Vi piacciono le storie?
Se volete ve ne racconto una, ma non la classica storia con una dolcissima fanciulla in pericolo ed il classico principe bello come il sole che la salva.
Una storia vera con una protagonista più vicina alla realtà, egoista, testarda, fragile ma che con tutti i suoi difetti non smette di lottare contro i demoni del proprio passato.
Una madre che ama la propria figlia più della sua stessa vita, non la solita matrigna cattiva, ma una donna che nonostate tutto ciò che ha subito mantiene la testa alta.
Queste sono le premesse della storia, ma io non sono nessuno per dirvi se sia una storia bella o brutta! Questo sta a voi lettori, io racconto e basta.

Questa storia la scrissi molti mesi fa, ma solo ora ho trovato il coraggio di pubblicarla. Racconta di un'ipotetica Terza guerra mondiale causata dal voler comabettere l'Isis, con tutti i suoi orrori e conseguenze. Buona lettura e spero possa piacervi!

Una sera fuori, una festa noiosa, un po' troppo vino bevuto e uno Yuri Plisetsky che il vino proprio non è in grado di reggerlo.
***
All’ennesimo bicchiere di vino Yuri aveva iniziato a sentire le gambe molli e le braccia della stessa consistenza del budino, mentre nella sua testa i pensieri iniziavano a ballare leggeri come le bollicine che continuava ad ingoiare.
«Yuri… » mormorò con tono basso e tranquillo continuando ad accarezzare il minore che non accennava a smettere di piangere come una fontana ripetendo frasi senza senso e sconnesse tra di loro. «Si può sapere quanto hai bevuto? Possibile che non possa lasciarti solo mezza serata e ti riduci in queste condizioni?» gli chiese divertito. Quanto aveva bevuto Yuri non lo sapeva, dopo quello che credeva essere il decimo bicchiere aveva perso il conto.
«Mi sei mancato tanto tanto tanto» biascicò agganciando le labbra al collo del maggiore iniziando a depositarvi una scia di baci che scesero fino alla scollatura della canottiera scura.
«Così tanto da doverti ubriacare per attirare la mia attenzione?» scherzò ricevendo un doloroso morso sulla clavicola come risposta.

Oikawa va alle terme con la famiglia per il giorno di San valentino, per trascorrere dei giorni in pace e serenità, ma avrà una bella sorpresa!

< Come ti vedi? >
Oikawa non riesce a rispondere a quella domanda perché semplicemente non riesce a vedersi.
Se guarda il suo riflesso nello specchio vede solo una macchia rosa.
Niente occhi, o un naso, o una bocca.
È solo nulla perciò non si vede e nonostante si sforzi continua a non vedersi.
Un po' come Hajime.

Oikawa spende più del dovuto.

"Come sempre la motivazione era insulsa, ma ciò non li fermava dall'urlarsi contro, fermi sui cipigli delle loro porte di casa, poste l'una di fronte a quella dell'altro."
Gli anni passano e si cresce, chiaramente ciò comporta cambiamenti. Possono essere positivi e negativi, fatto sta che si riversano inesorabilmente nelle nostre vite, risanando o logorando. La vita muta a ritmo del tempo che passa.

Non fu un bacio lento e dolce, ma irruento e bisognoso del contatto carnale e fisico che entrambi bramavano. Forse era questo che li rendeva perfetti l'uno per l'altro: il desiderarsi così tanto da essere completi solo quando l'uno aveva l'altro. Si completavano in quel modo irruento e sconnesso, come i loro baci e i loro animi ancora acerbi, alla ricerca dei sentimenti che l'altro provava.
[Originariamente nata per l'Iwakawa day, ma per troppa pigrizia rimandata ad oggi.]

Quell'anno passato al Seidou, Sawamura aveva imparato a conoscere abbastanza bene Chris-senpai; forse non era molto giusto dire "abbastanza": il loro rapporto non era iniziato bene, però man mano era andato in crescendo, fino ad arrivare ad ora: fidanzati.
Ed ora che ormai era arrivata la cerimonia per il diploma del senpai... Eijun sapeva bene che c'erano cose che non aveva mai detto; forse erano pensieri da egoista, però: non voleva perderlo.

"Non ce l'hai con noi, Nao? Volevi andare al Koshien, ma non ti ci abbiamo portato... Eppure eravamo a un soffio dalla vittoria." Umemiya si sentiva a dir poco frustrato: non aveva mai dimenticato ciò che aveva detto il compagno dopo l'incidente, quando era ancora in ospedale e mai lo avrebbe fatto. C'era pure da dire che avevano ancora il torneo estivo per rifarsi: poi più nulla, a meno che non avrebbero frequentato tutti la stessa università, come era successo con le superiori...

Mary Collins è una giovane Chef inglese che ha deciso di trasferirsi a Milano per aprire un ristorante. Ha un carattere arduo e determinato e niente e nessuno la potrà fermare nella sua difficoltosa impresa che consiste nel riuscire a preparare una pietanza "straordinaria" in vista dell'EXPO. Ce la farà? E i suoi colleghi riusciranno a resistere sotto alle sue continue minacce? xD
Salve a tutti! E' la mia prima storia che scrivo in questo fandom e sono un po' emozionata *-* Conto molto sui vostri pareri -che spero di ricevere tramite le recensioni- e chissà, magari grazie ad essi ne faccio un seguito! XD
Accetto anche critiche, ovviamente u.u
ecco, non sono molto brava con le introduzioni, quindiii... ci si vede dentro, mh?

{Aomine Daiki x Kise Ryouta, PWP}
“La ringrazio” rispose Kise con il suo più smagliante sorriso. Erano passati mesi dal primo giorno in cui, assieme ad Aomine, si erano ritrovati a chiedere alla reception quanto costava prenotare una stanza e qual era il tempo minimo (“Solo 2600 yen per due ore! E la stanza non è affatto male, vero, Aominecchi?”). C’era stato molto imbarazzo davanti la signora che aveva mostrato loro il dépliant con le camere e il listino prezzi, ma il desiderio bruciante aveva ottenuto una vittoria schiacciante su ogni altra cosa. Ora, invece, parlava con scioltezza e senza la minima vergogna.
Prese la chiave e salì le scale che conducevano al primo piano, nella mano destra portava una busta nera lucida che dondolava al ritmo dei suoi passi. Conosceva il percorso per giungere alla camera a memoria, tanto che quando arrivò alla porta non si curò neanche di controllare il numero.
La stanza numero otto dell’Hotel Silk era diventata quello che nel linguaggio dei fidanzati (“Te lo ripeto: non siamo fidanzati!”) viene comunemente chiamato nido d’amore.

[FuruHaru]
Il lanciatore prese un respiro e tirò quella che ormai era una pallina di carta dentro il cestino, non era ancora il momento.

Ogni volta che mi stendevo su quel letto, nella nostra stanza, sentivo tutti i dolori dei muscoli, che durante la giornata, erano rimasti in tensione.
Cercavo di chiudere gli occhi per addormentarmi, ma non c'era niente da fare, il dolore era troppo forte e il rumore dei pensieri era assordante.
Dovevo riposare, però, perché il giorno seguente sarei dovuto essere di nuovo in forze per stargli accanto, così cercavo di rilassarmi il più possibile, addormentandomi con il pensiero che, Rin, stesse già dormendo e che era sereno.