Ed eccomi qua, pronto ad approcciarmi a questo secondo capitolo così com’è appena successo a te su Caming Out. Perdonami se ancora non ti ho risposto a quella bellissima recensione, ma penso di dovermi riservare il tempo necessario per riuscire a farlo per bene. E oggi lo sto dedicando alle recensioni, esattamente come stai facendo tu. Così mi ritrovo qui, nuovamente al cospetto di Brent e Yoshiko. Credo, almeno. Perché in realtà sono passati anni e ci eravamo salutati con un protagonista particolarmente nostalgico e malinconico nei confronti proprio della stessa Yoshiko. Quindi, con animo curioso come un furetto, m’accosto a questo secondo capitolo.
E iniziamo col botto, ricollegandoci direttamente a quella chiusura che ho appena finito di citare. La distanza e il tempo, una miscela che può lenire ogni ferita, anche la più profonda. Lenire, non curare, almeno secondo la mia opinione. Starà ai tuoi protagonisti poi confermare o smentire.
E devo dire che ho empatizzato sin da subito con questa versione più adulta di Brent. Un uomo ormai, che ha fatto della scrittura il suo mezzo personale che fa da catalizzatore al suo lato più emotivo. Hai centrato in pieno anche una mentalità tipicamente maschile, legata al modo di pensare su una passione che potrebbe essere più “femminile” come la scrittura. Da subito, infatti, il tuo protagonista cerca una compensazione. Mettendo le mani avanti, ci tiene subito a specificare:
[…] Lo devo ammettere, non sono mai stato quel genere di ragazzo. Amo gli sport estremi, mi piace star seduto con le gambe aperte stile frequentatore assiduo di bar, masticare rumorosamente a bocca aperta e tifare senza contegno per la mia squadra di calcio preferita. Eppure, Yoshiko è riuscita a tirar fuori da me quel lato tenero e romantico che mai avrei pensato di avere. […]
Trovandosi subito a dover giustificare il suo comportamento. Della serie “ehi, non pensare che, scrivendo, io sia meno maschio rispetto agli altri”. Mentalità centrata in pieno. Ancora oggi è difficile coniugare l’immaginario collettivo di un “vero uomo” con una persona che ama la lettura e la scrittura. No, il vero maschio si esprime a rutti e monosillabi, altro che mettere per scritto i propri pensieri.
Insomma, con poche righe sei riuscita a proiettarmi nei suoi panni, demolendo il muro tra personaggio e lettore.
Okay, ora mi calmo prima che mi parta il momento idealista e mi trovi a cavalcioni della tua storia con la bandiera dei pari diritti.
No, e invece non mi calmo proprio. Perché subito dopo ci vai a sbattere di nuovo, toccante una tematica delicata che secondo me è sempre sottovalutata. Ovvero il modo di dimostrare l’affetto tra padre/figlio, fratello/fratello, amico/amico. Ricalcando un po’ il discorso di prima, ci troviamo di fronte a un uomo che incolpa la moglie sparita per la mancanza di sensibilità del figlio. Eh sì eh. Perché tu a parlare a cuore aperto con lui o a dargli un abbraccio risulteresti meno uomo. Già. Quella è roba da donne. Eccola la bandiera che m’aspettava, e via a sventolarlo in faccia al padre che si perderà anche l’affetto del figlio, viziandolo oltremodo nell’espressione dei sentimenti e prevalicandogli i propri. Mamma mia un nervoso.
Okay, stavolta mi calmo davvero. Mi piace la parte più comprensiva di Brent, quella che analizza quei momenti di vulnerabilità e li porta sul piano umano. Razionale, psicologico. Bravo Brent, bravo. E brava a te che sei riuscita a creare tutto ciò ordendo, con poche frasi, una trama che lascia trasparire perfettamente il loro rapporto negli anni, come esso sia andato a formarsi e svilupparsi. Uno show don’t tell portato avanti benissimo.
Proseguendo.
Troviamo la prima dimostrazione della parola del protagonista, aveva promesso a Yoshiko che le avrebbe scritto e così fa, confidandosi un po’ per quello che è il rapporto con il padre, una persona che si lamenta del suo stesso immobilismo. Continua a piacermi Brent, uno che individua il problema e cerca di risolverlo alla fonte piuttosto che lasciarsi trasportare dalla corrente e fare il “morto a galla”. Morale della favola (letteralmente cit.) Brent ha fatto bene perché a quanto pare è riuscito a smuovere il padre e a portarlo a cena con una donna. Oddio, non me lo aspettavo tifoso dei Diavoli. Lo facevo più tipo da West Ham United o da Portsmouth. Insomma, uno di quei club con delle firm violente e pronte a scontrarsi sempre con chiunque. O forse è la scelta di tifare una squadra un po’ troppo “mainstream” che mi fa storcere un po’ il naso. Ovviamente non per quanto riguarda la trama eh, ti sto parlando semplicemente del personaggio che avrei visto più pazzo e rissoso con un club di League 2 piuttosto che con i Diavoli. Di certo è più una questione di gusto personale che comunque non inficia minimamente la godibilità della storia.
La risposta di Yoshiko è più accorata, più intensa e struggente. Si percepisce quanto le manchi l’Inghilterra e i costumi europei britannici, a cui s’era abituata velocemente, rimanendo stritolata, poi, dai ritmi altissimi di quelli asiatici. E poi le manca Brent. Anche quello è concreto all’interno della sua lettera. Qui devo farti un piccolo appunto (che fu fatto anche a me all’epoca), c’è una frase che un pochino mi stona a livello di costruzione, che ricade sempre nel discorso di sopra, del gusto.
[…] Dovrei crescere, lo so, ma questa fretta che mi mettono addosso non mi si addice. Non sono ancora entrata nella fase adolescenziale e già mi sono stufata. [...]
Rivedrei un attimo la frase di chiusura, perché suona un pochino troppo “adulta” per una ragazza in fase puberale. Forse un pizzico troppo cosciente di sé, non so se riesco a spiegarmi. Il meccanismo del tempo è qualcosa che acquistiamo così lucidamente un po’ più in là, almeno secondo la mia opinione. È un po’ come se a parlare fosse un piccolo Sheldon Cooper, ne rimarca sicuramente l’intelligenza ma forse “stona” un pochettino rispetto al contesto, decisamente più passionale, della lettera.
La prima mail di Yoshiko mi ha fatto riflettere, non solo per quanto riguarda il suo contenuto ma anche perché non ho mai pensato al contesto di questa storia. A giudicare da come parlano di computer e mail sembrerebbero i primi anni del duemila, forse la metà. Ciò renderebbe l’uso delle lettere non solo romantico ma anche necessario, cosa che avevo dato quasi per scontata all’inizio. Bello però il passaggio che segue di pari passo la tecnologia.
Qui veniamo a contatto con il momento più introspettivo del personaggio, quello in cui soppesa e analizza ogni paura che ne ha forgiato il carattere. Paure motivate che potrebbero demolirlo dall’interno nell’affrontarle. Eppure si percepisce una punta di tentazione, quella voglia d’abbandonarsi alle parole di Yoshiko. Forse, e ribadisco forse, questo passaggio potrebbe essere quello che più accomuna il tuo protagonista con l’autrice, infondendogli quelle paure irrazionali tipiche dell’animo umano. A riprova di quanto detto sopra, ovvero che in fondo in fondo quelle paure non siano un fragile muro posto a guardia d’una, seppur subconscia, voglia di scoprire le proprie origini, v’è il fatto che Brent s’affeziona ancor di più a Yoshiko proprio per via di questa sua insistenza e cocciutaggine. Vallo a biasimare.
E intanto i due protagonisti si cercano e si trovano, allacciando e stringendo un rapporto sempre più saldo. Relazione che poi rischia una brusca battuta d’arresto quando i genitori di Yoshiko cominciano a praticare l’antica arte della pressione costante sul figlio. Aspettative portate sempre più in alto ed esagerate, probabilmente figlie d’una tradizione sicuramente diversa da quella britannica di Brent che stenta a capire. E te credo Bee, a casa mia con un 98/100 erano tre giorni di festa, vino e liquori per tutti. Questi a momenti la mettono in ginocchio sui ceci.
Cominciano a farsi sempre più palpabili le differenze che collocano nettamente ognuno nel proprio contesto.
Ecco, sul discorso dei panda m’è un po’ crollata. I panda vogliono estinguersi, e questo lo si sa da moltissimo tempo, ma avremo modo di parlarne in privato.
In seguito, poi, devo dire che il padre di Brent mi è entrato veramente a gamba tesa sulla prima parte della recensione. Si mette seduto a tavolino e fa un discorso d’una saggezza esagerata, entrando in contrasto con i comportamenti che aveva dimostrato all’inizio. S’apre al figlio, con modo di fare paternale, nel vero senso della parola. Ma la morale che cerca di fargli è notevolmente lontana da quella che mi aspettavo. C’è comprensione, appoggio e parole cariche d’affetto che spronano il figlio a cercare di razionalizzare un sentimento. E bravo papà, ammazza che risalita che hai fatto.
La chiusura del capitolo apre al dramma, la perdita del loro rapporto. Non è facile far combaciare due vite, è quasi impossibile a pensarci. Figuriamoci poi se ci si mette di mezzo una distanza enorme e i ritmi di vita degli adolescenti. Impossibile al quadrato.
Così i due si perdono di “vista”, o meglio di corrispondenza. Il silenzio torna a imperare tra loro, esattamente com’era prima che si conoscessero.
Non so dove andrà a parare questa storia ma, in cuor mio, me lo sento che Brent sale sul primo aereo e cerca di andare a trovare Yoshiko e la mamma.
Che altro aggiungere? Il testo mi è piaciuto davvero molto, anche a livello di refusi è molto più pulito (ce ne sono solo due e te li appunto, come al solito, alla fine).
Dicevo, è scritto bene, crea il giusto grado d’affetto tra i due e il lettore che tiene il fiato sospeso più d’una volta vedendo le difficoltà che stanno provando entrambi a portar avanti una relazione a distanza che appare, sin da principio, decisamente travagliata.
Non mi resta che attendere, insomma, e vedere che succederà tra loro.
Intanto ti saluto, è un piacere come sempre,
Ci leggiamo presto.
ad adempire → credo che la forma più corretta sia ad adempiere
Personaggi capitolo: Brente e Yoshiko → ti è sfuggita una “e” di troppo |