Non passi mai di fronte alla porta della camera da letto di Sherlock Holmes, ma questa notte lo fai...
[Oneshot ispirata a "The next day" di oOBlackRavenOo]

Questo volevo, avevo bisogno di questo : blu e grigio si intrecciano, chimica perfetta.
Nel nostro sguardo si mescolano cielo e mare : puri e selvaggi, così come Dio li creò nella notte dei tempi.
Lui comprende, abbassa il capo e getta fuori aria, pentimento, rimorso.
“Perdonami..” è un soffio che lambisce le sue labbra, nulla di più.

Sherlock era un paziente terribile.
John l’aveva sempre saputo e mentre si accingeva a curarlo aveva giurato a se stesso che, una volta tanto, non si sarebbe lasciato fregare.
Niente vizi né capricci. Non ne avrebbe tollerati. Sherlock non l’avrebbe avuta vinta. Lui si sarebbe limitato a compiere il suo dovere di medico e di amico, ma non avrebbe fatto niente per trasformarsi in una balia come gli era accaduto in passato.

Tutto ha inizio quando Will rimane ferito durante un episodio di sonnambulismo.
Questa è una traduzione della storia Hyacinth House, pubblicata originariamente in Inglese dall'utente bluesyturtle su archiveofourown.org

Se te lo avessero chiesto, avresti sicuramente risposto che no, non faceva per te.
E lo avevano fatto, in tanti.
Più che altro insinuato o scritto, tutti troppo stupidi o intimoriti per chiederlo a te direttamente.
Evidentemente le convenzioni sociali stabiliscono che non si può dire di conoscere una persona a tutto tondo se si ficca prima il naso nella sua sfera personale, privata, sessuale.
Delle convenzioni sociali non te ne è mai importato nulla.
Non le conoscevi e se sì, erano state rimosse o semplicemente ignorate.
Prima mia storia qui: Sherlock non ha mai capito la parola "amare". Gli servirà tornare dopo tre anni per capire cosa l'amore sia e cosa non sia.

Ora, c'è da avere un po' di comprensione nei confronti di Sherlock. È vero, non è che loro non abbiano mai parlato, e poi lui è quello che si vanta continuamente di poter dedurre le cose più nascoste dai minimi indizi, per cui no, non si può dire proprio che per Sherlock questa sia una sorpresa. I segni c'erano già tutti, e anche da tempo. Dopo cinque anni di convivenza (niente affatto rosea ma sicuramente interessante sotto ogni punto di vista), sfociati da qualche anno in un'appagante relazione sentimentale, Sherlock ha potuto collezionare una notevole raccolta di prove del fatto che a John non dispiacerebbe per niente legalizzare la loro situazione.

Tracciare il profilo del suo collo con la punta della lingua era una sensazione indescrivibile. Era caldo, tanto caldo, quasi bollente. Profumava forte del suo odore di sigarette e menta, insieme ad una curiosa fragranza di acido citrico. Era morbido, liscio, e quando prendevo la sua pelle tra le labbra, come per assaporarla prima di morbida, cedeva alla mia dolcezza con arrendevolezza, troppa persino per lui.
Prima One-shot della serie "My New Name Will Be You"

«Che stai facendo?»
«Ti porto a letto.»
«Proposta indecente, dottor Watson» commentò con un sorrisetto malizioso. John roteò gli occhi, ma era arrossito.
«Io mica intendevo... Lascia stare.»

[...] Quando finalmente riesce a salire le scale che portano al 221b e apre la porta della sua casa, l'ultima cosa che si aspetta è di trovare il suo coinquilino seduto per terra.
Seduto per terra, e nudo.

La scena che il detective vede aprendo cautamente la porta socchiusa della stanza da letto ha il potere di bloccarlo sul posto e fargli fremere ogni singola cellula come se fosse attraversata da corrente elettrica ad altissimo voltaggio: John, ovviamente, sta dormendo, ma è abbracciato al cuscino di Sherlock e, soprattutto, indossa come unico capo di vestiario un paio di slip rossi. Quegli slip rossi. Quelli che Sherlock adora fino all’inverosimile e che hanno il potere di fargli ribollire il sangue nelle vene quando ne vede anche solo il bordo bianco che spunta appena dai pantaloni, tenuti sapientemente un po’ più bassi da John negli ultimi mesi.
Basta questo particolare indumento intimo per risvegliare gli istinti di Sherlock dopo un caso particolarmente complesso.

È una fredda sera d’inverno e tu cammini per le vie di Londra, le mani gelide infilate nel tuo inseparabile giaccone nero, incurante del mondo che ti scorre accanto veloce ed infaticabile.
La gente per strada ti guarda quando passi, non proprio si sofferma ma ti posa gli occhi addosso in quel modo, con un misto di pena e smarrimento, e Dio solo sa quanto tutto questo sia fastidioso. Ti sembra quasi di essere tornato indietro di quattro anni e qualcosa di più, a quando eri solo un reduce di guerra appena tornato dall’Afghanistan e tutti per strada si volgevano a guardarti con quegli occhi pieni di compassione per la tua gamba zoppa che ti laceravano il cuore, sotterrando la tua autostima ogni giorno sempre più.
Tre anni sembrano avervi cancellato dalla memoria del mondo, solo tre fottutissimi anni, e ancora non sai se pensare se in fondo sia meglio così.

- Che stai facendo, Sherl?
Lui sorride del tuo tono tremante e del tuo viso infuocato, con quel sorriso che ti fa battere furioso il cuore contro lo sterno quasi volesse schizzare fuori, contro il suo.
- Deducilo, Dottore.
Ti sfiora piano un fianco, mentre l'altra mano è adesso accanto alla tua testa. Come se tu volessi davvero scappare. A momenti, sei quasi sicuro di poter morire così.
- Illuminami. -
Lo sfidi con quel poco di lucidità che ti rimane e lui ride piano. Ha il fiato bollente che sbatte contro il tuo viso, sempre più vicino, Dio. Puoi contare le sue ciglia scure e perderti nelle sue iridi dai colori vivaci.
- Forse più tardi.

“Ancora?” Gli chiedo con un mezzo sorriso tirato dopo essermi riempito per la quarta volta il bicchiere. John annuisce in silenzio e io lo osservo portarsi alle labbra la forchetta con l’ultimo pezzo di carne, non so per quale motivo ma trovo il gesto dannatamente eccitante e una fiammata di calore mi avvolge la spina dorsale arrivandomi al centro esatto del ventre. Do la colpa al vino ma dentro di me so che quelle sensazioni non hanno nulla a che vedere col vino perché ormai le provo sempre, costantemente, è un eterno e infinito vibrare di ogni parte di me stesso quando sono accanto a John. Stavolta ho la scusa del vino ma per tutti gli altri giorni non ho scuse, ho solo una verità che preferisco non guardare per paura di ciò che potrebbe implicare o che potrebbe portarmi a dire o fare.
Sherlock, John, un caso fuori porta, una stanza d'albergo e una brocca di vino: tutti i tasselli finiranno per andare al loro posto.