[Dalla Storia]
Era uno strazio per me.
Sono sempre stato infantile ed egoista con Alex,era quello il sale del nostro rapporto.
Erano la mia infantilità,il mio egoismo, il suo sorriso perenne e la sua dolcezza a renderci perfetti.
Non ho mai ben capito che cosa gli sia successo.
Lo conosco da una vita,sapevo benissimo che non fosse stato il fatto che ai genitori non andasse a genio il fatto che fosse omosessuale, non erano le fans,anzi,loro non volevano che quello,ma forse ero solo io,troppo cieco per rendermi conto che lui Lisa la amasse davvero.
Ed era l'ipotesi che più odiavo,perchè era la più semplice,la più ovvia,la più scontata;ma Alex non era ovvio,non era scontato,non era semplice.
Era proprio questa grande opposizione che ancora mi faceva sperare,che ancora era capace di farmi soffrire tanto.
Mi lasciai accompagnare dalle note di Amnesia,in un pianto liberatorio.
Quello dalle lacrime piene di tristezza,di rabbia indefinita,primordiale,quella rabbia che ti nasce dentro e che non controlli,quella trisezza consumante,capace di corroderti nella tua falsa speranza in una causa che non avrà mai nè capo nè coda.

"Eppure Erwin sa e riconosce che la freddezza negli occhi di grigi di Levi è data da qualcosa di più profondo del suo passato, è una tristezza innata, una angoscia che ha preso vita lo stesso giorno in cui è nato.
Sa che alla fine Levi si nasconderà per sempre dietro la nebbia."

Armin Arlert si trova in un ospedale, posto che lui odia a prescindere, ma che dopo un po' comincerà a piacergli poiché una persona gli insegnerà cosa vuol dire amare veramente senza paura di perdersi, perché uno volta che ci si è trovati non si torna più indietro.
Mai come nel momento nel quale ha visto quei occhi si è sentito a casa.
Eremim.

Basta così poco a sconvolgere un'esistenza, a cambiare la sorte di un individuo. La scomparsa di Marco Bodt dalla battaglia di Trost segna profondamente la vita di Jean Kirschtein. Marco non è da nessuna parte, niente indica che sia quasi mai esistito. Jean può solo presumere che sia morto, e onorare la sua memoria unendosi alla Legione Esplorativa, la divisione di soldati che affronta i Titani nel loro campo.
Sono passati vent'anni dalla morte di Marco, quando il suo fantasma torna a tormentarlo.
- Se mi fate Comandante, morirete tutti. -
Rivaille si alzò dal divano, frugò nella tasca della propria giacca scura – la giacca del Comandante, realizzò Jean – e vi tirò fuori un oggetto, che lanciò al ragazzo biondo.
Jean lo afferrò curioso. Era il ciondolo di Erwin, il segno che il Consiglio Centrale rilasciava ai Comandanti delle tre divisioni. Viola ametista per Dot Pixis, rosso rubino per Nile Dawk, verde smeraldo per Erwin. Il verde dei prati infiniti fuori dalle mura, il verde delle cappe sulle loro schiene. Il verde della speranza.
- Sopravvivere non è mai stata un'opzione, in ogni caso. - dichiarò Rivaille, fissandolo.

Coppia: Jean/ Marco (Principalmente)
< < Ma no, fotografo altro, no modelli. > >
A quelle parole Jean annuisce, come ad aver capito che tipo di studi facesse Marco.
< < In Germania ci sono cose e luoghi bellissimi da fotografare! > >
E a quel punto... il corvino lo guarda, diventando quasi serio, anche se le sue guance si erano colorate di rosso.
< < Jean.. potrei farti un set fotografico.. nudo? > >
< < ....Che? > >
Ed incredulo il biondo si ritrova ad arrossire, imbarazzato.
Avvertenze:Le immagini alla fine non sono mie.Posterò sempre o la fonte o l'autore.
Buona lettura!

«Tu sei già stata qui» confermò. «In molte vite. E tutte le volte ho commesso l'errore di lasciarti andar via»
Si accasciò contro la statua e si lasciò scivolare ai suoi piedi, le ginocchia al petto e la borsa accanto a sé, il capo contro la fredda pietra.
«Vorresti che rimanessi qui?» domandò.
«Vorrei venire via con te»
Trasalì. Un piccolo sorriso era sbocciato sul suo volto, estendendosi anche ai suoi occhi grigioazzurri bagnati dal sole del tardo pomeriggio.
«Puoi farlo?»

Venezia, 1577. Un orfano di nome Jean guarda il corpo del suo migliore amico bruciare tra decine di altri corpi, mutilati e deformati dagli effetti della Morte Nera.
Venezia, 1582. Mentre la città ormai guarita si prepara a festeggiare il Carnevale, Jean viene avvicinato da un misterioso ragazzo dalla maschera nera. Qualcosa di grande sta per succedere, qualcosa per cui Venezia non è neanche lontanamente preparata...
Davanti agli occhi di Jean si formò l'immagine delle pire che avevano illuminato a giorno il sestiere anche nelle ore più buie della notte, fino a qualche settimana prima. La cenere cadeva ancora, più lenta e rada in quel momento, ma cadeva. Fu assalito da un pensiero improvviso, malato.
(Stiamo respirando cadaveri.)

-Bella performance, signor Gaskarth.- mi fa Jack. -Ma il mio “Dear Alexander” è stato il tocco di classe. Senza di quello, lo show sarebbe crollato.-
Rido, spintonando Jack. -Oh, di sicuro, “Mister Barakat”.- Jack mi sorride, mollandomi una lieve spallata, e mi guarda negli occhi, dolcemente.
“Menomale che il concerto è finito”, penso, scrutando i suoi occhi color pece. “Non ce l’ avrei fatta a resistere un minuto di più.”