eccomi qui honey!
se i primi 4 erano commenti seri, qui ritorna (a richiesta di Francy091) l'Amy Wendys / giga-recensitrice! preparati alle 4836273612 citazioni!
"Castle sentì la sua mano muoversi verso il viso di Kate e la sua bocca aprirsi e sperò per un istante che il suo corpo ribelle bloccasse quella rivoluzione che il suo cuore aveva messo in atto contro il cervello. Bloccò la mano non appena ci riuscì e in cambio ottenne uno sguardo di lei, profondo, come se i suoi occhi si fossero in un istante tramutati nelle ali di una farfalla, nei petali di una viola o nelle piume di un pavone. Lui voltò la testa e abbassò lo sguardo sempre più triste, sentendosi scoperto, assecondando quel brandy che gli si spandeva dentro e contando i minuti che lo separavano dall’arrivo a casa. Kate fu colpita da quel gesto e gli bloccò la mano con la sua. Esattamente come quella mattina all’ingresso della chiesa, i loro occhi parlarono da soli. “Posso?” le chiese lui con tutta la paura che aveva di sentirsi rispondere di no. Lei annuì leggermente abbassando la testa con un lieve imbarazzo, pur non avendo affatto idea di cosa lui volesse fare con quella mano così pericolosamente vicina. Castle sorrise debolmente, poi appoggiò la mano sulla sua nuca e risalì infilando le dita fra i capelli di Kate. Dovette trattenersi dallo stringere quei capelli nel suo pugno e spingere il suo viso contro di lei. Sentì nel suo cuore una infinita tenerezza per quel gesto e si lasciò guidare. Aiutandosi con l’altra mano trovò i piccoli agganci e li liberò piano, sfiorando con la punta delle dita la testa di lei, il bordo del suo orecchio, la rima della fronte, il collo. Con dei piccoli movimenti riuscì a liberare completamente la chioma che in quei mesi aveva continuato a crescere e, pensò lui, ora la rendeva così diversa dal giorno in cui si erano conosciuti. Le accompagnò i capelli lentamente sulla spalla, lasciando solo sul lato quel fiore che faceva il paio con quello al suo occhiello. Le mostrò la mano aperta con le forcine nel palmo. “È molto meglio così”. Le sue parole sembravano dissipare il buio delle paure di Kate, sembravano dirle che non aveva bisogno di attorcigliarsi i capelli per essere incantevole, per sentirsi adeguata."
....................................... O.O sono restata col fiato sospeso per tutta la scena!
"“Sono stata molto male, sai”.
La sua voce era debole, incerta, vera. Lui si voltò a guardarla senza dire niente, mentre lei cercava nell’incedere cadenzato dei loro passi sui ciottoli del viale, un ritmo rassicurante che la aiutasse ad aprire il suo cuore.
“Dopo che te ne sei andato intendo”. Kate tentò di usare il tono più dolce che aveva. Se c’era qualcuno a cui addossare le colpe di aver mollato non era certamente lui, ma solo se stessa.
“Kate io non me ne sono andato di mia volontà”. La sua voce era un sussurro, ma era sicura. Lui non poteva non difendere lo strazio che era stato “doversi” allontanare da lei.
“Lo so”.
Lei riprese fiato e corrugò la fronte come se stesse cercando la concentrazione per trovare le parole da dire, mentre davanti a loro si apriva il lungo viale che portava fuori dalla villa.
Castle si portò una mano al collo e sentì qualcosa che gli serrava la gola, ma si sforzò di continuare ad ascoltarla. Quel momento era troppo importante. Era da troppo tempo che lui lo aspettava. Si appoggiò al parapetto col fianco, guardò un attimo la città che si stagliava in lontananza e poi tornò a rivolgersi a lei, in attesa.
“Ho solo cercato di fare la cosa più giusta. Per entrambi”."
......................................... =( cuccioli cosa hanno combinato?
"Lui la guardò e lesse nei suoi occhi che non era pronta. Non voleva forzarla, in fondo, una parte di sé, sentiva di averla già persa per sempre. Non aveva ragione di tenerla ancora stretta per la sua piccola ala spezzata. Doveva lasciarla cadere da sola. Doveva lasciare che imparasse a rialzarsi. Da sola. La guardò e, cercando di spazzare via tutto il male che c’era stato e c’era ancora fra di loro, le disse “Vieni, andiamo a casa”. Camminarono in silenzio fino all’imbocco della strada dove si fermarono in attesa del primo taxi libero."
............................................. ç_ç nuuuuuu che tristezza! avevo le lascrime agli occhi!
ATTENZIONE: MAGA CITAZIONE ALLA AMY IN ARRIVO!
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"Si voltò e vide in lontananza il suo palazzo e capì che, entro pochi minuti defibbrillare non sarebbe più servito a niente. Il suo cervello ordinò a suo braccio di muoversi e la sua mano prese quella di Castle seduto accanto a lei e la strinse forte. Uno, due, tre. Libera.
Il volto di Castle era poco diverso da quello di un adolescente imbarazzato alle prime armi. Gli occhi sgranati, i capelli arruffati sulla fronte, il colletto della camicia sbottonato e la cravatta larga per dare aria alla sua gola che implorava respiro. Dopo che i suoi occhi riuscirono a staccarsi da quelli languidi e ornati di rimmel della detective, si puntarono sull’uomo seduto alla guida. “Scenda la prego.” “Cosa?” rispose il tale con un evidente accento straniero. “Non so se ne è a conoscenza ma in genere a fine corsa sono i clienti a scendere e non il tassista!”. Castle frugò nervosamente nelle tasche senza staccare la sua mano da quella della donna e ne tirò fuori una banconota. “Vada a prendersi un bel panino. Gliene darò il doppio quando torna, oltre a pagarle la corsa, si intende.” “Ma…” l’uomo guardava il passeggero stupito ma fu attirato da qualcosa che luccicava “Polizia di New York, vuole farmi la cortesia di scendere dal suo taxi, o preferisce che chiami una pattuglia di rinforzi? Devo perquisire l’interno del mezzo”. Castle più stupito che mai sussurrò guardando il distintivo “Beckett ma questo non è abuso di…” “Sh!” gli intimò lei interrompendolo, mentre l’uomo scendeva velocemente dal mezzo con la banconota in mano e si dirigeva verso un chiosco sul lato opposto della strada.
Castle tentennò un istante guardando la donna che aveva riposto il distintivo e ora teneva lo sguardo basso sulle mani. “Mi sembrava importante che fossimo soli…io…” le disse.
“Hai ragione Castle”, lo interruppe lei. “Hai ragione su tutto”. Alzò lo sguardo verso di lui. “Quando cinque mesi fa sei venuto nel mio appartamento ho capito subito che volevi starmi vicino. Ma ho capito anche subito che non sarebbe stato come mi aspettavo io, che non sarebbe rimasto tutto esattamente come era, non ci sarebbero stati più solo i caffè la mattina, le telefonate, le missioni sotto copertura e le nostre parole piene di significati mai detti. Ho capito che tu eri pronto per andare avanti, per prenderti cura di me sul serio, come non avevi mai fatto prima. E non c’erano più ostacoli. Non c’erano altre persone in mezzo, né omicidi irrisolti che pendevano sulle nostre teste, insomma…non avevo più nulla dietro cui nascondermi. E mi è bastato pochissimo per capirlo, il tuo sguardo, quei fiori, così diversi da quelli che altre volte mi avevi regalato, il modo in cui mi parlavi…io…” distolse lo sguardo, ancora vittima di quella paura che non aveva il coraggio di ammettere. Ma lui glielo impedì. Con un tocco della mano, leggerissimo, la invitò a continuare a guardarlo negli occhi, le fece capire che non aveva nulla di cui vergognarsi, niente da temere.
“Io ero terrorizzata. Avevo paura di non essere alla tua altezza, di non riuscire a starti vicino come tu volevi e permettere a te di entrare nel mio mondo come desideravi. E poi, avevo paura di perderti. Perché ho capito che non ti saresti tirato indietro, che mi avresti seguita in ogni mio passo, che avresti curato le mie ferite, come questa…” lei gli appoggiò il dito sulla sottilissima striatura bianca all’interno del suo polso “…e come questa” gli sollevò la mano e se la appoggiò sul cuore. La sua voce era flebile, ma sembrava trovare forza in ogni parola. Lui non disse niente. Sapeva che quello era un buon momento per ascoltarla in silenzio. “Così ho pensato di allontanarti, dicendomi che era la cosa più giusta per me e per te. Credevo che in poco tempo te ne saresti fatto una ragione…lo speravo almeno…per te, perché volevo sapere che eri di nuovo felice”. Quello era un buon momento per parlare “Kate io…”
“No aspetta…”
“No, ti prego è importante. Tu lo sai che io temo la tua paura, perché so che è l’arma più potente che tu puoi usare contro di me, anzi contro di noi, perché è l’unico sentimento che mi impedisce di starti vicino...che…paralizza anche me, perché mi fa temere di ferirti, di forzare il tuo cuore e…Dio solo sa se non è l’ultima cosa che voglio al mondo…ma, farmene una ragione? Dimenticarti?” le accarezzò una guancia e si avvicinò a lei “Kate, per me è diventato impossibile anche solo non pensarti…”. “Rick io…non posso prometterti nulla, sarebbe come scommettere di vincere la maratona stando su una sedia a rotelle. Io non ho niente. Non ho soldi, non ho una famiglia, non ho una bella vita, al momento non lavoro nemmeno…e quando lavoravo non avevo neanche la certezza di tornare a casa viva la sera. Non ho più un corpo. A volte mi stupisco di pensare a me stessa come ad un semplice involucro, un insieme di arti e organi sui quali non ho controllo. Non ho una mente. I miei pensieri negli ultimi periodi sono…sono un vero caos…non ho certezze, nessuna”. “Ma hai sempre il tuo cuore Kate. E quello è la tua forza”. Lei gli sorrise. “Oh sì Rick, quello c’è e credimi…non avrei mai immaginato che mi desse tanto da fare…”.
Lei gli poggiò un braccio sul petto e avvicinò la sua testa che fu accolta sul torace di Castle, tra le sue braccia. Poteva sentire il suo respiro calmo sui capelli, il suo profumo. Poteva sentire quanto era bello sprofondare in quell’abbraccio, quanto era facile. Il suo corpo, fino a pochi minuti fa un estraneo per lei, iniziò a risvegliarsi fra le sue mani che lo accarezzavano percorrendolo come il sentiero che porta alla felicità. “Proviamoci Kate. Ti chiedo solo questo. Senza fretta, senza più dolore, con tutte le nostre paure, i nostri sbagli, il nostro essere imperfetti”.
Lei lo guardò negli occhi, sollevandosi dalla sua stretta. Poi disse “Proviamoci”.
Scese dal taxi e fece il giro. Lui lasciò una banconota sul sedile e scese fermandosi sul marciapiede a fianco alla portiera ancora aperta, guardandola camminare verso il portone.
Mentre si voltava i suoi capelli brillarono nella luce della notte.
“Non vieni?”
Lui corse verso di lei come un ragazzino innamorato con il cuore nel petto che gli batteva forte, forte, forte."
..................................... ah oh ti avevo avvertita! cioè no davvero tutta la scena è stato qualcosa di magnifico! giuro non me la sarei mai aspettata! è stata geniale, un ottima soluzione per farli chiarire e ancor più spettacolare l'inserimento della nota 'comica' di beckett che mostra il distintivo per far uscire il taxista!
complimenti davvero! sai che odio le storie tristi (che ci posso fare, non mi piacciono proprio! >.< ) ma con questo capitolo hai davvero dato una svolta che mi è piaciuta assai!
bravissima!
spero la mega citazione non ti abbai dato fastidio!
bacione
Amy Wendys |