“Ogni giorno, Blaine scendeva dal letto, si guardava allo specchio e rifiutava di vergognarsi di ciò che vedeva. Era un Omega e non voleva nascondersi per questo.” A/B/O o anche Omega!verse. Omega!Blaine/Alfa!Kurt. Klaine. Past-Seblaine.
Accenni Mpreg sul finale. Leggere attentamente le NdA a inizio storia.

Kurt e Blaine non si sono mai incontrati, nonostante Westerville e Lima non siano poi così lontane. Non si sono mai scorti tra la folla, nemmeno quando hanno partecipato alle Regionali con due Glee Club rivali. Nemmeno al Lima Bean, quando andavano a prendere il caffè ognuno con i rispettivi amici.
Kurt e Blaine non si sono mai visti. Almeno fino a quando, sullo stesso treno diretto a New York, Blaine non si siede proprio di fronte a Kurt.
Ci credete, voi, nel destino?
*
Si dice che il destino si mostri solo a chi sa riconoscerlo davvero.
Vivi la tua vita distrattamente, piena o vuota che sia, aspettando il momento in cui una qualsiasi entità superiore ti metta di fronte qualcosa, o qualcuno, con tanta prepotente ovvietà da poter dire solo: ah, eccoti qui! Ti cercavo da una vita.

In uno sperduto villaggio dell’Inghilterra, al tempo di re Giacomo Stuart, circolano strane voci sul conto del giovane conte Kurt di Hummel, unico discendente di una antica e potente famiglia: si dice che sia un mostro sputato dall’Inferno, che abbia una corte formata da diavoli e streghe, che nel suo castello siano spariti molti giovani e fanciulle di bell’aspetto.
Eppure, ciò che Blaine Anderson, nuovo servitore alle dipendenze del conte, dal passato triste e doloroso, si trova davanti è una creatura dalle innaturali sembianze angeliche, in perenne ricerca della vera bellezza circondato da servitori tormentati da fantasmi del passato o da diavoli che divorano loro l’anima.
Quando, nella fiaba, la Bestia è un Angelo col cuore di Diavolo, quando il bacio del vero amore non dona la vita ma la toglie, quando persino le streghe possono piangere, rinchiuderti in una torre di perfezione sembra essere l’unica cosa che può donarti la pace che non trovi.
Liberamente ispirato alla vicenda di Erzsébet Bathory.

Lavoro originale datato 1998 e ambientato nei dintorni di Milano a metà degli anni '90, è una storia inedita (circolata finora solo in versione cartacea tra gli amanti dello "yaoi-spaghetti") che tocca argomenti forti. Uno studente di botanica di buona famiglia decide di fare un'esperienza lavorativa in un parco storico, diventando giardiniere; e conosce così qualcuno che non ha proprio nulla da spartire con lui. Ma è proprio così? In un crescendo di eventi drammatici il protagonista è costretto a perdere tutte le sue certezze... tranne quelle che contano. E saranno quelle a dargli la forza di combattere.

"Mi sembrava di rivederlo, Robi. Appoggiato al muretto con le mani in tasca e il Tirreno dietro. Cupo come i suoi romanzi gotici. Quel pomeriggio i suoi occhi sembravano strappati al mare, erano altrettanto liquidi e rabbiosi. Le ragazze che passavano, anche se di fretta, si voltavano a guardarlo, attratte dal suo viso gelido e inespressivo. Lui neanche le vedeva. Io avevo voglia di dargli una spinta e farlo cadere giù. Vedere se il sale dell'acqua riusciva a lavargli via il dolore, disinfettargli la ferita. Avevo voglia di afferrarlo per il colletto del giaccone e fissarlo in quegli occhi freddi, urlargli in faccia, a due centimetri dal naso, di smetterla, farsi furbo, che non poteva permettere che una stronza gli rovinasse la vita. Avevo voglia di prenderlo a sberle fino a farlo piangere, o almeno battere le palpebre, spostare lo sguardo. Reagire."