzato. «Io… Non credo che…»
«Ma certo che tornerà!» disse Ginny, alle sue spalle. «Non ti devi preoccupare, Brian».
Il bambino sorrise, poi si sdraiò nuovamente e si addormentò quasi all’istante. Draco si girò verso Ginny, sdegnato. «Sai, lo so che non sono proprio la persona giusta per farti la morale, ma non ti sembra che mentire a un bambino sia una cosa piuttosto schifosa da fare?»
«Ma non ho mentito!» disse Ginny, esultante. «Mentre leggevi la storia ho mandato un Patronus al Ministero, e sia Hermione che il Wizengamot sono d’accordo con la mia idea!»
«Quale idea?» chiese Draco, sospettoso.
«In aggiunta alle lezioni di Babbanologia, diventerai maestro in questo asilo! Tutti concordano nel dire che questo riabiliterà il tuo nome! Ah, e Hermione ha anche detto che questo farà molto bene al tuo brutto carattere» spiegò Ginny,entusiasta.
Draco la guardò interdetto, senza riuscire a dire una parola. «Io… Maestro…» bisbigliò infine, fissando il vuoto in stato catatonico. Riflettendoci, sarebbe stato quasi meglio se non fosse tornato indietro nessuno.
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Capitolo 5
*** Caro maestro... [Una dichiarazione d'amore finita male][050. Picche nella Big Damn Table] ***


Scritta per la Challenge 12 mesi di fanfiction!, indetto da BS.
Ogni mese, la giudiciA ci darà un tema su cui
dovremo scrivere la nostra storia,
scegliendo il giorno in cui pubblicarla.
Ho scelto il 26 perché a Settembre è il giorno del mio compleanno,
perciò ho pensato che mi potesse portare fortuna.
Il promt di questo mese è Una dichiarazione d'amore finita male.
(050. Picche nella Big Damn Table)



NOME AUTORE: Lyra_weird (forum) Lyra Snape (EFP)
TITOLO DELLA STORIA: Caro maestro...
PERSONAGGI: Draco Malfoy, Hermione Granger, Ginny Weasley, Harry Potter, Luna Lovegood
RATING: Verde
GENERE: Commedia
AVVERTENZE: One-shot
NdA: torturare Draco è divertente, non avrei mai pensato. In questa storia, lo vedremo alle prese che quei poveri bambini a cui lui è costretto a fare da maestro. Non avrei mai pensato che potesse essere così spassoso scrivere una cosa del genere...
In questa storia avremo ben DUE dichiarazioni d'amore finite male. Una è una dichiarazione con i controfiocchi, l'altra è un po campata per aria...vedrete, comunque. Ah, Draco/Luna è il mio OTP, ve lo devo dire. Questa storia però non è una Draco/Luna, né una Draco/Ginny o una Draco/Hermione...è una Draco/Nessun'altro, non mi importa di chi si innamora. Però ho dovuto rendere omaggio al mio OTP in qualche modo, e vedrete alla fine come xD Buona lettura!
Ah, ho cambiato il titolo alla storia, ma non mi esalta poi granché...se avete suggerimenti sono ben accetti!



Caro maestro…

 La domanda “Che cosa ne pensate di Draco Malfoy?” avrebbe sicuramente generato risposte molto contrastanti all’interno del mondo magico.
Per Narcissa e Lucius Malfoy, Draco era l’unico figlio, da proteggere, amare e viziare, e per cui mentire ad un Signore Oscuro.
Harry Potter e Ron Weasley avrebbero risposto che era il più grande idiota che mai avesse calpestato il suolo terrestre e che non avrebbero chiesto di meglio che affatturarlo e buttarlo nel Lago Nero. Se qualcuno faceva loro notare che si erano battuti come Chimere quando aveva rischiato di finire in prigione, facevano spallucce e dicevano che era troppo stupido anche per andare ad Azkaban.
L’unica cosa che Hermione Granger riusciva a pensare era che Draco fosse un pessimo allievo, distratto, seccante e quanto mai di disturbo.
Per Ginny Weasley era semplicemente qualcuno estremamente divertente da prendere in giro, specialmente perché ammutoliva ogni volta che lei gli ricordava della Fattura Orcovolante che gli aveva lanciato nell’ufficio della Umbridge, alla fine del suo quinto anno.
Luna Lovegood pensava che, in fondo in fondo, fosse una persona dal cuore d’oro, e nessuno aveva la forza di contrastare questa sua convinzione. Quando voleva, Luna poteva diventare enormemente testarda.
Per Hagrid, era solo quello che aveva provato in tutti i modi di uccidere Fierobecco, «Ma alla fine lo so che non ci è un cattivo ragazzo», aveva detto una volta.
Pansy Parkinson non faceva che ripetere ad un’audience sempre meno convinta che Draco l’avrebbe sposata e avrebbero avuto tanti bambini. Per Gregory Goyle continuava a essere qualcuno da cui prendere ordini. Per Theodore Nott, qualcuno con cui parlare ogni tanto nei momenti di confidenza.
C’era qualcosa, però, che nessuno, nemmeno Luna Lovegood, avrebbe mai detto o pensato: neanche con il più grande sforzo di fantasia, nessuno si sarebbe mai immaginato che Draco Malfoy sarebbe un giorno finito a fare il maestro in un asilo Babbano.
«Maestro Draco! Maestro Draco! Lucy mi ha rubato la bambola!»
«Non è vero! Sally, sei una bugiarda! Me l’hai prestata tu!»
«Sì, però adesso la rivoglio! È la mia bambola!»
Draco fece un lungo sospiro per chiamare a sé l’ultimissimo briciolo di pazienza che gli era rimasto, poi sbottò: «Fate silenzio! Lucy, dai la bambola a Sally. Ha ragione lei, è la sua bambola».
Sally fece un sorrisetto vittorioso, poi strappò la bambola dalle mani di Lucy e corse via a giocare con le compagne.
«Non è giusto!» strillò Lucy, battendo i piedi. «Me l’aveva prestata, aveva detto che potevo giocarci per tutto l’intervallo!»
«Non hai una bambola tua, Lucy?» chiese Draco, dando prova dell’autocontrollo che aveva imparato ad assumere in quegli ultimi mesi.
«Sì è rotta ieri» piagnucolò la bambina. «E la mamma ha detto che è colpa mia che non sono stata attenta e che non me ne comprerà un’altra fino al mio compleanno. E non era nemmeno colpa mia, era colpa di Charlie che le ha staccato la testa perché è cattivo, e mi ha detto che se lo dico alla mamma mi romperà anche tutti i miei pupazzi!» continuò, gli occhi ormai piene di lacrime per la rabbia e l’ingiustizia subita.
«Beh, anche se non hai una bambola non puoi fare qualcos’altro? Puoi disegnare, per esempio!»
Lucy lo guardò male, come solo una bambina di quattro anni può guardare un adulto che ritiene estremamente tonto. «Disegno già quando c’è l’ora di disegno, perché devo farlo anche nell’intervallo?»
«Ehm, allora puoi giocare con i tuoi compagni! Guarda come si divertono!» propose Draco, indicando un gruppo di bambini che facevano correre le loro macchinine, ridendo come matti.
«Non voglio giocare con loro!» esclamò Lucy. «Io voglio una bambola!»
Draco si guardò intorno, assolutamente disperato, alla ricerca di qualcosa che le si potesse spacciare per una bambola. Il suo sguardo si posò su un orsacchiotto che nessuno dei bambini considerava mai, a causa del suo aspetto vecchio e malconcio. «Prova a giocare con questo!»
«Ma è brutto e vecchio!» protestò Lucy.
«Appunto!» esclamò Draco, con convinzione. «Quindi è un esperto di giochi, no? Sarà molto più bravo e ubbidiente di una bambola nuova!»
Lucy rimase un minuto a riflettere, soppesando le sue parole, mentre il ragazzo la guardava, pregando tutti gli Dei di cui era a conoscenza perché prendesse quel maledetto peluche e sparisse. Infine, la bambina fece un sorriso ed annuì, afferrò l’orsacchiotto e si allontanò a giocare in un angolo.
Draco sospirò di sollievo, ma la pace non durò a lungo. «Maestro Draco! Johnny ha preso a calci la mia macchinina!»
«Non è vero, Brian, non dire bugie! L’ho colpita per sbaglio».
«Invece l’hai fatto apposta!»
«Non è vero!»
«Sì che è vero!»
«No che non è vero!»
«Invece sì che è ver…»
«Ora basta!» sbottò Draco, prossimo ormai a una crisi isterica. «Johnny, guardami bene negli occhi, ricordati che so benissimo quando qualcuno mi dice una bugia e rispondimi: hai preso a calci la macchinina di Brian?» chiese, guardando il bambino con aria minacciosa.
Johnny ricambiò il suo sguardo, imperturbabile. «L’ho colpita per sbaglio» ripeté.
Draco lo fissò per qualche istante, senza parlare, poi fece spallucce. «Sai, Brian, credo davvero che non l’abbia fatto apposta. Perché non fate la pace? La macchinina non si è rovinata, no?»
«No» rispose Brian, pur con aria poco convinta. Poi decise che in fondo non aveva più voglia di tenere il broncio e ritornò dai compagni, ridendo insieme all’amico.
Sarebbe mai riuscito a sopravvivere fino alla fine della giornata? Davvero non capiva che bisogno avessero i Babbani di raggruppare migliaia di bambini di quelle dimensioni in un solo posto. Quale malato di mente poteva accettare di prendersene cura? Lui era costretto, ma si rifiutava di credere che tutte le maestre d’asilo fossero in realtà ex criminali costrette a far lavori socialmente utili. Draco sospirò e pregò che la campanella arrivasse il prima possibile e ponesse fine a quel supplizio.
«Maestro Draco! Sally mi ha rubato l’orsacchiotto che mi avevi dato!» Sì, decisamente il suono della campanella non arrivava mai abbastanza presto.

«Stai esagerando».
«Sei fuori di testa, vero? Quei bambini mi stanno tirando scemo! Capisco che mi odi, Granger, ma non potrei prendermi una settimana di vacanza?»
«No, non puoi» disse Hermione, in tono fermo, fermandosi fuori dall’entrata dell’asilo. «Qua la bacchetta, Malfoy, qualcuno verrà a prenderti alle quatto».
Hermione aveva presto deciso che permettere a Draco Malfoy di entrare in un asilo pieno di bambini armato di bacchetta magica fosse una cosa particolarmente stupida da fare, perciò ogni giorno lei o uno dei suoi amici lo accompagnava fino all’asilo e se la faceva consegnare.
«Non posso tenerla?» aveva piagnucolato il ragazzo, quando gliel’aveva detto. «Se ci attaccano dei Mangiamorte latitanti, chi difenderà quei poveri bambini?»
«Punto uno: in giro non ci sono Mangiamorte latitanti, li abbiamo presi tutti quanti, e, credimi, questa volta non siamo stati così idioti da liberarne la metà» aveva detto Hermione, ghignando. «Punto secondo: davvero credi che ti lascerei entrare in un asilo, anche senza bacchetta, senza mettere una squadra di Auror a sorvegliarlo meglio di Azkaban?»
Draco aveva trovato ben poco da ridire su una simile spiegazione, e aveva accettato, sebbene molto, ma molto di malavoglia, a consegnare la bacchetta all’accompagnatore di turno.
«Maestro Draco!» urlò Lucy non appena lo vide, correndogli incontro. «Ti ho fatto un disegno!» aggiunse, porgendogli entusiasta un foglio di carta.
Draco la guardò per un momento, assolutamente incredulo. «Tu…mi hai fatto un disegno?» chiese, perplesso.
«Sì, quando ero a casa!» spiegò Lucy. «Guarda!» insistette, sventolandogli il foglio sotto il naso.
Draco lo prese, ancora indeciso se crederle o meno: da quanto ricordava, Lucy aveva sempre espresso un enorme disprezzo nei confronti di disegni e affini, e accettava di prendere in mano un pennarello solo quando la minacciava di tenerla in punizione per tutta la durata dell’intervallo.
«Vedi?» stava spiegando la bambina. «Questa sono io» disse, indicando una figurina mora seduta sul pavimento. «E questo sei tu che mi regali l’orsacchiotto!» aggiunse entusiasta, indicando una figura bionda che con aria materna stava tenendo in mano qualcosa dalla forma indefinibile di color rosa.
«Ma che… Ehm… Che bello!» disse Draco, imbarazzatissimo. «Lo porterò a casa e lo farò vedere a tutti i miei amici!» aggiunse, cercando di fingere un po’ di entusiasmo.
Lucy gli sorrise, radiosa, e corse in classe saltellando.

«Lo sai, puoi anche smetterla di ridere».
Harry Potter non rispose: era troppo impegnato a cercare di non soffocare per avere la forza di dire alcunché. Draco borbottò qualcosa di indefinibile sul fatto che quando qualcuno ha un foglio di carta in mano è un gesto molto maleducato strapparglielo con l’incantesimo di Appello per vedere di che si tratti, ma rimase con pazienza guardare il suo simpatico accompagnatore, aspettando che smettesse di ridere.
«Ora me lo ridai?» disse infine, seccato.
«Sei matto?» gli rispose Harry, guardandolo come se gli avesse appena dichiarato eterno amore. «Questa cosa va fatta vedere a tutti

«Allora, come la mettiamo? Hai una spasimante e non mi dici niente?»
«Non so davvero come ho fatto a dimenticarlo, visto che siamo così in confidenza» borbottò Draco sarcastico. «E non è la mia spasimante».
Ginny scoppiò a ridere. «Una bambina che ti regala un disegno? Certo che lo è!»
«I bambini regalano disegni in continuazione» le fece presente Draco.
«Non a te, visto che sei così antipatico».
«Fesserie, i bambini mi adorano, anche se non sono riuscito a capire il perché».
«E quanti di loro ti hanno regalato un disegno?»
Draco non riuscì a trovare proprio niente da rispondere, quindi tacque, scocciato, sotto lo sguardo trionfante di Ginny. «Qua la bacchetta, Malfoy, Luna ti viene a prendere alle quattro».
Il ragazzo strabuzzò gli occhi. «La Lovegood? Sei sicuro che riuscirà a trovare la strada?»
«Luna è sana di mente quanto me» sibilò Ginny «E sicuramente lo è molto più di te. E ti sconsiglio di insultare i miei amici, quando ho la tua bacchetta in mano, ci siamo capiti?»
Draco annuì, con aria depressa, ed entrò nell’edificio.

«E…. ecco la campanella!» esclamò Draco, sollevato. Badare a venti bambini di quattro anni era la cosa più orrenda del mondo, di quel passo non sarebbe riuscito a vedere i trent’anni. «Mettetevi i cappotti, non dimenticate gli zainetti, mettetevi in fila quando uscite» recitò, pregando che si muovessero ad andarsene.
Quando tutti i bambini furono usciti, notò che Lucy indugiava sulla porta, guardandolo con aspettativa.
«Cosa c’è, Lucy?» mormorò Draco, prendendola per mano e avviandosi con lei verso l’uscita, che in quel momento per lui rappresentava il paradiso.
«Ti ho fatto un altro disegno!» esclamò la bambina, orgogliosa, estraendo dalla tasca un foglio stropicciato e porgendoglielo. «Vedi? Questi siamo noi che ci sposiamo».
Draco impallidì e prese il foglio, orripilato: il disegno rappresentava chiaramente lui in smoking e Lucy in abito bianco, vicino a un’imprecisata figura vestita di nero che immaginò essere il prete.
«Noi… che ci sposiamo?» mormorò, incredulo.
«Sì» rispose la bambina, solenne. «La mamma dice sempre che bisogna scegliere bene quando ci si sposa, quindi ho scelto te perché regali gli orsacchiotti».
Il ragionamento, visto da quel punto di vista, effettivamente non faceva una piega. «Sono onorato» borbottò Draco, imbarazzatissimo, cercando disperatamente una via d’uscita da quella situazione. «Però, ecco, vedi… non posso sposarti».
«Perché?» chiese Lucy, guardandolo male.
Draco si guardò intorno alla ricerca di una lampante ispirazione; vide Luna Lovegood seduta sul muretto del giardino all’ingresso e questo gli fece venire un’idea. «Perché voglio sposare lei» spiegò, indicandola.
«Oh» borbottò la bambina, delusa.
«Però continuerò a regalarti gli orsacchiotti, se vuoi» aggiunse Draco, sperando di tirarla su di morale.
«Davvero?» chiese Lucy, con gli occhi che le si illuminavano. «Allora va bene!»
Draco sospirò di sollievo quando capì che la situazione si era risolta senza tragedie, ma inorridì quando vide che Lucy era corsa verso Luna. «Vedrai che sarà un bravo sposo!» le stava dicendo. «Magari comincerà a regalarti anche le caramelle!»
Luna guardò Draco, senza capire, e non gli rimase che continuare con la recita. «Sì, vedrai che quando ci sposeremo ti circonderò di regali» disse, tetro, sperando che afferrasse che si trattava di una messa in scena. Lucy annuì soddisfatta e corse verso la madre, saltellando allegra.
Luna rimase in silenzio per almeno trenta secondi, fissandolo in modo così intenso che cominciò a sentirsi vagamente a disagio, poi all’improvviso sorrise, in modo così repentino da risultare inquietante. «Sei molto carino» disse, continuando a sorridere. «Ma non penso di volerti sposare» aggiunse con aria dispiaciuta, prima di porgergli la bacchetta e allontanarsi.

«E così, Malfoy, alla fine Luna non ti dispiace più così tanto, eh?»
«Taci, Weasley»

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Capitolo 6
*** Ecletticità [In un giorno di pioggia][066. Pioggia nella Big Damn Table] ***


Scritta per la Challenge 12 mesi di fanfiction!, indetto da BS.
Ogni mese, la giudiciA ci darà un tema su cui
dovremo scrivere la nostra storia,
scegliendo il giorno in cui pubblicarla.
Ho scelto il 26 perché a Settembre è il giorno del mio compleanno,
perciò ho pensato che mi potesse portare fortuna.
Il promt di questo mese è In un giorno di pioggia.
(066. Pioggia nella Big Damn Table)


NOME AUTORE: Lyra_weird (forum) Lyra Snape (EFP)
TITOLO DELLA STORIA: Ecletticità
PERSONAGGI: Draco Malfoy, Ron Wealsey
RATING: Verde
GENERE: Commedia
AVVERTENZE: One-shot
NdA: mi sono detta "Torturare Draco è bello, ma perché non mettere qualcuno a fargli compagnia?" e Ron è venuto fuori quasi in automatico. Perché quei due insieme sono così ingestibili che non potevo non dedicare loro un capitolo.
Alloooora...capirete dopo il senso di tutto questo discorso, ma sì, mi rendo perfettamente conto che se un essere umano normale facesse quello che fa Ron alla fine ci rimarrebbe secco. Ron però non muore perché è un mago, e perciò ho deciso che dev'essere più resistente. Dopo tutto, Silente è morto a centocinquant'anni, quindi i maghi sicuramente sono più resistenti dei babbani, è un dato di fatto.





Ecletticità

Lavorare in un asilo, circondato da bambini di quattro anni che chissà come avevano deciso di trovarlo simpatico, poteva essere stimolante sotto molti punti di vista, per qualcuno che fino a due mesi prima non sapeva neanche che forma avesse un bambino.
Draco Malfoy si scoprì a non riuscire a passare un minuto senza pensare ai bambini: quando lavorava pensava ai bambini, quando prendeva lezioni di Babbanologia pensava ai bambini, quando usciva con gli amici pensava ai bambini, quando dormiva sognava bambini. E la cosa, come da pronostico, non gli piaceva affatto.
«La mia testa è piena di bambini che urlano, e non ne vogliono uscire!» si era lamentato una volta contro la primaria causa del suo nuovo lavoro, Hermione Granger. «È tutta colpa tua! Granger, voglio smettere di lavorare in quell’inferno!»
«Fesserie» lo aveva liquidato Hermione, imperturbabile. «Ti lamenti solo per il gusto di farlo, ma in realtà lavorare con loro ti piace un sacco».
Draco avrebbe avuto tutta una serie di argomenti che potessero contrastare una simile affermazione, ma si era limitato a masticare un paio di maledizioni e a riprendere ad ascoltare la Granger che parlava del computer.
Lui detestava lavorare con i bambini. Ogni minuto doveva pensare a qualcosa che mantenesse viva la loro attenzione, perché nell’istante in cui si fossero annoiati avrebbero ripreso a correre in giro e fare macello. Doveva medicar loro le ferite, cantare canzoncine della bua, leggere favole Babbane immensamente idiote (un fantomatico Principe Azzurro che sconfigge una strega senza usare la magia non si era mai visto), pulirli quando cadevano in una pozzanghera piena di fango, stare attento quando andavano al bagno perché non si sporcassero, e tutta una serie di cose che avrebbe volentieri evitato.
In più, la conversazione non era così stimolante.
«Maestro Draco! Piove!»
«Ma non mi dire…» borbottò Draco, sarcastico, stando attento a non farsi sentire. I bambini per lo più ci tenevano a sottolineare qualunque cosa fosse sotto gli occhi di tutti: aveva provato a lamentarsi anche di questo, ma Hermione non lo aveva neanche lasciato finire. «Sono bambini, Malfoy, ti aspetti che parlino di politica internazionale?»
«Maestro Draco! Io non ho l’ombrello!» si stava lamentando una bambina, mentre si avviavano verso l’uscita.
«Tranquilla, Lizzie: puoi stare sotto il mio finché non troviamo tua madre».

Mezz’ora dopo, un Draco particolarmente inzaccherato, colpevole di essere capitato proprio in mezzo a una battaglia di fango, bussava alla porta di casa Granger.
«Si può sapere perché cavolo non mi sei venuto a prendere?» strillò a Ron, che era andato ad aprire
.
«Porca miseria! Sono già le quattro?» borbottò Ron, che evidentemente durante il giorno aveva pensato a tutto, tranne che ad alzarsi per riportare la bacchetta magica al suo legittimo proprietario.
«Sì, cervello di gallina! Dammi la bacchetta!» sbottò Draco, prima di afferrarla e ripulirsi.
«Beh, comunque devi venire dentro, hai lezione, adesso» lo riprese Ron, facendogli cenno di entrare.
Draco obbedì, abbattuto. Le poche volte che Weasley gli aveva fatto lezione di Babbanologia le cose erano sempre andate per il verso sbagliato. Si chiese perché la Granger si ostinasse a farli lavorare insieme, visto che Ron ne sapeva di Babbani anche meno di lui e in più aveva meno pazienza dei bambini all’asilo: le poche volte che si erano trovati da soli insieme non avevano fatto esplodere la casa solo perché una squadra di Auror era sempre pronta ad intervenire.
«Tranquillo, oggi non sarà difficile» lo rassicurò Ron, che aveva indovinato i suoi pensieri. «Visto che piove, faremo quello che fanno i Babbani per passare il tempo: guarderemo la televisione e giocheremo a qualcuno dei loro stupidi giochi da tavolo» aggiunse, indicando un Monopoli che si trovava sul tavolo.

Venti minuti, parecchie casette lanciate sul pavimento ed innumerevoli  accuse reciproche di frode dopo, si resero conto che il Monopoli non faceva per loro.
«Guarderemo la TV» borbottò Ron, chiudendo la scatola con aria indignata. «Questo gioco è veramente la cosa più stupida che io abbia mai visto».
«Non ti sembrava così stupido, quando hai cercato di rubarmi Oxford Street» borbottò Draco.
«Non ho tentato di rubarla! La mia pedina ci è finita sopra e la stavo comprando!»
«La tua pedina era finita sulle Chance, non su Oxford Street!»
«Stupidaggini» lo liquidò Ron, prendendo il telecomando. Ci armeggiò per un paio di secondi, premendo tasti a casaccio, finché l’apparecchio non si accese. Poi frugò nelle tasche e tirò fuori un foglio particolarmente sgualcito.
«Dobbiamo accendere il DVD e guardare un film» recitò, per poi guardare il lettore con aria parecchio allarmata, come se avesse avuto paura che in realtà fosse Voldemort redivivo.
Draco sbuffò e afferrò la lettera di Hermione. «Dice che dobbiamo schiacciare questo pulsante, ha persino fatto un disegno» disse con tono canzonatorio, premendo il pulsante di accensione. «Dice anche che ha scelto lei il film e che dovrebbe piacerci».
Ron fece spallucce e osservò lo schermo, sul quale erano appena apparse le parole “Alla ricerca di Nemo”.

«Ma quindi la madre muore?»
«Ma figurati, Weasley, è una cosa per bambini! Vedrai che torna!»
«Ti dico che è morta!»
«Non può essere morta, è la sua mamma!»
«Invece è morta, non vedi che non la trova? Non c’è più!»
«Ma è la sua mamma!»
«Vedo che lavorare con i bambini ti ha reso sentimentale, eh?»
«Non dire idiozie» sbuffò Draco, guardando truce lo schermo e osservando due pesci pagliaccio attraversare la strada.  Dieci secondi dopo, la luce di un fulmine particolarmente potente apparve alla finestra e l’apparecchio si spense.
I due ragazzi si guardarono, spaesati.
«Che hai fatto?»
«Niente, Weasley, ero seduto accanto a te! Dev’essere stato il fulmine!»
«E cosa cavolo c’entra?»
«La televisione funziona a elettricità, e anche i fulmini sono elettricità» snocciolò Draco, come se fosse un’interrogazione. «Se un fulmine colpisce l’antenna della casa il sistema elettrico va in sovraccarico e si spegne».
«E perché si spegne?»
«Per sicurezza, credo» disse Draco, insicuro. «Se c’è troppa elettricità in giro è pericoloso».
«E perché è pericoloso?»
«Cosa cavolo ne so?» sbottò Draco, seccato. Parlare con Weasley era esattamente come parlare con i bambini, erano irritanti allo stesso modo e continuavano a fare domande.
«Va bene, ma quindi come facciamo a riaccenderlo?»
«Non lo facciamo. Io me ne vado a casa e tu dirai alla Granger che non siamo potuti andare avanti perché è saltata la corrente».
«La corrente?» chiese Ron con sguardo stralunato.
«È un modo per dire elettricità» disse Draco stremato.
Ron annuì con aria saputa, poi scosse la testa. «Non puoi andare a casa, devo tenerti qui tutto il pomeriggio. Quindi o ti ricordi in che modo riaccendere quest’affare e scopriamo se Marlin riesce a ritrovare Nemo, o ci mettiamo a giocare a Monopoli».

Due minuti dopo, i ragazzi erano fuori in giardino.
«La Granger mi ha detto che tutto il sistema elettrico è controllato dal contatore» urlò Draco, per sovrastare il rumore della pioggia battente, indicando una specie di cassetta attaccata al muro. «Dobbiamo aprirlo e rialzare la levetta, che si chiama salvavita, e si riaccenderà».
Ron annuì e aprì l’antina, rivelando il contatore.
«Aspetta, però, sei tutto bagnato!» lo fermò Draco. «Non sono sicuro che sia una buona idea».
«E perché non sarebbe una buona idea?» chiese Ron, leggermente perplesso.
«Non lo so, non mi ricordo granché» ammise Draco. «Ma ho come la sensazione che non si debba toccare quella roba con le mani bagnate».
«Sarà una delle fisse di Hermione» borbottò Ron, scrollando le spalle. «Non vorrà che si sporchi o fesserie simili… Vedrai che non se ne accorgerà nemmeno» aggiunse, prima di infilare la mano nella cassetta.

«Ecco cos’era! L’acqua conduce elettricità e il corpo umano funziona con impulsi elettrici, quindi se tocchi qualcosa di elettrico con la mano bagnata l’elettricità si propaga e fa saltare gli impulsi elettrici umani, per quello è pericoloso!»
Un Ron dall’aria vagamente abbrustolita e un tic all’occhio destro lo guardò con aria infuriata, trattenendosi a stento dal picchiarlo.
«E perché diavolo non me l’hai detto prima?»

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Capitolo 7
*** Io odio la primavera! [Potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera][062. Primavera nella Big Damn Table] ***


Scritta per la Challenge 12 mesi di fanfiction!, indetto da BS.
Ogni mese, la giudiciA ci darà un tema su cui
dovremo scrivere la nostra storia,
scegliendo il giorno in cui pubblicarla.
Ho scelto il 26 perché a Settembre è il giorno del mio compleanno,
perciò ho pensato che mi potesse portare fortuna.
Il promt di questo mese è Potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera (Neruda)
(062. Primavera nella Big Damn Table)
.

NOME AUTORE: Lyra_weird (forum) Lyra Snape (EFP)
TITOLO DELLA STORIA: Io odio la primavera!
PERSONAGGI: Draco Malfoy
RATING: Verde
GENERE: Commedia
AVVERTENZE: One-shot
NdA: continuo con la storia di Draco e i bambini: sarò perseverante, e davvero immaginarmelo mentre è alle prese con un'intera classe di bambini Babbani mi fa sempre spisciare. Specialmente quando mostrano misteriosi capricci senza spiegazione che solo i bambini possono tirare fuori. xD
Mmmm... sì, il titolo è davvero stupido, ma non mi veniva in mente niente che non rovinasse la super sorpresa finale (ok, sì, vabbe), e questo è davvero l'unico che mi sia venuto in mente. Vabbe, ora vi lascio leggere, al mese prossimo!



Io odio la primavera!



Se a  qualcuno fosse mai venuta la malsana idea di chiedere a Draco: «Allora, come va con i tuoi bambini?» avrebbe sicuramente assistito a una scenata isterica della peggior specie, molto probabilmente seguita da un Avada Kedavra che avrebbe reso fiero persino Voldemort.
Secondo il suo modesto parere, i bambini erano orribili: si sporcavano, non facevano mai quello che veniva loro detto a meno che non li si minacciasse di privarli della merenda, e piangevano con una tale frequenza da fargli temere che prima o poi si sarebbero disidratati.
La cosa peggiore di tutte era che non riusciva a trovare nessuno con cui lamentarsi: Hermione sbuffava spazientita e gli rispondeva che settanta bambini sarebbero stati meno faticosi di lui, Ginny  si limitava a ridere come una perfetta idiota e non faceva che ripetere che in fondo quel lavoro doveva piacergli, visto che i bambini lo adoravano, Harry e Ron ridevano e basta.
I suoi genitori si limitavano a scrollare le spalle, dire che lavorare in un asilo era sicuramente meglio di Azkaban, e che comunque quello era un buon allenamento per quando avesse avuto dei figli (come se non avesse scartato immediatamente l’idea di averne dopo tre giorni in quell’inferno); Pansy Parkinson lo guardava comprensiva con una faccia che gli dava profondamente sui nervi, Goyle non capiva cosa fosse un asilo e Theodore non lo ascoltava nemmeno; una volta aveva provato a parlarne persino con Luna, ma quando lei gli aveva risposto di cercare il nido di Gorgosprizzi che impediva ai bambini di essere buoni aveva deciso di rinunciare.
Una cosa, però, la doveva ammettere: per quanto orribili fossero, non poteva negare che i bambini fossero pieni di sorprese.
Era sorprendente che riuscissero a credere fermamente che una sbucciatura non sarebbe guarita, se mentre li medicava non cantava la canzone della bua.
Era sorprendente come riuscissero ad assimilare qualsiasi cosa venisse loro detta: Brian era stato in grado di ripetere parola per parola la storia della Bella Addormentata nel Bosco dopo averla sentita una sola volta.
Era sorprendente il loro intuito imbarazzante: li aveva osservati abbastanza da capire che nessuno di loro era magico e che erano tutti tragicamente Babbani, ma Lucy una volta gli si era avvicinata con aria cospiratoria e gli aveva detto: «Lo sappiamo che sei un mago, ma non lo diremo a nessuno».
A quelle parole, Draco l’aveva guardata basito, e si era limitato a rispondere: «Ma che dici? Non lo sono affatto! Quel tipo che è venuto l’altro ieri e ha fatto i giochi con le carte, lui è un mago!»
Lucy aveva scosso la testa. «Ma va, lui era solo un pret… un pret…»
«Un prestigiatore!» era accorsa in aiuto Lizzie, per poi aggiungere: «Tu invece non fai dei trucchi, quella che fai tu è vera magia».
Draco aveva preferito non indagare su come l’avessero scoperto, visto che era stato attentissimo a non lasciarsi scappare anche il più piccolissimo incantesimo involontario: aveva intuito che, talvolta, i bambini capiscono le cose e basta, mostrando un impressionante spirito di osservazione che ormai lui aveva perso. In più, Babbani o no, credevano nella magia, e molte delle innumerevoli storie che Draco aveva letto in quei mesi mostravano che c’erano anche adulti che vi credessero: certo, le storie dei Principi Azzurri che sconfiggevano streghe senza usare la magia erano incredibilmente stupide, e non aveva mai sentito parlare di fate che fossero in grado di impugnare una bacchetta (anche perché era più grande la bacchetta di loro), ma certe volte il realismo delle favole era impressionante. Gli unicorni erano descritti con una precisione millimetrica, i draghi anche, e nella gita al museo di storia naturale aveva persino visto un
Diriclaw* impagliato: checché ne dicesse il Ministero, la magia era davvero il segreto peggior custodito del mondo.
La cosa più sorprendente dei bambini, comunque, era che talvolta perdevano completamente la testa senza apparente motivo, e talvolta impazzivano per giorni: Draco se ne convinse del tutto quando, un giorno di aprile, vide Johnny calpestare violentemente tutte le margherite che erano appena fiorite nel prato.
«Che diavolo stai facendo?» disse, prendendolo per mano e cercando di trascinarlo via.
«Fermo la primavera!» strillò Johnny con gli occhi che gli lacrimavano, riuscendo a divincolarsi e tornando alla sua opera di distruzione delle aiuole.
Draco decise di non commentare sull’assurdità di quell’affermazione, sollevò Johnny di peso e lo portò in classe. «Che stupidaggine» borbottò poi, rinunciando al silenzio. «Non si può fermare la primavera».
«Beh, io ci voglio provare!» sbottò il bambino. «Stupida primavera, la odio!»
Arrivati in classe, Draco lo mise giù e lo guardò stralunato: da quando era nato, non aveva mai sentito nessuno che odiasse la primavera. Certo, non era un romanticone che andava in estasi quando vedeva le primule in fiore e per quello che lo riguardava i fiori potevano anche bruciare tutti, ma chiunque poteva trovare un aspetto positivo nella primavera: per lui, per esempio, significava belle giornate e buon tempo da Quidditch. Probabilmente nemmeno Voldemort odiava la primavera, e Voldemort era uno che odiava qualunque cosa piacesse alla gente normale.
«Non è possibile, nessuno odia la primavera» disse infatti.
Johnny tirò sul col naso, lo guardò sdegnato e borbottò: «Io invece sì» prima di girarsi e raggiungere i suoi compagni.
«Maestro Draco, perché Johnny piange?»
«Perché odia la primavera, Lizzie».
«Ma nessuno odia la primavera!»
«Lui invece sì» disse Draco scrollando le spalle.
Lizzie lo guardò pensosa, poi corse dalle compagne e cominciò a confabulare. Draco decise che non aveva voglia di sapere cosa stessero combinando, si sedette e come sempre cominciò a pregare che anche quella giornata finisse presto.

Il giorno dopo, entrato in aula, si convinse di avere sbagliato posto. «Ma che diavolo…»
«Abbiamo deciso di far vedere a Johnny com’è bella la primavera!» strillò Lizzie, sbucando da chissà dove. «Così abbiamo decorato l’aula» aggiunse, guardandosi intorno orgogliosa.
La suddetta aula era straripante di fiori, veri, disegnati o di plastica, disseminati ovunque e in una tale quantità da far pensare a Draco che avessero dovuto rastrellare tutte le aiuole di Hyde Park per riuscire a trovarne così tanti.
«Ma che, ehm, che meraviglia!» disse, assolutamente sconcertato. «Sembra che sia esplosa una bomba che invece di distruggere tutto distribuisca fiori».
Lizzie e le altre bambine sorrisero radiose, anche se Draco non era del tutto sicuro che quello che aveva detto potesse essere considerato un complimento; si girò per cercare la cattedra, ma l’aula era un tale tripudio di fiori che non riuscì a trovarla: l’unico posto in cui ci si potesse sedere era il pavimento.
«Ma che schifo!»
Da Johnny in effetti poteva solo aspettarsi una reazione simile. Comunque, decise che non era il caso di offendere. «Non dire così» lo sgridò. «Le tue compagne hanno voluto farti una sorpresa per farti vedere com’è bella la primavera».
«Ma io odio la primavera!» ripeté Johnny per l’ennesima volta, con gli occhi che avevano ripreso a lacrimare.
Lizzie lo guardò, incredula. «Nessuno odia la primavera, Johnny».
«Io sì» rispose il bambino, starnutendo fragorosamente. «Sono allergico al polline».



*il Diriclaw compare nel libro "Gli animali fantastici: dove trovarli", pubblicato dalla Rowiling qualcosa come settemila anni fa. Per chi non lo sapesse, è una creatura magica che i Babbani conoscono con il nome di "dodo", e che credono estinto per la sua capacitàdi smaterializzarsi quando si sente in pericolo.

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Capitolo 8
*** Cambiamenti [Incontri][025. Estranei nella Big Damn Table] ***


Scritta per la Challenge 12 mesi di fanfiction!, indetto da BS.
Ogni mese, la giudiciA ci darà un tema su cui
dovremo scrivere la nostra storia,
scegliendo il giorno in cui pubblicarla.
Ho scelto il 26 perché a Settembre è il giorno del mio compleanno,
perciò ho pensato che mi potesse portare fortuna.
Il promt di questo mese è Incontri.
(025. Estranei nella Big Damn Table)

NOME AUTORE: Lyra_weird (forum) Lyra Snape (EFP)
TITOLO DELLA STORIA: Cambiamenti
PERSONAGGI: Draco Malfoy, Hermione Granger, Daphne Greengrass, Astoria Greengrass
RATING: Verde
GENERE: Commedia
AVVERTENZE: One-shot
NdA: questa volta è stata durissima, ma alla fine ce l'ho fatta. In fondo, se il tema è "incontri" e Draco lavora in un asilo, l'idea può essere solo una. E visto che J.K.Row ha deciso di accantonare la mia idea di far sposare Draco con Luna e ha deciso invece di fargli sposare Astoria Greengrass, tanto valeva renderle omaggio almeno in una storia. Ah, io Daphne me la immagino così, perché mi sono stufata di tutte quelle storia in cui lei è algida e fredda e glaciale e Serpeverde. Chi l'ha detto che i Serperverde non possano essere persone di buon umore e chiaccherone e piene di senso dell'umorismo?

Cambiamenti

Dopo mesi passati a lavorare in un asilo, Draco scoprì con enorme sorpresa che ormai ai bambini aveva fatto l’abitudine.
Non si schifava più quando cadevano nel fango, non gli era venuto da vomitare neanche una volta quando aveva passato tutto il giorno al nido a cambiare pannolini, disinfettava sbucciature con l’abilità delle migliori infermiere, e si era talmente abituato a cantare canzoncine della bua che si sorprese a cantarla anche quando fu costretto a medicare Ron, che si era ferito nel tentativo di insegnargli cosa fosse un pelapatate.
Lavorare con i bambini l’aveva reso enormemente paziente, molto più di quanto non pensasse di essere: ormai, ogni volta che Luna veniva a prenderlo all’asilo stava a sentire tutte le sue follie su Gorgosprizzi e Ricciocorni Schiattosi senza mai sbuffare.
In fondo in fondo, finì con l’ammettere, i bambini non erano poi così male: bastava spegnere il cervello a intervalli regolari, e riusciva benissimo a conviverci. I bambini erano un po’ come i gatti, rifletté una volta: assolutamente adorabili quando dormivano, assolutamente rompiscatole quando avevano fame o più in generale quando erano svegli, inquietante abilità nel guardarlo con aria di disapprovazione ogni volta che faceva qualcosa che ritenevano fosse sbagliato.
Ma soprattutto, come i gatti, erano enormemente gelosi delle loro proprietà e detestavano i cambiamenti improvvisi. Se ne accorse quel giorno in cui una bambina bionda, particolarmente piccola e particolarmente terrorizzata, si presentò alla porta della sua classe.
«Bene, bambini, questa è Helen, si è appena trasferita! Fatela sentire come se fosse a casa sua, mi raccomando!»
L’intera classe si voltò e cominciò a squadrare la nuova compagna con sospetto. Draco si chiese il perché, ma infine decise che non voleva saperlo: i bambini erano così, imprevedibili, e non aveva voglia di indagare sui motivi che potessero portarli a detestare la nuova compagna. A lui bastava che non la picchiassero e non tentassero di seppellirla in giardino, poi potevano fare quello che volevano.
«Bene, Helen, questo è il tuo armadietto, puoi mettere qua lo zainetto e la merenda, e poi puoi andare a giocare con i tuoi nuovi compagni».
Helen annuì, intimidita, mormorò un flebile: «Grazie, maestro Draco» e si avviò verso gli altri bambini, che continuavano a guardarla storto senza dire una parola.
Draco non dovette aspettare molto per scoprire il perché: dieci minuti dopo Lizzie e Sally, autoelettesi rappresentanti di classe, gli si avvicinarono con aria cospiratoria.
«Maestro Draco, chi è quella?» sussurrò Lizzie, con sguardo truce.
«È Helen, la vostra nuova compagna» spiegò Draco, chiedendosi dove volessero andare a parare.
«E rimarrà qui tanto?» borbottò Sally.
«Fino alle elementari, presumo: i suoi genitori adesso lavorano qui» rispose Draco, che ormai aveva rinunciato a capirci qualcosa.
«Ma tu vorrai comunque più bene a noi che a lei, vero?» riprese Sally, con aria ansiosa. «A lei non regalerai gli orsacchiotti, vero?»
Ecco qual era il problema, comprese Draco, assolutamente incredulo: erano gelosi. Se Potter l’avesse scoperto probabilmente sarebbe morto dal ridere.
«Ma bambine, io voglio bene uguale a tutti» tentò di spiegare, pregando dentro di sé che nessuno di sua conoscenza venisse mai a sapere di quella conversazione: non sarebbe mai più riuscito a mettere il naso fuori di casa.
«Ma non si può voler bene uguale a tutti!» protestò Lizzie. «Il bene che hai dentro è tutto uguale, quindi se lo dai a troppe persone è come se non lo dai per niente!»
«Come se non lo dessi» la corresse Draco sovrappensiero, riflettendo intensamente  su cosa rispondere: capiva che la serenità della povera Helen per tutto l’anno successivo dipendeva esclusivamente dalla sua risposta. «Vi ricordate la storia del sole?*» disse poi, illuminandosi improvvisamente. Quando le bambine annuirono, riprese: «Anche se il sole regalava raggi a tutti quanti, non si esaurivano mai, perché erano infiniti: il mio bene è come i raggi del sole, posso darlo a tutti perché è infinito».
Le due bambine lo guardarono  per almeno cinque minuti, senza dire una parola. Nel profondo, Draco si augurò di averle convinte, ma soprattutto si chiese quando mai era diventato così poetico: il suo bene era come i raggi del sole? L’aveva detto davvero? I bambini lo avevano cambiato davvero troppo, e non era sicuro che i cambiamenti fossero davvero una buona cosa.
Dopo poco, le bambine sorrisero. «È vero che sei come il sole» disse Lizzie, convinta. «Sei buono e hai anche la testa tutta gialla» aggiunse, prima di prendere Sally per mano e correre verso Helen, ridendo.

«E così, Malfoy, sei come il sole, vero?»
Avrebbe ucciso Lizzie. Avrebbe ucciso Lizzie e Sally e Brian e Lucy e Johnny, e tutti i bambini che erano corsi dalla Granger a dirle che era come il sole. E poi avrebbe ucciso anche la Granger, per evitare che andasse in giro a riferire tutte le idiozie che diceva ai bambini per farli stare tranquilli.
Al momento, però, doveva starsene tranquillo ad ascoltare la Granger che rideva come una scema, senza poter mettere in atto nessun piano di vendetta.
«Non ci posso credere» riprese Hermione, quando ebbe recuperato il fiato. «Credevo che avrei dovuto minacciarti per evitare che spaventassi i bambini, e invece viene fuori che ti vogliono bene e sono persino gelosi! Sei proprio cambiato».
«Io non sono cambiato!» sbottò Draco, indignato. «Sono sempre uguale! Sono sempre io!»
«Certo che sei sempre tu» annuì Hermione, con l’aria di chi la sa lunga. «Sei sempre insopportabile e cretino e ogni volta che devo farti lezione mi viene da piangere, ma sei comunque cambiato. Sei… paziente!»
«Non sono affatto paziente!»
«Sì che lo sei! Guarda adesso! Quando ti insegnai a fare l’albero di Natale hai praticamente ucciso un povero abete indifeso, e ieri sei stato in silenzio ad ascoltare come si fanno i frullati senza dire una parola! Sei cambiato, Draco» detto questo, gli restituì la bacchetta e se ne andò senza un’altra parola.
Era davvero cambiato? Davvero uno stupido lavoro in uno stupido asilo pieno di stupidi bambini poteva avergli fatto questo? Era una cosa così buona? Alla fine lui era come i bambini e i gatti, lui odiava i cambiamenti.

«Mamma, secondo te sono cambiato?» chiese, una volta varcata la porta di casa.
«Non adesso, Draco» lo interruppe sua madre. «È venuta a trovarti la tua amica Daphne insieme a sua sorella…sarebbe carino se andassi a salutare».
Daphne aveva una sorella? Avevano passato sette anni insieme a Hogwarts e non gliel’aveva mai detto? Vero che, conoscendola, non era impossibile che si fosse dimenticata di riferirgli un simile dettaglio. Una volta gli aveva “preso in prestito” il libro di pozioni  e gliel’aveva detto solo dopo due settimane che aveva passato a rastrellare l’intera scuola come un disperato.
«Draco! È un sacco di tempo che non ti vedo, come stai?»
Draco annuì senza dire niente, abbracciandola. Non sapeva definire il rapporto che aveva con Daphne: non erano propriamente amici, ma lei riusciva sempre a capirlo senza che avesse bisogno di dire nulla. Era come una sorella maggiore, o come un angelo custode molto distratto che la maggior parte delle volte si dimentica della tua esistenza, ma che sa sempre cosa fare per tirarti su di morale.
«Passavamo da queste parti, e ho pensato di venirti a trovare!» continuò Daphne, parlando a macchinetta com’era solita fare. «Non posso credere a tutto quello che mi ha raccontato tua madre! Prendi lezioni di Babbanologia dalla Granger? Com’è? Scommetto che alla fine non è così tanto male, deve avere una pazienza infinita per essere riuscita a sopportarti e non averti ancora ucciso… è vero che fai il maestro in un asilo con i bambini di quattro anni? Come fai? Non ti hanno ancora arrestato?»
Draco sapeva bene che Daphne parlava a raffica senza quasi prendere fiato, ma ogni volta che la vedeva restava sempre un po’ stordito dal torrente di parole che lo investiva. Era così impegnato a fissare l’amica, un po’ sconcertato, che non aveva ancora degnato di un’occhiata la sorella di lei, che le era seduta a fianco e la stava guardando con gli occhi pieni di rimprovero.
«Daphne…credo che tu possa anche fermarti, ora» mormorò, toccandole delicatamente un braccio.
«Che scema, non vi ho neanche presentati!» si scusò la ragazza. «Draco, questa è mia sorella Astoria. Te ne avevo parlato, no?»
«No, mai» borbottò Draco, prima di girarsi e finalmente osservare Astoria, e sorprendendosi di trovarla carina: si vedeva moltissimo che le due ragazze erano sorelle, ma la minore aveva quell’aria timida e riservata che Daphne invece era riuscita a sopprimere con la sua esuberanza.
«È un piacere conoscerti, Draco» mormorò Astoria, guardandolo un secondo prima di abbassare lo sguardo.
«Scusala, è un po’ timida» borbottò Daphne. «È come i bambini, si vergogna quando conosce persone nuove».
«Non c’è problema, allora» rise Draco. «Io lavoro tutti i giorni con i bambini!»
Daphne rise a sua volta, per poi lanciargli uno sguardo sorpreso. «Ti è cresciuto il senso dell’umorismo! Non ti vedo per tre mesi e ti ritrovo completamente cambiato!»
Era davvero cambiato, e se era riuscito a notarlo perfino Daphne vuol dire che non si poteva più sindacare. Guardando il sorriso di Astoria, però, si rese conto che, forse, alla fine i cambiamenti non sono poi così male.

*La storia del sole l'ho rubata a Gianni Rodari e le sue Favole al telefono. Mi sembrava adatta xD

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Capitolo 9
*** Un buon non compeanno...a te! [Compleanno][091. Compleanno nella Big Damn Table] ***


Scritta per la Challenge 12 mesi di fan fiction!, indetto da BS.
Ogni mese, la giudiciA ci darà un tema su cui
dovremo scrivere la nostra storia,
scegliendo il giorno in cui pubblicarla.
In teoria il mio giorno è il 26 di ogni mese,
ma questo mese davvero non ce l'ho fatta, perciò ho scelto il 30...
non ha nessun significato romantico, è solo che ieri avevo un esame xD
Il promt di questo mese è Compleanno.
(091. Compleanno nella Big Damn Table)

NOME AUTORE: Lyra_weird (forum) Lyra Snape (EFP)
TITOLO DELLA STORIA: Un buon non compeanno...a te!
PERSONAGGI: Draco Malfoy, Ron Weasley, Hermione Granger, Harry/Ginny
RATING: Verde
GENERE: Commedia
AVVERTENZE: Flash fic
NdA: sono piena di esami, perciò sono in ritardo e la storia è così corta che chiamarla one-shot davvero non si poteva. E' una flash fic in cui semplicemente si dimostra quanto Hermione si si sbagliata a credere di poter lasciare Draco da solo nelle mani dei suoi amici. Ah, ed è piuttosto stupida, quindi perdonatemi xD


Un buon non compleanno… a te!


«Abbiamo tutto il giorno? Muoviti, Hermione non sarà qui fra due anni!» tuonò Ron, all’indirizzo di un Draco Malfoy particolarmente scarmigliato e con i capelli coperti di farina che lo guardò con odio, come se non chiedesse di meglio che scaraventarlo nella camera del Segreti a far compagnia al Basilisco.
Ron ghignò. Nonostante all’inizio ritenesse che l’idea di Hermione di costringere tutti loro ad aiutarla a dare lezioni di Babbanologia a Malfoy fosse assolutamente idiota, col tempo aveva dovuto ricredersi. Insegnare Babbanologia a Malfoy era magnifico. Non si era mai divertito così tanto in vita sua, nonostante un paio di incidenti che avevano coinvolto un forno a microonde il cui contenuto era misteriosamente esploso, un pelapatate assassino e una canzoncina della bua. Inizialmente si era chiesto perché la maggior parte delle sue lezioni dovessero riguardare l’ambito culinario, ma Hermione si era limitata a scrollare le spalle e a dire che fargli fare le lezioni in cucina diminuiva la possibilità che lui fuggisse.


«Non possiamo usare la magia? La Granger non lo verrà mai a sapere e saremmo tutti più felici» si stava lamentando Draco, stremato.
«Nossignore! Sbrigati a montare quelle uova, olio di gomito, su!» tuonò Ron. In realtà aveva come il sospetto che esistesse una cosa chiamata ‘frusta elettrica’, che avrebbe indubbiamente reso il compito più facile, ma guardare Malfoy mentre montava gli albumi a mano era la cosa più divertente alla quale gli fosse mai capitato di assistere.
Dopo parecchio tempo, lamenti e farina rovesciata dopo, la torta fu posta trionfalmente nel forno.
«Beh, muoviti!» sbottò Ron. «Abbiamo ancora un milione di cose da fare! Appendi i festoni! Trova le candeline! Metti le patatine nelle ciotole! Spazza per terra!»
Draco eseguì gli ordini che gli venivano imposti, borbottando ininterrottamente insulti e commenti su quanto gli sarebbe piaciuto dar fuoco alla testa di Ron e mettere lui sulla torta al posto delle candeline.


Un’ora dopo, quando tutto fu pronto, Harry e Ginny, che erano rimasti tutto il tempo spaparanzati sul divano a guardare fuori dalla finestra, balzarono in piedi. «Sta arrivando!» strepitò Ginny «Tutti in posizione!»
Restarono seduti  nel buio del salotto per qualche secondo, finché Hermione non entrò ed accese la luce; a quel punto, balzarono tutti in piedi, urlando: «SORPRESA!»
«Ma che cavolo succede?» strillò Hermione, che al loro urlo aveva fatto un balzo così alto che era un miracolo che non fosse arrivata al soffitto.
«Mi hanno detto che è il tuo compleanno, Granger» spiegò Draco. «Quindi ti ho preparato la festa, senza mai usare la magia! Ci ho impiegato quasi tutto il giorno» aggiunse, a metà fra il compiaciuto e l’esasperato.
«Ah, ti hanno detto così, eh?» commentò Hermione, lanciando un’occhiataccia ai suoi tre amici, che avevano preso a ridere come iene.
«Sì, perché?» chiese Draco, guardandoli senza capire.
«Beh, Draco…oggi non è il mio compleanno».

 

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Capitolo 10
*** La spiaggia [Questo caldo mi sta sciogliendo il cervello!][063. Estate nella Big Damn Table] ***


Scritta per la Challenge 12 mesi di Fan Fiction!, indetto da BS.
Ogni mese, la giudiciA ci darà un tema su cui
dovremo scrivere la nostra storia,
scegliendo il giorno in cui pubblicarla.
Ho scelto il 26 perché a Settembre è il giorno del mio compleanno,
perciò ho pensato che mi potesse portare fortuna.
Il promt di questo mese è Questo caldo mi sta sciogliendo il cervello
(063. Estate nella Big Damn Table)!


NOME AUTORE: Lyra_weird (forum) Lyra Snape (EFP)
TITOLO DELLA STORIA: La spiaggia
PERSONAGGI: Draco Malfoy, Hermione Granger
RATING: Verde
GENERE: Commedia
AVVERTENZE: (Pure) Double drabble
NdA: così di corsa che sentirete il vento! Ho finito gli esami da pochissimo, devo partire dopodomani e ho lavorato un sacco, perciò sono in ritardo! (ma voi non ci fate caso, no?)
La storia ovviamente è cortissima, non è nemmeno una flash fic...è una double drabble, e sono riuscita a farla di duecento parole esatte praticamente al primo colpo. Che occhio, eh? (si pavoneggia). Ci si vede dopo le vacanze!


La spiaggia

 

Hermione Granger non era mai venuta meno ad un compito: per quanto sgradevoli, noiosi o seccanti fossero, i compiti restavano compiti, e andavano fatti in qualsiasi caso.
Rimpianse molto di aver adottato questa filosofia quando si trovò costretta a passare gran parte del suo tempo con Draco Malfoy, ma ormai il senso del dovere le era entrato nel sangue come veleno, e non riusciva davvero a sottrarcisi.

«Granger, ma che idea stupida!»
«Taci!» ruggì Hermione, esasperata. «Imparerai qualcosa sulle vacanze Babbane, e stare in spiaggia non ti ucciderà di certo».
«Questo caldo mi sta sciogliendo il cervello» piagnucolò Draco, che avrebbe dato qualsiasi cosa per essere in qualsiasi altro posto con una qualsiasi altra persona, piuttosto che essere in una stupida, deprimentissima spiaggia con Hermione Granger.
«Sai, ti potrei anche credere» borbottò Hermione, chiedendosi che cosa le impedisse di ucciderlo. Azkaban doveva essere un paradiso, in confronto a quello che stava passando lei. «Se non fosse che siamo in Inghilterra, è nuvoloso e non farebbe caldo nemmeno per sbaglio».

Draco ammutolì, e Hermione per un momento pensò di aver guadagnato un po’ di pace.
«Granger, si muore di freddo, torniamo a casa?»
Sapeva che non sarebbe potuta durare a lungo.

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Capitolo 11
*** Il colloquio [Ho sempre ammirato le persone che parlano con gli occhi perché mi paiono più svelte a capire il mondo][027. Genitori nella Big Damn Table] ***


Scritta per la Challenge 12 Mesi di Fanfiction!, indetto da BS.
Ogni mese, la giudiciA ci darà un tema su cui
dovremo scrivere la nostra storia,
scegliendo il giorno in cui pubblicarla.
Ho scelto il 26 perché a Settembre è il giorno del mio compleanno,
perciò ho pensato che mi potesse portare fortuna.
(Quando non sono in 
ritardo, come questa volta)
Il promt di questo mese è Ho sempre ammirato le persone che parlano con gli occhi perché mi paiono più svelte a capire il mondo.
(027. Genitori nella Big Damn Table)

NOME AUTORE: Lyra_weird (forum) Lyra Snape (EFP)
TITOLO DELLA STORIA: Il colloquio
PERSONAGGI: Draco Malfoy, Hermione Granger
RATING: Verde
GENERE: Commedia
AVVERTENZE: One-shot
NdA: all'ultimissimo secondo, proprio! Non saprei come descriverla, e poi comunque non serve: basti sapere che torturare Draco è così divertente che penso che continuerò con questa raccolta anche quando il contest sarà finito. Baci baci!



Il colloquio

«No, no e poi no! Ho accettato di imparare a usare il cellulare, ho accettato di lavorare in uno stupido asilo pieno di esseri urlanti, ho accettato di occuparmi della tua finta festa di compleanno, ma non accetterò di fare una cosa del genere!»
«Tecnicamente, non hai accettato proprio un bel niente» puntualizzò Hermione all’indirizzo di un Draco Malfoy dall’aria parecchio ribelle. «È stato il Ministero che ti ha detto di farlo, se no ti avrebbero spedito ad Azkaban»
«Beh, allora fammi mandare ad Azkaban!» supplicò Draco. «Ora non ci sono più i Dissennatori, capirai, dev’essere un paradiso rispetto a quello che sto passando i…»
«Adesso basta!» lo interruppe Hermione, severa. «Devi fare i colloqui con i genitori, e non discutere, altrimenti te lo trovo io un Dissennatore che ti dia un appassionato bacio di bentornato!»
«Questa è una grande idea! Lo sai l’unica cosa peggiore di un bambino urlante? Il genitore di un bambino urlante, non un Dissennatore! Fammi baciare, ti prego!»
Hermione prese un respiro profondo per evitare di prendere Draco per la gola e mettergli la testa nella tazza del water. All’inizio, l’idea di Ginny di costringere Draco a lavorare in un asilo le era parsa piuttosto brillante, ma nei seguenti mesi aveva decisamente cambiato opinione: ora era costretta ad ascoltare Draco che si lamentava dell’asilo, che si lamentava dei bambini, che si lamentava nelle canzoncine della bua, che si lamentava dei bagni che erano troppo piccoli…era vero che, se non avesse lavorato all’asilo, avrebbe trovato qualcosa di cui lamentarsi in ogni caso.
«Vai. A. Scuola. Ora.» sibilò Hermione con la voce e lo sguardo così simili a quelli della professoressa McGrannitt che Draco non poté fare a meno di ubbidire.
Si avviò con aria depressa verso l’asilo, vagliando il suo cervello alla ricerca di un’idea che gli facesse sbrigare in fretta quella seccante faccenda. Evidentemente, Hermione lo conosceva meglio di quanto lui non credesse.
«Colloqui individuali, non provare a fare finta di non saperlo e a parlare a tutti i genitori insieme!» gli urlò dalla finestra. «Devono durare almeno cinque minuti ognuno!»

Draco sbuffò e non appena vide la fila di genitori fuori dalla classe in attesa, capì che quel pomeriggio sarebbe definitivamente andato sprecato.
«Ehm, buongiorno!» disse, leggermente, imbarazzato. «Sono Draco Malfoy, il maestro dei vostri figli! Possiamo accomodarci tutti in classe, poi parlerò con tutti voi a turno!»
Il primo che si fece avanti era un padre molto alto e dall’aria parecchio sospettosa. «Mi sembra molto giovane» esordì, squadrandolo da capo a piedi attraverso le spesse lenti rettangolari.
«Sono molto giovane» rispose Draco, senza minimamente preoccuparsi di suonare gentile. «Lei è…?»
«Signor Murray, il padre di Johnny» rispose lui, senza smettere di fissarlo. «Come mai ha deciso di fare il maestro di asilo, sentiamo? Di solito io incontro solo donne che vogliono fare questo lavoro».

«Diciamo che a volte la vita è piena di scelte inaspettate» borbottò Draco. «Perché non si accomoda, Signor Murray?»

Le due ore successive furono le più noiose che Draco avesse mai provato nella vita: nonostante tutti gli altri genitori si dimostrassero molto più bendisposti nei suoi confronti rispetto al padre di Johnny, sembrava che fossero venuti lì esclusivamente per declamare le doti dei loro pargoli e guardarlo mentre annuiva. Rispetto a quello, le lezioni di Rüf erano più divertenti di una festa in piscina.
«Brian è un ragazzino molto, molto sensibile…»
«Lizzie è sempre così generosa nei confronti degli altri bambini…»
«Sally è sempre così allegra, non trova anche lei?»
«Mary a volte mi sembra così intelligente che potremmo iscriverla in una scuola per bambini superdotati, lei che ne pensa?»

Draco stava cominciando seriamente a prendere in considerazione l’idea di scappare dalla finestra e consegnarsi agli Auror, quando si accorse che era rimasta soltanto una mamma con cui parlare.
«Buongiorno» disse, cercando di suonare educato per poter liberarsene il prima possibile. «Lei è…?»
«Margaret Jenkins, la madre di Lucy» rispose lei con un sorriso, per poi guardarlo in silenzio. Draco ricambiò il suo sguardo, indeciso.
«Beh, non ha niente da dire su Lucy?»
Draco boccheggiò, sorpreso: davvero si aspettava che lui dicesse qualcosa? Non era venuta anche lei per dirgli quanto Lucy fosse gentile e sensibile e intelligente?
«Oh, no, mi sembra ovvio che io pensi che mia figlia sia perfetta» disse Margaret, sorridendo e scuotendo la testa. «Sono sua madre! Per questo mi serve il parere di una persona esterna».
Bene, questo cominciava a diventare un tantino inquietante: o lui era talmente esaurito da esternare i suoi pensieri a voce alta senza accorgersene, oppure quella signora davanti a lui era una Legilimens. «Mi scusi, ma… sa leggere nel pensiero, per caso?» chiese, caustico.
«Certo che no!» rise Margaret. «Ma i suoi occhi la rendono davvero un libro aperto!»
Questa era la seconda sorpresa del giorno: lui era un libro aperto? Lui non era affatto un libro aperto! Lui era chiuso e misterioso e oscuro! «Non credo di essere davvero così facile da leggere» rispose, cercando di suonare gentile: in fondo, quella Margaret non gli dispiaceva.
«Ah, ma non deve mica prendersela, sa?
Ho sempre ammirato le persone che parlano con gli occhi, mi paiono più svelte a capire il mondo. Credo che lei sia davvero il maestro adatto per questi bambini! Grazie mille per il suo tempo» aggiunse, alzandosi.
«Oh, va già via?» chiese Draco, al contempo stupito e sollevato.
«Certo, non credo che ci sia niente da dire su Lucy» rispose Margaret, senza smettere di sorridere. «Non è speciale rispetto agli altri bambini, e non è cattiva. Questo mi basta».
«Aspetti!» la interruppe Draco. «Lucy è sempre stata la mia preferita, e ora ho capito perché! È perché ha una famiglia normale!»
Margaret scoppiò in una risata così forte che le vennero le lacrime agli occhi. «Deve prima conoscere mio marito!» disse allegra, senza smettere di ridere. «Lucy ha proprio ragione! Lei è proprio una persona divertente!» aggiunse, prima di andarsene e lasciarlo solo a guardare la porta come se non credesse alle proprio orecchie.

«Granger, cosa significa che so parlare con gli occhi?»
«Significa che i detti Babbani su di te non funzionano. Tu non capisci un cavolo, del mondo».

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Capitolo 12
*** La svolta [080. Perché?] ***


Riprendo questa raccolta dopo molto, molto, molto tempo. Perché sì, perché mi diverte torturare Draco e a tratti anche Ron, perché un'amica ha insistito che la continuassi e in effetti un po' mi dispiaceva non continuare.

Per rendermi la vita difficile perché se no non mi diverto, ho deciso di usare i promt della Big Damn Table. Non ci riuscirò mai, lo so. Ma in fondo perché non provarci?




Il promt di questa storia è 080. Perché?



La svolta



Ci volle un po’ di tempo perché Draco esplodesse; in verità, Hermione si era aspettata che succedesse molto prima.
Aveva sopportato di tutto: aveva guardato “Alla ricerca di Nemo”, aveva cambiato migliaia di pannolini, aveva quasi ucciso Ron con un pelapatate. Erano tutti sicuri che avrebbe dato di matto dopo aver preparato la festa per il finto compleanno di Hermione, ma si era limitato ad alzare il naso con tutta la dignità di cui era capace, e con grande sconforto di Ron si era chiuso in cucina insieme alla torta.
Hermione si rendeva conto di trovarsi davanti a una pentola d’acqua dimenticata sul fuoco: sarebbe arrivato quella piccola goccia in più che avrebbe fatto traboccare tutto.
E inevitabilmente accadde: il giorno in cui vide tutte le sue preziosissime camicie cucite su misura uscire dalla lavatrice colorate di rosa, Draco si girò verso due sghignazzanti Harry Potter e Ron Weasley, e con gli occhi iniettati di sangue sibilò, gelido: «Chiamatemi la Granger. SUBITO» Qualcosa nel suo sguardo, alla Voldemort che viene svegliato alle quattro del mattino dalle prove della banda di paese, convinse Harry ad accontentarlo.
Mezz’ora dopo, Hermione non aveva ancora capito che cosa diavolo fosse successo.
«Battaglie di fango e principi azzurri, capito? Io sono stufo, STUFO, non accetto che mi si facciano fare queste cose, ok? E comunque anche i principi azzurri avevano un’aria meno ridicola di quella che avrò io, e poi minestra sui muri della cucina e terra e fango, io non lo tollero, va bene? Ore e ore a sentir parlare di fate e fiori e zucche e poi il contatore dell’elettricità sotto la pioggia, e poi…» Hermione non capiva se si trattasse di un attacco isterico o di un incantesimo Confundus riuscito male, ma non era ancora riuscita a fermare le urla per chiedere alcunché.
Dopo dieci minuti di strilli, Draco si girò verso di lei. «Hai capito?» chiese, in tono definitivo.
«No. Non ho capito un cavolo» rispose la ragazza, paziente.
«Le camicie di Draco sono diventate tutte rosa» si arrischiò a spiegare Harry, timoroso.
«E perché sono diventate rosa?» chiese Hermione, guardandoli severamente.
«In realtà non abbiamo capito» ammise Ron.
Certo, avrebbe dovuto saperlo che mettere due uomini a spiegare a un terzo cosa fosse una lavatrice in fondo era un’idea molto stupida. Draco, però, sembrava pensare a qualcos’altro.
«Lo vedi?» sbottò infatti. «Non è giusto! Lui non sa un cavolo di Babbani, ed è sempre lì che borbotta “I Babbani sono ridicoli”, “I Babbani sono strani”, non è che abbia una grande opinione di loro, no? E allora perché…»
«Perché» lo interruppe Ron, sdegnato «io non ho dato appoggio ad un pazzo il cui scopo primario fosse farli fuori tutti!»
«Sì, beh, io comunque non vedo come posso imparare a non disprezzare i Babbani se uno dei miei insegnanti li disprezza quanto me»
Ron sembrò troppo indignato per rispondere e si voltò verso Hermione, in cerca di aiuto.
La ragazza però non disse niente, e rimase a fissarli a lungo, riflettendo. Harry riconobbe quello sguardo, lo stesso sguardo che aveva avuto quando faceva ricerche per il CREPA, quando preparava i loro piani di ripasso e quando era riuscita a convincerli a partecipare alla festa di Halloween. E capì che per Ron le cose si stavano mettendo davvero male.
Dopo un lungo silenzio, Hermione aprì la bocca e disse l’ultima cosa che chiunque nel mondo, compresa Luna Lovegood, si sarebbe aspettato: «Ha ragione lui».
«Scusa, puoi ripetere?» chiese Ron, incredulo.
«Ha ragione lui» ripeté Hermione, e il suo sguardo tradiva un lieve senso di colpa. Si capì subito dopo che non era nei confronti di Ron. «Ti ricordi quanto mi hai preso in giro dopo che ti ho spiegato cosa siano gli sci? E quando mi hai chiesto se Cenerentola era il nome di una malattia?»
«Sì, ma era una cosa ironica!» protestò Ron, che cominciava a temere il peggio.
«Ne sei proprio sicuro sicuro?» chiese Hermione palesemente incredula.
«Sì… ehm… però io comunque non ho minacciato né torturato nessuno, quindi è diverso» ribatté Ron.
«Sì, ma questo non è il punto» concluse Hermione «Il punto è che Draco deve imparare ad apprezzare i Babbani per riuscire a redimersi agli occhi della comunità magica, e avere un insegnante che nei confronti dei Babbani non nutre un grande rispetto non lo aiuterà di certo».
«Quindi mi stai dicendo che non dovrò più insegnargli niente?» chiese Ron speranzoso, cominciando a pensare che in fondo tutte le proteste di Draco gli sarebbero tornate utili in qualche modo.
«No» lo spense la ragazza «Ho chiesto a tuo padre di fargli un discorso sul perché i Babbani sembrino tanto affascinanti agli occhi dei maghi… E tu sarai presente e lo ascolterai».
Draco annuì, diviso tra la scocciatura al pensiero del discorso che Arthur Weasley gli avrebbe propinato e la soddisfazione di essere riuscito ad incastrare Ron. Quest’ultimo non riuscì a dire assolutamente nulla per parecchi minuti, boccheggiando alla ricerca di qualcosa di estremamente tagliente da dire alla sua ragazza. Alla fine, riuscì a dire, con voce flebile, una sola parola: «Perché?»




001.Inizio. 002.Intermezzo. 003.Fine. 004.Interiorità. 005.Esteriorità.
006.Ore. 007.Giorni. 008.Settimane. 009.Mesi. 010.Anni.
011.Rosso. 012.Arancione. 013.Giallo. 014.Verde. 015.Blu.
016.Porpora. 017.Marrone. 018.Nero. 019.Bianco. 020.Senza colori.
021.Amici. 022.Nemici. 023.Amanti. 024.Famiglia. 025.Estranei.
026.Compagni di squadra. 027.Genitori. 028.Figli. 029.Nascita. 030.Morte.
031.Alba. 032.Tramonto. 033.Troppo. 034.Troppo poco. 035.Sesto Senso.
036.Olfatto. 037.Udito. 038.Tatto. 039.Gusto. 040.Vista.
041.Forme. 042.Triangolo. 043.Diamante. 044.Cerchio. 045.Luna.
046.Stelle. 047.Cuori. 048.Quadri. 049.Fiori. 050.Picche.
051.Acqua. 052.Fuoco. 053.Terra. 054.Aria. 055.Spirito.
056.Colazione. 057.Pranzo. 058.Cena. 059.Cibo. 060.Bibite.
061.Inverno. 062.Primavera. 063.Estate. 064.Autunno. 065.Mezze stagioni.
066.Pioggia. 067.Neve. 068.Lampo. 069.Tuono. 070.Tempesta.
071.Rotto. 072.Riparato. 073.Luce. 074.Oscurità. 075.Ombra.
076.Chi? 077.Cosa? 078.Dove? 079.Quando? 080.Perché?
081.Come? 082.Se. 083.E. 084.Lui. 085.Lei.
086.Scelte. 087.Vita. 088.Scuola. 089.Lavoro. 090.Casa.
091.Compleanno. 092.Natale. 093.Ringraziamento. 094.Indipendenza. 095.Capodanno.
096.Halloween. 097.Scelta libera. 098.Scelta libera. 099.Scelta libera. 100.Scelta libera.

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