Eccomi qua di nuovo!
Iniziamo!
Mea si voltò di scatto a quel contatto.
Davanti a lei una figura scura rimaneva dritta, ferma, sorpresa dalla reazione repentina di quel corpo martoriato.
La maga si alzò goffamente, cercando di rimanere in equilibrio sui sassi sconnessi su cui appoggiavano i suoi piedi.
- Che c’è? – chiese con voce dura.
- Io… io volevo solo controllare che stessi bene. – le rispose la figura davanti a lei.
Nirghe. Era la voce di Nirghe.
- Sto bene. – gli rispose secca.
- Non si direbbe, visto le urla che hai tirato. Avevamo paura che ti si fosse riaperta la ferita o ti fosse successo qualcosa di peggiore. –
- Sto bene, ho detto. E prima non era niente. –
- Senti, - disse il Gatto, accompagnato dal fruscio della sua veste lacerata e sporca, segno che si era chinato o seduto sulle pietre della banchina – so che ti da fastidio non poter far nulla, ma… Adesso, semplicemente, non puoi far nulla. Sei debole, ferita e non puoi utilizzare i tuoi incantesimi. Per ora, finché non riuscirai ad ottenere i tuoi poteri, lascia fare a noi. –
Mea non rispose, si voltò invece dalla parte opposta in silenzio.
- Ascolta, ti prego. – Nirghe non sapeva cosa fare o dire, in quella situazione – Almeno dimmi qual è il problema che ti assilla. Magari, tutti assieme potremmo aiutarti a risolverlo. –
La maga si voltò di scatto, in modo da permettere all’occhio non coperto di mettere a fuoco la figura scura dell’assassino.
– Come potreste aiutarmi? – chiese gelida – Voi ce l’avete fatta da soli, potete usare il vostro potere a comando, ora. Evidentemente, se dopo tutto quello che ho passato io non ci sono riuscita, mi sembra ovvio che Seila non sia stata l’unico errore di valutazione degli dei. –
- Come fai a dirlo? Il tuo compagno è lì, davanti a te, perché non dovresti trovare un punto d’incontro con lui e, insieme, accedere al vostro potere. Dopotutto tu… -
- Io cosa? Perché dovrei essere per forza speciale come voi altri? –
- Tu sei sempre stata quella più vicina ad ottenerlo, quel potere. Ogni volta che il tuo compagno ti permetteva di vedere il mondo attraverso i suoi occhi, credo foste sempre ad un passo dal rompere quel muro che vi divide. –
- E allora perché non l’abbiamo buttato giù? Dimmelo, visto che sembri sapere come funziono persino meglio di me. –
- Credo perché, nonostante lui si fidasse di te al punto di accoglierti nel suo corpo, tu non sia mai stata disposta a fare altrettanto. Mea, sii sincera con te stessa, non hai mai permesso a nessuno di avvicinarsi abbastanza per conoscerti davvero, nemmeno con le persone con cui hai viaggiato per degli anni. Dovresti aprirti, dovresti provare a fidarti di qualcuno, secondo me. Comunque, se davvero stai bene, io torno al falò. –
Nirghe si alzò da terra, pulendosi i pantaloni stracciati con qualche pacca a mano aperta, per poi avviarsi verso la rossa luce del fuoco che danzava nell’oscurità.
- Non posso. – disse ancora Mea.
- Non puoi cosa? – ribatté il Gatto fermandosi, ma senza voltarsi.
- Non posso fidarmi, non posso aprirmi. Non credo nemmeno di sapere come si faccia. –
- Dire agli altri cosa pensi davvero sarebbe un buon inizio. –
- Non posso. –
- Come non puoi? – sbottò Nirghe voltandosi – Piuttosto dì che non vuoi. Noi altri siamo sempre stati sinceri su tutto, sei tu quella che cerca di tenersi in isolamento. Solo tu. Vuoi che sia io a sbatterti l’evidenza in faccia? Bene. Potresti cominciare a parlare con noi, non blaterando solo ordini o tuoi piani, ma dicendoci quello che davvero pensi. Non credo che a qualcuno, qui, interessi di più il tuo sapere che te. –
- Dovrei parlarvi? E di cosa? Cosa vorreste sapere su di me? Che mi detesto perché sono uno schifo di mezzelfo, cacciato in metà delle città delle Terre? O forse perché ho imparato tutto dai miei libri, senza poter mai toccare con mano quello che avevo appreso dalle righe di testo? – La voce della maga si incrinò – Forse ti interesserà sapere che detesto questo compito che ci è stato affidato, così casuale, così oscuro e imprevedibile. Oppure, sicuramente vorrai sapere che odio con il profondo del mio spirito quel corvo che mi fissa, mi fissa e mi fissa, libero dai vincoli a cui sono sottoposta, che si rifiuta di darmi la possibilità di combattere ancora, di essere utile a voi. E ancora, odio Spazio, perché mi ha messo alla prova solamente per spedirmi in giro per le Terre come carne da macello, senza possibilità di sopravvivenza. –
Mea cominciò a singhiozzare, mentre il tono della sua voce continuava ad alzarsi, superando il gorgoglio dell’acqua e rompendo la quiete della notte.
Nirghe provò ad intervenire, ma la maga non gli permise nemmeno di aprir bocca.
- E se devo continuare, sono stanca di non essere abbastanza. Sono stanca di dover faticare, di dover fare solo affidamento sul cumulo di nozioni che ho nella testa per essere al livello degli altri. Io odio, detesto dovervi guardare mentre fate cose che io non posso fare, così come odio ogni singola ignobile emozione che provo, così fastidiosamente invasive. E non detesto solo loro, io odio Seila, per non essere stata all’altezza della sua prova, odio Keria, perché non l’ho mai vista perdersi d’animo, odio Jasno, perché è l’unico che deve combattere oltre che con il mondo anche con il suo corpo, perché è l’unico che dovrebbe lamentarsi e invece non lo fa, odio Hile, perché sarebbe dovuto essere fondamentale per sigillare il demone, ed odio te, perché… perché credo di provare qualcosa e non so come gestire questa situazione e ne ho paura. –
Il Gatto rimase interdetto, cercando di elaborare quello che aveva appena sentito. Il suo cuore accelerò i suoi battiti mentre la mano destra, meccanicamente, si introdusse nell’unica tasca della casacca rimasta integra per permettere alle sue dita di stringersi intorno al cilindretto di legno che lì riposava.
- Scusa… non volevo dire che… lascia stare, fai finta che non abbia detto nulla. – disse ancora il Corvo, calmandosi un poco.
Lo spadaccino rimase rigido, immobile. Era sicuro di aver capito bene le parole della mezzelfa, perché allora stava così male? Il suo sogno si era realizzato, perché non riusciva ad essere felice come avrebbe dovuto?
Si decise infine a fare qualcosa, avanzando goffamente verso la maga, per poi stringerla in un abbraccio stretto.
Mea non riuscì di nuovo a trattenere le lacrime, che irrorarono nuovamente la benda sull’occhio sinistro e corsero lungo l’abito del Gatto.
Un rapido rumore alle spalle di Nirghe ruppe il silenzio della notte, ma non quell’abbraccio.
Lo spadaccino sentì il corpo della maga sobbalzare, per poi gonfiarsi tra le sue braccia, divenendo morbido sotto le sue dita. Qualcosa di rigido, là dove prima si appoggiava il naso della mezzelfa, cominciò a premere contro la sua pelle, minacciando di bucarla.
- Nirghe… non sento più freddo. –
- Io… io non credo di c’entrare. – gli rispose l’assassino, cercando di fa allontanare il proprio petto da quello spuntone senza mettere in allarme il Corvo, che sembrava essersi finalmente calmata.
Centinaia di spilli ardenti sembrarono prender di mira i due corpi avvinghiati, aumentando il loro numero e l’intensità del pungolio man mano che i secondi avanzavano.
- Cosa sta succedendo? – chiese la maga con voce terrorizzata.
- Non ne ho idea. Tu devi solo rimanere calma, sono sicuro che non ci succederà nulla di male. –
Nirghe arrivò al limite della sua sopportazione del dolore. Si trovò a desiderare di avere ancora qualche brandello di pelle addosso, quando quella tortura sarebbe finita. Se sarebbe finita.
Poi tutto cessò così come era iniziato all’improvviso.
Lo spadaccino sentì la sua schiena scaldarsi rapidamente, mentre davanti ai suoi occhi era comparso un terrorizzato volto di Jasno illuminato da una danzante luce rossa.
L’Aquila fece appena in tempo ad alzarsi in piedi, che gli spilli ripresero a martoriare il corpo del Gatto e, a giudicare dalle espressioni intorno a lui, le sue membra non erano le uniche ad essere tartassate da quella punizione.
Questa volta gli spilli furono più violenti, ma la tortura fu più breve. Il caldo bagliore del fuoco scomparve per far spazio a un gelido vento battente.
La luna si rese visibile al gruppo nei suoi ultimi momenti di dominio sul cielo, mentre est i primi raggi del sole illuminarono lo scuro muro di cinta del Palazzo della Mezzanotte.
Nirghe sciolse lentamente l’abbraccio che ancora lo legava alla maga, i suoi occhi, intanto, guizzavano da una parte all’altra in cerca di capire cosa fosse successo.
Quella era la Terra degli Eroi, non c’erano dubbi. La vera domanda era perché fossero arrivati proprio lì, con tutta la superficie del mondo a disposizione.
Lo spadaccino fece un passo indietro, mentre il sole si decise infine a sorgere, rischiarando l’alba e gettando la sua luce sul lato orientale delle Terre. Davanti a lui c’era Mea, in piedi.
Un lungo piumaggio nero ricopriva il suo corpo, ondeggiando morbido al vento, il suo volto era irriconoscibile poiché là dove le piume non nascondevano le forme, un grosso becco scuro si era impossessato dei lineamenti, lasciando appena lo spazio necessario ad esistere a due piccoli e lucidi occhi color pece.
Brandelli di quelle che furono fasciature cadevano ora molli attorno alla fronte e all’ala destra della creatura.
Il corvo alzò lentamente le mani artigliate al cielo, facendo splendere le lunghe piume che ricoprivano le braccia alla calda luce mattutina.
- Questo… questo è davvero il mio potere? – chiese con voce tremante la maga.
- Mea, - disse Hile alzandosi da terra, dove ancora era seduto – perché ci hai portati qui? –
La creatura piumata si voltò verso il lanciatore di coltelli, gli occhi neri parvero volerlo trapassare, tanto erano profondi. – Io… non ne ho idea. Lui, il io compagno, mi ha detto di fidarmi e… io credo di averlo fatto. Ho sentito delle lame nel mio corpo e lui mi ha portato da voi, poi nuovo ha chiesto la mia e, questa volta, il volo in cui mi ha trascinato è durato di più e mi, ci ha portati… fin qui. –
- È ovvio che ne sai quanto noi, quindi. – continuò Hile, pulendosi i pantaloni dalla terra. Buio lo raggiunse, sedendosi al suo fianco.
- Io non credo che il motivo per cui siamo qui sia il nostro problema principale… - Keria si era portata verso il confine orientale della Terra degli Eroi ed ora guardava i suoi compagni con occhi sbarrati.
Questa è la parte che mi è piaciuta di più di tutto il capitolo, si vede che Mea sta maturando, e neanche stavolta la posso biasimare, perchè mi ricorda moltissimo una parte della mia fic su Naruto, la seconda parte, in cui Jamila ha un momento simile, e la cosa mi ha fatto sorridere.
E ... finalmente si è dichiarata ... nessun bacio ... ma è già qualcosa. Nirghe è stato davvero indispensabile per Mea perchè anche lui ha perfettamente ragione sul fatto che lei è sempre stata l'unica che non si è mai aperta con i suoi compagni, che non ha mai cercato il dialogo se non per esporre piani e idee, non si è mai confidata con loro.
La parte seguente della trasformazione citata mi è parsa molto confusionaria, Mea si stava trasformando, Nirghe sentiva degli strani spuntoni pungerlo, poi all'improvviso si trovano tutti sui Muraglia, e si che Mea non si è nemmeno spostata in volo ... si sono per caso teletrasportati in qualche modo?
La metamorfosi di Mea non è male, e sembra maturata ulteriormente dopo che è avvenuta.
Infine ecco che vedono l'esercito e si ... finalmente capiscono che da soli non possono farcela ... anche perchè il Sei avevano riunito un esercito mentre loro sono solamente in sei con poteri che possono prosciugare in fretta le loro energie o bloccarli nelle loro sembianze antropomorfe ... ci vorrebbe davvero un bel miracolo e spero con il cuore che Mea abbia trovato la soluzione.
Detto ciò ti faccio i miei più sinceri complimenti e alla prossima!
Ah, ho risposto alla tua ultima recensione ... spero di essermi spiegata.
Saluti EF! |