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Autore: gabryweasley    12/12/2020    5 recensioni
Sono stanca, esausta. Non sento più niente se non la mano di mia madre stretta nella mia. Sapevo che non mi avresti lasciato, mammina.
{Fa parte della serie: "Please" scritta con Deb || Spoiler!DeepClear}
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Misako Kurata, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Please'
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Fanfiction 01: Pain di Deb
Fanfiction 02: Venomous di gabryweasley
Fanfiction 03: Lost di Deb
Fanfiction 04: Limbo di Deb
Fanfiction 05: Demons di gabryweasley
Fanfiction 06: Waiting for di Deb
Fanfiction 07: Possibility di gabryweasley
Fanfiction 08: Alone di Deb
Fanfiction 09: Sadness di gabryweasley
Fanfiction 10: Comet di gabryweasley
Fanfiction 11: Lose Myself di Deb
Fanfiction 12: Enough for me di gabryweasley
Fanfiction 13: Pretense di Deb
Fanfiction 14: Shame di Deb






Breathe in, Breathe out




«MA CHE DIAMINE È?»
Non so più da quanto tempo mi trovo in sala parto. Sono stanca, esausta. Non sento più niente se non la mano di mia madre stretta nella mia. Sapevo che non mi avresti lasciato, mammina.
«Sono stanca… AAAAHH!»
Riesco a soffiare queste poche parole nel poco tempo che le contrazioni mi concedono, sempre più ravvicinate, non riesco a pensare.
«Signora Hayama, ha fatto un corso preparto?» la voce di un'ostetrica arriva da lontano. È tutto ovattato, sono in mezzo ad una stanza piena di gente eppure sola.
No, sono stata Rapunzel, chiusa nella torre.
«No… ha impersonato Rapunzel…» lo spiega mia madre per me, mentre tira su col naso.
«Motivi di lavoro, capisco. Signora Hayama» l'ostetrica si avvicina e mi prende il viso fra le mani costringendomi a guardarla.
Non la vedo bene, ho la vista offuscata dalle lacrime. Sono stanca.
«Signora Hayama, quando la contrazione finisce lei deve cominciare a respirare così…»
«ARRIVA! AAAHHH!!»
Una mano a mia madre, una all'ostetrica.
«Bene signora Hayama, è bravissima, respiriamo insieme adesso, mi guardi… così. Inspira, espira.»
Lo faccio, la seguo. Per un attimo va meglio. L'ossigeno mi serve per pensare. Il fatto è che quello che penso non mi piace, è una sensazione che arriva strisciando. C'è qualcosa che non va in questo parto. Mi sento sola, perché non sento la bambina. Stringo la mano di mia madre ma non serve a niente se non sento lei. Il parto è un'esperienza a due, e io la sto vivendo da sola, la bambina non collabora.
Mentre inspiro ed espiro, mi aggrappo al braccio dell'ostetrica.
«Sta bene? La bambina sta bene? AAAAAAHHH!!»
Inspira, espira. L'ostetrica è ancora lì, quando la contrazione passa, e continua a respirare con me.
«Non si preoccupi, lei sta andando benissimo.»
È come se si fosse acceso un allarme nella mia testa. Non mi importa di me, non mi importa davvero. Ho chiesto della bambina.
«Fatela uscire. TIRATELA FUORI!»
Sono disperata. Lo sento io stessa il mio tono di voce incrinato, sono fuori di me.
«DEVE STARE BENE! AAAAHHH!!»
E questa allerta improvvisa mi acuisce le sensazioni e capisco. La sento, mentre spingo. Sento che non ce la fa a venire al mondo, sento che subito dopo ogni mia spinta lei ritorna un po' indietro. È svantaggiata, è legata nella mia pancia, adesso so cosa significano i giri di cordone.
«Avanti, Sana.» mia madre singhiozza.
Mi scuote il braccio, mi tiene la testa, mi scosta i capelli e mi accarezza. Ho gli occhi chiusi e singhiozzo anche io, perché questa consapevolezza del pericolo mi sta sfinendo ancora di più.
Inspiro, espiro.
Probabilmente non ce la farò.
Inspiro, espiro.
Le donne partoriscono da sempre, tranne me… e sua madre.
Inspiro, espiro.
Akito aveva ragione. Lo lascerò solo anche io.
Inspiro, espiro.
Un’altra contrazione sta arrivando, è più forte, davvero più forte, faccio appena in tempo ad aggrapparmi al braccio dell'ostetrica proprio mentre il mio osso sacro si frantuma in mille pezzi.
«Tirala fuori.» la guardo negli occhi e la supplico, prima di urlare ancora.

Sono morta. Ne sono piuttosto sicura.
Non ce l'ho fatta a far nascere questa bambina, sono stata debole.
Mi sono illusa di potercela fare, ho immaginato di ridere per Akito e la nostra bimba felice. Ho immaginato i suoi capelli, le sue manine, il suo sorriso, le passeggiate. Ho immaginato tutto, ma mai una volta ho pensato che avrebbe dovuto bastarmi quello. Lascerò mamma sola, Akito da solo. Io e la mia immaginazione saremo la causa della loro tristezza. L'amore e i litigi, nulla ha avuto senso, perché sono morta.
«Signora Hayama, non è il momento di svenire!»
Non sono svenuta, sono morta. Non se ne è accorto nessuno. Non sento più niente, non riconosco le voci, sono persa.
Salvate la bambina, potete farlo?
Glielo direi, se potessi parlare.
Almeno per mamma, e Akito. Mi ha detto che non gli dispiace un'altra rossa.

Un tonfo dietro la porta della sala parto, un altro, un altro ancora. Un barlume di lucidità mi fa sperare che ci sia Akito dietro. No, ne sono certa. Non posso davvero continuare a morire, ucciderei anche lui. Me lo fa capire continuando a battere su quella porta, questa bambina ha bisogno di noi due, insieme.
Di nuovo, un dolore incredibile all'osso sacro mi riscuote dalla morte, il bacino che continua a frantumarsi.
«Ha ripreso conoscenza. Ok, ci siamo. Spinga forte!»
«AAAAHHH!!»
«Bene così!»
Ho gli occhi chiusi e bagnati da così tanto da non riuscire più ad aprirli. Forse è stato tutto un sogno, mi sento davvero svuotata. Eppure ricomincio a sentire in modo ovattato.
C’è qualcosa di nuovo nella stanza, forse il suono di mille campane oppure un’onda che accarezza la riva. Qualcuno dice che mia figlia ride.
«Sana apri gli occhi!» mia madre che mi scuote.
Decido ancora di fidarmi di mia madre. Li apro.
E sento.
Un pianto forte che squarcia il vociare nella stanza.
E vedo.
Due piccoli occhi che stavano cercando proprio me, l'espressione imbronciata.
Tendo le braccia verso di lei e le sorrido. In quell'attimo realizzo di aver vissuto tutta la vita per arrivare a questo momento esatto.
E le parole che mi escono dalla bocca mi fanno scoppiare a ridere. Una risata fragorosa.
«È uguale a suo padre!»
Ce l'ho fatta Akito.
Sto ridendo a crepapelle, sono viva.


L’ostetrica taglia il cordone, una puericultrice prende la bambina, il medico si occupa di me. Ho la sensazione di vivere un momento surreale. Non mi sembra possibile aver urlato e aver avuto così tanta paura.
Un’infermiera viene da me per dirmi che la bambina è un po’ piccola ma forte, sta bene, la stanno controllando e la riporteranno da me appena possibile. Un medico controlla me.
Ho freddo adesso, tremo. C’è tutto il freddo del mondo concentrato nelle mie ossa.
«Vuole che chiami suo marito, adesso?» il dottore ha finito di visitarmi e mi stende addosso con delicatezza una pesante coperta.
C’è davvero. Non l’ho immaginato. Akito è venuto da noi.
«Sì… sì certo! Grazie!»
Il dottore schiude la porta della sala parto e vedo chiaramente la gamba di Akito già dentro, prima ancora di essere chiamato.
Non perde tempo ed è subito vicino a me, tocca ogni punto del mio viso. Piange e asciuga anche le mie lacrime, mi bacia, accarezza i miei capelli, cerca di sorreggermi, appoggia la sua fronte alla mia.
Si guarda intorno all’improvviso, mentre cerca di asciugarsi il viso con la manica della maglia, e so che sta cercando lei.
«L’hanno portata a fare dei controlli. È un po’ piccola ma va tutto bene, è una bimba forte. Per fortuna è andato tutto bene.»
«Già.»
Vedo tutti i suoi muscoli rilassarsi ma l’incredulità nel trovarsi lì non lascia ancora la sua espressione.
«Come stai?» chiede, la voce ancora incrinata.
«Ha fatto malissimo.» glielo ammetto. Ho avuto paura di lasciarti.
Mi guarda come se fossi di cristallo e potessi andare in pezzi da un momento all’altro. Gli occhi sono pieni di sensi di colpa e mancanze. Non importa più niente, sei qui adesso.
Sono occhi indifesi davanti ai miei, come gli occhi di nostra figlia.
Non sono fatta di cristallo Akito, ho partorito nostra figlia. Gli tendo la mano e la nostra presa è salda.
«Però mi sono divertita!» alla fine..





Eccoci. Eccoci. Questa shot è stata un partoh!
Che battuta idiota, potevo risparmiarmela!
Perchè in realtà poi, paradossalmente, non è stata un parto. Ho amato scriverla. E’ una delle mie fic del cuore.
C’è tanto, tanto, di me in questa fic. Quindi trattatela bene, abbiatene cura. Spero che possa arrivare a voi anche solo una briciolina di quello che ho provato io scrivendola.
Sana ride, ho ripreso tutte le sue battute di Deep Clear, ma ne ho anche aggiunte molte altre. E’ pur sempre una donna che sta partorendo!
Anche la prossima sarà mia.
E sì, sunrisesunset, il titolo è ripreso da una vecchissima puntata di Grey’s Anatomy. :D
Mano sul cuore,
Gabry


Fanfiction successiva: Shedding Skin di gabryweasley



   
 
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