No, non ho sbagliato a scrivere il titolo c:
E se Leto non fosse solo una parola latina? Se ci fosse qualcosa di più? Tutti sanno che il cognome è qualcosa che si tramanda per secoli, ma pochi approfondiscono il perchè.
"Non era mai successo prima, mi sentivo in trappola.
Scorrendo la mano sulla grande parete di piastrelle trovai una finestra: - Si,dai..- dissi annaspando per aprirla.
Stavo per uscire alla luce della luna quando due braccia mi tirarono indietro, e mi sentii come un uccellino tra le zampe del predatore.
Un predatore dagli occhi verdi." [Chap. 25]
Cinica e realista, Veneris è diretta nei suoi scopi senza mezze misure; anche quando la verità riemerge non riuscirà a farla battere in ritirata, perchè affrontare la paura è la prima regola che le ha insegnato la vita.
 

«Il mio cuore smetterà di battere prima o poi, lo sai?»
I miei occhi chiari cercano qualcosa di invisibile nell'aria, fuori da quella finestra che mi separa dall'esterno.
«Ti salverò prima.»
Sorrido e alzando le mani al soffitto incomincio a muovere lentamente le dita, come se volessi afferrare qualcosa che in realtà non c'è.
«Impossibile.»
«Hai solo diciotto anni!»
Mi blocco e finalmente lo guardo.
E' seduto su una sedia, di fronte a me; ha le braccia poggiate sulle cosce, le mani unite, il volto alzato per ispezionare ogni mia singola mossa.
Ha uno sguardo attento. Gli occhi stanchi, quasi spenti.
Riesco a leggerli perfettamente anche con un solo sguardo, non mi serve soffermarmi sui suoi movimenti e capisco che non sa più cosa fare con me, cosa inventarsi.
«E dimmi, tu cosa facevi a diciotto anni?»
Nessuna risposta.
La mia risata risuona acuta in quella stanza d'hotel spoglia.
«Non c'è niente di male a voler vivere fino a morire.»

Poi un flash e chiusi di colpo gli occhi, spaventata da tutta quella luce improvvisa.
«Ma che..?»
Quando li riaprii lentamente vidi l'uomo sogghignare divertito, con in mano una macchinetta fotografica.
«Ti ho scattato una foto, scusa», e lasciò andare la sua risata sfrontata per un sorriso più controllato e gentile.
«Di solito vai in giro a scattare fotografie alle ragazze che cantano nei bar?» chiesi infastidita. Non sapevo nulla di quell'uomo e si permetteva di scattarmi foto a tradimento?
«No, di solito vado in giro a scattare fotografie a ciò che attira la mia attenzione», e cercò di inchiodarmi sul posto con quegli occhi azzurri e cristallini.
Scoppiai a ridere divertita dal suo modo di flirtare.
«Di solito funziona?»
«Cosa?»
«Quello sguardo che fai», e mi portai la sigaretta di nuovo alla bocca per l'ennesimo tiro.
Lo vidi abbassare lo sguardo imbarazzato, direi, prima di parlare. «Sì, sempre.»

Leggendo parecchie FF mi sono detta "perché no?tentar non nuoce"
Quindi ora eccomi qui con il mio primo tentativo di FF. Spero che le vostre critiche possano aiutarmi a migliorare.
"Correvo. Correvo a più non posso senza fermarmi. Dovevo nascondermi, e dovevo farlo per bene. Non mi sarei lasciata trovare. Non questa volta. Sentivo il cuore battere all’impazzata nel mio petto e le goccioline di sudore colare lentamente dalla fronte fino alle labbra. Mi mancava l’aria, ma l’adrenalina e la voglia di vincere mi permettevano di correre senza dover rallentare per prendere fiato."

Lei, che non l’aveva mai amato.
Lei, che era riuscita ad incastrarlo.
Lei, che l’aveva fatto innamorare.
Lei, che l’aveva rovinato. Come tutti sapevano che avrebbe fatto.
Tutti, tranne lui. Lui che, accecato dall’amore, era stato l’unico a non capirla veramente, l’unico che in quel momento stava soffrendo come un cane.

"Click, la serratura si è chiusa dietro di me, e lui non se n'è nemmeno accorto. O forse si, ma ormai è tardi per tornare indietro. Non mi volto. La 6277 è alle mie spalle. Davanti a me il corridoio, altre porte, altre storie, altra vita. Torno a casa, leggera...perchè manca qualcosa, forse? Si...ma non mi allarmo. So dove l'ho lasciato. Tra le corde della chitarra nera col grifone, intrappolato nel riflesso di una bellissima bugia."

Mi volto di scatto e due occhi belli, tra l’azzurro cielo e il grigio ghiaccio mi perforano il cervello; è un mese che lavoro a stretto contatto con i 30 seconds to mars, ma non riuscirò mai ad abituarmi a quello sguardo tra il porco e l’omicida.